Commento teologico alla prima lettura – novembre 2018

 

NEL SANGUE DELL’AGNELLO

Ap 7,2-4.9-14; Sal 23; 1 Gv 3,1-3; Mt 5,1-12a

1 NOVEMBRE

Il Paradiso o la beatitudine eterna è un dono della misericordia del Signore. Si tratta di un dono condizionato. Esso prima di ogni cosa deve essere accolto. Lo si accoglie, accogliendo Cristo Signore come unico Salvatore e Redentore dell’uomo, unica e sola sorgente di grazia verità ,luce, vita eterna, unica è sola Parola come via per raggiungerlo. Ma questo ancora non basta. La via si percorre in Cristo, con Cristo, per Cristo, facendoci obbedienti come Lui alla volontà del Padre suo. La misericordia di Dio ci introduce nella sua eternità beata. All’uomo la risposta che dovrà durare per tutti i giorni della sua vita sulla terra. Quando il Signore verrà, se lo troverà sulla via verso il paradiso, lo introdurrà in esso. Se invece lo trova sulla via della perdizione, alla perdizione sarà lasciato andare. Dio è fedele ad ogni sua Parola. Il Paradiso è dono condizionato e condizionato sarà per tutti. Nessun uomo potrà vantare un qualche privilegio. La regola vale per credenti e non credenti, piccoli e grandi.

L’Apostolo Giovanni vive in un tempo in cui i cristiani erano perseguitati. Spesso il mondo sigillava la loro fede con il sangue. Il sangue del cristiano veniva unito a quello dell’Agnello e se ne faceva un solo sangue di redenzione. Altri, anche se non subivano il martirio cruento, sembra subivano quello incruento. Giovanni stesso è stato relegato nell’isola di Patmos, schiavo tra gli schiavi, condannato ai lavoro forzati a causa della sua fede nel Signore Gesù Cristo. La visione che Lui ha del Paradiso o della gloria eterna rafforza la fede dei credenti e dare più grande slancio nella confessione del loro Maestro. Questa visione dice che l’opera di Gesù non è stata vana. Sono molti coloro che, lavati nel sua sangue, hanno raggiunto la vita eterna. Il martirio non è la fine della vita, è invece il suo vero inizio. Dal ventre della terra, verso il proprio sangue, si aprono gli occhi dello spirito e dell’anima nella città eterna del nostro Dio, nella quale le cose di prima sono passate per sempre. Qui vi è solo vita e abbondanza di essa.

E vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele: Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello.

Oggi viviamo un grande momento di stanchezza e di affaticamento della fede. Avendo la falsa profezia annunziato ai cristiani che non esiste più la perdizione eterna, non degna del nostro Padre misericordioso, non vi è neanche più il desiderio di camminare verso il Paradiso. Esso è dato a tutti. Allora perché non divenire mondo con il mondo, peccato con il peccato, vizio con il vizio, trasgressione con la trasgressione? A che serve una vita casta, pura, fede alla Parola, obbediente alla volontà di Dio’ Non vi alcun vantaggio essere onesti. I disonesti avranno il nostro stesso guadagno. Senza verità la fede si stanca. Con essa anche la carità e la speranza si stancano. È stanchezza spirituale che spegne anche le vere relazioni tra gli uomini. Cosa fare per dare nuovo vigore alla fede? Nulla. Urge riportare la verità in essa. Giovanni con questa visione dona vigore alla fede perché la riempie della sua verità. Il martirio non è la sconfitta del cristiano, ma la sua vera vittoria. La virtù non è per i deboli, ma per i forti.

Vergine Madre, Angeli, Santi, liberateci da ogni stanchezza nella fede.

IO LO VEDRÒ, IO STESSO

Gb  19,1.22-27a; Sal 26; Rm 5,5-11; Gv 6,37-41

2 NOVEMBRE

Giobbe è uomo dalla coscienza retta sul bene e sul male. I suoi amici vogliono distruggerli questa sua certezza. Fanno di tutto, con ogni argomentazione, per dimostrargli che la sua sofferenza è frutto dei suoi peccati. Lui però non si piega alle loro argomentazioni. Lui possiede la testimonianza della sua storia, della sua vita. Noi che conosciamo quanto è avvenuto nel dialogo tra Dio e Satana, sappiamo che anche il Signore lo ha lodato per la sua rettitudine morale. Veramente lui è alieno da ogni male. Lo abbiamo potuto ance constatare dalla sua reazione di totale affidamento a Dio dopo l’annunzio che ogni bene e anche i figli erano stati persi in un solo giorno.

Ma può solo una coscienza retta essere principio di verità, sapienza, scienza per tutto ciò che avviene nella vita? Essa di certo non basta. Occorre una luce potente di rivelazione che illumini la nostra storia. Senza questa luce non sappiamo come muoverci. Infatti Giobbe riesce a resistere alle pressioni “teologiche” dei suoi amici, ma non riesce però a dare la soluzione vera alla questione che lo tormenta. Perché io, giusto, debbo soffrire? Perché l’altro, ingiusto, deve godere la vita. Perché lui è una piaga in tutto il suo corpo nonostante la sua rettitudine morale e gli altri, ingozzati di peccato e di ogni trasgressione della Legge del Signore, vivono sulla terra giorni felici?

Una verità ora viene in aiuto a Giobbe. La vita non finisce con la morte. Dopo che il suo corpo si sarà tutto consumato nella sofferenza, lui andrà al cospetto del suo Creatore. Lo vedrà faccia a faccia. Gli parlerò di persona. Lui potrà chiedergli ogni spiegazione e di certo gli sarà donata. Con questa professione di fede, Giobbe condanna la “teologia” dei suoi tre amici. Voi mi parlate in nome di Dio, ma in modo falso, errato. Io non mi trovo nei vostri ragionamenti, nelle vostre argomentazioni. Le vostre teorie pussano di falsità. Vi anca la vera scienza dell’altissimo. Parlate con pensieri della terra e osate attribuirli al Signore. Questo in fondo l’amaro sfogo di Giobbe.

Giobbe prese a dire: Perché vi accanite contro di me, come Dio, e non siete mai sazi della mia carne? Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, per sempre s’incidessero sulla roccia! Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro..

Giobbe cammina su due verità. La prima è la sua rettitudine di coscienza con la quale demolisce le tesi errate dei suoi amici. La sua storia si ribella al loro dire. Ognuno, anche oggi, dovrebbe avere dalla sua parte la storia, la coscienza, la vita, perché lo aiutino a rifiutare ogni falsità, controbattendole punto per punto. Senza la coscienza retta, lo Spirito Santo, non può operare nel nostro spirito e il male ci convince, l’eresia ci conquista, la falsità ci divora. Se oggi il cristiano è divorato da falsità e menzogne, la causa è la sua scarsa rettitudine di coscienza, la sua inesistente moralità. Quando un cuore è nelle tenebre è facile per le tenebre penetrare in esso. Se invece siamo nella luce, essa sempre respinge le tenebre e si conserva intatta nella sua verità.

La seconda verità è la sua fede. Certo ancora non è perfetta in ogni dettaglio. Lui però sa che dopo la morte si andrà al cospetto del Signore. Lui è pronto a chiedere spiegazioni o ragioni a Dio del perché della sua sofferenza nonostante la sua giustizia. Questa fede, anche se ancora non perfetta, lo riempie di speranza. Quanto gli uomini non possono dargli, di certo glielo darà il Signore ed allora troverà la pace. Non è la sofferenza che turba Giobbe, ma solo la non conoscenza del perché essa si è abbattuta su di lui. Dio gli svelerà ogni cosa, ed è pronto a prendere su di sé tutte le altre sofferenza del mondo. Giobbe così rimprovera tutto il mondo cristiano. Noi abbiamo il Dio Crocifisso, conosciamo il vale di ogni sofferenza, sappiamo che essa è grazia di salvezza eterna per molti nostri fratelli, e ci lamentiamo, rifiutandola. Urge dare più vigore e lucentezza alla nostra fede. Per molti è solo un lucignolo che fumiga.

Madre di Dio, Angeli, Santi, riaccendete la nostra fede. Sta per spegnersi.

PER VOI È PIÙ NECESSARIO CHE IO RIMANGA

Fil 1,18b-26; Sal 41; Lc 14,1.7-11

3 NOVEMBRE

Paolo vive con un solo desiderio nel cuore: che Cristo sia conosciuto, accolto, creduto, amato, seguito, ascoltato, imitato da ogni uomo. Poiché questo può avvenire solo attraverso l’annunzio di Lui con la predicazione della sua Parola, all’apostolo non importa chi predica Cristo e per quali ragioni lo si predica, per invidia, vanagloria, altri principi umani. Purché Cristo venga predicato e fatto amare dal mondo intero, a lui non dispiace, anzi se ne rallegra e gioisce. Questo ci rivela che realmente il solo unico bene che Paolo desidera raggiungere è fare conoscere Gesù ad ogni cuore. Per la sua persona nulla desidera. Per lui non vi è gloria più grande che essere missionario di Cristo Signore. Questa sua verità lui la rivela nella Prima Lettera a Timoteo. Vi è forse gloria più eccelsa per un uomo di quella di essere considerato da Gesù tanto degno di fiducia da ricevere come missione la predicazione del suo Vangelo di salvezza?

Noi sappiamo che la Legge è buona, purché se ne faccia un uso legittimo, nella convinzione che la Legge non è fatta per il giusto, ma per gli iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per i sacrìleghi e i profanatori, per i parricidi e i matricidi, per gli assassini, i fornicatori, i sodomiti, i mercanti di uomini, i bugiardi, gli spergiuri e per ogni altra cosa contraria alla sana dottrina, secondo il vangelo della gloria del beato Dio, che mi è stato affidato. Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna. Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen (1Tm 1,8-17).

Paolo è talmente innamorato di Cristo Gesù e il desiderio di congiungersi con Lui nl Cielo è così forte da desiderare di morire, al fine di essere eternamente con Lui. Ma Cristo Gesù è anche il suo corpo da coltivare, formare, aiutare, sostenere. Si può amare solo il Cristo celeste senza amare il Cristo che è sulla terra?  Il Cristo è uno e nella sua unità va sempre amato. Cosa dovrà fare allora Paolo? Continuare ad amare il Cristo sulla terra, perché questo è il vero amore. Sarebbe un amore di puro egoismo abbandonare il Cristo della terra perché si vuole godere il Cristo del Cielo. Lui rinunzia al Cristo del Cielo per consacrarsi interamente ad amare il Cristo della terra.

Purché in ogni maniera, per convenienza o per sincerità, Cristo venga annunciato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene. So infatti che questo servirà alla mia salvezza, grazie alla vostra preghiera e all’aiuto dello Spirito di Gesù Cristo, secondo la mia ardente attesa e la speranza che in nulla rimarrò deluso; anzi nella piena fiducia che, come sempre, anche ora Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo. Persuaso di questo, so che rimarrò e continuerò a rimanere in mezzo a tutti voi per il progresso e la gioia della vostra fede, affinché il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre più in Cristo Gesù, con il mio ritorno fra voi.

La scelta di Paolo deve essere la nostra scelta. La persona da amare, va amata nella pienezza della sua verità. L’uomo è corpo, anima, spirito, tempo, eternità. È vizio, virtù, grazia, peccato, bontà, malvagità. È anche investito di personale ministero, carisma, vocazione, missione. È sposato e anche singolo. È ricco ma anche povero. È dotto, ma anche non acculturato. È sano e malato. Questo è il corpo di Cristo e questo è il Cristo da amare. Paolo sa che lui deve portare questo Cristo nel Cielo. Non si può andare in Cielo da soli, senza portare con noi, per la nostra opera il Cristo che vive sulla terra. Questo Cristo non solo va portato nel Cielo, va anche formato e santificato.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, fate che amiamo e serviamo il Cristo che vive sulla terra.

QUESTI PRECETTI CHE OGGI TI DO

Dt 6,2-6; Sal 17; Eb 7,23-28; Me 12,28-34

4 NOVEMBRE – XXXI DOMENICA T.O.

La vera relazione con Dio si costruisce e si edifica su una sola verità: obbedienza perfetta e ininterrotta, per sempre, ad ogni comando del Signore. Il comando non è solo quello scritto sulle tavole di pietra, ieri, al Sinai. Quello è solo il fondamento principale, essenziale. Il comando è ad ogni Parola che esce dalla bocca di Dio. Di conseguenza comando è anche la missione, la vocazione, il ministero, il carisma, ogni Parola che Dio fa giungere ad ogni singola persona. L’amore è questa obbedienza. Da Gesù questa verità non è stata abrogata, cancellata, modificata. Da Lui è stata ribadita con ogni fermezza. Anzi la risposta alla prima tentazione è proprio questa legge essenziale, fondamentale: l’uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

Abbiate cura di mettere in pratica tutti i comandi che oggi vi do, perché viviate, diveniate numerosi ed entriate in possesso della terra che il Signore ha giurato di dare ai vostri padri. Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore (Dt 8,1-3). Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,1-4).

Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande» (Mt 7,21-27).

Diciamo subito che la Parola scritta è la via universale sulla quale camminare. Questa via è eterna, universale, immodificabile. L’altra Parola, che è vocazione, missione, carisma, ministero, volontà particolare di Dio verso la singola persona, è la modalità di ognuno, che è anche essenza e sostanza dell’obbedienza. Questa Parola è la concretezza dell’amore per ciascun uomo. Giona deve recarsi a Ninive. Amos deve profetizzare a Bethel. Ezechiele deve svolgere il suo ministero in esilio. Pietro deve predicare ai Giudei, Paolo ai pagani. Uno deve servire dal vertice e l’altro dalla base. Tutto è dalla Parola del Signore. Ad essa va data l’adesione di tutto l’uomo.

Perché tu tema il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore.

Oggi una tentazione simile ad urgano sta scuotendo menti e cuori dei discepoli di Gesù. Sono molti coloro che sono caduti in essa. Si è messa da parte sia la Parola scritta che ogni altra Parola del Signore e si dichiara amore ciò che il cuore pensa e la volontà vuole. Questo è l’abominio degli abomini. Amora oggi è il peccato, anche il più nefando. Abortire è amore. Divorziare a more. Suicidarsi è amore. Il male è amore.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, liberate i cuori da questa tentazione di morte.

NON FATE NULLA PER RIVALITÀ O VANAGLORIA

Fil 2,1-4; Sal 130; Lc 14,12-14

5 NOVEMBRE

San Paolo vede il cristiano solo in Cristo, solo come edificatore del corpo di Cristo. Sa però che nessuno potrà edificare il corpo di Cristo se non edifica se stesso come corpo di Cristo. Edificando se stesso come corpo di Cristo, potrà lavorare per edificare il corpo di Cristo. Dal peccato, dal vizio, dalla disobbedienza, dalla trasgressione ognuno distrugge se stesso come corpo di Cristo e distrugge anche il corpo di Cristo. Come ci si costruisce come corpo di Cristo e come lo si costruisce, lo ha insegnato in mille modi. Ne ricordiamo solo due: uno dalla Lettera ai Romani e l’altro dalla Lettera agli Efesini. Se queste due modalità non vengono ottemperate, il corpo di Cristo mai si potrà costruire. Chi non è vero corpo di Cristo, mai potrà lavora per il corpo Cristo.

Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Per la grazia che mi è stata data, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione. Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia (Rm 12,1-8).

Rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi. E pregate anche per me, affinché, quando apro la bocca, mi sia data la parola, per far conoscere con franchezza il mistero del Vangelo, per il quale sono ambasciatore in catene, e affinché io possa annunciarlo con quel coraggio con il quale devo parlare.( Ef 6,10-20).

Chi è intento a costruire se stesso e a costruire con amore, impegno, fedeltà alla Parola di Dio, il corpo di Cristo Gesù, mai farà qualcosa per rivalità o vanagloria. Queste cose rivelano che non si lavora per il corpo di Cristo, ma per se estesi, per impinguare il proprio egoismo. Chi invece lavora per il corpo di Cristo sempre si rivestire di sentimenti di amore, compassione, perdono, misericordia. Vuole il bene del corpo, non del suo corpo. Solo volendo il bene del corpo di Cristo si può volere il bene della propria persona. Ma anche solo edificando se stessi come vero corpo di Cristo, si aiuta il corpo di Cristo, perché si formi secondo verità, giustizia, altissima santità.

Se dunque c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri.

Ognuno deve scegliere. Se sceglie di lavorare per formare, edificare, rendere bello il corpo di Cristo, deve impegnare tutto se stesso a crescere come vero corpo di Cristo. Le regole le conosciamo, vanno solamente applicate. Ognuno sappia che se le regole sono disattese, ognuno lavorerà solo per nutrire la sua vanagloria e il suo egoismo.

Madre Umilissima, Angeli, Santi, fateci veri costruttore del corpo di Cristo.

ASSUMENDO UNA CONDIZIONE DI SERVO

Fil 2,5-11; Sal 21; Lc 14,15-24

6 NOVEMBRE

Può il discepolo di Gesù edificare se stesso come corpo di Cristo, edificando il corpo di Cristo. Può, ad una condizione: che mai distolga lo sguardo dalla sua croce. Il Crocifisso dovrà essere sempre dinanzi ai suoi occhi, nel suo cuore, nella sua anima. Il Salmo ci chiede di guardare verso Dio, e la Lettera agli Ebrei vuole che guardiano sempre verso di lui. È Lui oggi il Dio visibile ed è il Dio Crocifisso.

Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode. Io mi glorio nel Signore: i poveri ascoltino e si rallegrino. Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome. Ho cercato il Signore: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato. Guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire. Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo salva da tutte le sue angosce. L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono, e li libera. Gustate e vedete com’è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia. Temete il Signore, suoi santi: nulla manca a coloro che lo temono. I leoni sono miseri e affamati, ma a chi cerca il Signore non manca alcun bene. Venite, figli, ascoltatemi: vi insegnerò il timore del Signore. Chi è l’uomo che desidera la vita e ama i giorni in cui vedere il bene?

Custodisci la lingua dal male, le labbra da parole di menzogna. Sta’ lontano dal male e fa’ il bene, cerca e persegui la pace. Gli occhi del Signore sui giusti, i suoi orecchi al loro grido di aiuto. Il volto del Signore contro i malfattori, per eliminarne dalla terra il ricordo. Gridano e il Signore li ascolta, li libera da tutte le loro angosce. Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,  egli salva gli spiriti affranti. Molti sono i mali del giusto, ma da tutti lo libera il Signore. Custodisce tutte le sue ossa: neppure uno sarà spezzato. Il male fa morire il malvagio e chi odia il giusto sarà condannato. Il Signore riscatta la vita dei suoi servi; non sarà condannato chi in lui si rifugia (Sal 34 (33) 1-23).

Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo (Eb 12,1-3).

Se il cristiano vuole costruire se stesso come vero corpo di Cristo, mai dovrà distogliere gli occhi dal suo modello, che è Gesù Crocifisso. Ma chi è Gesù Crocifisso? È il Signore, il Creatore, l’Onnipotente, il Dio per mezzo del quale il Padre ha creato il cielo e la terra. Ora questo Dio Onnipotente e Signore si è umiliato a tal punto per amore dell’uomo da lasciarsi inchiodare su una croce. Dinanzi ad un Dio che si svuota di tutto se stesso per amore, vi potrà essere qualcosa di cui il discepolo di Gesù non possa privarsi? Cosa è una tunica e cosa è un mantello dinanzi ad un Dio che per amore s svuota di tutto se stesso, lasciandosi inchiodare su una croce?

Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio  l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

L’uomo dell’Antico Testamento trovava la forza di superare ogni cosa, guardando a Dio e contemplando tutto il suo amore, il discepolo di Gesù se vuole avere ogni forza per perseverare nell’amore che il suo Maestri gli comanda, sempre dovrà tenere gli occhi fissi su di Lui. Anzi, dovrà piantarsi una tenda spirituale sul Golgota e stare in eterna contemplazione con l’anima e lo spirito, mentre il suo corpo testimonia in mezzo agli uomini tutta la potenza della verità e dell’amore che viene fuori da quel Corpo Crocifisso. È il Crocifisso la fonte della verità, della grazia, della giustizia, della modalità di essere e di operare del cristiano. Se il Crocifisso esce dai suoi occhi, tutti finisce.

Madre del Signore, Angeli, Santi, fateci vera immagine di Gesù Crocifisso.

DEDICATEVI ALLA VOSTRA SALVEZZA

Fil 2,12-18; Sal 26; Lc 14,25-33

7 NOVEMBRE

Il fine della nostra obbedienza ad ogni Parola che esce dalla nocca di Dio è un solo. raggiungere ognuno la salvezza. Essa inizia nel tempo e si consuma nell’eternità. è giusto allora che ci chiediamo: Cosa è in verità la salvezza e perché Paolo ci esorta a dedicarci ad essa con rispetto e timore? La salvezza la possiamo descrivere con una immagine. Prendiamo un vaso di nobilissima fattura. Facciamo cadere per terra. Esso si riduce in frantumi. La salvezza non è raccogliere frantume per frantume e poi con pazienza incollare ogni pezzo ognuno al suo corrispondente in modo da riformare l’unità che si era rovinata. Questa non è la salvezza di Dio. Essa non opera nostra. È solo di Dio. Lui viene, prende i cocci della nostra umanità, li rifonde nel crogiolo del cuore di Cristo e dona vita e forma ancora più bella al vaso frantumato. Finché non si raggiunge il paradiso il nostro vaso è sempre esposto ad ogni danno, sia con il peccato mortale che con quello veniale. L’opera di Dio va rispettata. È il suo lavoro. Non solo va rispettata, con la nostra quotidiana obbedienza va fatta sempre più bella, più forte, più robusta e resistente in modo da risultare infrangibile.

Questo deve avvenire sulla nostra terra, mentre siamo nel corpo. Il timore invece ci rivela che se non porteremo l’opera di Dio intatta nell’eternità, per noi non ci sarà spazio della sua casa. Saremo gettati fuori dov’è pianto e stridore di denti. Oggi sta succedendo che avendo i falsi profeti convinto ogni uomo che non c’è più perdizione eterna, perché il nostro vaso sarà sempre e comunque nella casa del nostro Dio, non vi è alcuna necessità né di ricomporre il vaso, né di lavorare per portarlo intatto nell’eternità. Poiché l’obbligo sia della ricomposizione del vaso frantumato è per ogni uomo, il cristiano deve operare affinché ogni uomo si ricomponga nella sua essenza. Questo aiuto non lo potrà dare solo a parole, vivendo lui da vaso rotto, frantumato, senza alcuna vera identità. Lo potrà dare solo mostrando la bellezza della sua ricomposizione e questa bellezza  la sua altissima moralità. La moralità non è però quella che oggi l’uomo si immagina, cioè l’assenza nella sua vita di ogni comandamento da parte del suo Signore. Moralità è purissima obbedienza ad ogni Parola del suo Creatore, Signore, Dio, Salvatore, Redentore. Se il cristiano non mostra con la sua vita la differenza tra un vaso riportato in una bellezza anche più grande di quelle delle origini, nessun uomo si convertirà o attenderà alla sua salvezza.

Quindi, miei cari, voi che siete stati sempre obbedienti, non solo quando ero presente ma molto più ora che sono lontano, dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore. Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita. Così nel giorno di Cristo io potrò vantarmi di non aver corso invano, né invano aver faticato. Ma, anche se io devo essere versato sul sacrificio e sull’offerta della vostra fede, sono contento e ne godo con tutti voi.  Allo stesso modo anche voi godetene e rallegratevi con me.

Ecco qual è la vera missione del cristiano nel mondo, in mezzo ad una generazione malvagia e perversa: essere irreprensibile in goni cosa, vivendo nella purezza del corpo, dell’anima, dello spirito. Purezza è conservare il “vaso” integro, sano, belle, facendone un uso sempre secondo la volontà di Dio. Sempre il vaso si rompe e diviene vaso simile ad ogni altro vaso rotto che è nel mondo, se il cristiano si abbandona al peccato, che è sempre nella trasgressione della Parola del Signore. Se si disobbedisce a Dio, sempre si è impuri e sempre si diviene reprensibili dinanzi al mondo. Da reprensibili non possiamo più invitare nessuno alla conversione. Il cristiano deve essere sempre intento a cercare la volontà di Dio e a dare ad essa ogni compimento visibile nella sua vita. è questa le vera visibilità del cristiano. Tutte le altre o sono di apparenza, o di ipocrisia, o di convenienza e opportunità. Al cristiano una sola visibilità deve interessare: essere sempre irreprensibile in tutto dinanzi al mondo.

Madre Irreprensibile, Angeli, Santi, fateci puri nel  corpo, nell’anima, nello spirito.

IO LE HO CONSIDERATE UNA PERDITA

Fil 3,3-8a; Sal 104; Lc 15,1-10

8 NOVEMBRE

Noi sappiamo quanto San Paolo fosse attaccato alla tradizione dei padri. Il suo zelo per il suo Dio lo conduceva alla persecuzione dei discepoli di Gesù, ritenuti da  lui idolatri, traditori della fede e della verità, evidenti rinnegatori del primo Comandamento. Basta leggere il Capitolo XIII del Deuteronomio e comprenderà il perché di tutto il suo accanimento contro la nuova religione. Ogni idolatra andava soppresso.

Qualora sorga in mezzo a te un profeta o un sognatore che ti proponga un segno o un prodigio, e il segno e il prodigio annunciato succeda, ed egli ti dica: “Seguiamo dèi stranieri, che tu non hai mai conosciuto, e serviamoli”, tu non dovrai ascoltare le parole di quel profeta o di quel sognatore, perché il Signore, vostro Dio, vi mette alla prova per sapere se amate il Signore, vostro Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima. Seguirete il Signore, vostro Dio, temerete lui, osserverete i suoi comandi, ascolterete la sua voce, lo servirete e gli resterete fedeli. Quanto a quel profeta o a quel sognatore, egli dovrà essere messo a morte, perché ha proposto di abbandonare il Signore, vostro Dio, che vi ha fatto uscire dalla terra d’Egitto e ti ha riscattato dalla condizione servile, per trascinarti fuori della via per la quale il Signore, tuo Dio, ti ha ordinato di camminare. Così estirperai il male in mezzo a te.

Qualora il tuo fratello, figlio di tuo padre o figlio di tua madre, o il figlio o la figlia o la moglie che riposa sul tuo petto o l’amico che è come te stesso t’istighi in segreto, dicendo: “Andiamo, serviamo altri dèi”, dèi che né tu né i tuoi padri avete conosciuto, divinità dei popoli che vi circondano, vicini a te o da te lontani da un’estremità all’altra della terra, tu non dargli retta, non ascoltarlo. Il tuo occhio non ne abbia compassione: non risparmiarlo, non coprire la sua colpa. Tu anzi devi ucciderlo: la tua mano sia la prima contro di lui per metterlo a morte; poi sarà la mano di tutto il popolo. Lapidalo e muoia, perché ha cercato di trascinarti lontano dal Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile. Tutto Israele verrà a saperlo, ne avrà timore e non commetterà in mezzo a te una tale azione malvagia.

Qualora tu senta dire di una delle tue città che il Signore, tuo Dio, ti dà per abitarvi, che uomini iniqui sono usciti in mezzo a te e hanno sedotto gli abitanti della loro città dicendo: “Andiamo, serviamo altri dèi”, dèi che voi non avete mai conosciuto, tu farai le indagini, investigherai, interrogherai con cura. Se troverai che la cosa è vera, che il fatto sussiste e che un tale abominio è stato realmente commesso in mezzo a te, allora dovrai passare a fil di spada gli abitanti di quella città, la dovrai votare allo sterminio con quanto contiene e dovrai passare a fil di spada anche il suo bestiame. Poi radunerai tutto il bottino in mezzo alla piazza e brucerai nel fuoco la città e l’intero suo bottino, sacrificio per il Signore, tuo Dio. Diventerà una rovina per sempre e non sarà più ricostruita. Nulla di ciò che sarà votato allo sterminio si attaccherà alla tua mano, perché il Signore desista dalla sua ira ardente, ti conceda misericordia, abbia misericordia di te e ti moltiplichi, come ha giurato ai tuoi padri (Dt 13,2-18).

È questo il contesto “culturale” nel quale Paolo era cresciuto, assieme a tutte le altre leggi tramandate dalla corrente più rigida del fariseismo da lui abbracciata. Ora cosa confessa Paolo? Dinanzi alla sublimità di Cristo, tutta la sua vita è vista e considerata come una spazzatura, qualcosa che urge gettare via. Di tutto Lui si libera.

I veri circoncisi siamo noi, che celebriamo il culto mossi dallo Spirito di Dio e ci vantiamo in Cristo Gesù senza porre fiducia nella carne, sebbene anche in essa io possa confidare. Se qualcuno ritiene di poter avere fiducia nella carne, io più di lui: circonciso all’età di otto giorni, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, Ebreo figlio di Ebrei; quanto alla Legge, fariseo; quanto allo zelo, persecutore della Chiesa; quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge, irreprensibile. Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore.

Dinanzi a Cristo Crocifisso, consumato dall’amore per la salvezza dell’uomo, vi potrà essere sulla terra qualcosa di importante, vero, buono, nobile? Tutto diviene spazzatura. Tutto diviene vanità, inutilità. Una cosa sola ha valore: immergersi nell’amore di Cristo per divenire manifestazione nel mondo della sua carità. Se non si è carità di Cristo, si consuma invano l’esistenza e anche la religione è inutile e vana.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, fateci carità della carità nella carità do Cristo Gesù.

