Commento teologico alla prima lettura – Maggio 2016
1 MAGGIO – VI Domenica di Pasqua – (At 15,1-2.22-29)
È parso bene allo Spirito Santo e a noi
Se è lo Spirito che muove, conduce, governa la Chiesa del Dio vivente, perché è detto: “È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi”? Perché vi è un doppio soggetto: “Apostoli e Spirito Santo”. La ragione o il motivo c’è ed è di alta verità teologica. Gli Apostoli hanno ricevuto il mandato da Cristo Gesù di predicare il Vangelo ad ogni creatura, predicarlo però secondo la forma e le modalità del Vangelo. Mai essi lo dovranno predicare dal pensiero degli uomini e neanche partendo dall’Antico Testamento. Già dai tempi antichi, il Padre celeste aveva dichiarato finito l’Antico Patto. Lui stesso aveva stabilito di farne uno tutto nuovo e questa sua decisione è stata portata a compimento da Cristo Signore, il quale sancisce la Nuova alleanza nel suo sangue. Quelli però che vengono dal Giudaismo vorrebbero un Vangelo secondo la loro antica religione. Questo è impossibile a motivo della decisione di Dio.
Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore –, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore. Oracolo del Signore. Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni – oracolo del Signore –: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato» /Ger 31,31-34).
Essendo gli Apostoli responsabili del Vangelo secondo la forma e la via del Vangelo è loro obbligo decidere, stabilire, discutere, discernere se una via è conforme al Vangelo secondo il Vangelo, oppure essa è via che non appartiene alla Chiesa. Noi, Apostoli del Signore, siamo obbligati a darvi il Vangelo secondo il Vangelo. Per questo motivo ci siamo riuniti, abbiamo discusso, abbiamo deciso. Ci siamo assunti tutta la nostra responsabilità. Abbiamo adempiuto il mandato che ci è stato affidato. Noi però Apostoli di Cristo Gesù, nulla possiamo decidere da noi stessi. Possiamo decidere per voi a condizione che lo Spirito Santo ispira, guida, conduce, suscita la nostra decisione. Se una nostra decisione non è fatta sua, essa a nulla serve. Ora noi vi garantiamo che la nostra decisione è anche decisione dello Spirito Santo. Se è anche sua, possiamo adottarla come decisione per tutta la Chiesa. È Vangelo secondo il Vangelo.
Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati». Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».
È lo Spirito del Signore che deve fare sua ogni decisione della Chiesa. Se lo Spirito non la fa sua, essa non è decisione per tutta la Chiesa, mai lo potrà divenire. Rimane una decisione privata e vale per coloro che l’hanno presa. Solo lo Spirito del Signore trasforma una decisione collegiale, anche di un Concilio Ecumenico, in una decisione ecclesiale. Se lo Spirito non fa sua una decisione, da lui mai sarà vivificata e muore.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci Vangelo dal Vangelo.
2 MAGGIO (At 16,11-15)
Il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo
Quando il missionario di Cristo Gesù porta nel mondo la Parola e lo Spirito Santo, sempre lo Spirito Santo da lui portato entra nel cuore attraverso la Parola e il cuore da Lui viene toccato, trafitto, mosso perché aderisca alla Parola, si converta ad essa l’accolga come vera Parola di vita e di salvezza. L’Evangelista Luca ha un modello cui sempre si ispira in tutta la narrazione sia del Vangelo che degli Atti. Questo modello è la Vergine Maria che entra nella casa di Zaccaria e saluta Elisabetta. La sua voce è il veicolo dello Spirito Santo. Per essa entra nel cuore di Elisabetta e nel suo grembo. Maria anche conferma quanto lo Spirito ha operato magnificando il suo Signore.
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre» (Lc 1,39-55).
Il missionario di Cristo Gesù può essere ricolmo di tutta la scienza, la dottrina, la conoscenza tratta da tutti i libri di questo mondo, può anche conoscere la Scrittura a memoria, essere aggiornatissimo su tutte le più vitali questioni antropologiche, filosofiche, ascetiche, mistiche, morali, sociali, di qualsiasi altra natura. Se però nel suo cuore non vi è la pienezza dello Spirito Santo la sua voce rimane solo voce, mai diventerà il veicolo dello Spirito, perché lo Spirito non vive nel suo cuore, non è nella sua anima, non governa il suo corpo, non ispira i suoi pensieri. Questa verità ci rivela perché molta nostra predicazione è sterile e vana tutta la nostra formazione. Essa è solo parola umana, perché senza lo Spirito del Signore nulla si trasforma in Parola di Dio, di Cristo Gesù, ed è la Parola il solo veicolo dello Spirito di Dio.
Salpati da Tròade, facemmo vela direttamente verso Samotràcia e, il giorno dopo, verso Neàpoli e di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedonia. Restammo in questa città alcuni giorni. Il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera e, dopo aver preso posto, rivolgevamo la parola alle donne là riunite. Ad ascoltare c’era anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo. Dopo essere stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò dicendo: «Se mi avete giudicata fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa». E ci costrinse ad accettare.
Paolo è pieno di Spirito Santo, cammina secondo la sua perenne mozione, si lascia da Lui afferrare, condurre, orientare. In più ogni giorno lui si lascia trasformare per essere ad immagine perfetta di Cristo Gesù. Più lui crescerà in sapienza e grazia, più sarà modellato su Gesù Signore, meno resistenza vi saranno in lui nell’ascolto e nella conduzione secondo lo Spirito. Tiàtira insiste perché Paolo si rechi a casa sua e Paolo vede in questa richiesta un comando dello Spirito. Se non avesse visto un’insistenza dello Spirito e una sua chiamata, mai sarebbe entrato in quella casa. La mozione dello Spirito del Signore non è per le grandi cose, le grandi questioni, i grandi problemi. Essa è per tutte le cose che riguardano la nostra vita. Nulla di ciò che è e che fa un apostolo di Cristo è estraneo allo Spirito Santo. Tutta la sua vita è via di salvezza.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.
3 MAGGIO (1Cor 15,1-8)
Se lo mantenete come ve l’ho annunciato
Il Vangelo non solo va dato secondo le regole e le modalità che scaturiscono dal Vangelo, ma va anche accolto secondo queste regole e modalità che vengono da esso. Regole e modalità sono la verità, la scienza, la sapienza, l’intelligenza, la comprensione, lo sviluppo e la crescita della Parola in noi e tutto proviene dallo Spirito Santo. Lo Spirito del Signore è quel potente filtro che deve impedire che nel cuore entri un solo pensiero umano, in modo che il Vangelo possa sempre rimanere limpido, puro, schietto, così come è uscito dal cuore del Padre. Ma è anche filtro che ostruire il passaggio affinché dal cuore non purificato, non mondato, non sanato dalla grazia di Cristo Gesù, possa uscire un solo pensiero di falsità. Ne basta uno solo per inquinare tutta la verità di Cristo, di Dio Padre, dello Spirito, della Chiesa, dell’uomo. Gesù ci insegna che tutto viene dal cuore ed è ciò che esce dal cuore che inquina la verità.
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti. E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo» (Mc 7,14-33).
Oggi Paolo spiega ai Corinzi che non avendo essi il potente filtro dello Spirito Santo, a causa della loro mancata purificazione del cuore, ancora troppo superbo e pieno di sé, un solo loro pensiero ha inquinato, devastandola, tutta la fede in Cristo Signore. Ma sempre quando non si possiede questo potente filtro che è lo Spirito del Signore, tutta la fede viene inquinata, resa vana, non da grandi falsità, ma anche dalle più piccole. Oggi non si è resa vana tutta la fede nella Chiesa, nella sua missione, nei suoi ministri, nelle sue stesse strutture divine, a motivo della carenza di questo filtro potente? Non nasce dal cuore impuro dell’uomo il pensiero che asserisce che tutti sono già salvi e che l’inferno è vuoto? Non si predica e non si lavora perché si creda nel Dio unico? Non è forse il nostro pensiero che sta distruggendo Cristo Gesù e la sua Croce? Senza lo Spirito del Signore, ognuno introduce nella fede quel lievito di malizia, perversità, errore, eresia, che inquina tutta la fede e la rende vana in ordine alla vera salvezza.
Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.
Paolo lo dice con chiarezza. Se noi lasciamo che la falsità si introduca nella fede, tutta la fede diviene vana, inutile. Se tutti siamo già in paradiso, a che serve predicare la misericordia? Sono già salvo per la vita eterna. A nulla valgono i comandamenti. La salvezza è già mia. Qual è l’utilità della Chiesa? Cristo è ininfluente quanto all’eternità beata. Essa è già in possesso di ogni uomo. Asserendo che l’inferno è vuoto e che non vi è alcun giusto giudizio di Dio, noi dichiariamo inutile il Vangelo. È un di più inutile. Anzi è una condanna all’inferno in questa vita. A che serve costruire un inferno sulla terra, quando si è abolito quello eterno? Se però l’inferno eterno esiste ed è veramente eterno, allora il Vangelo non costruisce inferni sulla terra. Dona la via perché mai si finisca in quel luogo di supplizio e di perdizione. Una sola falsità annienta tutta la verità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, elevateci di fede in fede.
