Lascia lì il tuo dono davanti all’altare
Possiamo definire il Discorso della Montagna il perfetto “ritratto della vita di Cristo Gesù”. Essendo Cristo e il cristiano un solo corpo, necessariamente esso dovrà essere anche “il ritratto di ogni discepolo del Signore”. Allora è giusto chiedersi: qual è l’essenza della vita di Gesù che per partecipazione è anche essenza del cristiano? Diciamo subito che la vita di Cristo è un dono perfetto, anzi più che dono perfetto, essa è un sacrificio perfetto, vero olocausto, offerto al Padre per la redenzione, la salvezza, il perdono dei peccati. È vita consumata e data come vera vita per ogni uomo che vuole abbandonare la morte e iniziare nuovamente a vivere. Quella di Gesù è la vita nella quale dovrà essere piantato ogni uomo che desidera lasciare il regno delle tenebre, dell’aridità, del male, della trasgressione, della disobbedienza. Senza questa piantagione in Cristo, si rimane nel regno dell’aridità e della morte, di ogni morte sia fisica che spirituale, sia morale che sociale, sia politica che economica. La vita è solo quella di Cristo.
Se quella di Gesù è vita donata in sacrificio e in olocausto, anche quella del cristiano è vita donata in sacrificio e in olocausto. Se è vita donata, è vita che nulla può togliere al fratello, ma è anche vita che sempre dovrà donarsi nella più alta pazienza, saggezza, intelligenza, prudenza, accortezza, carità, speranza purissima fede. L’impazienza non è della vita donata e neanche della vita offerta in sacrificio e in olocausto per la salvezza. Ingiuriare il fratello è giudicarlo non santo. Ma giudicando il fratello non santo, è se stessi che si giudica non santi. Per questo per noi ci sarà il giudizio del sinedrio o della geenna del fuoco. Avremmo dovuto santificarlo e non ci siamo ancora riusciti. Dinanzi alla non santità dell’altro è sempre la nostra non santità che viene rivelata. Ancora la nostra vita è nostra. Non è stata totalmente offerta per la redenzione del fratello. Sacramentalmente essa è stata donata a Cristo, nella realtà essa è ancora tutta nostra. È questo il vero fine della nostra vita: farne un dono perenne a Cristo per la redenzione.
Se il cristiano dona la vita per il perdono dei peccati, può lui non perdonare? Può avere nel cuore pensieri di odio, vendetta? Può nutrire risentimenti? Può conservare un qualche ricordo di ciò che è stato fatto a lui di male? Vale per lui la legge del sacrificio e dell’olocausto. Lui è in tutto simile a “pecora muta” che viene condotta al macello. Quando la pecora è uccisa, muore in essa ogni ricordo. Così è del cristiano. Lui è solo olocausto di amore, misericordia, carità, pietà, compassione, verità, santità per la redenzione del mondo. Non solo lui da Gesù è invitato a offrire il perdono a quanti lo hanno offeso. Per poter presentare se stesso come offerta, sacrificio, olocausto di perdono e di redenzione, deve salire sull’altare del sacrificio con il cuore mondo, purificato, santo. Deve essere agnello senza macchia e senza difetto. Altrimenti il sacrificio non è gradito al Signore. Dio mai accetterà una offerta immonda, impura. La santità del cristiano non è solo per esigenza morale, è per obbligo sacrificale, per legge rituale.
Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo! (Mt 5,21-26).
L’esigenza morale riguarderebbe solo la persona del cristiano dinanzi a Dio. Ma il cristiano non appartiene più a se stesso. Lui si è fatto dono a Cristo Gesù. Divenuto corpo di Cristo, è corpo di redenzione e di salvezza. La purezza del cuore e della mente sono richieste dalla sua nuova ritualità. Lui deve celebrare un rito nuovo: la sua immolazione per la redenzione del mondo. Essendo il suo vero sacrificio, vero olocausto, cade per intero sotto la legge del sacrificio e dell’olocausto. Ora questa legge esige la perfetta purità non solo della mente, del cuore, dell’anima, ma anche del corpo. Un pensiero impuro, rende impuro il sacrificio. Ma anche il cuore non libero rende impuro il sacrificio. Una mente legata al passato rende impuro il sacrificio. Un ricordo non cancellato rende impuro il sacrificio. La prima opera di misericordia che va vissuta verso i fratelli è la nostra perfetta purità rituale. Essa esige la perfetta santificazione dell’anima, dello spirito, del corpo. Un cristiano che litiga con un altro uomo per una cosa di questo mondo, è ritualmente impuro. Non può offrirsi a Dio in sacrificio. Non ha il cuore libero, la mente separata dalle cose. Il suo spirito ancora è nelle cose. Non si è fatto dono per il suo Dio. È ritualmente non presentabile al Signore. Prima si dovrà purificare e poi potrà presentarsi al Signore per la sua immolazione. Ma oggi queste verità cristiane sono vera “fantareligione” per i molti. Oggi abbiamo abolito la legge della ritualità e della santità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi insegnateci la legge della purità rituale.