Aprirò la mia bocca con parabole
27 LUGLIO (Mt 13,31-35)
La Parabola, nella Scrittura Antica, non è un discorso simbolico, un racconto per immagini, nel quale sono nascoste le verità della fede. Essa contiene in sé anche questo significato. Ma non è il solo. Le parabole di cui parla La Scrittura sono il racconto delle opere di Dio. Esse sono così misteriose che nessun uomo, a meno che non sia perennemente illuminato dallo Spirito Santo, potrà comprenderle. Sono sempre un arcano dinanzi ai suoi occhi e alla sua mente. Legge, vede le opere, ma non le comprende. Gli manca la saggezza di esse. Gli manca lo Spirito del Signore.
Ascolta, popolo mio, la mia legge, porgi l’orecchio alle parole della mia bocca. Aprirò la mia bocca con una parabola, rievocherò gli enigmi dei tempi antichi. Ciò che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato non lo terremo nascosto ai nostri figli, raccontando alla generazione futura le azioni gloriose e potenti del Signore e le meraviglie che egli ha compiuto. Ha stabilito un insegnamento in Giacobbe, ha posto una legge in Israele, che ha comandato ai nostri padri di far conoscere ai loro figli, perché la conosca la generazione futura, i figli che nasceranno. Essi poi si alzeranno a raccontarlo ai loro figli, perché ripongano in Dio la loro fiducia e non dimentichino le opere di Dio, ma custodiscano i suoi comandi. Non siano come i loro padri, generazione ribelle e ostinata, generazione dal cuore incostante e dallo spirito infedele a Dio. I figli di Èfraim, arcieri valorosi, voltarono le spalle nel giorno della battaglia. Non osservarono l’alleanza di Dio e si rifiutarono di camminare nella sua legge. Dimenticarono le sue opere, le meraviglie che aveva loro mostrato. Cose meravigliose aveva fatto davanti ai loro padri nel paese d’Egitto, nella regione di Tanis. Divise il mare e li fece passare, e fermò le acque come un argine. Li guidò con una nube di giorno e tutta la notte con un bagliore di fuoco. Spaccò rocce nel deserto e diede loro da bere come dal grande abisso. Fece sgorgare ruscelli dalla rupe e scorrere l’acqua a fiumi (Cfr. Sal 78 (77), 1-72).
Il cuore sapiente medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio (Sir 3,29). Differente è il caso di chi si applica a meditare la legge dell’Altissimo. Egli ricerca la sapienza di tutti gli antichi e si dedica allo studio delle profezie. Conserva i detti degli uomini famosi e penetra le sottigliezze delle parabole, ricerca il senso recondito dei proverbi e si occupa degli enigmi delle parabole (Sir 38,34-39,1).
«Eppure io sono il Signore, tuo Dio, fin dal paese d’Egitto. Ti farò ancora abitare sotto le tende, come ai giorni dell’incontro nel deserto. Io parlerò ai profeti, moltiplicherò le visioni e per mezzo dei profeti parlerò con parabole» (Os 12,10-11).
Così è per le parabole di Gesù. Esse sono la manifestazione di tutta la potenza di grazia, redenzione, giustificazione. Ma tutta la vita di Gesù è la parabola più eccelsa, elevata, santissima che il Padre ha creato per noi. La sua Croce è parabola stupenda. Chi mai potrà penetrare in essa per comprenderne tutto il suo infinito significato? Non solo le parole, ma l’intera vita di Gesù è la parabola, l’opera del Padre in nostro favore. Su di essa sempre dobbiamo meditare. Senza una quotidiana riflessione comprenderemo ben poco. Saremo perennemente fuori del mistero.
Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.
Anche della nostra vita il Signore vuole fare una parabola, l’opera del suo amore. I Santi sono una parabola sempre nuova, scritta dal cuore del Padre per noi. Essi però hanno permesso al Signore che la scrivesse con il loro sangue offerto per la redenzione dei loro fratelli. Finché la nostra vita non diverrà, in Cristo, la parabola dei tempi attuali del Padre, noi cristianamente parlando siamo una parabola vuota.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera parabola in Cristo.