“Alpinisti dello spirito”

I laici consacrati, al centro della tensione dell’anima moderna

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Mi è capitato di leggere, recentemente, alcuni contributi del Magistero della chiesa sul sito della Conferenza Mondiale degli Istituti Secolari, https://www.cmis-int.org/it/, perciò vorrei proporre alcuni spunti di riflessione sulla consacrazione secolare.

In particolare, mi sono soffermata su alcuni documenti prodotti in occasione del Congresso latinoamericano “L’evangelizzazione e gli Istituti Secolari alla luce dell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi“. Non sono testi recenti, ma contengono una grande ricchezza sapienziale, come, d’altronde, tutto il Magistero della chiesa. Mi ha colpito la singolare posizione attribuita a questa vocazione: al centro della tensione dell’anima moderna, cioè in bilico tra i valori del mondo e la profonda donazione del cuore a Dio. È qui, infatti, nell’intimità del cuore che il mondo – rinnovato dal lievito del Vangelo – viene consacrato, offerto a Dio in un’opera di trasformazione evangelica. Così su un piatto della bilancia si trova la secolarità cristiana, diversa dal secolarismo, cioè la vita nel mondo; sull’altro si pone lo spirito della consacrazione, un’attitudine che, tramite i consigli evangelici – povertà, castità, obbedienza – consente di orientare ogni realtà al Signore (Terza Conferenza Generale dell’Episcopato Latino Americano, Puebla, 1979, n. 775.).

Il cardinale Pironio impiegava un’espressione toccante per indicare la forza della testimonianza connessa agli istituti secolari: invocava, infatti, il «Dio vivente della speranza» (Card. Eduardo Pironio, Messaggio al IIº Congresso Latino Americano degli Istituti Secolari, 12 luglio l979). È di Lui che siamo testimoni, non un Dio lontano, ma un Dio risorto che vive e percorre la via degli uomini. I laici consacrati, però, non sono testimoni disincarnati, persone che mostrano la strada salvifica agli altri dalla ‘riva’. No. Sono immersi, insieme agli altri, nel mare burrascoso della storia con tutti i suoi rischi e le sue difficoltà. Come rilevava già Paolo VI, secolarità e consacrazione sono aspetti coessenziali. È come se il laico consacrato dovesse costantemente ricucire un rapporto, facendo in modo che l’orizzonte mondano non macchi la ricchezza della consacrazione, né che la consacrazione lo sottragga ai doveri quotidiani. Questi ultimi, però, saranno svolti, nel mondo e per il mondo, con la scienza che viene dall’unzione ricevuta, dal legame totale con Cristo. La consacrazione è un’impronta celeste che permea tutte le sfumature dell’esistenza e le occupazioni quotidiane, le vivifica, le rende dinamiche, liberandole da interessi egoistici. È solo per grazia, tuttavia, che è possibile risolvere il conflitto permanente e radicale fra orizzonte terreno e appartenenza al Signore, scalare questa montagna come «alpinisti dello spirito» (Paolo VI, I° Convegno internazionale degli Istituti Secolari, 26 settembre 1970, n. 12). Un compito che richiede coraggio generoso, discernimento nella consapevolezza che gli istituti secolari sono un dono confortante per la chiesa, perché ne realizzano, in modo originale, la presenza nelle varie realtà umani e sociali: anzi, sono un laboratorio sperimentale che consente di verificare in modo concreto il rapporto chiesa/mondo. Essi, infatti, mettono in movimento le potenzialità cristiane nascoste, ma presenti nelle più svariate dimensioni (economiche, culturali ecc.). Per questo motivo, è importante prepararsi con competenza e apertura alla professione prescelta:

Le grandi forze che reggono il mondo politica, mass media, scienza, tecnologia, cultura, educazione, industria e lavoro sono propriamente i campi dove i laici hanno specificamente competenza per svolgere la loro missione. Se queste forze sono dirette da persone che sono veri discepoli del Cristo e che, nello stesso tempo, per le loro conoscenze ed i loro talenti, sono competenti nel loro campo specifico, allora il mondo sarà veramente cambiato dal di dentro per la potenza redentrice del Cristo (Giovanni Paolo II, omelia pronunciata a Limerick, il 1° ottobre 1979, citata in Cambiare il mondo dal di dentro. Discorso rivolto al II° Congresso Internazionale degli Istituti Secolari, 28 agosto 1980, il sottolineato nel testo è mio).

Un laico consacrato può operare in qualsiasi ambito, ma lo deve fare da discepolo autentico di Cristo, unendo alla potenza della grazia impegno, competenze, talenti. Non è stato chiamato per essere sciatto e mediocre. La mancanza di competenza, infatti, non è solo una lacuna conoscitiva, ma si traduce nell’impossibilità di essere la carità di Cristo. Solo la competenza, illuminata dalla Parola di Dio, resa feconda dall’umiltà e dalla povertà in spirito, consente di aiutare davvero gli altri, anche solo donando quegli occhi profondi che intercettano i veri bisogni del fratello. Per Giovanni Paolo II, la consacrazione stessa diventa un fattore di discernimento dello stato secolare, cioè una bussola spirituale che permette di separare le potenzialità positive da quelle negative, valorizzando le prime e scartando le altre. Questo significa che l’apertura è un’attitudine essenziale, costitutiva per il laico consacrato. Il mondo va anche preso sul serio:

Vi dovete dunque considerare come “parte” del mondo, come impegnati a santificarlo, accettandone totalmente le esigenze che derivano dalla legittima autonomia delle realtà del mondo, dei suoi valori e delle sue leggi (G. Paolo II, Cambiare il mondo dal di dentro cit., n.14).

Il mondo va santificato, ma possiede una legittima autonomia. Occorre cercare, via via, la soluzione ai problemi pratici che emergono, sapendo che la fede non dona soluzioni preconfezionate. Il laico consacrato, così, riuscirà nella sua missione se manterrà un alto senso della chiesa e di comunione con i Pastori, un’esistenza teologale, una dimensione contemplativa. Le ultime due consentono di respirare sempre la presenza trascendente del Signore e danno quella libertà che, anche nelle burrasche della vita o, semplicemente, tra i ritmi serrati delle occupazioni quotidiane e professionali, sa trovare isole di preghiera attiva, di ascolto del proprio Signore. Perché solo ascoltando il respiro del cuore di Cristo, non si perde lo spirito della propria consacrazione.

Anna Guzzi