L’ACQUA SCATURIVA DAL LATO DESTRO

Ez 47,1-2.8-9.12 opp. 1 Cor 3,9b-11.16-17; Sal 45; Gv 2,13-22

9 NOVEMBRE

Osserviamo bene quanto avviene al tempo di Ezechiele. Il vecchio tempio è divenuto un luogo immondo. Da esso può scaturire solo morte. Dio lo abbandona, uscendo da esso. Non è più la sua casa. È la dimora dell’idolatria e di ogni immoralità.

Mi disse: «Figlio dell’uomo, vedi che cosa fanno costoro? Guarda i grandi abomini che la casa d’Israele commette qui per allontanarmi dal mio santuario! Ne vedrai altri ancora peggiori». Mi condusse allora all’ingresso del cortile e vidi un foro nella parete. Mi disse: «Figlio dell’uomo, sfonda la parete». Sfondai la parete, ed ecco apparve una porta. Mi disse: «Entra e osserva gli abomini malvagi che commettono costoro». Io entrai e vidi ogni sorta di rettili e di animali obbrobriosi e tutti gli idoli della casa d’Israele raffigurati intorno alle pareti. Settanta anziani della casa d’Israele, fra i quali vi era Iaazania, figlio di Safan, ritto in mezzo a loro, stavano davanti ad essi, ciascuno con il turibolo in mano, mentre il profumo saliva in nubi d’incenso. Mi disse: «Hai visto, figlio dell’uomo, quello che fanno gli anziani della casa d’Israele nelle tenebre, ciascuno nella stanza recondita del proprio idolo? Vanno dicendo: “Il Signore non ci vede, il Signore ha abbandonato il paese”». Poi mi disse: «Vedrai che si commettono abomini peggiori di questi». Mi condusse all’ingresso della porta del tempio del Signore che guarda a settentrione e vidi donne sedute che piangevano Tammuz. Mi disse: «Hai visto, figlio dell’uomo? Vedrai abomini peggiori di questi». Mi condusse nel cortile interno del tempio del Signore; ed ecco, all’ingresso dell’aula del tempio, fra il vestibolo e l’altare, circa venticinque uomini, con le spalle voltate al tempio e la faccia a oriente che, prostrati, adoravano il sole. Mi disse: «Hai visto, figlio dell’uomo? Come se non bastasse per quelli della casa di Giuda commettere simili abomini in questo luogo, hanno anche riempito il paese di violenze, per provocare la mia collera. Eccoli, vedi, che si portano il ramoscello sacro alle narici. Ebbene, anch’io agirò con furore. Il mio occhio non avrà pietà e non avrò compassione: manderanno alte grida ai miei orecchi, ma non li ascolterò» (Ez 8,6-18).

Da casa di vita era divenuto casa di morte, contaminazione, grande impurità, luogo di ogni abominio, nefandezza, immoralità, idolatria. Per il popolo divenuto nuovo nella conversione e nel ritorno alla fedeltà all’alleanza ora occorre anche in tempio nuovo e il Signore dona al suo profeta le misure e le forme per la sua costruzione. Ezechiele in visione contempla il nuovo tempio, elevato o costituito da Dio sorgente di vita per tutta la terra. Infatti il profeta vede che dal lato destro del nuovo tempio sgorga una sorgente che si fa un grande fiume attraverso la regione, giungendo fino al Mar Morto. Dove il fiume giunge, giunge anche la vita. La vita sulla terra è da questa acque.

Mi condusse poi all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro. Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Araba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Sulle sue rive vi saranno pescatori: da Engàddi a En-Eglàim vi sarà una distesa di reti. I pesci, secondo le loro specie, saranno abbondanti come i pesci del Mare Grande. Però le sue paludi e le sue lagune non saranno risanate: saranno abbandonate al sale. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina.

Noi sappiamo che il Nuovo Tempio è Cristo Gesù. Sappiamo anche che dal suo costato aperto, squarciato dalla lancia, è scaturito un fiume di acqua e di sangue. Questo fiume deve essere incorporato da ogni suo discepolo, costituito tempio vivo dello Spirito, ed essere riversato su tutta la terra per ridare ad essa la vita perduta. Se il cristiano non diviene vero tempio nel nuovo tempio di Dio che è Cristo Gesù, la terra rimane arida, gli alberi secchi, il Mare senza pesci in esso. Missione altissima!

Madre della Vita, Angeli, Santi, fateci vero tempio di Dio nel suo Tempio Cristo Gesù.

TUTTO POSSO IN COLUI CHE MI DÀ LA FORZA

Fii 4,10-19; Sal 111; Lc 16,9-15

10 NOVEMBRE

Gesù Signore ha mandato i suoi discepolo nel mondo, ordinando loro di non portare né oro, né argento, né alcun’altra cosa. Il Padre celeste provvederà in tutto. Questo è il comando e questa la fede che dovrà condurli e sorreggerli in ogni momento della loro missione. È un vero contratto. Essi lavorano per il Signore, il Signore lavora per loro.

Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. 13Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa» (Cfr. Mt 10,1-42).

Il Padre nostro non sempre manda i corvi, come ha fatto con Elia per il suo sostentamento. Può anche mandare Elia da una vedova in Sarepta di Sidone. La sua provvidenza è quasi sempre indiretta, per via mediata. Il fratello può essere di aiuto al fratello, l’amico all’amico, una comunità ad un’altra comunità, un apostolo ad un altro apostolo. Tuttavia né la provvidenza diretta né indiretta sono sufficienti, se l’apostolo stesso o il missionario di Cristo Gesù non diviene provvidenza per se stesso. Come un missionario diviene provvidenza per se stesso? Eliminando ogni vizio. Acquisendo ogni virtù. Paolo questo insegna ai Filippesi. Io sono vivere in qualsia luogo, qualsiasi condizione, nella povertà, nell’indigenza, nella ricchezza, nell’abbondanza. Sono abituato a tutto, anche alla fame e alla nudità. Sono divenuto provvidenza a me stesso, sempre con la potente grazia del Signore e il suo costante aiuto.

Ho provato grande gioia nel Signore perché finalmente avete fatto rifiorire la vostra premura nei miei riguardi: l’avevate anche prima, ma non ne avete avuto l’occasione. Non dico questo per bisogno, perché ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione. So vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni. Lo sapete anche voi, Filippesi, che all’inizio della predicazione del Vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa mi aprì un conto di dare e avere, se non voi soli; e anche a Tessalònica mi avete inviato per due volte il necessario. Non è però il vostro dono che io cerco, ma il frutto che va in abbondanza sul vostro conto. Ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni ricevuti da Epafrodìto, che sono un piacevole profumo, un sacrificio gradito, che piace a Dio. Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù.

Oggi l’uomo ha deciso di abbandonarsi ad ogni vizio e di svestirsi di ogni virtù. Qual è il risultato di questa sua sciagurata decisione? Anche se il Signore gli creasse un cielo nuovo e una terra nuova, non gli basterebbero.  Lucifero cadde nel peccato della superbia, non gli bastò più neanche tutto il Paradiso. Volle essere come Dio. O il cristiano pone mano a liberarsi da ogni vizio e ad acquisire ogni virtù, o tutta la terra non gli basterà mai. Il vizio è una voragine senza fondo, un abisso incolmabile. cosa strana e insensata: la società ha sempre più bisogno di soldi, ma solo per soddisfare i molti vizi dell’uomo. Il vizio è la rovina del mondo. A Lucifero non bastò il Paradiso.

Madre Specchio di ogni virtù, Angeli, Santi, liberateci da ogni vizio, colmateci di virtù.

 

PRENDIMI ANCHE UN PEZZO DI PANE

1 Re 17,10-16; Sal 145; Eb 9,24-28; Mc 12,38-44

11 NOVEMBRE – XXXII DOMENICA T.O.

Elia inizia la sua missione profetica annunciando al re e al popolo una grande siccità. Non sarebbe più caduta una sola goccia di acqua sulla terra finché lui non avesse ordinato nuovamente al cielo di dare la sua benefica acqua. Per questa sua parola dovette rifugiarsi presso un terrente.  Un corvo gli portava pane e carne da mangiare. L’acqua l’attingeva al torrente. Poi il terrente non dona più acqua e il Signore gli ordina di recarsi in Sarepta di Sidone. Qui una vedova avrebbe provveduto per il suo sostentamento. Il profeta obbedisce, lascia la sua terra. Si reca in terra straniera.

Elia, il Tisbita, uno di quelli che si erano stabiliti in Gàlaad, disse ad Acab: «Per la vita del Signore, Dio d’Israele, alla cui presenza io sto, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo comanderò io». A lui fu rivolta questa parola del Signore: «Vattene di qui, dirigiti verso oriente; nasconditi presso il torrente Cherìt, che è a oriente del Giordano. Berrai dal torrente e i corvi per mio comando ti porteranno da mangiare». Egli partì e fece secondo la parola del Signore; andò a stabilirsi accanto al torrente Cherìt, che è a oriente del Giordano. I corvi gli portavano pane e carne al mattino, e pane e carne alla sera; egli beveva dal torrente. Dopo alcuni giorni il torrente si seccò, perché non era piovuto sulla terra. Fu rivolta a lui la parola del Signore… (1re 17,1-8).

Una prima verità da affermare è questa: il profeta non è mandato presso il popolo per portare la Parola del Signore e per chiedere l’obbedienza o la conversione ad essa. Il profeta è prima di ogni cosa la persona che è sempre sotto stretta obbedienza al suo Dio. Solo obbedendo può portare la parola dell’obbedienza. Se Lui non obbedisce, mai potrà portare la parola della vita. Giona non obbedì al Signore, non portò la parola della vita in  Ninive. Obbedì e portò la Parola della salvezza. Ora il Signore lo manda in Sarepta di Sidone. Vuole che anche in quelle terre lui riveli la grandezza del suo Dio. Come? Moltiplicando all’infinito il poco che la vedova aveva per vivere. Altra grande verità da mettere in evidenza: il Signore dona il nutrimento al suo profeta donandolo alla vedova perché sia lei a darlo al suo profeta. Così essa potrà sperimentare, constatare la verità del Dio del profeta. Dio dona il nutrimento alla vedova, la vedova lo dona all’uomo di Dio. Chiedendo un pezzo di pane, l’uomo di Dio dona alla vedeva il so Dio nella sua verità più piena e più santa. Sono questi i miracoli della carità.

Egli si alzò e andò a Sarepta. Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso, perché io possa bere». Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». Elia le disse: «Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”». Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia.

Tutti i problemi non risolti del discepolo di Gesù sono la sua non obbedienza alla Parola del suo Signore. Si è detto che il vero profeta non è colui che dona la Parola di Dio agli altri. È invece colui che dona la Parola, ascoltando la Parola, vivendo la Parola, obbedendo perfettamente alla Parola. La forza di vita della Parola del profeta è nella sua obbedienza alla Parola. Se lui esce dall’obbedienza, la Parola da Lui annunziata è senza alcuna forza di salvezza, redenzione, conversione, vita. Questa relazione del profeta con Dio mai dovrà essere dimenticata, trascurata, ignorata. Se un discepolo di Gesù vuole una essere di parola efficace quando la proferisce, sempre deve essere di parola ascoltata quando gli viene rivolta. Elia obbedisce. Si reca in Sarepta. Lui ha ascoltato Dio. La vedova ascolta il profeta. Cambia la sua vita.

Regina dei Profeti, Angeli, Santi, insegnateci la vera obbedienza alla Parola di Dio.

CONFUTARE I SUOI OPPOSITORI

Tt 1,1-9; Sal 23; Lc 17,1-6

12 NOVEMBRE

Può un uomo di Dio che non obbedisce a Dio essere nel mondo portatore e annunciatore della Parola di Dio? Mai lo potrà essere perché il dono della Parola è ordinato all’obbedienza. Chi vuole che si obbedisca alla Parola, deve sempre mostrare come lui obbedisce alla Parola. Come la Parola proferita nasce dalla Parola ascoltata, così l’obbedienza chiesta è il frutto sempre dell’obbedienza mostrata. In questo Paolo è severo per la sua persona, chiede la stessa severità ad ogni altro discepolo di Gesù.

Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga criticato il nostro ministero; ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza: nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, con sapienza, con magnanimità, con benevolenza, con spirito di santità, con amore sincero, con parola di verità, con potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama; come impostori, eppure siamo veritieri; come sconosciuti, eppure notissimi; come moribondi, e invece viviamo; come puniti, ma non uccisi; come afflitti, ma sempre lieti; come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto! La nostra bocca vi ha parlato francamente, Corinzi; il nostro cuore si è tutto aperto per voi. In noi certo non siete allo stretto; è nei vostri cuori che siete allo stretto. Io parlo come a figli: rendeteci il contraccambio, apritevi anche voi!  Non lasciatevi legare al giogo estraneo dei non credenti. Quale rapporto infatti può esservi fra giustizia e iniquità, o quale comunione fra luce e tenebre? Quale intesa fra Cristo e Bèliar, o quale collaborazione fra credente e non credente? Quale accordo fra tempio di Dio e idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. 17Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro. E io vi accoglierò e sarò per voi un padre e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore onnipotente. In possesso dunque di queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito, portando a compimento la santificazione, nel timore di Dio (1Cor 6,3-7,1).

Un vescovo è obbligato non solo ad annunziare la Parola. La sua Parola sarà efficace negli altri nella misura in cui essa è efficace nella sua vita. Se lui non ascolta il suo Dio non speri che qualcuno ascolterà lui. In più lui è anche chiamato a difendere la Parola e a confutare i suoi oppositori. Come potrà fare questo? Solo se lo Spirito Santo abita e dimora nel suo cuore. È lo Spirito Santo la purezza della verità del Vescovo. Senza l’obbedienza alla Parola – e si rivela la sua obbedienza dal possesso delle virtù – lo Spirito non è in Lui e la sua parola è priva di ogni forza di conversione e anche di difesa della verità. Dall’obbedienza del vescovo è l’obbedienza dei fedeli.

Paolo, servo di Dio e apostolo di Gesù Cristo per portare alla fede quelli che Dio ha scelto e per far conoscere la verità, che è conforme a un’autentica religiosità, nella speranza della vita eterna – promessa fin dai secoli eterni da Dio, il quale non mente, e manifestata al tempo stabilito nella sua parola mediante la predicazione, a me affidata per ordine di Dio, nostro salvatore –, a Tito, mio vero figlio nella medesima fede: grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro salvatore. Per questo ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine in quello che rimane da fare e stabilisca alcuni presbìteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato. Ognuno di loro sia irreprensibile, marito di una sola donna e abbia figli credenti, non accusabili di vita dissoluta o indisciplinati. Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, deve essere irreprensibile: non arrogante, non collerico, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagni disonesti, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, padrone di sé, fedele alla Parola, degna di fede, che gli è stata insegnata, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare i suoi oppositori.