4 MAGGIO (At 17,15,22-18,1)
Su questo ti sentiremo un’altra volta
Il discorso di Paolo all’Areòpago è strutturato in modo perfetto. Parla ai filosofi da vero filosofo, argomentando con principi tratti dalla fede che però non dispiacciono alla ragione. La fede non si fonda su principi, anche se primi e indimostrabili. Essa è accoglienza di una Parola di vita, di un evento di salvezza, che trova nell’annunzio e nella testimonianza la sua forza, ma solo nello Spirito Santo il suo convincimento. Senza la Parola della fede e senza lo Spirito Santo che rende credibile e accettabile al cuore la Parola, l’evento che viene testimoniato, mai vi potrà essere conversione.
Finché Paolo rimane nel campo della ragione, della filosofia ed anche della poesia o della stessa religione, i filosofi lo ascoltano. Quando salta nel campo dell’annunzio, della Parola, della testimonianza, quando rivela loro la risurrezione di Gesù, finisce l’ascolto. È il rifiuto. Su questi argomenti ti ascolteremo un’altra volta. Oggi i cristiani usano il metodo di Paolo. Se ne servono però solo a metà. Vogliono costituire la ragione principio di morale, di verità, di salvezza. Partire da tutte le scienze umane è anche cosa buona, giusta. L’uomo mai va messo da parte. Il cristiano parte, può partire dalla realtà creata, ad essa sempre però deve far seguire l’annunzio, la Parola, la testimonianza su Cristo Gesù. Il cristiano è sempre cristiano. È lavoratore cristiano. Scienziato cristiano. Filoso cristiano. Antropologo cristiano. Alla sua scienza sempre deve aggiungere la verità della sua fede. Uno scienziato cristiano può anche credere alla teoria dell’evoluzione. Deve però sempre aggiungere che l’uomo non è il frutto della sola evoluzione. Lui è stato fatto ad immagine e somiglianza di Dio. Deve anche poi aprirsi sia al mistero della disobbedienza, della redenzione, dell’incarnazione. Lui è scienziato cristiano. La verità della fede è verità universale. È verità della storia.
Allora Paolo, in piedi in mezzo all’Areòpago, disse: «Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi. Passando infatti e osservando i vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare con l’iscrizione: “A un dio ignoto”. Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d’uomo né dalle mani dell’uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa: è lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come hanno detto anche alcuni dei vostri poeti: “Perché di lui anche noi siamo stirpe”.
Poiché dunque siamo stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’ingegno umano. Ora Dio, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, ordina agli uomini che tutti e dappertutto si convertano, perché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti». Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: «Su questo ti sentiremo un’altra volta». Così Paolo si allontanò da loro. Ma alcuni si unirono a lui e divennero credenti: fra questi anche Dionigi, membro dell’Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro. Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto.
Le vie per iniziare un dialogo sono infinite. Esse però devono essere solo uno strumento. Lo strumento è utile se annunzia Cristo e il suo mistero nel quale è racchiuso tutto il mistero di Dio, dello Spirito Santo, dell’uomo, del presente, del passato, del futuro dell’umanità e dell’universo. L’annunzio va fatto come veicolo per portare lo Spirito dall’annunziatore a colui che ascolta. Senza lo Spirito Santo, mai vi potrà essere comunione nella verità. È lo Spirito la verità di Dio e dell’uomo e se lo Spirito non la crea nei cuori, essi rimarranno zippati di pensieri, ma carenti di ogni verità. Se però il missionario è privo dello Spirito del Signore, anche lui è senza verità ed è per questo motivo che dona solo pensieri a quanti lo ascoltano. Ma nessun pensiero umano salverà. Salva solo la verità di Cristo data nello Spirito Santo.
5 MAGGIO (At 18,1-8)
Il vostro sangue ricada sul vostro capo
Ogni profeta del Dio vivente – ed ogni Apostolo di Gesù Signore lo è, come lo sono tutti i ministri della Parola – è responsabile dinanzi a Dio di ogni anima che si perde per mancato annunzio della Parola del Signore. Se invece la Parola viene annunziata, l’anima si può anche perdere, ma al profeta Dio non imputa alcun peccato.
Al termine di quei sette giorni mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. Se io dico al malvagio: “Tu morirai!”, e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio ed egli non si converte dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato (Ez 3,16-19).
Gesù comanda ai suoi Apostoli di lasciare la casa o la città che non li accoglie. Ma di testimoniare che essi sono senza alcuna colpa. Testimonieranno la loro innocenza, scuotendo la polvere da sotto i loro piedi. Nessuna comunione e responsabilità.
In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città (Mt 19,11-15).
San Paolo attesta dinanzi a Dio e agli uomini affermando che lui non è responsabile del sangue di chi si perde. Mai si è sottratto ad un solo suo obbligo, neanche minimo. Tutto egli ha fatto, ha sacrificato se stesso nel dono della Parola della salvezza.
E ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno. Per questo attesto solennemente oggi, davanti a voi, che io sono innocente del sangue di tutti, perché non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio. Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato, tra le lacrime, di ammonire ciascuno di voi (At 20,25-31).
Questo obbligo non è venuto meno. Se il ministro della Parola, chiunque esso sia, viene meno nell’annunzio, lui è responsabile di ogni anima che si perde per la sua omissione. Diviene ancora più responsabile se da vero profeta si trasforma in un falso profeta e dona una parola modificata, trasformata, travisata, falsa, menzognera. Di ogni anima che per la sua falsa profezia non giunge a salvezza, dovrà rendere contro a Dio oggi e nel giorno del giudizio. In verità molto male oggi è dovuto alla falsa profezia.
Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto. Qui trovò un Giudeo di nome Aquila, nativo del Ponto, arrivato poco prima dall’Italia, con la moglie Priscilla, in seguito all’ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo si recò da loro e, poiché erano del medesimo mestiere, si stabilì in casa loro e lavorava. Di mestiere, infatti, erano fabbricanti di tende. Ogni sabato poi discuteva nella sinagoga e cercava di persuadere Giudei e Greci. Quando Sila e Timòteo giunsero dalla Macedonia, Paolo cominciò a dedicarsi tutto alla Parola, testimoniando davanti ai Giudei che Gesù è il Cristo. Ma, poiché essi si opponevano e lanciavano ingiurie, egli, scuotendosi le vesti, disse: «Il vostro sangue ricada sul vostro capo: io sono innocente. D’ora in poi me ne andrò dai pagani». Se ne andò di là ed entrò nella casa di un tale, di nome Tizio Giusto, uno che venerava Dio, la cui abitazione era accanto alla sinagoga. Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia; e molti dei Corinzi, ascoltando Paolo, credevano e si facevano battezzare.
Ogni ministro sappia che il giorno del giudizio verrà e a Dio si dovrà rendere conto.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri profeti di Cristo Gesù.
6 MAGGIO (At 18,9-18)
Continua a parlare e non tacere
Paolo è Apostolo del Signore. Veramente lui può ogni giorno rivolgersi a Cristo Gesù con il Salmo: “Il Signore è il mio Pastore”. Gesù sempre vigila su di lui. Non lo lascia solo neanche per un istante. Paolo e Cristo Signore sono veramente una cosa sola.
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni (Sal 23 (22) 1-6).
Perché Paolo mai si smarrisca, si perda d’animo, si lasci turbare da una qualche tentazione, anche in modo fugace, il Signore lo porta fino al terzo cielo. Gli fa vedere la sua casa eterna. Questa visione serve a rinsaldare il legame di croce, di martirio, di sofferenza che unisce Paolo al suo Redentore, Salvatore, Maestro e Guida.
Se bisogna vantarsi – ma non conviene – verrò tuttavia alle visioni e alle rivelazioni del Signore. So che un uomo, in Cristo, quattordici anni fa – se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest’uomo – se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunciare. Di lui io mi vanterò! Di me stesso invece non mi vanterò, fuorché delle mie debolezze. Certo, se volessi vantarmi, non sarei insensato: direi solo la verità. Ma evito di farlo, perché nessuno mi giudichi più di quello che vede o sente da me e per la straordinaria grandezza delle rivelazioni (2Cor 12,1-7).
Il conforto di Cristo è vera risurrezione spirituale. Il cuore si rinfranca. L’anima si libera da ogni stanchezza. La mente si rinvigorisce. La volontà diviene più tenace. Il corpo è come se acquisisse una nuova giovinezza. Il conforto di Cristo immerge in un bagno di vera risurrezione spirituale. Anche Cristo Gesù nel momento di maggior sofferenza e tentazione ebbe il conforto del Padre per mezzo di un Angelo.
Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione» (Lc 22,39-46).
Rassicurata dalla Parola del Signore, Paolo non teme, persevera. Lui di Gesù si fida.
