Hanno creduto che tu mi hai mandato
La preghiera è un cuore che si mette in comunione con un altro cuore. Nella comunione non solo ci è partecipazione di vita, ma anche scambio di essa. Gesù rende partecipe della sua vita al Padre e chiede al Padre che lo renda partecipe della sua vita. Il cuore che prega manifesta le sue “lacune” al Padre e gli chiede che sia a Lui colmarle in ogni cosa. Così alla comunione necessariamente si deve aggiungere la conoscenza della verità del Padre. Alla conoscenza della verità. la fede nella verità del Padre. Alla fede, la fiducia che il Padre si metterà in comunione con noi con la sua onnipotenza, la sua grazia, la sua luce, il suo amore. Questo basta perché la preghiera sia vera? No. Occorre anche la conoscenza della nostra verità dinanzi al Padre e alla storia e l’obbedienza alla nostra verità. Se manca l’obbedienza alla nostra verità, la nostra preghiera mai potrà essere esaudita. Manca una nota essenziale perché la preghiera sia vera: l’obbedienza alla nostra verità, al nostro ministero, al nostro carisma. Spesso è proprio questa obbedienza che rende la nostra preghiera inefficace, vana, inascoltabile. Dio, verissimo nell’obbedienza alla sua verità, obbedisce sempre alla verità.
Non posso io dire: “Padre. dacci oggi il nostro pane quotidiano”, se non obbedisco alla mia verità di fratello tra i fratelli e di conseguenza obbligato alla condivisione del pane che oggi possiedo con quanti non ne hanno. Prima devo io condividere il pane e poi chiedere al Padre che me ne aggiunga altro. Se io non obbedisco alla mia verità di fratello, può Dio obbedire alla sua verità di Padre? No. Non posso dire al Padre: “Non permettere che noi cadiamo nella tentazione, ma liberaci dal male”, se sono proprio io il tentatore dei fratelli con il mio atteggiamento equivoco, libertino, lascivo, impuro, peccaminoso con le parole e con le opere. Se voglio che non cada nella tentazione o essere liberato dal male, devo mettere ogni attenzione a non mettermi io in condizione di peccato e di male. Non posso dire al Signore che mi dia altre pecore da curare – se sono un suo pastore – se non guido neanche quelle poche pecore che il Signore per sua misericordia ancora mi manda. Prima debbo obbedire io alla mia verità di pastore del suo gregge e poi chiedere a Lui che dia ciò che ancora manca.
Sempre la preghiera è priva della sua verità, se noi siamo disobbedienti alla nostra verità. Chi vuole che Dio obbedisca alla sua preghiera, necessariamente dovrà obbedire alla sua verità. Chi prega deve obbedire alla sua verità di creatura fatta da Dio a sua immagine e somiglianza, ma anche alla sua verità di battezzato, cresimato, consacrato diacono, presbitero, vescovo, eletto per essere il Pastore di tutta la Chiesa, verità di sposato, verità di madre, verità di padre, verità di ogni posto di responsabilità assunto in ogni ambito del vivere sociale, politico, religioso, scientifico, economico, verità del proprio carisma, missione, vocazione. Poiché ogni persona è rivestita di molteplici verità, l’obbedienza deve essere a tutte le verità che sono essenza della sua vita. La preghiera mai dovrà essere pensata, concepita, immaginata come una supplenza alle nostre molteplici disobbedienze. Spesso però si ha questa concezione della preghiera. È come se un contadino non obbedisse alla sua verità di contadino, smettesse di lavorare la terra, di curare gli alberi, di consacrare la vita alla sua missione, e poi si mettesse in preghiera per chiedere al Signore la benedizione per i suoi raccolti. Prima lui è obbligato a seminare. Poi può chiedere al Signore la moltiplicazione dei semi affidati alla terra per un buon raccolto.
Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato (Gv 17,1-8).
Gesù ha obbedito a tutte le verità della sua persona e delle sue due natura: la natura umana e la natura divina. Ha reso gloria al Padre dicendo e facendo tutto ciò che il Padre gli ha comandato di fare. Ora Gesù chiede al Padre che obbedisca Lui alla sua verità e gli doni la gloria promessa a tutti coloro che obbediscono alla sua volontà e lo glorificano come loro Dio e Signore. Oggi noi abbiamo condannato Dio ad obbedire alla nostra falsità. Noi obbediamo ad ogni falsità e vogliamo che Dio obbedisca a noi che ci siamo spogliati di ogni verità che viene da Lui: verità della natura, verità della persona, verità dei sacramenti, verità della missione, verità dei carismi, verità di ogni altro dono di grazia a noi dato. Tutto si chiede a Dio, ma dalla nostra falsità. Noi diciamo all’uomo che il Crocifisso non gli serve e poi chiediamo a Dio la pace, ignorando che è il Crocifisso la nostra pace. Se Dio donasse la pace senza dare il Crocifisso, obbedirebbe alla nostra falsità e menzogna. Lui invece è obbligato ad obbedire solo alla verità.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che mai chiediamo a Dio di obbedire al nostro peccato.