Come il dono dello Spirito Santo agli Apostoli è dall’obbedienza di Gesù al Padre, così il dono dello Spirito Santo ad ogni uomo è dall’obbedienza del Vescovo a Cristo Signore. Ci si distacca dall’obbedienza a Cristo, nessuna obbedienza nascerà per il vescovo nei cuori. Per la sua non obbedienza, il Vangelo è esposto al fallimento.

Vergine Obbediente, Angeli, Santi, fateci obbedienti a Cristo per generare obbedienza.

QUELLO CHE È CONFORME ALLA SANA DOTTRINA

Tt 2,1-8.11-14; Sal 36; Lc 17,7-10 13j

13 NOVEMBRE

Un vescovo non è l’inventore né della verità di Cristo, né della dottrina necessariamente legata alla sua verità e neanche della moralità che è purissima obbedienza alla verità contenuta nella Parola di Cristo. Un vescovo è in tutto simile ad un contadino. Questi non è creatore dei semi. Li riceve. Li semina. Li coltiva. Produce un duplice frutto. Un seme nuovo da consegnare a chi viene dopo di Lui, ma anche un frutto da consumare Lui e da dare in nutrimento a quanti hanno creduto in Cristo Gesù e per la sua Parola crederanno nel Salvatore e Redentore del mondo. Se un vescovo anziché seminare il seme ricevuto, ne semina un altro, lui non è più amministratore dei misteri di Dio e neanche servo di Cristo Gesù. Il servo deve solo fare la volontà del suo Padrone. Così anche, se non dona il seme nella purezza in cui lo ha ricevuto, aggiungendo ad esso la pienezza della verità posta in esso dallo Spirito Santo, neanche è un buon amministratore dei misteri di Dio. Manca al seme l’opera attuale dello Spirito Santo. La tradizione non è dare ciò che si è ricevuto. Si dona ciò che si è ricevuto, arricchendola della verità tutta intera cui conduce lo Spirito Santo.

È giusto chiarificare, illuminare, illustrare questa verità. Gesù riceve lo Spirito del Signore il giorno del Battesimo presso il Fiume Giordano. Lo Spirito conduce Lui fino alla crocifissione. Lui lo effonde dal suo corpo trafitto. Non effonde lo Spirito che ha ricevuto. Effonde lo Spirito la cui forza è così grande da portare il Figlio di Dio ad annientare se stesso sul legno della croce. Questo vale per Matteo, Marco, Luca, Giovanni Paolo, Giacomo, Giuda o agiografi del Nuovo Testamento. Essi non consegnano lo Spirito che hanno ricevuto nel Cenacolo. Consegnano lo Spirito che ha trasformato la loro mente, il loro cuore, il loro spirito, il loro stesso corpo. Lo Spirito consegnato da Matteo non è quello di Luca, Marco, Giovanni e gli altri agiografi. Ognuno ha consegnato lo Spirito che in loro ha agito così tanto da trasformare la loro mente e il loro cuore. Consegnano lo Spirito che ha dato loro una più piena conoscenza del mistero di Cristo Gesù, manifestato anche attraverso la loro vita. Possiamo illuminare questa verità con la parabola dei talenti. Chi ne riceve dieci ne consegna altri dieci. Vera tradizione, vera consegna. Chi ne riceve cinque, ne consegna altri cinque. Vera tradizione, vera consegna. Chi ne riceve uno, consegna quello che ha ricevuto. Cattiva tradizione, cattiva consegna. È servo malvagio.

Tu però insegna quello che è conforme alla sana dottrina. Gli uomini anziani siano sobri, dignitosi, saggi, saldi nella fede, nella carità e nella pazienza. Anche le donne anziane abbiano un comportamento santo: non siano maldicenti né schiave del vino; sappiano piuttosto insegnare il bene, per formare le giovani all’amore del marito e dei figli, a essere prudenti, caste, dedite alla famiglia, buone, sottomesse ai propri mariti, perché la parola di Dio non venga screditata. Esorta ancora i più giovani a essere prudenti, offrendo te stesso come esempio di opere buone: integrità nella dottrina, dignità, linguaggio sano e irreprensibile, perché il nostro avversario resti svergognato, non avendo nulla di male da dire contro di noi. È apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.

Oggi molti discepolo di Gesù sono detti tradizionalisti ed altri progressisti. I progressisti accusano i tradizionalisti di chiusura in vecchi schemi, vecchie verità, vecchia morale. I tradizionalisti accusano i progressisti di aver abbandonato la verità di un tempo e per un insegnamento non conforme alla vera tradizione della Chiesa. Cosa manca negli uni e negli altri? Lo Spirito Santo. I tradizionalisti tramandando senza il necessario aggiornamento operato dallo Spirito Santo nella verità di Cristo. I progressisti aggiornano senza però partire dalla sana dottrina. Anch’essi sono privi dello Spirito Santo. Senza lo Spirito Santo non vi è vero aggiornamento e né vera tradizione.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, colmate ogni discepolo di Gesù di Spirito Santo.

GIUSTIFICATI PER LA SUA GRAZIA

Tt 3,1-7; Sal 22; Lc 17,11-19

14 NOVEMBRE

Dare il vero significato ad ogni parola della Scrittura so può solo per opera dello Spirito Santo. Lo Spirito che ha suggerito all’agiografo la Parola è lo stesso che deve dare la verità di essa. San Paolo diche che si è giustificati per la grazia di Cristo. È doveroso per noi tutti sapere cosa è la giustificazione secondo lo Spirito Santo. Un contadino taglia un albero dalle radici, anzi non lo solo lo taglia, lo sradica anche, lasciando che esso anche secchi ai raggi concenti del sole d’estate. Mai più gli potrà ridare vita, né potrà incollare i pezzi dell’albero da lui tagliato in due. L’albero rimarrà secco in eterno. Potrà usarlo per fare del fuoco oppure lo potrà lasciare marcire e divenire terra. Così è avvenuto con l’uomo. Lui si è sradicato da Dio, si sradica da Dio con il peccato. Se sega o si taglia irreparabilmente dalla sorgente della sua vita. Per le sue forze mai più potrà ritornare in vita. È nella morte del suo essere e del suo operare.

Ma Dio è misericordioso con l’uomo. Per grazia di Cristo Gesù, frutto dei suoi meriti acquisiti con il dono della sua vita sulla croce, offre alla creatura che è nella morte di poter ritornare nuovamente in vita. Potrà ritornate se osserva delle precise condizioni: accoglie Cristo come suo unico e solo Salvatore e Redentore, vive la sua Parola come unica e sola Parola di vita eterna, si immerge nelle acque del battesimo per nascere da Spirito Santo. Osservate queste condizioni necessarie, l’uomo da morto che era ritorna in vita, viene giustificato, cioè viene risuscitato dalla sua morte spirituale. Questa risurrezione è solo per grazia di Cristo ma nella fede in Cristo. Ma la giustificazione non è ancora salvezza eterna. Essa ci dona la vita, ci fa vita di Cristo, perché nella speranza raggiungiamo la vita eterna. Come si raggiunge la vita eterna? Camminando nella Parola di Gesù. Si osserva tutto il Vangelo, si trasforma in Vangelo in opera buona. Camminando di fede in fede e di opera buona in opera buona si percorre il cammino della speranza. Si raggiunge il Paradiso, o la beatitudine eterna. Si annunzia la Parola, si predica il Vangelo, lo accoglie nella fede, ci si lascia battezzare, si viene posti sulla via della salvezza eterna. La giustificazione è il ritorno in vita. Anzi è la nuova generazione a figli adottivi di Dio e partecipi della divina natura operata in noi dallo Spirito Santo. Ora siamo veri figli del Padre, vero corpo di Cristo.

Ricorda loro di essere sottomessi alle autorità che governano, di obbedire, di essere pronti per ogni opera buona; di non parlare male di nessuno, di evitare le liti, di essere mansueti, mostrando ogni mitezza verso tutti gli uomini.  Anche noi un tempo eravamo insensati, disobbedienti, corrotti, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri, vivendo nella malvagità e nell’invidia, odiosi e odiandoci a vicenda. Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna.

È bene mettere in evidenza alcune verità che sono logica conseguenza della giustificazione. La prima conseguenza vuole che si faccia una distinzione chiara tra chi è stato giustificato e chi non lo è ancora o non ha voluto o non vuole esserlo. Senza giustificazione non c’è il cambiamento di natura. Manca la fede. Manca la rigenerazione. Manca la partecipazione della divina natura. Manca l’uomo nuovo in Cristo. La seconda conseguenza chiede che si dica con chiarezza di Spirito Santo che non si può chiedere ad un uomo morto di produrre frutti da persona vivente in Cristo. Prima lo si deve risuscitare, ricreare, rinnovare, riportare nella verità della sua natura. è questo il più grave errore dei nostri tempi. Si chiude a chi non è in Cristo che produca le opera di Cristo. Prima è necessario che lo si faccia vita di Cristo. La terza conseguenza vuole che si dica che la giustificazione non è salvezza eterna. Essa è dona di Dio, ma si conquista producendo i frutti della vita di Cristo in noi. I frutti dovranno essere quelli della nuova natura, non quelli della vecchia. Ogni cristiano ha l’obbligo di mostrare questi frutti nuovi ad ogni altro uomo.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci perché possiamo produrre frutti di vita eterna.

SIA COME UOMO SIA COME FRATELLO NEL SIGNORE

Fm 7-20; Sal 145; Lc 17,20-25

15 NOVEMBRE

Un evento di cronaca quotidiana è trasformato da Paolo in un storia di salvezza, capace di modificare tutto l’assetto della storia. È questa la straordinaria luce con la quale lo Spirito del Signore opera in coloro che da Lui sempre si lasciano muovere. Lo Spirito può solo muovere un uomo nella misura in cui il suo cuore si conforma a quello di Gesù Signore. Poiché nel cuore di Paolo è il cuore di Cristo Gesù che vive, lo Spirito Santo può illuminarlo e condurlo secondo la luce più grande, sempre. Ecco l’evento allora di quotidiana cronaca. Un servo fugge via dal suo padrone e nella sua vita incontra Paolo. Questi non solo lo battezza, lo forma anche nella vera conoscenza di Cristo, vero servo del Padre. Ora che Onesimo sa che Cristo è servo e anche lui dovrà servire come Cristo Signore, lo rimanda al suo padrone, il cui nome è Filemone, che è anche amico dell’Apostolo, perché anche lui per la fede è divenuto servo di Cristo Gesù. Onesimo è servo di Cristo per obbedire. Filemone è servo di Cristo per comandare. Tutti e due servi ma per svolgere un servizio diverso. Qui si rivela tutta la potenza della luce di Paolo. A Filemone dice di comandare vedendo in Onesimo Cristo Gesù. A Onesimo chiede di obbedire vedendo in Filemone Cristo Signore. Se uno comanda a Cristo può solo comandare dal cuore di Cristo. Se uno obbedisce a Cristo può solo obbedire con il cuore di Cristo. Con questo semplice pensiero o luce potente dello Spirito Santo finisce per sempre la schiavitù dell’uomo sull’uomo. Chi comanda è Cristo che comanda a Cristo. Chi obbedisce è Cristo che obbedisce a Cristo. Vi è un solo Padrone Cristo Gesù. Cristo Gesù comanda a Cristo Gesù e Cristo Gesù obbedisce a Cristo Gesù. È questo il vero miracolo della fede in Cristo Gesù.

La tua carità è stata per me motivo di grande gioia e consolazione, fratello, perché per opera tua i santi sono stati profondamente confortati. Per questo, pur avendo in Cristo piena libertà di ordinarti ciò che è opportuno, in nome della carità piuttosto ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene, lui, che un giorno ti fu inutile, ma che ora è utile a te e a me. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore. Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario. Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore. Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso. E se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto. Io, Paolo, lo scrivo di mio pugno: pagherò io. Per non dirti che anche tu mi sei debitore, e proprio di te stesso! Sì, fratello! Che io possa ottenere questo favore nel Signore; da’ questo sollievo al mio cuore, in Cristo!

Se i predicatori della giustizia sociale imitassero Paolo, saprebbero che se Cristo non viene formato nei cuori, sarà sempre l’uomo secondo la carne che ha il governo e non l’uomo secondo lo Spirito, che non essendo formato, neanche esiste nel cristiano. è questa la differenza che dovrà sempre caratterizzare un apostolo o un ministro della Parola da qualsiasi altro ufficio, ministero, missione che esiste sulla terra. Il predicatore della giustizia sociale non è un sindacalista, non è un ideologo, non è neanche un rivoluzionario o un semplice annunziatore di verità alte e profonde. Il ministero della Parola è insieme ministro della grazia. Parola e grazia non sono due separati o separabili, ma un solo dono, perché sono il dono di Cristo verità e grazia, luce e vita. Il ministro della Parola non deve parlare al ricco in favore del povero né dire al povero di sottomettersi al ricco. Deve dire al povero chi è Cristo e come Cristo va formato in lui, nel suo cuore. Deve dire al ricco chi è Cristo e come va formato nel suo cuore. Deve dire al povero di servire Cristo nella sua ricchezza. Deve dire al ricco di servire Cristo nella sua povertà. Cristo serve Cristo. Cristo ama Cristo. Cristo obbedisce a Cristo. Ma se il ministro della Parola non forma Cristo, mai vi potrà esistere questo servizio e questo amore di Cristo verso Cristo. Nessun problema sociale altrimenti sarà ricolto.

Vergine Maria, Angeli, Santi, aiutateci a formare Cristo in noi per servire Cristo.

CAMMINARE SECONDO I SUOI COMANDAMENTI

2 Gv 4-9; Sal 118; Lc 17,26-37

16 NOVEMBRE

Per l’Apostolo Giovanni Gesù è il modello unico sempre da imitare nell’amore. L’amore per il discepolo che Gesù amava non è però ripetizione di gesti, miracoli, opere compiuti dal Maestro. Una chiarificazione si impone, urge. La verità dell’amore va evidenziata con ogni luce. Il rischio è il non amore, o un amore che a noi non compete.

In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà (Gv 12,224-26).  Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica (Gv 13,12-16). Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34-35). Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando (Gv 15,9-14).