Una notte, in visione, il Signore disse a Paolo: «Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo numeroso». Così Paolo si fermò un anno e mezzo, e insegnava fra loro la parola di Dio. Mentre Gallione era proconsole dell’Acaia, i Giudei insorsero unanimi contro Paolo e lo condussero davanti al tribunale dicendo: «Costui persuade la gente a rendere culto a Dio in modo contrario alla Legge». Paolo stava per rispondere, ma Gallione disse ai Giudei: «Se si trattasse di un delitto o di un misfatto, io vi ascolterei, o Giudei, come è giusto. Ma se sono questioni di parole o di nomi o della vostra Legge, vedetevela voi: io non voglio essere giudice di queste faccende». E li fece cacciare dal tribunale. Allora tutti afferrarono Sòstene, capo della sinagoga, e lo percossero davanti al tribunale, ma Gallione non si curava affatto di questo. Paolo si trattenne ancora diversi giorni, poi prese congedo dai fratelli e s’imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. A Cencre si era rasato il capo a causa di un voto che aveva fatto.
La consolazione di Cristo e il conforto se non sempre sono udibili, sono sempre spirituali e invisibili. Eucaristia e preghiera sono il vero conforto di ogni missionario.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, sostenete la nostra missione.
7 MAGGIO (At 18,23-28)
Gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio
Responsabili e ministri della Parola sempre devono prestare molta attenzione ad esporre con maggiore accuratezza la via di Dio per la salvezza che è Gesù Signore, attraverso il suo Corpo che è la Chiesa, nella perenne comunione dello Spirito Santo. Esempio di impegno è l’Autore della Lettera agli Ebrei. La sua verità è semplicissima, della stessa semplicità di Dio: la fede di ieri deve aggiornarsi nella Parola, nella voce di oggi. Oggi voce di Dio è Cristo Gesù. Oggi è Cristo la via della salvezza di Dio.
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato (Eb 1,1-4).
Su questo argomento abbiamo molte cose da dire, difficili da spiegare perché siete diventati lenti a capire. Infatti voi, che a motivo del tempo trascorso dovreste essere maestri, avete ancora bisogno che qualcuno v’insegni i primi elementi delle parole di Dio e siete diventati bisognosi di latte e non di cibo solido. Ora, chi si nutre ancora di latte non ha l’esperienza della dottrina della giustizia, perché è ancora un bambino. Il nutrimento solido è invece per gli adulti, per quelli che, mediante l’esperienza, hanno le facoltà esercitate a distinguere il bene dal male (Eb 5,11-14).
Perciò, lasciando da parte il discorso iniziale su Cristo, passiamo a ciò che è completo, senza gettare di nuovo le fondamenta: la rinuncia alle opere morte e la fede in Dio, la dottrina dei battesimi, l’imposizione delle mani, la risurrezione dei morti e il giudizio eterno. Questo noi lo faremo, se Dio lo permette. Quelli, infatti, che sono stati una volta illuminati e hanno gustato il dono celeste, sono diventati partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e i prodigi del mondo futuro. Tuttavia, se sono caduti, è impossibile rinnovarli un’altra volta portandoli alla conversione, dal momento che, per quanto sta in loro, essi crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio e lo espongono all’infamia. Infatti, una terra imbevuta della pioggia che spesso cade su di essa, se produce erbe utili a quanti la coltivano, riceve benedizione da Dio; ma se produce spine e rovi, non vale nulla ed è vicina alla maledizione: finirà bruciata! (Eb 6,1-8).
Sempre il popolo di Dio va alla deriva – ed oggi vi è un vero naufragio nella fede – quando si parla per frasi assolute, che sono tutte ereticali, anche se in sé sublimi, se una verità non viene correlata con le altre. Dire ad esempio che Dio non si stanca mai di perdonare, è la verità più grande del nostro Dio. La sua pazienza è infinita. Urge però aggiungere che nessun uomo deve abusare della sua misericordia ed anche che si deve fare molta attenzione a non cadere nel peccato contro lo Spirito Santo, altrimenti non vi è perdono né in terra e né in cielo, né nel tempo e né nell’eternità.
Trascorso là un po’ di tempo, partì: percorreva di seguito la regione della Galazia e la Frìgia, confermando tutti i discepoli. Arrivò a Èfeso un Giudeo, di nome Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, esperto nelle Scritture. Questi era stato istruito nella via del Signore e, con animo ispirato, parlava e insegnava con accuratezza ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni. Egli cominciò a parlare con franchezza nella sinagoga. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio. Poiché egli desiderava passare in Acaia, i fratelli lo incoraggiarono e scrissero ai discepoli di fargli buona accoglienza. Giunto là, fu molto utile a quelli che, per opera della grazia, erano divenuti credenti. Confutava infatti vigorosamente i Giudei, dimostrando pubblicamente attraverso le Scritture che Gesù è il Cristo.
Ogni ministro e responsabile della Parola sempre deve aggiornare la fede dell’uomo che gli sta dinanzi. Sempre la deve purificare. Sempre aggiungere ad essa ciò che manca. Questo lavoro è ininterrotto. Richiede dottrina, scienza, sapienza, intelligenza di Spirito Santo. Soprattutto esige un amore grande tutto impegnato alla conoscenza di Cristo Gesù. Se il Gesù del ministro della Parola è non perfettamente vero, mai lui potrà farlo vero negli altri. Solo crescendo in Cristo si aiuta a crescere in Cristo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a conoscere Cristo.
8 MAGGIO – Ascensione del Signore – (At 1,1-11)
Una nube lo sottrasse ai loro occhi
Con l’Ascensione di Gesù termina la sua missione nella visibilità della carne. Non termina la sua presenza nella Chiesa, nei suoi discepoli. Lui e i suoi discepoli sono un solo corpo, una sola vita, una sola missione. Dove è il corpo è anche il capo e dov’è il capo vi è anche il corpo. Secondo la più pura visione di fede, con Cristo assiso alla destra del Padre, tutto il suo corpo è assiso nel cielo, ma anche tutto il suo corpo cammina per le vie del mondo, nella storia. Cristo Gesù cammina per le vie del mondo, nella storia, con il suo corpo che è la Chiesa. La sua è però presenza invisibile.
Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria (Col 3,1-4).
Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,16-20).
Quella di Gesù non è presenza passiva, ma attiva, operatrice di salvezza. È presenza che conferma la verità della Parola dei suoi missionari con miracoli, segni, prodigi.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano (Mc 16,20).
Per questo bisogna che ci dedichiamo con maggiore impegno alle cose che abbiamo ascoltato, per non andare fuori rotta. Se, infatti, la parola trasmessa per mezzo degli angeli si è dimostrata salda, e ogni trasgressione e disobbedienza ha ricevuto giusta punizione, come potremo noi scampare se avremo trascurato una salvezza così grande? Essa cominciò a essere annunciata dal Signore, e fu confermata a noi da coloro che l’avevano ascoltata, mentre Dio ne dava testimonianza con segni e prodigi e miracoli d’ogni genere e doni dello Spirito Santo, distribuiti secondo la sua volontà (Eb 2,1-4).
È Cristo, Capo e Pastore del suo corpo, che sempre governa la sua Chiesa e che sempre interviene anche visibilmente perché la Chiesa mai smarrisca la sua identità. È Lui che si manifesta e chiama missionari e profeti perché diano luce nuova al suo corpo. Da Saulo di Tarso ai nostri giorni quest’opera è ininterrotta.
Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo».
Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».
La Chiesa vive attendendo il ritorno di Gesù. Attende tutta impegnata a fare bello il corpo del suo Maestro e Signore, aggiungendo ogni giorno nuovi membri.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera Chiesa di Cristo.
9 MAGGIO (At 19,1-8)
Discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori
È ministero degli Apostoli e di ogni loro successore vigilare, porre ogni attenzione che il cammino della fede raggiunga la sua perfezione di grazia e di verità che sono in Cristo Gesù. Perché questa missione venga compiuta bene, senza imperfezione alcuna, è necessario che lo stesso Apostolo e ministro della Parola ogni giorno si trovi impegnato a crescere lui stesso nel mistero. San Paolo vede se stesso come un corridore che insegue Cristo. San Pietro vede se stesso come uno che sempre aggiunge virtù a virtù.
Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti. Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù (Fil 3,8-14).
La sua potenza divina ci ha donato tutto quello che è necessario per una vita vissuta santamente, grazie alla conoscenza di colui che ci ha chiamati con la sua potenza e gloria. Con questo egli ci ha donato i beni grandissimi e preziosi a noi promessi, affinché per loro mezzo diventiate partecipi della natura divina, sfuggendo alla corruzione, che è nel mondo a causa della concupiscenza. Per questo mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità. Questi doni, presenti in voi e fatti crescere, non vi lasceranno inoperosi e senza frutto per la conoscenza del Signore nostro Gesù Cristo. Chi invece non li possiede è cieco, incapace di vedere e di ricordare che è stato purificato dai suoi antichi peccati. Quindi, fratelli, cercate di rendere sempre più salda la vostra chiamata e la scelta che Dio ha fatto di voi. Se farete questo non cadrete mai. Così infatti vi sarà ampiamente aperto l’ingresso nel regno eterno del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. (2Pt 1,3-11).
