Rosa delle rose

Alle radici del mese mariano di maggio (II parte)

Fu il gesuita Annibale Dionisi (1679-1754), che proclamò maggio mese mariano, come riportato dal titolo di un libretto “Il mese di Maria o sia il mese di maggio…”, da lui pubblicato a Parma il 1725, esortando a praticare la devozione nei luoghi della vita quotidiana, e suggerendo uno schema: pregare, preferibilmente il Santo Rosario, dinanzi ad un’immagine della Vergine, meditando un mistero della vita di Cristo, offrendo un fioretto, recitando una giaculatoria.

La devozione, come la conosciamo oggi, si deve all’opera del gesuita Padre Latomia, che, per contrastare l’immoralità diffusa tra gli studenti del Collegio Romano, verso la fine del XVIII secolo fece voto di dedicare il mese di maggio a Maria. Da Roma la pratica si diffuse in tutti i collegi dei gesuiti e tramite loro in tutta la Chiesa latina. Da quel momento la devozione si è molto diffusa, arricchendosi di tante pratiche private, tanto che Papa Pio VII, che la considerava ricca di benefici spirituali, con un Rescritto, del 21 maggio 1815, concesse «a tutti i fedeli del mondo cattolico di onorare in pubblico o in privato la Beata Vergine con qualche omaggio speciale o preghiere devote o altre pratiche virtuose».

Nel 1945 Pio XII avvalorò l’idea di maggio quale mese mariano, stabilendo che il 31 maggio si celebrasse la festa di Maria Regina, spostata dopo il Concilio al 22 agosto, mentre il 31 maggio venne introdotta la festa della Visitazione di Maria.

L’esortazione a recitare il Santo Rosario, come visto viene da lontano, ma nell’enciclica Ingruentium malorum, del 1951, Papa Pio XII invitava a recitare tale preghiera nella famiglia, affidando alla stessa le sorti della vita civile. Nel 1965, Papa Paolo VI nell’enciclica Mense maio, dichiarava maggio come «il mese in cui, nei templi e fra le pareti domestiche, più fervido e più affettuoso dal cuore dei cristiani sale a Maria l’omaggio della loro preghiera e della loro venerazione. Ed è anche il mese nel quale più larghi e abbondanti dal suo trono affluiscono a noi i doni della divina misericordia». Lo stesso Papa, poi, attribuendo alla recita del Santo Rosario in famiglia una straordinaria importanza, nella Marialis Cultus scriveva: «Non v’è dubbio che la Corona della Beata Vergine Maria sia da ritenere come una delle più eccellenti ed efficaci ‘preghiere in comune’ che la famiglia cristiana è invitata a recitare».

Il resto è storia recente. San Giovanni Paolo II, la cui devozione mariana era espressa nel motto “Totus Tuus”, il quale subì l’attentato proprio il 13 maggio 1981 nella ricorrenza dell’apparizione della Madonna di Fatima. Il Papa emerito Benedetto XVI, che collaborando con il Papa polacco ebbe ad approfondire la devozione mariana nel complesso della fede, e che ha scelto significativamente come sua residenza attuale il monastero Mater Ecclesiae. Infine, Papa Francesco che proprio nel momento drammatico della pandemia causata dal Covid19, ha esortato i fedeli a vivere il mese di maggio in preghiera: «È tradizione – scrive –, in questo mese, pregare il Rosario a casa, in famiglia. Una dimensione, quella domestica, che le restrizioni della pandemia ci hanno “costretto” a valorizzare, anche dal punto di vista spirituale. Perciò ho pensato di proporre a tutti di riscoprire la bellezza di pregare il Rosario a casa nel mese di maggio. Lo si può fare insieme, oppure personalmente; scegliete voi a seconda delle situazioni, valorizzando entrambe le possibilità. Ma in ogni caso c’è un segreto per farlo: la semplicità».

Don Massimo Cardamone