Sappiamo che la Parola insegna come amare secondo il cuore del Padre. Nessuno potrà amare ponendosi fuori della Parola di Dio di Cristo Gesù. Machi amare concretamente e secondo quali modalità amare? Cosa fare e a chi farla? Quando è il tempo che venga fatta e quando il tempo finisce? Queste cose sono solo opera dello Spirito Santo. L’amore vero è ascolto della tre divine Persone: ascolto del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Non solo del Padre, non solo del Figlio, non solo dello Spirito Santo. Padre e Figlio e Spirito Santo vanno ascoltati insieme, perennemente insieme. La legge senza lo Spirito uccide. Non si ama secondo il cuore del Padre senza lo Spirito e neanche secondo il cuore del Figlio. Il Padre dice chi amare. Il Figlio ci dona la grazia per amare. Lo Spirito Santo la giusta forma per amare. Se una sola persona divina viene esclusa dal nostro amore, esso non è più amore vero, puro, santo. È solo amore umana. Manca la verità del Padre, del Figlio e dello Spirito che non sono tre verità o tre forme dell’amore vero, ma una sola forma e una sola modalità. Poiché lo Spirito Santo dona a ciascuno modalità e forme, l’amore di uno è differente dall’amore dell’altro. È questa differenza la bellezza divina del vero amore.

Mi sono molto rallegrato di aver trovato alcuni tuoi figli che camminano nella verità, secondo il comandamento che abbiamo ricevuto dal Padre. E ora prego te, o Signora, non per darti un comandamento nuovo, ma quello che abbiamo avuto da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Questo è l’amore: camminare secondo i suoi comandamenti. Il comandamento che avete appreso da principio è questo: camminate nell’amore. Sono apparsi infatti nel mondo molti seduttori, che non riconoscono Gesù venuto nella carne. Ecco il seduttore e l’anticristo! Fate attenzione a voi stessi per non rovinare quello che abbiamo costruito e per ricevere una ricompensa piena. Chi va oltre e non rimane nella dottrina del Cristo, non possiede Dio. Chi invece rimane nella dottrina, possiede il Padre e il Figlio.

Perché lo Spirito Santo possa condurre e guidare il nostro cuore, dobbiamo rimanere sempre nel comandamento di Gesù Signore. Si esce dal comandamento, dalla Parola di Cristo, non si ama. Si è fuori della legge dell’amore che è solo il comandamento di Gesù, ma anche si è fuori della mozione dello Spirito Santo. Il nostro amore potrà essere solo terreno, mai divino, mai celeste. Siamo privi delle due vere sorgenti dell’amore: la Parola di Cristo, nella quale è la Parola di Dio, e la mozione dello Spirito.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, insegnateci la vera Legge dell’amore per amare in verità.

MA DIÒTREFE NON CI VUOLE ACCOGLIERE

3 Gv 5-8; Sal 111; Lc 18,1-8

17 NOVEMBRE

Ogni membro del corpo di Cristo è nella verità della grazia se accoglie ogni altro membro del corpo di Cristo, allo stesso modo che Cristo ha accolto noi. Questa verità è annunziata da Paolo nella Lettera ai Romani. Cristo ci ha accolti, morendo per noi.

Accogliete chi è debole nella fede, senza discuterne le opinioni. Uno crede di poter mangiare di tutto; l’altro, che invece è debole, mangia solo legumi. Colui che mangia, non disprezzi chi non mangia; colui che non mangia, non giudichi chi mangia: infatti Dio ha accolto anche lui. Chi sei tu, che giudichi un servo che non è tuo? Stia in piedi o cada, ciò riguarda il suo padrone. Ma starà in piedi, perché il Signore ha il potere di tenerlo in piedi. C’è chi distingue giorno da giorno, chi invece li giudica tutti uguali; ciascuno però sia fermo nella propria convinzione. Chi si preoccupa dei giorni, lo fa per il Signore; chi mangia di tutto, mangia per il Signore, dal momento che rende grazie a Dio; chi non mangia di tutto, non mangia per il Signore e rende grazie a Dio. Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore. Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi (Rm 13,1-9). Noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi. Ciascuno di noi cerchi di piacere al prossimo nel bene, per edificarlo. Anche Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso, ma, come sta scritto: Gli insulti di chi ti insulta ricadano su di me. Tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché, in virtù della perseveranza e della consolazione che provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza. E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio. Dico infatti che Cristo è diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri (Rm 15,1-8).

Per poter accogliere i fratelli come Cristo ha accolto noi, si deve essere senza peccato come Lui è senza peccato e ricchi di ogni virtù come Lui è ricco di ogni virtù. Basta un solo vizio nel cuore per non vivere più come Cristo. Una sola virtù non conquistata ostacola la vera accoglienza. Non solo si rischia di divenire estranei gli uni agli altri, ma addirittura di trasformarci in Caino vestendo gli abiti della religione e della fede. Gli abiti sono della religione o della fede, il cuore invece è consegnato a Satana, perché sia lui a governarlo non per l’edificazione del corpo di Cristo, ma per la sua distruzione. Sempre quando il corpo di Cristo non si edifica, è il Signore che lo Spirito del Signore non governa il nostro cuore. Non è possibile formare i cristiani senza il corpo di Cristo, fuori di esso. Il cristiano è per essenza corpo di Cristo. Per vocazione forma il corpo di Cristo. per missione va per il mondo a formare il corpo di Cristo.

Carissimo, tu ti comporti fedelmente in tutto ciò che fai in favore dei fratelli, benché stranieri. Essi hanno dato testimonianza della tua carità davanti alla Chiesa; tu farai bene a provvedere loro il necessario per il viaggio in modo degno di Dio. Per il suo nome, infatti, essi sono partiti senza accettare nulla dai pagani. Noi perciò dobbiamo accogliere tali persone per diventare collaboratori della verità. Ho scritto qualche parola alla Chiesa, ma Diòtrefe, che ambisce il primo posto tra loro, non ci vuole accogliere.

Diòtrefe ambisce il primo posto. È segno che è fuori del cuore di Cristo, fuori della Vangelo, senza la Parola di Gesù nel cuore. Può chi è fuori del Vangelo agire secondo il Vangelo? Mai. Può chi ambisce al primo posto essere imitatore di Cristo? Mai. Può rispettare la volontà di Dio su ogni suo fratello? neanche questo può.  È Dio che nella sua scienza eterna assegna i posti. Diòtrefe di conseguenza non è governato dalla volontà del suo Dio. La superbia mai potrà rendere simili a Cristo Gesù, perché essa è il veleno di Satana nel cuore dell’uomo. Ogni cristiano deve saper che ogni vizio  rompe l’unità del corpo di Cristo. Ogni virtù lo edifica. La superbia lo manda in frantumi. O il discepolo di Gesù si decide e si convince a credere che urgono le virtù, oppure mai potrà divenire un vero costruttore del corpo di Cristo Signore. Solo la virtù lo edifica.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci ricchi di ogni virtù per edificare il corpo di Cristo.

 

RISPLENDERANNO COME LE STELLE PER SEMPRE

Dn 12,1-3; Sal 15; Eb 10,11-14.18; Me 13,24-32

18 NOVEMBRE  – XXXIII DOMENICA T.O.

Il bene presso Dio è bene, il male è male. Mai Lui confonderà il bene con il male. Mai dirà bene il male e male il bene. Mai proclamerà la giustizia ingiustizia e l’ingiustizia giustizia. Vi è però una grazia che Dio concede ad ogni uomo: passare dall’ingiustizia alla giustizia, dal male al bene. Si abbandona ogni trasgressione della sua e si torna nella perfetta obbedienza alla sua Parola. Questa grazia non è però eterna. Al momento della morte, il giusto rimarrà eternamente giusto, l’ingiusto eternamente ingiusto. L’empio sarà empio per sempre e il santo sarà santo per sempre. Con la morte finisce la grazia della conversione. Si rimane ciò che si è al momento del trapasso: buoni o cattivi, santi o peccatori. Gesù aggiunge che la grazia del passaggio dalla disobbedienza all’obbedienza, finisce anche nel tempo, quando si peccato contro lo Spirito Santo: impugnare la verità conosciuta, invidia della grazia altrui, ostinazione nei peccati, impenitenza finale, disperazione della salute, presunzione di salarsi senza merito. Oggi dobbiamo aggiungere un ulteriore peccato ai sei della morale classica: l’affermazione che non c’è perdizione eterna, che l’inferno non esiste, che tutti saranno accolti nella casa di Dio al momento della morte. Siamo al limite non più superabile del peccato contro lo Spirito Santo, che è la cancellazione di tutta l’opera di Cristo Gesù e della Parola del Signore, Antico e Nuovo Testamento.

È giusto che venga puntualizzata una verità. Ci sono due modalità per parlare delle ultime cose. La prima è dalla Parola della Scrittura che va dal Libro della Genesi, il primo del nostro Canone, all’Apocalisse che è l’ultimo, sempre del Canone così come ci è stato offerto dalla Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. Chi parla dal Canone delle Scrittura mai potrà dire che l’iberno non esiste o che il bene e il male è l’uomo che li determina. La Scrittura è una sola verità: distinzione eterna tra bene e male sempre dettata dalla Parola del Signore. Nulla, né circa il bene né circa il male, è dalla volontà dell’uomo. Il nulla è assoluto. Dire altre cose è un grande falso storico. Qui non si parla di un falso contro la fede, che giunge a divenire peccato contro lo Spirito Santo. Vogliamo parlare solo di falso storico. È come se uno descrivesse la terra e dicessa che non vi sono né i fiumi, né i laghi, né i mari, né gli oceani. Sarebbe un falso geografico. È una falsità talmente fuori del comune, che si dovrebbe “internare” chi dovesse giungere fino a tanto. Anche quanti in nome della Scrittura dicono che non esiste l’inferno, nessuno dovrà pensare che siano normali come uomini, non come uomini di fede. La Scrittura è anche documento storico. Merita rispetto.

Ora, in quel tempo, sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Sarà un tempo di angoscia, come non c’era stata mai dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre.

La seconda modalità è quella di affermare che ogni discorso che nega l’inferno è pensiero, deduzione, argomentazione, frutto della proprio filosofia o ideologia. In questo caso è giusto che ognuno se ne assuma la paternità. È la cosa più onesta che si possa pretendere da un uomo. La fede non si chiede a nessuno. L’onestà invece è un diritto. È diabolico asserire falsità in nome di Dio, servendo della sua Parola, usata per scopi di pura falsità. Oggi il Libro del profeta Daniele opera questa mirabile distinzione: gli uni ala vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna. Chi risplenderà come lo splendore del firmamento? Coloro che avranno indotto molti alla giustizia. Costoro risplenderanno come astri per sempre. Così parla la Scrittura e così noi parliamo. Possiamo anche non credere in ciò che la Scrittura dice. Dobbiamo però confessare che queste cose dice la Scrittura. Le altre cose provengono dal cuore dell’uomo, non provengono verto dal cuore di Dio e neanche dal cuore di Cristo Gesù.

Vergine Madre, Angeli, Santi, fateci onesti dinanzi ad ogni Parola della Scrittura.

RICORDA DUNQUE DA DOVE SEI CADUTO

Ap 1,1-4; 2,1-5a; Sal 1; Lc 18,35-43

19 NOVEMBRE

Se leggiamo quanto Cristo Gesù dice agli scribi e ai farisei, nessun uomo senza la potente luce dello Spirito Santo è capace di un vero esame di coscienza. Senza lo Spirito Santo è come se un uomo stesse legato in una stanza buia. È incapace di vedere qualsiasi cosa, ma anche di toccarla. L’uomo incatenato al peccato non vede più il male. Non solo non lo vede, lo dichiara bene. Lo proclama un diritto dell’umanità.

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello! Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi pulito! Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità (Mt 23,13-28).

Più potente è la luce dello Spirito Santo, più si è liberi dal peccato, più riusciamo a vedere anche le più piccole macchie di venialità che sporcano la nostra anima. Poiché la luce dello Spirito del Signore è sempre poca o scarsa in noi, occorre la luce esteriore della profezia, della Parola rivolta a noi dal Signore per mezzo dei suoi profeti. Per questa ragione i profeti del Dio vivente mai finiranno e mai verranno meno. Sempre il Signore li susciterà per svelare al suo popolo lo stato spirituale della loro coscienza, sovente addormentata o sonnecchiante, cullata dal successo delle opere esteriori.

Rivelazione di Gesù Cristo, al quale Dio la consegnò per mostrare ai suoi servi le cose che dovranno accadere tra breve. Ed egli la manifestò, inviandola per mezzo del suo angelo al suo servo Giovanni, il quale attesta la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto. Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritte: il tempo infatti è vicino. Giovanni, alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra. All’angelo della Chiesa che è a Èfeso scrivi: “Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro. Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua perseveranza, per cui non puoi sopportare i cattivi. Hai messo alla prova quelli che si dicono apostoli e non lo sono, e li hai trovati bugiardi. Sei perseverante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore. Ricorda dunque da dove sei caduto, convèrtiti e compi le opere di prima.

L’Angelo della Chiesa di Efeso compie bene le opere esteriori. Manca ad esse l’amore degli inizi. Ora Dio non può gradire quanto gli viene offerto senza amore, perché Lui è amore eterno e ogni relazione con Lui deve essere intessuta di purissimo amore, anzi di un amore che sempre cresce e mai diminuisce. La verità di un Angelo di una Chiesa è proprio il suo amore che cresce. Se l’amore decresce, a poco a poco anche il suo impegno decrescerà e a poco a poco ci si addormenterà nelle esteriorità elevate a vera religione e a vera risposta secondo la fede. è facile allora divenire come scribi e farisei.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, fate che il nostro amore aumenti e mai diminuisca.

 

STO PER VOMITARTI DALLA MIA BOCCA

Ap 3,1-6.14-22; Sal 14; Lc 19,1-10

20 NOVEMBRE

È facile anche per un Angelo della Chiesa che la sua coscienza si oscuri a tal punto da non vedere più il bene. Nella Scrittura il primo eclissi totale di coscienza è stato quello di Aronne, il primo sommo sacerdote, il fratello di Mosè.  La sua coscienza si oscurò per ben due volte. Si oscura la coscienza, si è privi della luce del Signore. Si è ciechi.

Il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dal monte, fece ressa intorno ad Aronne e gli disse: «Fa’ per noi un dio che cammini alla nostra testa, perché a Mosè, quell’uomo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto». Aronne rispose loro: «Togliete i pendenti d’oro che hanno agli orecchi le vostre mogli, i vostri figli e le vostre figlie e portateli a me». Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani, li fece fondere in una forma e ne modellò un vitello di metallo fuso. Allora dissero: «Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto!». Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: «Domani sarà festa in onore del Signore». Il giorno dopo si alzarono presto, offrirono olocausti e presentarono sacrifici di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento (Es 32,1-6).