Se il ministro della Parola non cresce in Cristo, nella comunione di verità e di grazia dello Spirito Santo, mai potrà aiutare un solo uomo a crescere nella conoscenza di Gesù Signore. Chi è povero di Cristo, seminerà povertà attorno a sé. Chi invece è ricco di Cristo, spargerà nei solchi dei cuori tutta la ricchezza della sua conoscenza. La sua Parola sarà di persuasione, illuminazione, chiarificazione, argomentazione, perché chi crede cresca e chi non crede si apra alla fede. Sempre lui dialogherà, ma non per trovare la verità di Cristo, ma per dare tutta la sua scienza di Cristo a quanti non la possiedono, sempre però con la forza della Parola e mai con convincimenti esterni.
Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le regioni dell’altopiano, scese a Èfeso. Qui trovò alcuni discepoli e disse loro: «Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?». Gli risposero: «Non abbiamo nemmeno sentito dire che esista uno Spirito Santo». Ed egli disse: «Quale battesimo avete ricevuto?». «Il battesimo di Giovanni», risposero. Disse allora Paolo: «Giovanni battezzò con un battesimo di conversione, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù». Udito questo, si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, discese su di loro lo Spirito Santo e si misero a parlare in lingue e a profetare. Erano in tutto circa dodici uomini. Entrato poi nella sinagoga, vi poté parlare liberamente per tre mesi, discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori di ciò che riguarda il regno di Dio.
Il ministro della Parola ascolta ogni obiezione che l’altro gli rivolge e con la sua sapienza ispirata, dalla pienezza di Cristo che è nel suo cuore, illumina la mente di chi gli sta dinanzi, perché, se vuole, possa aprirsi al mistero di Cristo Signore. Cristo è l’Assoluto vero. È l’assoluto indiscutibile, non negoziabile, non vendibile. Lui è l’assoluto umano e divino. Il dialogo serve per rendere credibile l’Assoluto che è Cristo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Cristo Gesù.
10 MAGGIO (At 20,17-27)
Io sono innocente del sangue di tutti
Il Signore ha messo sulle spalle dei suoi Apostoli la salvezza di ogni uomo, ogni nazione, ogni lingua, ogni popolo. Ognuno, pur essendo responsabile della salvezza del mondo, vive però il suo ministero in un tempo, in un luogo, in mezzo ad uomini particolari. Il principio che sempre dovrà animarlo è uno solo: chiunque è da lui incontrato deve vedere in lui Cristo, così come in Cristo si vedeva il Padre. Se l’apostolo non manifesta Cristo, non dice la Parola di Cristo, mostra un falso Cristo, dice una falsa Parola, è responsabile per tutti coloro che sono venuti a contatto con lui e si dannano per mancata omissione. Si manca nella missione per non raggiunta perfetta esemplarità con Cristo Signore e anche per ministero non svolto secondo i canoni divini necessari perché il dono della Parola sia sempre efficace e fruttuoso. Il profeta Ezechiele può aiutarci a comprendere tutta la nostra eterna responsabilità.
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, parla ai figli del tuo popolo e di’ loro: Se mando la spada contro un paese e il popolo di quel paese prende uno di loro e lo pone quale sentinella e questi, vedendo sopraggiungere la spada sul paese, suona il corno e dà l’allarme al popolo, se colui che sente chiaramente il suono del corno non ci bada e la spada giunge e lo sorprende, egli dovrà a se stesso la propria rovina. Aveva udito il suono del corno, ma non vi ha prestato attenzione: sarà responsabile della sua rovina; se vi avesse prestato attenzione, si sarebbe salvato. Se invece la sentinella vede giungere la spada e non suona il corno e il popolo non è avvertito e la spada giunge e porta via qualcuno, questi sarà portato via per la sua iniquità, ma della sua morte domanderò conto alla sentinella. O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato (Ez 33,1-9).
San Paolo è vero profeta del Dio vivente, vero suo messaggero, suo apostolo, suo ministro e amministratore dei misteri della sua grazia e verità. Se lui omette di manifestare Cristo, dire Cristo, insegnare Cristo, rivelare Cristo, donare Cristo, portare a Cristo, e per questa sua omissione uno si perde, di questo sangue lui è responsabile per l’eternità. Per omesso ministero l’altro si è dannato. Ha perso l’eternità beata. Quanto più sono responsabili coloro che predicano un falso Cristo e insegnano una falsa parola, attribuendola a Gesù Signore. Costoro sono responsabili di tutti i mali che la loro falsa predicazione e il loro falso Cristo annunziato genera in ogni cuore.
Da Mileto mandò a chiamare a Èfeso gli anziani della Chiesa. Quando essi giunsero presso di lui, disse loro: «Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto questo tempo, fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia: ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei; non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi, in pubblico e nelle case, testimoniando a Giudei e Greci la conversione a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù. Ed ecco, dunque, costretto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio. E ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno. Per questo attesto solennemente oggi, davanti a voi, che io sono innocente del sangue di tutti, perché non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio.
Ogni ministro della Parola, ogni missionario di Gesù, deve porre ogni impegno a formarsi una coscienza retta in ordine alla sua responsabilità riguardo a tutte le anime che si perdono perché lui non ha raggiunto la piena maturità in Cristo ed anche per non aver dato la Parola di Cristo in pienezza di verità e di Spirito Santo. Il mondo sempre si perde quando il ministro della Parola si dimentica di essa e della sua missione.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missionari di Gesù.
11 MAGGIO (At 20,28-38)
Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge
Nessun apostolo del Signore potrà mai vegliare sul gregge a lui affidato, se omette di vegliare su se stesso. Più lui cresce nella vigilanza su se stesso e più potrà aiutare gli altri, perché veglino e camminino spediti sulla via di Dio verso la Patria eterna. Gesù, prima di essere crocifisso, si confessò dinanzi al Padre suo, manifestandogli tutta la sua attenzione, premura, cura da lui rivolta ai suoi discepoli. Ma noi sappiamo chi è Gesù. Mai Lui per un solo istante ha omesso di vigilare su se stesso. Sempre Lui era in dialogo con il Padre al fine di conoscere la Parola da vivere e da dire e le modalità secondo le quali viverla e dirla. Cristo Signore è il Vigilante senza alcuna interruzione. In questo momento di passione Lui però non potrà vigilare sui suoi discepoli. Chiede al padre che sia Lui a custodirli, vigilando perché non si smarriscano, fino al suo ritorno.
Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. 1Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura.
Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità. Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato (Gv 17,6-21).
Anche in questo Gesù va imitato. Noi dobbiamo lasciare, abbandonare. Il Padre ci chiama per andare altrove. Lui però rimane, Cristo e lo Spirito Santo rimangono. A Loro si deve affidare il gregge, perché siano Essi a custodirlo nella verità, nell’amore, nella giustizia, nella pace. Nessun apostolo affiderà mai il gregge al Signore, se lui stesso non si è posto interamente nelle mani del Padre celeste, di Cristo e dello Spirito Santo, chiedendo a Loro una fedeltà anche a prova di martirio. Nessuno si illuda. Chi non custodisce se stesso nell’amore del Padre, nella grazia di Cristo, nella comunione dello Spirito Santo, mai potrà custodire altri. È lui stesso fuori del gregge.
Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato, tra le lacrime, di ammonire ciascuno di voi. E ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l’eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati. Non ho desiderato né argento né oro né il vestito di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: “Si è più beati nel dare che nel ricevere!”». Dopo aver detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò. Tutti scoppiarono in pianto e, gettandosi al collo di Paolo, lo baciavano, addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave.
Nulla è più necessario all’apostolo che custodire se stesso nella pienezza del Vangelo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, custoditeci in Cristo Gesù.
12 MAGGIO (At 22,30; 23,6-11)
È necessario che tu dia testimonianza anche a Roma
In Paolo si compie con chiara evidenza la Parola che Gesù disse ai suoi discepoli, quando li invitò a non preoccuparsi delle parole da dire nei tribunali e nei processi. Avrebbe parlato per loro lo Spirito Santo e lo Spirito sa sempre cosa dire in difesa dei testimoni del Vangelo. Solo Lui sa come parlare ai cuori e di quali parole servirsi.
Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi (Mt 10,16-20). Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire» (Lc 12,11-12).
Stefano intanto, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e segni tra il popolo. Allora alcuni della sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini e di quelli della Cilìcia e dell’Asia, si alzarono a discutere con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava. Allora istigarono alcuni perché dicessero: «Lo abbiamo udito pronunciare parole blasfeme contro Mosè e contro Dio». E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo condussero davanti al sinedrio. Presentarono quindi falsi testimoni, che dissero: «Costui non fa che parlare contro questo luogo santo e contro la Legge. Lo abbiamo infatti udito dichiarare che Gesù, questo Nazareno, distruggerà questo luogo e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato» (At 6,8-14).
