CADIAMO NELLE MANI DEL SIGNORE

MERCOLEDÌ 5 FEBBRAIO (2Sam 24,2.9-17)

Davide si lascia tentare dal suo orgoglio e pecca contro il Signore. Lui vuole conoscere qual è la forza del suo regno, quanti sono gli uomini sui quali potrà contare. Mai lui deve dimenticare che solo il Signore è la sua forza e solo Lui la sua vittoria. Quanto si dice nella preghiera, poi si è obbligati a manifestarlo nella vita: “Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo. Invoco il Signore, degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici. Mi circondavano flutti di morte, mi travolgevano torrenti infernali; già mi avvolgevano i lacci degli inferi, già mi stringevano agguati mortali. Nell’angoscia invocai il Signore, nell’angoscia gridai al mio Dio: dal suo tempio ascoltò la mia voce, a lui, ai suoi orecchi, giunse il mio grido. La terra tremò e si scosse; vacillarono le fondamenta dei monti, si scossero perché egli era adirato. Dalle sue narici saliva fumo, dalla sua bocca un fuoco divorante; da lui sprizzavano carboni ardenti. Abbassò i cieli e discese, una nube oscura sotto i suoi piedi. Cavalcava un cherubino e volava, si librava sulle ali del vento. Si avvolgeva di tenebre come di un velo, di acque oscure e di nubi come di una tenda. Davanti al suo fulgore passarono le nubi, con grandine e carboni ardenti. Il Signore tuonò dal cielo, l’Altissimo fece udire la sua voce: grandine e carboni ardenti. Scagliò saette e li disperse, fulminò con folgori e li sconfisse” (Sal 18 (17) 1-15). Se tutto è dal Signore e per Lui, avere un soldato o averne diecimila nulla cambia. La vittoria è sempre del Signore. È Lui il Vittorioso.

In quei giorni, il re Davide disse a Ioab, capo dell’esercito a lui affidato: «Percorri tutte le tribù d’Israele, da Dan fino a Bersabea, e fate il censimento del popolo, perché io conosca il numero della popolazione». Ioab consegnò al re il totale del censimento del popolo: c’erano in Israele ottocentomila uomini abili in grado di maneggiare la spada; in Giuda cinquecentomila. Ma dopo che ebbe contato il popolo, il cuore di Davide gli fece sentire il rimorso ed egli disse al Signore: «Ho peccato molto per quanto ho fatto; ti prego, Signore, togli la colpa del tuo servo, poiché io ho commesso una grande stoltezza». Al mattino, quando Davide si alzò, fu rivolta questa parola del Signore al profeta Gad, veggente di Davide: «Va’ a riferire a Davide: Così dice il Signore: “Io ti propongo tre cose: scegline una e quella ti farò”». Gad venne dunque a Davide, gli riferì questo e disse: «Vuoi che vengano sette anni di carestia nella tua terra o tre mesi di fuga davanti al nemico che ti insegue o tre giorni di peste nella tua terra? Ora rifletti e vedi che cosa io debba riferire a chi mi ha mandato». Davide rispose a Gad: «Sono in grande angustia! Ebbene, cadiamo nelle mani del Signore, perché la sua misericordia è grande, ma che io non cada nelle mani degli uomini!». Così il Signore mandò la peste in Israele, da quella mattina fino al tempo fissato; da Dan a Bersabea morirono tra il popolo settantamila persone. E quando l’angelo ebbe stesa la mano su Gerusalemme per devastarla, il Signore si pentì di quel male e disse all’angelo devastatore del popolo: «Ora basta! Ritira la mano!». L’angelo del Signore si trovava presso l’aia di Araunà, il Gebuseo. Davide, vedendo l’angelo che colpiva il popolo, disse al Signore: «Io ho peccato, io ho agito male; ma queste pecore che hanno fatto? La tua mano venga contro di me e contro la casa di mio padre!».

Anche questo peccato va espiato. Il profeta Gad vuole che sia Davide a scegliere attraverso quale via espiarlo: sette anni di carestia o tre mesi di fuga dinanzi al nemico e tre giorni di peste. Il re sceglie tre giorni di peste. Preferisce cadere nelle mani del Signore, perché la sua misericordia è grande. Gli uomini sono senza misericordia. Il Signore realmente ha avuto misericordia ed ha fermato la peste. Le morti sono state altissime: settantamila persone. Questo evento deve insegnare qualcosa a noi che giochiamo con il peccato come se fosse una cosa da nulla. Per un solo atto di superbia sono morti settantamila persone. Per un omicidio e un adulterio vi fu una guerra intestina che causò moltissima sofferenza e lutti. Perché allora noi pensiamo che il peccato sia una cosa da nulla e lo giustifichiamo con infinite motivazioni, tratte però non dal cuore di Dio, ma dal nostro cuore che ormai ha stabilito che nessun peccato sia più offesa, oltraggio, insulto al Signore? La Scrittura Santa rivela quanto male esso produce. Le conseguenze di esso sono eterne. Ma noi non crediamo più neanche nelle conseguenze eterne. Siamo divenuti totalmente insensibili e irresponsabili.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che comprendiamo la tristezza di morte del peccato.