Maria e Aronne parlarono contro Mosè, a causa della donna etiope che aveva preso. Infatti aveva sposato una donna etiope. Dissero: «Il Signore ha forse parlato soltanto per mezzo di Mosè? Non ha parlato anche per mezzo nostro?». Il Signore udì. Ora Mosè era un uomo assai umile, più di qualunque altro sulla faccia della terra. Il Signore disse a un tratto a Mosè, ad Aronne e a Maria: «Uscite tutti e tre verso la tenda del convegno». Uscirono tutti e tre. Il Signore scese in una colonna di nube, si fermò all’ingresso della tenda e chiamò Aronne e Maria. I due si fecero avanti. Il Signore disse: «Ascoltate le mie parole! Se ci sarà un vostro profeta, io, il Signore, in visione a lui mi rivelerò, in sogno parlerò con lui. Non così per il mio servo Mosè: egli è l’uomo di fiducia in tutta la mia casa. Bocca a bocca parlo con lui, in visione e non per enigmi, ed egli contempla l’immagine del Signore. Perché non avete temuto di parlare contro il mio servo, contro Mosè?» (Num 12,1-6).

Quando si oscura la coscienza si può commettere qualsiasi peccato o violazione dei Comandamenti. Si può condurre una vita tutta nel male senza neanche percepirlo.

All’angelo della Chiesa che è a Sardi scrivi: “Così parla Colui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle. Conosco le tue opere; ti si crede vivo, e sei morto. Sii vigilante, rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato perfette le tue opere davanti al mio Dio. Ricorda dunque come hai ricevuto e ascoltato la Parola, custodiscila e convèrtiti perché, se non sarai vigilante, verrò come un ladro, senza che tu sappia a che ora io verrò da te. Tuttavia a Sardi vi sono alcuni che non hanno macchiato le loro vesti; essi cammineranno con me in vesti bianche, perché ne sono degni. Il vincitore sarà vestito di bianche vesti; non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese”.

All’angelo della Chiesa che è a Laodicèa scrivi: “Così parla l’Amen, il Testimone degno di fede e veritiero, il Principio della creazione di Dio. Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo. Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, e abiti bianchi per vestirti e perché non appaia la tua vergognosa nudità, e collirio per ungerti gli occhi e recuperare la vista. Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo. Sii dunque zelante e convèrtiti. Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono, come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese”».

Il Signore ha disposto nella sua sapienza eterna che la coscienza fosse sempre illuminata dall’esterno. Ogni apostolo deve essere coscienza esterna per ogni altro apostolo. Ogni discepolo per ogni altro discepolo. Ogni uomo per ogni altro uomo. Quando questo non avviene, allora Lui manda i suoi profeti a portare luce nei cuori.

Vergine Intemerata, Angeli, Santi, non permettete che la nostra coscienza si soffochi.

 

NOVEMBRE 2018

TERZA DECADE DI NOVEMBRE

SANTO, SANTO, SANTO IL SIGNORE DIO

Ap 4,1-11 ; Sal 150; Lc 19,11-28

21 NOVEMBRE

Giovanni è vero profeta del Dio vivente. Come Isaia vede la gloria di Dio, mentre è nel suo tempio, così è per Giovanni. Anche lui vede e contempla la gloria del Signore.

Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria». Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo (Is 6,1-4).

Mentre ad Isaia il Signore si manifesta perché vuole suscitare in lui la volontà ad offrirsi come suo profeta, per Giovanni, la visione ha tutt’altro fine. Dio gli vuole rivelare che la profezia di Daniele si è compiuta tutta nell’Agnello Immolato e Risorto. Oggi Gesù riceve ogni potere, onore, gloria. Quanto Daniele ha visto in visione oggi si compie. Gesù riceve dal Padre ogni potere, onore, gloria. Lui è costituito Signore. Lui è il Signore del cielo e della terra. Ciò che è il Padre è ance il Figlio.

Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti. Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto (Dn 7,0-10.13-14).

Gesù è il Figlio dell’uomo e il Figlio dell’uomo è Gesù. Il governo dell’universo è nelle sue mani. Una stessa gloria, una stessa Signore, uno stesso potere. Ciò che è Dio l’Onnipotente, lo è anche l’Agnello immolato. Lui è degno di essere in tutto come Dio. Questa gloria è confessata nei cieli, dovrà essere confessata sulla terra. Nessuna differenza dovrà esserci tra cielo e terra nella confessione della verità di Cristo Gesù.

Poi vidi: ecco, una porta era aperta nel cielo. La voce, che prima avevo udito parlarmi come una tromba, diceva: «Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito». Subito fui preso dallo Spirito. Ed ecco, c’era un trono nel cielo, e sul trono Uno stava seduto. Colui che stava seduto era simile nell’aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile nell’aspetto a smeraldo avvolgeva il trono. Attorno al trono c’erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro anziani avvolti in candide vesti con corone d’oro sul capo. Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; ardevano davanti al trono sette fiaccole accese, che sono i sette spiriti di Dio. Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e attorno al trono vi erano quattro esseri viventi, pieni d’occhi davanti e dietro. Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l’aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un’aquila che vola. I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere: «Santo, santo, santo il Signore Dio, l’Onnipotente, Colui che era, che è e che viene!». E ogni volta che questi esseri viventi rendono gloria, onore e grazie a Colui che è seduto sul trono e che vive nei secoli dei secoli, i ventiquattro anziani si prostrano davanti a Colui che siede sul trono e adorano Colui che vive nei secoli dei secoli e gettano le loro corone davanti al trono, dicendo: «Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l’onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, per la tua volontà esistevano e furono create».

Per un discepolo di Gesù non solo è impensabile, ma neanche dovrà immaginabile che si possa paragonare l’Agnello Immolato, Crocifisso e Risorto, ad ogni altro uomo che è sulla nostra terra. Non solo Lui è il Creatore dell’universo, il suo Dio, il suo Signore. È anche il suo Redentore, il suo Salvatore, il suo Giudice, la sua Legge, la sua Verità, la sua Vita, la sua Risurrezione. È possibile una così grande cecità e totale oscuramento della fede? Questa idolatria sta divenendo legge del cristiano, suo statuto.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, fate che gridiamo l’infinita differenza tra Gesù e gli altri.

TU SEI DEGNO DI PRENDERE IL LIBRO

Ap 5,l-10; Sal 149; Lc 19,41-44

22 NOVEMBRE

Quanto Giovanni vede nei cieli, mai nessun profeta l’ha visto. Ma anche mai nessun uomo ha mai ricevuto un simile potere. Anche se il Signore ha investito qualcuno del potere di governare il suo popolo o la stessa storia, lo ha sempre fatto in modo assai limitato sia come potestà che come tempo. L’Agnello Immolato riceve dal Padre suo un potere eterno, illimitato, infinito, tempo ed eternità Dio li pone nelle sue mani. Lui è il Mediatore unico e universale tra il Padre e tutta la creazione. Il Libro non è solo “simbolo” del tempo e della storia che è affidata a Lui, a Cristo Signore, ma anche dell’eternità, anch’essa posta nelle sue mani. Come Cristo Gesù è il Mediatore universale nella creazione, così è il Mediatore universale nella Redenzione e nella Salvezza e anche il Mediatore universale nel governo della storia. Tutto ciò che avviene nella storia è nel tempo, avviene sempre sotto il suo più stretto governo.

Questa verità deve insegnarci che ogni potere che viene esercitato sulla terra è di brevissima durata. Neanche è di un istante. È privo di qualsiasi garanzia o certezza. Nessuno può programmare o progettare il secondo dopo, perché lo stesso programmatore è giù stato programmato e il progettatore è stato già progettato. La sua vita dura Finché l’Agnello Immolato non apre il sigillo.  Poiché aprire i sigilli è solo dalla sua volontà, in ogni ora Lui li può aprire e in ogni ora la fine della potenza dell’uomo svanisce. Oggi è proprio questa visione soprannaturale che manca al cristiano. Lui si sta immergendo così tanto nell’immanenza da non essere più capace neanche di alzare gli occhi al cielo. Questa visione dell’Agnello Immolato che apre i sigilli del libro della nostra vita deve essere sempre dinanzi ai nostri occhi. È la sola via che abbiamo per dare alla nostra storia quotidiana una soluzione di salvezza e di redenzione. Perché il Signore ha aperto questo sigillo? Cosa mi vuole insegnare? In cosa devo modificare la mia quotidianità? Di certo Lui mi sta parlando. Devo saper leggere nel libro della mia storia, anch’essa fatta con sette sigilli che solo Lui apre.

E vidi, nella mano destra di Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?». Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo. Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo. Uno degli anziani mi disse: «Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli». Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi, e cantavano un canto nuovo: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra».

Ai tempi in cui la rivelazione viene data a Giovanni, i cristiani correvano questo rischio di lasciarsi vincere dall’immanenza. Sarebbe stata non solo la fine della loro fede, ma anche della missione evangelizzatrice. Un cristiano che distoglie lo sguardo dalla verità soprannaturale ed eterna di Cristo Signore, il solo che governa il Cielo e la terra, viene esposto ad ogni tentazione ed è facile cadere dalla stessa fede, specie se essa è a prova di martirio. Ma anche il governo della vera fede appartiene a Gesù. Lui chiama Giovanni e lo costituisce suo vero profeta, perché rimetta nel cuore di ogni suo discepolo la sua più pura e alta verità.  Chi ama la Chiesa, chi ama il cristiano, chi ama l’uomo, lo può amare ad una sola condizione: che sempre metta sul candelabro dei cuori la più vera e splendente luce della verità del suo Salvatore e Redentore. Non ama l’uomo, né il cristiano, né la Chiesa, chi nasconde, distrugge, modifica, cancella, altera, trasforma la verità di Cristo Signore. Il vero amore è dalla sua verità.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci a far brillare nei cuori la verità di Cristo Gesù

VA’, PRENDI IL LIBRO

Ap 10,8-11; Sal 118; Lc 19,45-48

23 NOVEMBRE

Il Signore chiede a Ezechiele di mangiare il rotolo della sua Parola. Perché questa azione che è non è solo simbolica, quanto anche fisica? Nel mangiare la sostanza esterna che viene ingerita si trasforma in sostanza interna. Mangiare il rotolo significa che la sostanza della Parola di Dio esterna al profeta, deve diventare sostanza del profeta. Il profeta non deve dire la Parola solo come Parola di Dio, ma come sua vera Parola. La Parola deve essere la sua stessa vita e come sua vita, verità, giustizia, salvezza, redenzione, va annunziata. Se essa non diviene la stessa vita del profeta, resterà cosa esterna e come cosa esterna verrà annunziata. In più se rimane cosa esterna, neanche più la si annunzia o la si dice totalmente trasformata. Non è la nostra vita. O meglio: non è la Parola che si è trasformata in nostra vita.

Mi disse: «Figlio dell’uomo, mangia ciò che ti sta davanti, mangia questo rotolo, poi va’ e parla alla casa d’Israele». Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, dicendomi: «Figlio dell’uomo, nutri il tuo ventre e riempi le tue viscere con questo rotolo che ti porgo». Io lo mangiai: fu per la mia bocca dolce come il miele. Poi egli mi disse: «Figlio dell’uomo, va’, rècati alla casa d’Israele e riferisci loro le mie parole, poiché io non ti mando a un popolo dal linguaggio astruso e di lingua oscura, ma alla casa d’Israele: non a grandi popoli dal linguaggio astruso e di lingua oscura, dei quali tu non comprendi le parole; se ti avessi inviato a popoli simili, ti avrebbero ascoltato, ma la casa d’Israele non vuole ascoltare te, perché non vuole ascoltare me: tutta la casa d’Israele è di fronte dura e di cuore ostinato. Ecco, io ti do una faccia indurita quanto la loro faccia e una fronte dura quanto la loro fronte. Ho reso la tua fronte come diamante, più dura della selce. Non li temere, non impressionarti davanti a loro; sono una genìa di ribelli». Mi disse ancora: «Figlio dell’uomo, tutte le parole che ti dico ascoltale con gli orecchi e accoglile nel cuore: poi va’, rècati dai deportati, dai figli del tuo popolo, e parla loro. Ascoltino o non ascoltino, dirai: “Così dice il Signore”» (Ez 3,1-11).

Questa verità – della Parola che deve trasformarsi in nostra vita – viene annunziata dal profeta Geremia. Lui si era stancato della Parola. Aveva deciso di non riferirla più. Ma essa era diventata la sua vita, la sua anima, il suo spirito. Si era trasformata in fuoco dentro il suo petto. Ribolliva in attesa di esplodere simile a eruzione vulcanica.

Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno; ognuno si beffa di me. Quando parlo, devo gridare, devo urlare: «Violenza! Oppressione!». Così la parola del Signore è diventata per me causa di vergogna e di scherno tutto il giorno. Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!». Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo (Ger 20,7-9).

L’Apostolo Giovanni, mangiando anche lui il rotolo della profezia, è modello ed esempio per ogni altro discepolo di Gesù. Se la Parola del Signore non diviene per lui sua carne, suo sangue, sua anima, suo spirito, sarà sempre possibile alterarla, modificarla, tradirla, venderla. Più diviene nostra vita e più si sarà fedele ad essa.

Poi la voce che avevo udito dal cielo mi parlò di nuovo: «Va’, prendi il libro aperto dalla mano dell’angelo che sta in piedi sul mare e sulla terra». Allora mi avvicinai all’angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: «Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele». Presi quel piccolo libro dalla mano dell’angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l’ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l’amarezza. Allora mi fu detto: «Devi profetizzare ancora su molti popoli, nazioni, lingue e re».

Tutte le eresie, i tradimenti, le alterazione che oggi si compiono ai danni della Parola è nella separazione tra il Vangelo e il suo discepolo. Il Vangelo è divenuto per tutti un libro estraneo, forestiero, di altra cultura, altra mentalità, altra visione del mondo e delle cose. Se la Parola del Signore non viene trasformata in nostra vita, vi sarà sempre un allontanamento da essa, fino a dichiararla cosa che non ci appartiene. È questo oggi il grave pericolo per il cristiano: totale separazione dalla Parola della vita.

Vergine Fedele, Angeli, Santi, fateci una sola cosa con la Parola di Cristo Gesù.

SALIRONO AL CIELO IN UNA NUBE

Ap 11,4-12; Sal 143; Lc 20,27-40

24 NOVEMBRE

Mosè ed Elia, la Legge e i Profeti, non sono solo i testimoni della più pura verità di Gesù Signore. Sono anche figura di Lui. Gesù va però infinitamente oltre in parole, in opere, in preghiera, in offerta, in sofferenza, in sacrificio, in olocausto. Gesù è la perfezione insuperabile di tutta l’azione di Dio nell’Antico Testamento. Prima di Lui e dopo di Lui mai vi è stato, mai vi sarà uno simile a Lui. Lui è il Tutto e ogni altro è solo pallida immagine  di Lui. Questa verità oggi va gridata più che in ogni altro tempo.