Paolo oggi si salva dal sinedrio perché lo Spirito Santo gli suggerisce di mettere i sadducei e farisei gli uni contro gli altri. Senza questa sapienza dello Spirito del Signore, la sua condanna darebbe stata certa. Essi avevano intenzione di lapidare Paolo. Era facile trovare un’accusa. Essi erano la legge e la sua interpretazione. Ma il Signore ha un disegno ben preciso e Paolo dovrà realizzarlo in ogni suo più piccolo dettaglio. La sua ora non è ancora venuta e in modo soprannaturale lo salva, liberandolo dalle mani dei Giudei. Il Signore sa come custodire i suoi apostoli.
Il giorno seguente, volendo conoscere la realtà dei fatti, cioè il motivo per cui veniva accusato dai Giudei, gli fece togliere le catene e ordinò che si riunissero i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio; fece condurre giù Paolo e lo fece comparire davanti a loro. Paolo, sapendo che una parte era di sadducei e una parte di farisei, disse a gran voce nel sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti». Appena ebbe detto questo, scoppiò una disputa tra farisei e sadducei e l’assemblea si divise. I sadducei infatti affermano che non c’è risurrezione né angeli né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose. Ci fu allora un grande chiasso e alcuni scribi del partito dei farisei si alzarono in piedi e protestavano dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest’uomo. Forse uno spirito o un angelo gli ha parlato». La disputa si accese a tal punto che il comandante, temendo che Paolo venisse linciato da quelli, ordinò alla truppa di scendere, portarlo via e ricondurlo nella fortezza. La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma».
La missione di Paolo non deve finire in Gerusalemme e neanche in Palestina. Lui deve testimoniare Cristo Gesù anche a Roma. La cattura serve al Signore come via per mandare Paolo a Roma. Questo suo evento deve convincere ogni altro credente in Cristo Signore che le vie di Dio non sono mai le vie degli uomini. Le vie di Dio sono vie di sofferenza, croce, martirio incruento dello spirito, dell’anima e del corpo. Sono vie di un calvario che mai termina. Su queste vie si compie la vera testimonianza a Gesù Signore. Infatti nel carcere Paolo evangelizza tutti i grandi della terra che vengono a contatto con lui. Tutti sanno quanto grande, forte, potente sia la sua fede in Gesù. Lui è in carcere non perché malfattore, ma per la sua fede. Lui veramente ama Gesù.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede e di amore grandi.
13 MAGGIO (At 25,13b-21)
Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo
Sappiamo tutti che il cuore della fede di Paolo è Cristo Crocifisso e Risorto. Su questa fede Paolo ha impegnato tutta la sua vita. Conosciamo anche la sua forza, energia, quasi veemenza con la quale lui difende Cristo Risorto, ponendolo come vero cuore della fede. Il Crocifisso senza il Risorto non serve alla fede, anzi la rende vana, inutile.
Ora, se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dei morti? Se non vi è risurrezione dei morti, neanche Cristo è risorto! Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo mentre di fatto non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti.
Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però, quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti (1Cor 15,12-28).
Anche Festo sa che il cuore della fede di Paolo è Cristo Risorto e ne parla al re Agrippa e a Berenice, dicendo loro che non vi sono accuse valide contro di lui. È in carcere solo a motivo della sua fede. Non può essere però rimesso in libertà, perché si è appellato a Cesare e questo è diritto di ogni cittadino di Roma e va osservato. Non dice che Paolo è stato costretto ad appellarsi a Cesare, dal momento che lui era quasi propenso a farlo giudicare dal tribunale dei Giudei. Sarebbe stata una vera consegna alla morte. I Giudei non attendevano altro e per questo essi lavoravano.
Quando arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenice e vennero a salutare Festo. E poiché si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re le accuse contro Paolo, dicendo: «C’è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale, durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono i capi dei sacerdoti e gli anziani dei Giudei per chiederne la condanna. Risposi loro che i Romani non usano consegnare una persona, prima che l’accusato sia messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver modo di difendersi dall’accusa. Allora essi vennero qui e io, senza indugi, il giorno seguente sedetti in tribunale e ordinai che vi fosse condotto quell’uomo. Quelli che lo incolpavano gli si misero attorno, ma non portarono alcuna accusa di quei crimini che io immaginavo; avevano con lui alcune questioni relative alla loro religione e a un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo. Perplesso di fronte a simili controversie, chiesi se volesse andare a Gerusalemme e là essere giudicato di queste cose. Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio di Augusto, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare».
Paolo non si appella a Cesare per sfuggire alla morte che gli avrebbe procurato il tribunale dei Giudei, ma perché il Signore gli aveva rivelato che anche a Roma era necessaria una sua testimonianza. La fede di Paolo in Cristo Crocifisso e Risorto è necessaria anche a quella città. Quella di Paolo è una fede forte, vera, autentica, sempre rinnovata e illuminata con la luce che su di lui scendeva dallo Spirito Santo. Una fede così pura avrebbe dato ai cristiani di Roma nuovo slancio, vigore, li avrebbe rafforzati nella speranza. Questa verità ci convince sempre di più che la fede di uno serve alla fede degli altri. È la fede dei più forti la forza, la luce, la verità della fede dei più deboli. Noi pensiamo che la carità sia solo dell’amore. Essa è anche della fede.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede vera, viva, forte.
14 MAGGIO (At 1,15-17.20-26)
La sorte cadde su Mattia
Per accedere ai ministeri ordinati nella Chiesa vengono chiesti dei requisiti, necessari per poter vivere la missione che dallo Spirito Santo per le mani degli Apostoli viene posta sulle spalle di quanti vengono consacrati per quel particolare incarico.
In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani. (At 6,1-6).
Questa parola è degna di fede: se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro. Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia guidare bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi e rispettosi, perché, se uno non sa guidare la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un convertito da poco tempo, perché, accecato dall’orgoglio, non cada nella stessa condanna del diavolo. È necessario che egli goda buona stima presso quelli che sono fuori della comunità, per non cadere in discredito e nelle insidie del demonio.
Allo stesso modo i diaconi siano persone degne e sincere nel parlare, moderati nell’uso del vino e non avidi di guadagni disonesti, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. Allo stesso modo le donne siano persone degne, non maldicenti, sobrie, fedeli in tutto. I diaconi siano mariti di una sola donna e capaci di guidare bene i figli e le proprie famiglie. Coloro infatti che avranno esercitato bene il loro ministero, si acquisteranno un grado degno di onore e un grande coraggio nella fede in Cristo Gesù (1Tm 3,1-13).
I requisiti li chiede la Chiesa. Pietro ci insegna che la scelta deve essere lasciata a Dio. Ai suoi tempi Dio sceglieva tirando a sorte, dopo aver pregato. Ogni tempo avrà metodi e forme nuove. La verità che va sempre rispettata vuole che sia Dio a scegliere e non noi. Se scegliamo noi, non sceglie Dio. Se facciamo prevalere i nostri gusti, le nostre amicizie, le nostre conoscenze, i nostri progetti di Chiesa, certo non è Dio che sceglie. L’onestà vuole che nessuno mai debba dire: “Sei stato scelto dall’uomo, non da Dio”.
In quei giorni Pietro si alzò in mezzo ai fratelli – il numero delle persone radunate era di circa centoventi – e disse: «Fratelli, era necessario che si compisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, diventato la guida di quelli che arrestarono Gesù. Egli infatti era stato del nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero. Sta scritto infatti nel libro dei Salmi: La sua dimora diventi deserta e nessuno vi abiti, e il suo incarico lo prenda un altro. Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone, insieme a noi, della sua risurrezione». Ne proposero due: Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia. Poi pregarono dicendo: «Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostra quale di questi due tu hai scelto per prendere il posto in questo ministero e apostolato, che Giuda ha abbandonato per andarsene al posto che gli spettava». Tirarono a sorte fra loro e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli undici apostoli.
Ieri il ministero si comprava e si vendeva materialmente. Sempre però si può comprare e vendere spiritualmente. Ogni persona responsabile nella scelta dei ministri di Cristo, specie dei successori degli Apostoli e del successore di Pietro, mai deve scendere a compromesso con qualcuno. Sempre deve lasciare che sia Dio a scegliere. La scelta di Dio deve essere evidente, perché nessuno possa pensare che sia un fatto umano.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci saggi servi del Signore.
15 MAGGIO – Domenica di Pentecoste – (At 2,1-11)
Si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro
Lo Spirito Santo è uno. Il corpo di Cristo è uno. Lo Spirito si divide in un numero di fiammelle tante quanti sono i membri dell’unico corpo. Spetta alle fiammelle riunificare lo Spirito, mettendosi in comunione le une con le altre. Se questa comunione non si crea, lo Spirito Santo non può operare e il corpo di Cristo non vive o vive male. Paolo annunzia questa verità sia nella Lettera Prima ai Corinzi che in quella agli Efesini.
Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole. Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? Desiderate invece intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime (Cfr. 1Cor 12,1-31).
Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. 7A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. 1Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo Cfr. Ef 4,1-13).
