VA’, BÀGNATI SETTE VOLTE NEL GIORDANO
LUNEDÌ 16 MARZO (2Re 5,1-15a)
La guarigione dalla lebbra di Naaman il Siro è il frutto di una molteplice collaborazione. La ragazza d’Israele rivela la via della guarigione. Il re di Aram raccomanda Naaman presso il re d’Israele. Il re d’Israele vive un momento di panico, sapendo che lui non è in grado di compiere il miracolo. Non manda però dal profeta. Eliseo manda a dire a Naaman che si vada a bagnare sette volte nel fiume Giordano e la lebbra sarebbe scomparsa. Naaman, abituato agli onori, avrebbe voluto essere grandemente esaltato dal profeta. Poiché il profeta non si era piegato al suo orgoglio, stava per tornarsene a casa con la lebbra. Alcuni degli uomini a lui vicini, lo fanno riflettere. Lui scende sette volte nel Giordano, ritorna con la pelle purificata, come quella di un fanciullo. Il miracolo sul suo corpo ne produce uno più grande nel suo spirito, nella sua anima. Naaman non vuole riconoscere nessun altro Dio al di fuori del Dio che è in Israele. Vuole portarsi della terra d’Israele perché sempre si ricordi che ormai il suo Dio è quello e non un altro. Altre tre verità vanno ricordate. Il grande spirito di libertà dai beni della terra di Eliseo. Naaman voleva ricompensarlo grandemente. Lui rifiuta ogni dono. Gratuitamente ha ricevuto. Gratuitamente dona. Lui è come Abramo. Lui è ricco solo del suo Dio e Signore. A questa libertà di Eliseo si contrappone lo spirito gretto di Giezi. Rincorre Naaman e ingannandolo si lascia donare ogni bene. Infine c’è la grande saggezza del profeta: concede a Naaman di accompagnare il suo re nel tempio dei suoi idoli. Lo concede perché sa che nessuna tentazione lo avrebbe vinto.
In quei giorni Naamàn, comandante dell’esercito del re di Aram, era un personaggio autorevole presso il suo signore e stimato, perché per suo mezzo il Signore aveva concesso la salvezza agli Aramei. Ma quest’uomo prode era lebbroso. Ora bande aramee avevano condotto via prigioniera dalla terra d’Israele una ragazza, che era finita al servizio della moglie di Naamàn. Lei disse alla padrona: «Oh, se il mio signore potesse presentarsi al profeta che è a Samaria, certo lo libererebbe dalla sua lebbra». Naamàn andò a riferire al suo signore: «La ragazza che proviene dalla terra d’Israele ha detto così e così». Il re di Aram gli disse: «Va’ pure, io stesso invierò una lettera al re d’Israele». Partì dunque, prendendo con sé dieci talenti d’argento, seimila sicli d’oro e dieci mute di abiti. Portò la lettera al re d’Israele, nella quale si diceva: «Orbene, insieme con questa lettera ho mandato da te Naamàn, mio ministro, perché tu lo liberi dalla sua lebbra». Letta la lettera, il re d’Israele si stracciò le vesti dicendo: «Sono forse Dio per dare la morte o la vita, perché costui mi ordini di liberare un uomo dalla sua lebbra? Riconoscete e vedete che egli evidentemente cerca pretesti contro di me».
Quando Eliseo, uomo di Dio, seppe che il re d’Israele si era stracciate le vesti, mandò a dire al re: «Perché ti sei stracciato le vesti? Quell’uomo venga da me e saprà che c’è un profeta in Israele». Naamàn arrivò con i suoi cavalli e con il suo carro e si fermò alla porta della casa di Eliseo. Eliseo gli mandò un messaggero per dirgli: «Va’, bàgnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato». Naamàn si sdegnò e se ne andò dicendo: «Ecco, io pensavo: “Certo, verrà fuori e, stando in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio, agiterà la sua mano verso la parte malata e toglierà la lebbra”. Forse l’Abanà e il Parpar, fiumi di Damasco, non sono migliori di tutte le acque d’Israele? Non potrei bagnarmi in quelli per purificarmi?». Si voltò e se ne partì adirato. Gli si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: «Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una gran cosa, non l’avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: “Bàgnati e sarai purificato”». Egli allora scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola dell’uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato. Tornò con tutto il seguito dall’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele».
Nella Chiesa vi sono diversi carismi, diversi ministeri, molte vocazioni, molte missioni, molte attività. La forza della Chiesa non è il singolo, ma la comunione. La lebbra del peccato sparisce, l’anima si veste di Cristo, lo spirito si illumina di luce divina, il cuore si colma di Spirito Santo, solo se ognuno compie bene il suo ministero. Se il fedele laico non evangelizza, il presbitero non può né santificare, né guarire, né colmare di grazia e verità. Ma se il presbitero non santifica, non guarisce, non colma di grazia e verità, l’opera del fedele laico svanisce. La Pastorale della salvezza si fa in comunione.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni discepoli di Gesù viva di perfetta comunione.