Elia, il Tisbita, uno di quelli che si erano stabiliti in Gàlaad, disse ad Acab: «Per la vita del Signore, Dio d’Israele, alla cui presenza io sto, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo comanderò io» (1Re 17,1). Elia disse ad Acab: «Va’ a mangiare e a bere, perché c’è già il rumore della pioggia torrenziale». Acab andò a mangiare e a bere. Elia salì sulla cima del Carmelo; gettatosi a terra, pose la sua faccia tra le ginocchia. Quindi disse al suo servo: «Sali, presto, guarda in direzione del mare». Quegli salì, guardò e disse: «Non c’è nulla!». Elia disse: «Tornaci ancora per sette volte». La settima volta riferì: «Ecco, una nuvola, piccola come una mano d’uomo, sale dal mare». Elia gli disse: «Va’ a dire ad Acab: “Attacca i cavalli e scendi, perché non ti trattenga la pioggia!”». D’un tratto il cielo si oscurò per le nubi e per il vento, e vi fu una grande pioggia. Acab montò sul carro e se ne andò a Izreèl. La mano del Signore fu sopra Elia, che si cinse i fianchi e corse davanti ad Acab finché giunse a Izreèl (1Re 18,41-46).  Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto. Elia era un uomo come noi: pregò intensamente che non piovesse, e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto. (Gc 5,16-18).  Mentre continuavano a camminare conversando, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo. Eliseo guardava e gridava: «Padre mio, padre mio, carro d’Israele e suoi destrieri!». E non lo vide più. Allora afferrò le proprie vesti e le lacerò in due pezzi. Quindi raccolse il mantello, che era caduto a Elia, e tornò indietro, fermandosi sulla riva del Giordano (2Re 2,11-13).  Mosè e Aronne eseguirono quanto aveva ordinato il Signore: Aronne alzò il bastone e percosse le acque che erano nel Nilo sotto gli occhi del faraone e dei suoi ministri. Tutte le acque che erano nel Nilo si mutarono in sangue. I pesci che erano nel Nilo morirono e il Nilo ne divenne fetido, così che gli Egiziani non poterono più berne le acque. Vi fu sangue in tutta la terra d’Egitto. Ma i maghi dell’Egitto, con i loro sortilegi, operarono la stessa cosa. Il cuore del faraone si ostinò e non diede loro ascolto, secondo quanto aveva detto il Signore. Il faraone voltò le spalle e rientrò nella sua casa e non tenne conto neppure di questo fatto. Tutti gli Egiziani scavarono allora nei dintorni del Nilo per attingervi acqua da bere, perché non potevano bere le acque del Nilo. Trascorsero sette giorni da quando il Signore aveva colpito il Nilo (Es 7,20-25).

Mosè ed Elia sono figura di Cristo, Cristo invece è modello perfetto per ogni suo discepolo. I due profeti vengono uccisi e poi risorgono, ascendendo al Cielo. Cristo è stato Crocifisso, è risorto, è salito al cielo ed ha ricevuto il governo dell’universo. Il mondo sempre ucciderà i profeti di Cristo Gesù. Il Signore sempre li risusciterà. Il messaggio della profezia è chiaro: Il mondo toglie la vita, ma Dio la ridona sempre.

Questi sono i due olivi e i due candelabri che stanno davanti al Signore della terra. Se qualcuno pensasse di fare loro del male, uscirà dalla loro bocca un fuoco che divorerà i loro nemici. Così deve perire chiunque pensi di fare loro del male. Essi hanno il potere di chiudere il cielo, perché non cada pioggia nei giorni del loro ministero profetico. Essi hanno anche potere di cambiare l’acqua in sangue e di colpire la terra con ogni sorta di flagelli, tutte le volte che lo vorranno. E quando avranno compiuto la loro testimonianza, la bestia che sale dall’abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà. I loro cadaveri rimarranno esposti sulla piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sòdoma ed Egitto, dove anche il loro Signore fu crocifisso. Uomini di ogni popolo, tribù, lingua e nazione vedono i loro cadaveri per tre giorni e mezzo e non permettono che i loro cadaveri vengano deposti in un sepolcro. 0Gli abitanti della terra fanno festa su di loro, si rallegrano e si scambiano doni, perché questi due profeti erano il tormento degli abitanti della terra. Ma dopo tre giorni e mezzo un soffio di vita che veniva da Dio entrò in essi e si alzarono in piedi, con grande terrore di quelli che stavano a guardarli. Allora udirono un grido possente dal cielo che diceva loro: «Salite quassù» e salirono al cielo in una nube, mentre i loro nemici li guardavano.

Madre Immacolata, Angeli, Santi, fate che testimoniamo Cristo oggi, domani, sempre.

IL SUO POTERE È UN POTERE ETERNO

Dn 7,13-14; Sal 92; Ap 1,5-8; Gv 18,33b-37

25 NOVEMBRE – SOLENNITÀ DI CRISTO RE

Leggendo il Libro del Siracide, alla fine viene fatto l’elogio degli uomini illustri. Emergono per grandezza tra gli altri Mosè, Giosuè, Davide, Elia. Se si osservano bene le cose, la loro grandezza e i loro poteri sono assai limitati. Il più grande limite è il tempo. Essi sono come meteore nel firmamento della Storia Sacra.

Facciamo ora l’elogio di uomini illustri, dei padri nostri nelle loro generazioni. Il Signore li ha resi molto gloriosi: la sua grandezza è da sempre. Signori nei loro regni, uomini rinomati per la loro potenza, consiglieri per la loro intelligenza e annunciatori nelle profezie. Capi del popolo con le loro decisioni e con l’intelligenza della sapienza popolare; saggi discorsi erano nel loro insegnamento. Inventori di melodie musicali e compositori di canti poetici. Uomini ricchi, dotati di forza, che vivevano in pace nelle loro dimore. Tutti costoro furono onorati dai loro contemporanei, furono un vanto ai loro tempi. Di loro, alcuni lasciarono un nome, perché se ne celebrasse la lode. Di altri non sussiste memoria, svanirono come se non fossero esistiti, furono come se non fossero mai stati, e così pure i loro figli dopo di loro. Questi invece furono uomini di fede, e le loro opere giuste non sono dimenticate. Nella loro discendenza dimora una preziosa eredità: i loro posteri. La loro discendenza resta fedele alle alleanze e grazie a loro anche i loro figli. Per sempre rimarrà la loro discendenza e la loro gloria non sarà offuscata. I loro corpi furono sepolti in pace, ma il loro nome vive per sempre. I popoli parlano della loro sapienza, l’assemblea ne proclama la lode (Sir 44,1-15).

La benedizione di tutti gli uomini e la sua alleanza Dio fece posare sul capo di Giacobbe; lo confermò nelle sue benedizioni, gli diede il paese in eredità: lo divise in varie parti, assegnandole alle dodici tribù. Da lui fece sorgere un uomo mite, che incontrò favore agli occhi di tutti, amato da Dio e dagli uomini: Mosè, il cui ricordo è in benedizione. Gli diede gloria pari a quella dei santi e lo rese grande fra i terrori dei nemici. Per le sue parole fece cessare i prodigi e lo glorificò davanti ai re; gli diede autorità sul suo popolo e gli mostrò parte della sua gloria. Lo santificò nella fedeltà e nella mitezza, lo scelse fra tutti gli uomini. Gli fece udire la sua voce, lo fece entrare nella nube oscura e gli diede faccia a faccia i comandamenti, legge di vita e d’intelligenza, perché insegnasse a Giacobbe l’alleanza, i suoi decreti a Israele (Si 44,23-45,5).

Allora sorse Elia profeta, come un fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola. Egli fece venire su di loro la carestia e con zelo li ridusse a pochi. Per la parola del Signore chiuse il cielo e così fece scendere per tre volte il fuoco. Come ti rendesti glorioso, Elia, con i tuoi prodigi! E chi può vantarsi di esserti uguale? Tu hai fatto sorgere un defunto dalla morte e dagl’inferi, per la parola dell’Altissimo; tu hai fatto precipitare re nella perdizione, e uomini gloriosi dal loro letto.  Tu sul Sinai hai ascoltato parole di rimprovero, sull’Oreb sentenze di condanna. Hai unto re per la vendetta e profeti come tuoi successori. Tu sei stato assunto in un turbine di fuoco, su un carro di cavalli di fuoco; tu sei stato designato a rimproverare i tempi futuri, per placare l’ira prima che divampi, per ricondurre il cuore del padre verso il figlio e ristabilire le tribù di Giacobbe. Beati coloro che ti hanno visto e si sono addormentati nell’amore, perché è certo che anche noi vivremo (Sir 48,1-11)..

Se paragoniamo queste meteore con il sole già si vedrebbe una straordinaria differenza. Esse sono tramontate, il solo rimane fisso nei cieli. Ebbene Gesù è eternamente oltre il sole. Il sole non esisteva e Lui esisteva per generazione eterna dal Padre. Il solo un giorno non darà la sua luce, ma Gesù rimarrà sole eterno. Tutti gli uomini, santi o peccatori, giusti o ingiusti, perderanno ogni potere conferito loro da Dio. Gesù conserverà i suoi poteri per l’eternità. Questo significa che il suo potere è eterno e che non conoscerà mai fine. Lui non è meteora. Non è sole. Non è stella. Lui è luce eterna, divina, immortale, infinita, universale, intramontabile. Questo è il suo potere.

Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.

Gesù del Padre è il Figlio. Prima era il Figlio Eterno, Ora è il Figlio Eterno Incarnato. Al Figlio Eterno Incarnato ha dato ogni potere. Il Figlio Incarnato è l’Agnello Immolato.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, fate che annunciamo al mondo questa divina differenza.

NON FU TROVATA MENZOGNA SULLA LORO BOCCA

Ap 14 ,l-3.4b-5; Sal 23; Lc 21,1- 4

26 NOVEMBRE

Vi è infinita differenza tra la menzogna dell’Antico Testamento e la menzogna del Nuovo. Allora la menzogna era l’abbondono della vera adorazione del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe e l’assunzione degli idoli dei pagani come vero Dio da adorare. Questa menzogna era anche detta prostituzione, vero adulterio. L’adorazione degli idoli non porta nella tenda santa di Dio, né sul suo santo monte. L’idolatria esclude dalla beatitudine eterna. Questa verità va gridata ad ogni uomo.

Quando t’invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia! Nell’angoscia mi hai dato sollievo; pietà di me, ascolta la mia preghiera. Fino a quando, voi uomini, calpesterete il mio onore, amerete cose vane e cercherete la menzogna? Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele; il Signore mi ascolta quando lo invoco. Tremate e più non peccate, nel silenzio, sul vostro letto, esaminate il vostro cuore. Offrite sacrifici legittimi e confidate nel Signore.  Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene, se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?». Hai messo più gioia nel mio cuore di quanta ne diano a loro grano e vino in abbondanza. In pace mi corico e subito mi addormento, perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare (Sal 4,1-9).

Del Signore è la terra e quanto contiene: il mondo, con i suoi abitanti. È lui che l’ha fondato sui mari e sui fiumi l’ha stabilito. Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli, chi non giura con inganno. Egli otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza. Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria. Chi è questo re della gloria? Il Signore forte e valoroso, il Signore valoroso in battaglia. Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria. Chi è mai questo re della gloria? Il Signore degli eserciti è il re della gloria (Sal 24 (23) 1-10).

Le regole di eri per definire l’idolatria non reggono più. Oggi idolatria è l’abbandono di Cristo o il suo rifiuto o la messa al bando in nome di un idolo nuovo frutto del cristiano il cui nome è: “Il Dio unico”. Questa idolatria sta conquistando cuori e menti di tutti. Tutti rimangono come incantati, ammaliati, affascinati, stregati da questa moderna idolatria. Urge affermarlo con fermezza di Spirito Santo. Ogni adorazione di Dio, anche del Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe, che esclude Cristo come vera vita, verità, luce, santità, giustizia, verità, non del Dio unico – veri idolo creato dai cristiani e solo da essi – ma dell’unico vero Dio, è grande idolatria. Cristo è essenza, sostanza, verità eterna del vero Dio. Si esclude Cristo si è idolatria, perché si adora la menzogna. Cristo Gesù in fatti è il dono del vero unico Dio ad ogni uomo per la sua salvezza. Il vero Dio e Cristo Gesù, nell’unità dello Spirito Santo sono il solo, unico vero Dio. Chi separa Dio da Cristo o Cristo da Dio, è idolatra. Mai potrà ereditare il regno eterno. È un adoratore della menzogna ed un suo ministero per la sua diffusione sulla nostra terra.

E vidi: ecco l’Agnello in piedi sul monte Sion, e insieme a lui centoquarantaquattromila persone, che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo. E udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di cetra che si accompagnano nel canto con le loro cetre. Essi cantano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e agli anziani. E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra. Sono vergini, infatti, e seguono l’Agnello dovunque vada. Questi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l’Agnello. Non fu trovata menzogna sulla loro bocca: sono senza macchia.

Oggi sembra che la stoltezza cristiana non conosca alcun limite. Essa crea il Dio unico, pensando di trovare un accordo con le altre religioni. I cristiani devono sapere che ogni religione ha il suo “Dio” e che mai adotterà il Dio unico. Perché allora rinunciare al nostro Dio? Perché venderci Cristo Signore al mondo più che Giuda? Perché prostituirsi agli idoli falsi? Perché mostrarci fragili, insipienti, stolti dinanzi alle genti? Le nostre chiese dalle genti possono essere profanate. Proviamo noi a profanare le loro?

Madre del Signore, Angeli, Santi, liberate i cristiani da questo stolta meschina idolatria.

PERCHÉ LE SUE UVE SONO MATURE

Ap 14,14-19; Sal 95; Lc 21,5-11

27 NOVEMBRE

Il tempo è dono di salvezza. Il Signore ha dato al Faraone il tempo di ben dieci segni per la sua conversione. La sua stoltezza lo fece perire nel Mare con il suo esercito.

Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare sull’asciutto, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono, e tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro di loro in mezzo al mare. Ma alla veglia del mattino il Signore, dalla colonna di fuoco e di nube, gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!». Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro un muro a destra e a sinistra. In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani, e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto, e il popolo temette il Signore e credette in lui e in Mosè suo servo (Es 14,21-31).

Pietro rivela che il tempo è salvezza. Il Signore ritarda l’ora del suo giudizio perché vuole allungare il tempo della sua misericordia. Ogni secondo dato è misericordia.

Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta. Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia. Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia. La magnanimità del Signore nostro consideratela come salvezza: così vi ha scritto anche il nostro carissimo fratello Paolo, secondo la sapienza che gli è stata data, come in tutte le lettere, nelle quali egli parla di queste cose. In esse vi sono alcuni punti difficili da comprendere, che gli ignoranti e gli incerti travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina. Voi dunque, carissimi, siete stati avvertiti: state bene attenti a non venir meno nella vostra fermezza, travolti anche voi dall’errore dei malvagi. Crescete invece nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. A lui la gloria, ora e nel giorno dell’eternità. Amen (2Pt 3,8-18).