La Chiesa deve unire tutte le fiammelle dei Vescovi, quelle dei presbiteri, quelle dei religiosi, dei consacrati laici, di tutti i fedeli laici. Deve creare comunione non solo in modo orizzontale: vescovi con vescovi, presbiteri con presbiteri, religiosi con religiosi, laici con laici, ma anche in modo sia ascendente, laici con presbiteri, presbiteri con vescovi, vescovi con il Papa, che discendente Papa con i vescovi, vescovi con i presbiteri, i presbiteri con i laici. Non si tratta però di comunione fittizia, ma reale. La luce dei laici è necessaria al presbitero, la luce del presbitero è necessaria al vescovo, la luce del vescovo è necessaria al Papa per entrare nella pienezza della luce dello Spirito Santo. Senza questo principio di fede, ognuno camminerà con la sua fiammella. Essa è però incapace di mostrare, rivelare tutta la potenza della luce dello Spirito.
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».
Solo nell’unità e nella comunione delle luci dello Spirito Santo, il corpo parla di Cristo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, date unità alle nostre luci.
16 MAGGIO (Gc 3,13-18)
Le sue opere sono ispirate a mitezza e sapienza
Gesù ammaestra i suoi discepoli, rivelando loro che è il frutto che rivela la natura dell’albero. Ogni albero produce secondo la sua natura. Se è cattivo non può dare frutti buoni, se è buono non può dare frutti cattivi. Le opere rivelano la natura dell’uomo.
Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete (Mt 7,15-20).
San Paolo distingue l’uomo “animale”, naturale, l’uomo secondo la carne e l’uomo spirituale, secondo lo Spirito Santo. Carne e Spirito Santo non producono gli stessi frutti. Ognuno, osservando i suoi frutti, sa anche qual è la sua natura.
Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito. Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri (Gal 5,16-26).
San Giacomo insegna ai cristiani che saggezza e intelligenza secondo Dio si manifestano nelle opere, mai nelle parole. Ogni opera del cristiano deve essere ispirata a mitezza e saggezza. Con la mitezza si sopporta ogni avversità, contrarietà, sofferenza, dolore, croce. Con la saggezza si vede ogni evento della vita come vera via da vivere però nella più pura obbedienza a Dio secondo la Parola di Gesù Signore. Il saggio vede tutto dalla volontà di Dio e tutto vive secondo la volontà di Dio. Chi produce frutti di mitezza, pace, misericordia, compassione, perdono, umiltà, arrendevolezza, sottomissione, obbedienza, di certo è albero buono, è un buon albero di Cristo Gesù, un vero tralcio della sua vite. Lo attestano le sue opere.
Se invece i frutti sono di gelosia amara e spirito di contesa, allora l’albero non è buono. Esso è cattivo. La gelosia non vede Dio nell’altro, negli altri. Neanche vede Dio nella propria persona. Essa oscura la mente, rende il cuore di pietra. Non vede che ogni dono di Dio è dato per l’utilità comune, per arricchire il corpo di Cristo, per renderlo idoneo a compiere il suo ministero di salvezza e di redenzione. Non riesce ad amare Dio negli altri, rendendo così non solo vana la propria vita, quanto la copre di gravi peccati, sia di odio e di malignità, sia di omissione nel fare il più grande bene possibile.
Chi tra voi è saggio e intelligente? Con la buona condotta mostri che le sue opere sono ispirate a mitezza e sapienza. Ma se avete nel vostro cuore gelosia amara e spirito di contesa, non vantatevi e non dite menzogne contro la verità. Non è questa la sapienza che viene dall’alto: è terrestre, materiale, diabolica; perché dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia.
I frutti della vera sapienza, secondo l’insegnamento dell’apostolo Giacomo, sono purezza di cuore e di mente, pace e arrendevolezza, misericordia e compassione. La vera sapienza è anche imparziale e sincera. Vede tutto dal cuore di Dio e dice ogni cosa dal cuore di Cristo Gesù. Il vero cristiano è l’albero che ogni giorno produce un solo frutto: Cristo Signore, da dare al mondo perché ognuno lo gusti e se ne innamori.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci a fruttificare Cristo.
17 MAGGIO (Gc 4,1-10)
Non sapete che l’amore per il mondo è nemico di Dio?
Giacomo, nello Spirito Santo, è vero interprete della Parola di Gesù. È un suo autorevole ermeneuta. Lui, pieno di sapienza e di saggezza, ricco di prudenza e di temperanza, parla dalla purezza del suo cuore, nel quale abita il Signore con la potenza della sua luce. Il pensiero di Cristo, che è pensiero di Dio, nello Spirito del Signore, sui beni di questo mondo lo conosciamo. Essi sono un mezzo attraverso il quale si manifesta la verità del cuore nuovo. Se il cuore di Cristo vive in noi, noi facciamo dei beni della terra solo uno strumento per amare. Se invece il cuore di Cristo non è in noi, di essi facciamo solo un accumulo inutile, nel quale anneghiamo noi stessi. I beni rivelano la verità o la falsità del nostro cuore.
Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra! Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza (Mt 6,19-24).
Quando il nostro cuore non è il cuore di Cristo, allora esso è la fonte, la sorgente di ogni male. Non vi è male che non venga da esso. È il cuore cattivo che dona valore a ciò che valore non ha in sé. Mentre il cuore di Cristo dona ogni valore ai beni della terra, trasformandoli attraverso l’elemosina in eternità beata. Questa scienza la possiedono solo coloro che sono pieni di Spirito Santo. Ma nessuno è pieno di Spirito del Signore se il cuore di Gesù non vive in lui. Cuore di Cristo e Spirito Santo sono una cosa sola, inseparabili in eterno. Senza il cuore di Cristo sempre si è senza lo Spirito.
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti. E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo» (Mc 7,14-23).
È il cuore dell’uomo il creatore di ogni ingiustizia e disordine spirituale, ecclesiale. Morale, sociale. Se non si cambia il cuore, la passione sempre divorerà l’uomo.
Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni. Gente infedele! Non sapete che l’amore per il mondo è nemico di Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio. O forse pensate che invano la Scrittura dichiari: «Fino alla gelosia ci ama lo Spirito, che egli ha fatto abitare in noi»? Anzi, ci concede la grazia più grande; per questo dice: Dio resiste ai superbi, agli umili invece dà la sua grazia. Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al diavolo, ed egli fuggirà lontano da voi. Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi. Peccatori, purificate le vostre mani; uomini dall’animo indeciso, santificate i vostri cuori. Riconoscete la vostra miseria, fate lutto e piangete; le vostre risa si cambino in lutto e la vostra allegria in tristezza. Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà.
È il cuore la grande miseria dell’uomo. Ma il cuore solo lo Spirito Santo lo potrà cambiare. È allo Spirito che sempre si deve chiedere che ci doni il cuore di Cristo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci ricchi di Gesù Signore.
18 MAGGIO (Gc 4,13-17)
Come vapore che appare per un istante e poi scompare
Giacomo chiede ad ogni discepolo di Gesù che inizi a vedere la sua vita così come essa realmente è nel suo valore temporale: un attimo, un niente, un soffio. Essa è un respiro che può finire in qualsiasi momento, senza alcun preavviso. Se la vita è così breve, perché allora non viverla donando ad essa un respiro di eternità, facendo ogni cosa in vista della conquista della più grande gloria nel cielo? Perché affogarla nelle misere cose del tempo, che poi la immergeranno nella perdizione eterna. Pensata come via per l’eternità, dolore, sofferenza, privazione, croce, di qualsiasi natura, diviene la più grande ricchezza. Con gli attimi del tempo generiamo gli attimi eterni. Con una visione soprannaturale, tutta la nostra breve esistenza terrena, diviene via per crescere nella fede, nella speranza, nella carità, nella mitezza e nella consegna a Dio. Questo modo di vivere la vita i giusti di Israele lo intravedevano. Mancava loro ancora Cristo Crocifisso dinanzi ai loro occhi. È Cristo Crocifisso infatti la perfezione di tutto.
Signore, ascolta la mia preghiera, a te giunga il mio grido di aiuto. Non nascondermi il tuo volto nel giorno in cui sono nell’angoscia. Tendi verso di me l’orecchio, quando t’invoco, presto, rispondimi! Svaniscono in fumo i miei giorni e come brace ardono le mie ossa. Falciato come erba, inaridisce il mio cuore; dimentico di mangiare il mio pane. A forza di gridare il mio lamento mi si attacca la pelle alle ossa. Sono come la civetta del deserto, sono come il gufo delle rovine. Resto a vegliare: sono come un passero solitario sopra il tetto. Tutto il giorno mi insultano i miei nemici, furenti imprecano contro di me. Cenere mangio come fosse pane, alla mia bevanda mescolo il pianto; per il tuo sdegno e la tua collera mi hai sollevato e scagliato lontano. I miei giorni declinano come ombra e io come erba inaridisco. Ma tu, Signore, rimani in eterno, il tuo ricordo di generazione in generazione. Ti alzerai e avrai compassione di Sion: è tempo di averne pietà, l’ora è venuta! Poiché ai tuoi servi sono care le sue pietre e li muove a pietà la sua polvere. Le genti temeranno il nome del Signore e tutti i re della terra la tua gloria, quando il Signore avrà ricostruito Sion e sarà apparso in tutto il suo splendore.
