NOI ABBIAMO UN TESORO IN VASI DI CRETA
SABATO 25 LUGLIO (2Cor 4,7-15)
Vaso di argilla o tenda d’argilla è l’uomo. Non solo l’uomo è un vaso di argilla, è anche vaso pieno di difetti. Questa verità così viene annunziata dal Elifaz di Teman: “Se uno tenta di parlare, ti sarà gravoso? Ma chi può trattenere le parole? Ecco, sei stato maestro di molti e a mani stanche hai ridato vigore; le tue parole hanno sorretto chi vacillava e le ginocchia che si piegavano hai rafforzato. Ma ora che questo accade a te, ti è gravoso; capita a te e ne sei sconvolto. La tua pietà non era forse la tua fiducia, e la tua condotta integra la tua speranza? Ricordalo: quale innocente è mai perito e quando mai uomini retti furono distrutti? Per quanto io ho visto, chi ara iniquità e semina affanni, li raccoglie. A un soffio di Dio periscono e dallo sfogo della sua ira sono annientati. Ruggisce il leone, urla la belva, e i denti dei leoncelli si frantumano; il leone perisce per mancanza di preda, e i figli della leonessa si disperdono. A me fu recata, furtiva, una parola e il mio orecchio ne percepì il lieve sussurro. Negli incubi delle visioni notturne, quando il torpore grava sugli uomini, terrore mi prese e spavento, che tutte le ossa mi fece tremare; un vento mi passò sulla faccia, sulla pelle mi si drizzarono i peli. Stava là uno, ma non ne riconobbi l’aspetto, una figura era davanti ai miei occhi. Poi udii una voce sommessa: “Può l’uomo essere più retto di Dio, o il mortale più puro del suo creatore? Ecco, dei suoi servi egli non si fida e nei suoi angeli trova difetti, quanto più in coloro che abitano case di fango, che nella polvere hanno il loro fondamento! Come tarlo sono schiacciati, sono annientati fra il mattino e la sera, senza che nessuno ci badi, periscono per sempre. Non viene forse strappata la corda della loro tenda, sicché essi muoiono, ma senza sapienza?” (Gb 4,1-21). Quanto Elifaz afferma è verità in sé. Nessun uomo però la potrà applicare in modo assoluto ad un altro uomo. Nessuno conosce il cuore dell’altro. Per questo ci si deve astenere da ogni giudizio e ogni applicazione. Necessario è che ognuno sappia che lui è tenda d’argilla e anche casa del peccato e della trasgressione. Siamo vasi di creta che sempre si possono spezzare, rompere. Ognuno deve porre ogni attenzione e vigilanza. Mai si potrà cadere in superbia, pensando che siamo vasi infrangibili e preziosi.
Fratelli, noi abbiamo un tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi. In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita. Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio.
Perché Paolo non si insuperbisca e si veda sempre umanità fragile, piccola, misera, il Signore gli pone una spina nella carne: “Per questo, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,7-10). La vera ricchezza di ogni discepolo di Gesù è la sua umiltà e la fede. Con l’umiltà vede se stesso sempre un piccolo, misero, fragile vaso di creta sempre esposto a frantumazione. Con la fede vede Dio che agisce in lui con la sua multiforme grazia. Nella fede il cristiano vede gli altri anch’essi portatori del mistero di Dio nel loro fragile vaso di creta. Nella non fede noi ci vediamo vasi infrangibili e gli altri neanche vasi.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano si vesta di umiltà, mitezza, fede.