Quando però l’ora giunge, l’ora è giunta. Finisce il tempo della misericordia, inizia quello del giudizio. Non si parla del giudizio eterno, ma di quello storico. Nessuno si illuda di poter agire come gli pare. La falce è sempre pronta e anche il tino.

E vidi: ecco una nube bianca, e sulla nube stava seduto uno simile a un Figlio d’uomo: aveva sul capo una corona d’oro e in mano una falce affilata. Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: «Getta la tua falce e mieti; è giunta l’ora di mietere, perché la messe della terra è matura». Allora colui che era seduto sulla nube lanciò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta. Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, tenendo anch’egli una falce affilata. Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, venne dall’altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: «Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature». L’angelo lanciò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e rovesciò l’uva nel grande tino dell’ira di Dio.

Madre di Dio, Angeli, Santi, insegnateci il timore del Signore. È l’inizio della sapienza.

COLORO CHE AVEVANO VINTO LA BESTIA

Ap 15,1-4; Sal 97; Lc 21,1 2-19

28 NOVEMBRE

Nelle visioni di Daniele le bestie sono i regni della terra. Essi combattono per il male e non per il bene. Per distruggere i popoli e non per edificarli. Questi regni anche contro il popolo del Signore combattono e alcuni di essi hanno un solo intento: sradicarlo come si sradica un albero perché si esso nulla rimane. Le bestie sono consacrate al male.

Io, Daniele, guardavo nella mia visione notturna, ed ecco, i quattro venti del cielo si abbattevano impetuosamente sul Mare Grande e quattro grandi bestie, differenti l’una dall’altra, salivano dal mare. La prima era simile a un leone e aveva ali di aquila. Mentre io stavo guardando, le furono strappate le ali e fu sollevata da terra e fatta stare su due piedi come un uomo e le fu dato un cuore d’uomo. Poi ecco una seconda bestia, simile a un orso, la quale stava alzata da un lato e aveva tre costole in bocca, fra i denti, e le fu detto: «Su, divora molta carne». Dopo di questa, mentre stavo guardando, eccone un’altra simile a un leopardo, la quale aveva quattro ali d’uccello sul dorso; quella bestia aveva quattro teste e le fu dato il potere. Dopo di questa, stavo ancora guardando nelle visioni notturne, ed ecco una quarta bestia, spaventosa, terribile, d’una forza straordinaria, con grandi denti di ferro; divorava, stritolava e il rimanente se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava: era diversa da tutte le altre bestie precedenti e aveva dieci corna.

Io, Daniele, mi sentii agitato nell’animo, tanto le visioni della mia mente mi avevano turbato; mi accostai a uno dei vicini e gli domandai il vero significato di tutte queste cose ed egli me ne diede questa spiegazione: «Le quattro grandi bestie rappresentano quattro re, che sorgeranno dalla terra; 18ma i santi dell’Altissimo riceveranno il regno e lo possederanno per sempre, in eterno». Volli poi sapere la verità intorno alla quarta bestia, che era diversa da tutte le altre e molto spaventosa, che aveva denti di ferro e artigli di bronzo, che divorava, stritolava e il rimanente se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava, e anche intorno alle dieci corna che aveva sulla testa e intorno a quell’ultimo corno che era spuntato e davanti al quale erano cadute tre corna e del perché quel corno aveva occhi e una bocca che proferiva parole arroganti e appariva maggiore delle altre corna. Io intanto stavo guardando e quel corno muoveva guerra ai santi e li vinceva, 22finché venne il vegliardo e fu resa giustizia ai santi dell’Altissimo e giunse il tempo in cui i santi dovevano possedere il regno. Egli dunque mi disse: «La quarta bestia significa che ci sarà sulla terra un quarto regno diverso da tutti gli altri e divorerà tutta la terra, la schiaccerà e la stritolerà. Le dieci corna significano che dieci re sorgeranno da quel regno e dopo di loro ne seguirà un altro, diverso dai precedenti: abbatterà tre re e proferirà parole contro l’Altissimo e insulterà i santi dell’Altissimo; penserà di mutare i tempi e la legge. I santi gli saranno dati in mano per un tempo, tempi e metà di un tempo. Si terrà poi il giudizio e gli sarà tolto il potere, quindi verrà sterminato e distrutto completamente. Allora il regno, il potere e la grandezza dei regni che sono sotto il cielo saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo, il cui regno sarà eterno e tutti gli imperi lo serviranno e gli obbediranno» (Cfr. Dn 7,1-28).

Le bestie sono tutte governate dalla bestia, che è Satana, il principe del mondo. Satana è il grande nemico di Dio e di quanti sono suoi veri adoratori. Esso si serve di ogni bestia a lui consacrata per sradicare il popolo dei giusti, la nazione santa, il popolo del Signore. Sempre nel mondo vi sono stati e vi saranno gli ammiratori della bestia.

E vidi nel cielo un altro segno, grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi è compiuta l’ira di Dio. Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco; coloro che avevano vinto la bestia, la sua immagine e il numero del suo nome, stavano in piedi sul mare di cristallo. Hanno cetre divine e cantano il canto di Mosè, il servo di Dio, e il canto dell’Agnello: «Grandi e mirabili sono le tue opere, Signore Dio onnipotente; giuste e vere le tue vie, Re delle genti! O Signore, chi non temerà e non darà gloria al tuo nome? Poiché tu solo sei santo, e tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, perché i tuoi giudizi furono manifestati».

Per quanti adorano la bestia non vi sarà posto nel regno eterno di Dio. Le porte della Gerusalemme celeste si chiuderanno per essi. Oggi la bestia ha deciso di distruggere il vero Cristo e toglierlo da ogni cuore. Al suo posto vuole installare ad ogni costo se stessa presentandosi con un nome nuovo: “il Dio unico”. Molti permettono che questo idolo venga innalzato nel loro cuore. La via della perdizione eterna è aperta.

Madre Immacolata, Angeli, Santi, salvateci da questa idolatria camuffata di vera fede.

È CADUTA, È CADUTA BABILONIA LA GRANDE

Ap 18,1- 2.21-23; 19,1-3.9a; Sal 99; Lc 21,20-28

29 NOVEMBRE

Sempre i profeti hanno profetizzato su tutte le nazioni. Hanno loro annunziato che solo il Dio di Israele è il Signore e solo Lui è il Giudice della storia. Una nazione pagana resta nella storia finché Lui vuole che resti. Quando Lui decide che non resti, perché ha raggiunto il colmo della sua empietà, immoralità, idolatria, allora in un istante scompare, così come è scomparso il Faraone nelle acque del Mar Rosso. Immagine e figura di città idolatra e immorale è Babilonia. I profeti del Dio vivente annunziano la sua fine. Verrà un tempo in cui essa non esisterà più sulla faccia della terra. La sua idolatria e immoralità la consumeranno. Di essa rimarrà solo il ricordo.

Oracolo sul deserto del mare. Come i turbini che si scatenano nel Negheb, così egli viene dal deserto, da una terra orribile. Una visione tremenda mi fu mostrata: il saccheggiatore che saccheggia, il distruttore che distrugge. Salite, o Elamiti, assediate, o Medi! Io faccio cessare ogni gemito. Per questo i miei reni sono nello spasimo,  mi hanno colto dolori come di una partoriente; sono troppo sconvolto per udire, troppo sbigottito per vedere. Smarrito è il mio cuore, la costernazione mi invade; il tramonto tanto desiderato diventa il mio terrore. Si prepara la tavola, si stende la tovaglia, si mangia, si beve. Alzatevi, o capi, ungete gli scudi, poiché così mi ha detto il Signore: «Va’, metti una sentinella che annunci quanto vede. E se vedrà cavalleria, coppie di cavalieri, uomini che cavalcano asini, uomini che cavalcano cammelli, allora osservi attentamente, con grande attenzione». La vedetta ha gridato: «Al posto di osservazione, Signore, io sto sempre lungo il giorno, e nel mio osservatorio sto in piedi, tutte le notti. Ecco, qui arriva una schiera di cavalieri, coppie di cavalieri. Essi esclamano e dicono: “È caduta, è caduta Babilonia! Tutte le statue dei suoi dèi sono a terra, in frantumi”». O popolo mio, calpestato e trebbiato come su un’aia, quanto ho udito dal Signore degli eserciti, Dio d’Israele, a voi l’ho annunciato (Is 21,1-10).

L’Apostolo Giovanni, vero profeta di Gesù Signore, annunzia anche lui la caduta di Babilonia. Si badi bene. Non è solo l’impero di Roma. È ogni impero che sorgerà sulla terra e che fonderà se stesso sull’idolatria e l’immoralità. Anche il nostro impero cadrà, si sbriciolerà, perché fondato oggi su una grande idolatria e una immoralità ancora più grande. Mai si era la storia era arrivata a tanto: a dichiarare per legge che il male è bene e che le ingiustizie sono ingiustizie e che le immoralità sono purissimo amore. Si era soffocata la verità nell’ingiustizia, ma non si era andati oltre. Oggi invece ogni limite è stato raggiunto e oltrepassato anche di molto. Neanche più l’ombra di un Dio dovrà esistere sulla terra. Ogni uomo è da se stesso e per se stesso.

Dopo questo, vidi un altro angelo discendere dal cielo con grande potere, e la terra fu illuminata dal suo splendore. Gridò a gran voce: «È caduta, è caduta Babilonia la grande, ed è diventata covo di demòni, rifugio di ogni spirito impuro, rifugio di ogni uccello impuro e rifugio di ogni bestia impura e orrenda. «Guai, guai, città immensa,  di cui si arricchirono quanti avevano navi sul mare: in un’ora sola fu ridotta a un deserto! Esulta su di essa, o cielo, e voi, santi, apostoli, profeti, perché, condannandola, Dio vi ha reso giustizia!». Un angelo possente prese allora una pietra, grande come una màcina, e la gettò nel mare esclamando: «Con questa violenza sarà distrutta Babilonia, la grande città, e nessuno più la troverà. Il suono dei musicisti, dei suonatori di cetra, di flauto e di tromba, non si udrà più in te; ogni artigiano di qualsiasi mestiere non si troverà più in te; il rumore della màcina non si udrà più in te; la luce della lampada non brillerà più in te; la voce dello sposo e della sposa non si udrà più in te. Perché i tuoi mercanti erano i grandi della terra e tutte le nazioni dalle tue droghe furono sedotte.

In questa universale adorazione della bestia, anche molti cristiani sono caduti. Pensano di salvare il mondo predicando aiuto vicendevole nel bene. Ma può un adoratore della bestia volere il bene dell’altro, se la bestia conosce solo odio, superbia, invidia, gelosia, egoismo, chiusura dell’uomo verso l’uomo. La bestia solo uno la vince. Cristo Gesù e chi è vero corpo del suo corpo, vera vita della sua vita, sempre mosso e governato dal suo Santo Spirito. Se Cristo Signore non è annunziato con chiarezza, anche questo è frutto della bestia nel cuore dei discepoli di Gesù. Tutto la bestia vuole che si predichi e si annunzi. Di uno solo mai si dovrà parlare: del suo Vincitore.

Madre che hai vinto la bestia, Angeli, Santi, fate che anche noi la vinciamo.

CHE RECANO UN LIETO ANNUNCIO DI BENE!

Rm 10,9-18; Sal 18; Mt 4,18-22

30 NOVEMBRE

I piedi che recano la buona novella della pace non si muovo da soli. Essi sono mossi dal Signore per mezzo del suo Santo Spirito. È il Signore che chiama i profeti, ponendo sulla loro bocca le parole da annunziare. Nessun profeta è dalla sua volontà, mai potrebbe esserlo. Potrebbe anche dichiararsi profeta da sé, ma mancherebbe della Parola di Dio ed allora potrebbe essere solo un falso profeta. Il vero profeta è chiamato da Dio, da Lui è inviato con le esatte parole da dire, alle quali nulla va aggiunto e nulla va tolto. Se una di queste tre cose manca – chiamata, invio, parola da dire – lui è falso profeta, profeta di se stesso. Mai potrà dirsi vero profeta del Dio vivente.

Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio». Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce, insieme esultano, poiché vedono con gli occhi il ritorno del Signore a Sion. Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme. Il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutte le nazioni; tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio. Fuori, fuori, uscite di là! Non toccate niente d’impuro. Uscite da essa, purificatevi, voi che portate gli arredi del Signore! Voi non dovrete uscire in fretta né andarvene come uno che fugge, perché davanti a voi cammina il Signore, il Dio d’Israele chiude la vostra carovana (Is 52,7-12).

L’apostolo Paolo ci insegna che la salvezza viene dall’invocazione del nome di Cristo Gesù. Nessuno può però invocarlo se non viene annunziato, se cioè mancano i piedi che gridano il suo nome. Come i veri profeti sono mandati da Dio, così anche i veri apostoli devono essere mandati da Dio. Come Dio manda i suoi veri apostoli a gridare che la salvezza è nel nome di Gesù il Nazareno? Attraverso una speciale consacrazione che noi diciamo consacrazione episcopale, fatta però da altri vescovo che sono nella linea ininterrotta della successione apostolica. Dai vescovi è ogni altra missione o mandato canonico per l’annunzio di Cristo, secondo il ministero, la vocazione, la missione, il carisma di ciascuna persona. Senza vescovo nessuna missione è vera, nessun mandato è autentico. La comunione gerarchica con il vescovo è essenza della missione evangelizzatrice per la vera conoscenza di Gesù Signore.

Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso. Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene! Ma non tutti hanno obbedito al Vangelo. Lo dice Isaia: Signore, chi ha creduto dopo averci ascoltato? Dunque, la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo. Ora io dico: forse non hanno udito? Tutt’altro: Per tutta la terra è corsa la loro voce, e fino agli estremi confini del mondo le loro parole.

Dal Libro degli Atti degli Apostoli, sappiamo che piedi di ogni missionario del Vangelo è mandato o dagli Apostoli o dallo Spirito Santo con la benedizione degli Apostoli. Sappiamo anche che tutto il lavoro o l’opera di evangelizzazione dovrà essere completata dagli Apostoli, perché sono loro che danno lo Spirito Santo per via sacramentale. Una verità va però sempre gridata. L’Apostolo deve essere sempre in comunione indissolubile con lo Spirito Santo. Essendo lui “vero profeta di Cristo Gesù, come Cristo Gesù è vero profeta del Padre”, dallo Spirito sempre dovrà essere chiamato, mandato ma anche dallo Spirito dovrà ricevere la Parola da annunziare qui ed oggi per la salvezza dei cuori. Se l’apostolo si separa dalla comunione dello Spirito Santo, all’istante diventerà un falso profeta. Gli manca la vera parla della profezia.

Regina dei Profeti, Angeli, Santi, non permettete che i cristiani diventino falsi profeti.