Egli si volge alla preghiera dei derelitti, non disprezza la loro preghiera. Questo si scriva per la generazione futura e un popolo, da lui creato, darà lode al Signore: «Il Signore si è affacciato dall’alto del suo santuario, dal cielo ha guardato la terra, per ascoltare il sospiro del prigioniero, per liberare i condannati a morte, perché si proclami in Sion il nome del Signore e la sua lode in Gerusalemme, quando si raduneranno insieme i popoli e i regni per servire il Signore». Lungo il cammino mi ha tolto le forze, ha abbreviato i miei giorni. Io dico: mio Dio, non rapirmi a metà dei miei giorni; i tuoi anni durano di generazione in generazione. In principio tu hai fondato la terra, i cieli sono opera delle tue mani. Essi periranno, tu rimani; si logorano tutti come un vestito, come un abito tu li muterai ed essi svaniranno. Ma tu sei sempre lo stesso e i tuoi anni non hanno fine. I figli dei tuoi servi avranno una dimora, la loro stirpe vivrà sicura alla tua presenza (Sal 102 (101) 1-29).
Chi vive all’ombra di un solo attimo, mai potrà impegnare il suo futuro. Signore del futuro è solo Dio. A lui si deve chiedere che aggiunga altri attimi alla nostra vita, ma solo con un unico fine: per portare a compimento la missione che Lui ci ha affidato e cioè la santificazione della nostra anima. Santificando la nostra amina, si compie anche l’altra missione: quella di portare ogni anima a Cristo, come a suo soprannaturale principio e fondamento di vera vita. Giacomo ci vuole cristiani di profonda visione di fede. La perfetta fede si trasformerà in carità perfetta e questa a sua volta in vera speranza. Senza la fede, tutto diviene vano, anche la misericordia e la carità.
E ora a voi, che dite: «Oggi o domani andremo nella tal città e vi passeremo un anno e faremo affari e guadagni», mentre non sapete quale sarà domani la vostra vita! Siete come vapore che appare per un istante e poi scompare. Dovreste dire invece: «Se il Signore vorrà, vivremo e faremo questo o quello». Ora invece vi vantate nella vostra arroganza; ogni vanto di questo genere è iniquo. Chi dunque sa fare il bene e non lo fa, commette peccato.
La fede obbliga a impostare su di essa tutta la nostra vita. Ma la fede va mostrata prima che annunciata. A nulla serve annunciare la fede se essa poi non viene confortata dalla visione di persone che vivono di essa e per essa. Tutto è dalla fede.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di fede perfetta, pura.
19 MAGGIO (Gc 5,1-6)
Vi siete ingrassati per il giorno della strage
Non vi è pagina più alta in tutta la Scrittura per illuminare il severo monito di San Giacomo ai ricchi di questo mondo, della parabola del ricco cattivo. Quest’uomo ha lavorato per il giorno della strage. Ha ammassato tanto di quel materiale da essere trasformato da Dio in fuoco eterno, da essere da esso consumato per l’eternità. Ma forse vi è qualcuno che crede nella verità di questa parabola? Alcuni non l’hanno svuotata del suo significato, asserendo che la misericordia di Dio non è compatibile con un danno eterno per l’uomo. Non sono molti coloro che dicono che se vi è pena dopo morte, essa è solo temporale, provvisoria? Gesù però dice cose differenti.
C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”» (Lc 16,19-31).
San Paolo, conoscendo dove conduce la ricchezza, chiede a Timoteo che insegni ai ricchi a farsi con i loro beni un capitale nei cieli. Altrimenti la loro ricchezza si trasformerà in fuoco eterno. Non vi sono alternative: o con la ricchezza accendiamo il fuoco dell’eterno amore di Dio nel nostro e nel cuore dei poveri e dei miseri, o accendiamo quello della perdizione eterna per noi. Ognuno scelga ciò che desidera. Dio ha posto l’eternità nelle nostre mani. Possiamo con esse afferrare il paradiso, oppure scivolare verso l’inferno. Il Vangelo va accolto nella fede. La fede è da accordare solo alla Parola di Gesù. Nessuna parola di uomo è degna di fede.
A quelli che sono ricchi in questo mondo ordina di non essere orgogliosi, di non porre la speranza nell’instabilità delle ricchezze, ma in Dio, che tutto ci dà con abbondanza perché possiamo goderne. Facciano del bene, si arricchiscano di opere buone, siano pronti a dare e a condividere: così si metteranno da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera (1Tm 6,17-19).
La stoltezza più grande è affermare che siamo persone di fede senza però vivere di Vangelo, per il Vangelo, nel Vangelo. Fede e vita evangelica sono la stessa cosa. La fede vuole che la nostra vita sia solo consumata per amare Dio e i fratelli.
E ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore onnipotente. Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza.
Dio e i fratelli si amano non solo con le nostre cose, ma con il dono dell’intera nostra vita. Cristo Gesù ci amò versando il suo sangue per noi, facendosi olocausto di amore sulla croce. Chi ama non accaparra i beni e soprattutto mai spoglierà gli altri.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di vero amore.
20 MAGGIO (Gc 5,9-12)
Per non incorrere nella condanna
Che siamo di Cristo Gesù, non lo attesta la professione del nostro amore per il Padre celeste. Lo rivela invece la relazione che viviamo con il nostro prossimo. San Paolo dona sempre il comportamento morale come genuino frutto della vera fede. Se la fede è carente, assente, parziale, incompleta, lacunosa, altrettanto carente, assente, parziale, incompleta, lacunosa sarà la vita morale che il discepolo di Gesù conduce.
Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria; a motivo di queste cose l’ira di Dio viene su coloro che gli disobbediscono. Anche voi un tempo eravate così, quando vivevate in questi vizi. Ora invece gettate via anche voi tutte queste cose: ira, animosità, cattiveria, insulti e discorsi osceni, che escono dalla vostra bocca. Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato. Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.
Scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie! La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre (Col 3,5-17).
Per Giacomo lamentarsi dei fratelli è non conoscere Cristo Gesù. Se Lui non si lamentò sulla croce di nessuno dei suoi carnefici, accusatori, tentatori, di quanti lo insultavano e lo deridevano, se Lui visse la croce con sublime pazienza, mitezza, carità, amore, facendo di essa lo strumento della nostra redenzione, possiamo noi sciupare questi momenti di purissima grazia che il Signore giorno per giorno prepara non solo per la nostra santificazione, ma anche per la redenzione dei nostri fratelli?
È da stolti, insipienti, sciupare, perdere la grazia che Dio concede per noi e per il mondo intero. Se Cristo Signore avesse sciupato la sua croce con un solo pensiero di lamento o un desiderio di vendetta rivolto al Padre contro gli uomini, noi saremmo stati privati di ogni salvezza. Cristiano è colui che sa trasformare la sofferenza in grazia di redenzione, salvezza, santificazione per sé e per il mondo intero. Ogni giorno il Signore ricolma i nostri minuti di una grazia così potente e noi puntualmente la vanifichiamo perché giudichiamo, condanniamo, ci lamentiamo, chiediamo vendetta, vogliamo giustizia, abbiamo sempre da ridire contro tutto e contro tutti. Manchiamo di mitezza, siamo privi di ogni umiltà, la carenza nella fede è grande.
Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore. Ecco, noi chiamiamo beati quelli che sono stati pazienti. Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è ricco di misericordia e di compassione. Soprattutto, fratelli miei, non giurate né per il cielo, né per la terra e non fate alcun altro giuramento. Ma il vostro «sì» sia sì, e il vostro «no» no, per non incorrere nella condanna.
Urge convincersi. Chi crede nel Crocifisso, chi lo adora, chi lo contempla secondo verità, non può vivere diversamente di come Lui è vissuto. Il cristiano è il corpo di Cristo, è corpo di Cristo Crocifisso già in Lui, ognuno deve ora completare la propria personale crocifissione attraverso la quotidiana sofferenza. Quando ci ribelliamo contro la sofferenza, lamentandoci dei fratelli, noi rinneghiamo la nostra fede, ci separiamo dal Crocifisso, ci distacchiamo dal suo corpo, dalla sua croce. Siamo due vite e non più una vita sola. Ogni distacco da Cristo Crocifisso è una morte inferta alla nostra fede.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una sola croce con Cristo.
21 MAGGIO (Gc 5,13-20)
Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto
La preghiera al Signore va fatta dal di dentro dell’Alleanza, mai dal di fuori. Chi è fuori dell’alleanza prima deve chiedere la grazia della conversione, rientrare nella Legge del Signore, dall’obbedienza alla Legge potrà chiedere qualsiasi cosa. In tal senso povero, giusto, fedele, obbediente sono la stessa cosa. La verità della preghiera si fonda su un secondo principio che è giusto che venga sempre ricordato. Chi vuole ottenere ogni misericordia dal Signore, deve essere a sua volta misericordioso. Lui ascolterà il misero che bussa al suo cuore e il Signore ascolterà lui quando busserà al suo trono di grazia. Se questi due principi vengono disattesi, la preghiera è vana. Dio non l’ascolta. Questi due principi sono già annunziati dalla Sapienza di Israele.
Figlio, hai peccato? Non farlo più e chiedi perdono per le tue colpe passate. Come davanti a un serpente, fuggi il peccato: se ti avvicini, ti morderà. Denti di leone sono i suoi denti, capaci di distruggere vite umane. Ogni trasgressione è spada a doppio taglio, non c’è guarigione alle sue ferite. Spavento e violenza disperdono la ricchezza, così la casa del superbo sarà devastata. La preghiera del povero sale agli orecchi di Dio e il giudizio di lui sarà a suo favore (Sir 21,1-5).
Non corromperlo con doni, perché non li accetterà, e non confidare in un sacrificio ingiusto, perché il Signore è giudice e per lui non c’è preferenza di persone. Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell’oppresso. Non trascura la supplica dell’orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento. Le lacrime della vedova non scendono forse sulle sue guance e il suo grido non si alza contro chi gliele fa versare? Chi la soccorre è accolto con benevolenza, la sua preghiera arriva fino alle nubi. La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità. Il Signore certo non tarderà né si mostrerà paziente verso di loro, finché non abbia spezzato le reni agli spietati e si sia vendicato delle nazioni, finché non abbia estirpato la moltitudine dei violenti e frantumato lo scettro degli ingiusti, finché non abbia reso a ciascuno secondo il suo modo di agire e giudicato le opere degli uomini secondo le loro intenzioni, finché non abbia fatto giustizia al suo popolo e lo abbia allietato con la sua misericordia. Splendida è la misericordia nel momento della tribolazione, come le nubi apportatrici di pioggia nel tempo della siccità (Sir 35,14-26).
San Giacomo dice che è molto potente la preghiera fervorosa del giusto. Quando il giusto prega per amore – ed è giusto chi osserva la Legge del Signore anche in ordine alla misericordia, alla carità, all’elemosina, al soccorso dei miseri e dei derelitti – sempre la sua preghiera sarà ascoltata. Il Signore sempre esaudirà le sue richieste. Lui è misericordioso con i figli di Dio. Dio sarà misericordioso con lui. Ma se lui è spietato di cuore e di sentimenti non si accosti al Signore, mai sarà esaudito, ascoltato.
E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo solleverà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati. Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto. Elia era un uomo come noi: pregò intensamente che non piovesse, e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto. Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce, costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore lo salverà dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati.
Opera grande di misericordia e di pietà per l’apostolo Giacomo è condurre chi ha smarrito la via della verità, cioè della fede in Cristo Signore, nel Vangelo, nella fede. La ricompensa del Signore è grande. Chi fa questo salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati. Dare la vita eterna, riportare a Cristo, al Vangelo, alla Chiesa, quanti prima erano di Cristo, del Vangelo, della Chiesa, è opera altissima di misericordia. Chi fa questo è benedetto dal Signore con il dono della vita eterna. Inoltre, poiché il Signore gli perdona tutti i peccati, dalla sua giustizia potrà pregare e chiedere ogni cosa per se stesso e per gli altri. Nulla vale agli occhi del Signore quanto il riportare a Cristo ogni pecora smarrita che ha abbandonato il suo Pastore eterno.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci giusti e misericordiosi.
22 MAGGIO – Santissima Trinità – (Pr 8,22-31)
Giocavo davanti a lui in ogni istante
La profezia si interpreta con la profezia. Quanto prima si vedeva come in uno specchio, quasi in modo confuso è necessario che venga letto con la luce piena. Qual è questa luce piena che permette che tutto l’Antico e il Nuovo Testamento sia letto, interpretato, compreso nella sua verità eterna, divina, umana, trascendente, storica, che abbraccia il passato, il presente e anche il futuro? Questa luce piena e purissima è il Prologo del Vangelo secondo Giovanni. Questa sua profezia è luce di ogni profezia, ogni profeta, ogni Salmo, ogni prescrizione antica, ogni libro della Scrittura. Senza di essa, tutta la Parola del Signore sarebbe esposta ad ogni interpretazione ma senza alcuna verità.
In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato (Gv 1,1-18).
La profezia di Giovanni ci rivela che la Sapienza di Dio, il suo Verbo eterno, è dall’inizio, ma per generazione. La Sapienza non fu fatta, ma generata. Il Signore, che ha fatto tutto ciò che esiste, per mezzo della sua Sapienza, ha ricolmato ogni cosa creata di Sapienza, e in tal senso può essere detta creata. Il Verbo come Persona Divina Eterna è fuori della creazione, prima di essa. Crea in ogni sua opera un raggio della sua sapienza. Tutto è stato fatto per mezzo della Sapienza generata, tutto è stato ricolmato di sapienza creata. Tutto esiste intessuto di sapienza. Non vi è un solo atomo di materia, non vi è una sola molecola dell’uomo, non vi è un riflesso di luce angelica che non porti impresso dentro di sé la sapienza che dona finalità vera ad ogni cosa. Tutte le cose create sono messe insieme le une alle altre dalla sapienza, ma anche sono le une per le altre per la sapienza. Senza sapienza, sono le une contro le altre.
Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo.
Se l’uomo esce dalla sapienza, poiché è lui al vertice della creazione visibile, usando senza sapienza se stesso, usa senza sapienza tutta la creazione e da datrice di vita diviene operatrice di morte. L’uomo ha perso la sapienza. Può ritrovarla solo ritornando in Cristo, nella Sapienza Eterna. Per la sua sapienza è stato fatto, della sua sapienza era stato colmato, nella Sapienza ora incarnata dovrà sempre attingerla.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Cristo Signore.
23 MAGGIO (1Pt 1,3-9)
Mentre raggiungete la mèta della vostra fede
Quello del cristiano è in viaggio, che nella potente luce della fede, operando la verità nella carità e la carità nella verità, va dalla terra al Cielo. La fede ha una meta da raggiungere ed essa è la beatitudine eterna nel Paradiso. Se si perde di vista la meta, la fede a nulla serve. È come un albero che non produce alcun frutto. O la fede produce vita eterna o essa è sterile. Se è sterile, credere o non credere rimane senza significato per noi. Tutte le mete umane, senza la meta divina, non solo sono inutili, si trasformano in mete peccaminose, perché in esse l’uomo consuma stoltamente e spesso anche con grande ingiustizia tutta la sua vita. La Parola di Gesù è chiara.
Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni. In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno» (Mt 16,21-28).
Pietro non vuole che il discepolo di Gesù si distragga, si lasci attrarre dalle cose di questo mondo, oppure si scoraggi a causa delle persecuzioni subite per il Vangelo. La sofferenza è il vero crogiolo della fede e la prova che il nostro amore per Gesù è la nostra stessa vita. Se per Cristo Signore il suo amore è stato sino alla fine ed è per esso che noi siamo stati salvati, redenti, giustificati, ricondotti a Dio, possiamo essere noi da meno nell’amore? Può una persecuzione farci retrocedere dalla nostra fede in Lui? Possiamo noi abbandonare il cammino intrapreso? Sarebbe per noi la morte eterna. Allora a che giova dare alla vita fini dannosi per l’eternità, quando è sufficiente pensare alla meta della nostra speranza per essere forti nell’amore e perseveranti fino alla morte in esso? Solo chi si lascia conquistare dalla stoltezza potrà abbandonare la fede. Se questo avviene, è segno che siamo caduti dall’amore per Cristo Signore.
Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo.
Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco – torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.
Tutto è dall’amore per Gesù Signore allo stesso modo che in Gesù tutto è stato dal suo amore per il Padre. Come l’amore in Cristo non è sentimento, ma purissima obbedienza al Padre, così anche nel cristiano l’amore dovrà essere purissima obbedienza a Cristo Signore. Ama chi obbedisce, chi ascolta. Chi non ascolta non ama. Vivere una carità senza obbedienza è vivere di carità malata, viziata, perché è una carità con la quale non si raggiunge il fine posto da Gesù in essa. Oggi infatti tutto è detto “Amore”, anche la trasgressione dei Comandamenti, persino le nefandezze e ogni immoralità. Tutte queste cose sono mete di peccato che escludono dal Regno.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, guidateci verso il Regno eterno.
24 MAGGIO (1Pt 1,10-16)
Hanno portato il Vangelo mediante lo Spirito Santo
Oggi si parla tanto di evangelizzazione, formazione, catechesi, aggiornamento. Si vuole di ogni forma e modalità per l’annunzio della Parola una ristrutturazione globale, plenaria. Si dice che le forme antiche non reggono, sono necessarie le nuove. Allora si chiama psicologi, psichiatri, sociologi, professori di catechesi, pastorale, teologi, moralisti, filosofi, opinionisti, ogni esperto nella comunicazione di massa per trovare la via migliore da adottare. Si pensa che in un cuore si possa penetrare come vi si penetra con la pubblicità o altri strumenti usati dall’uomo per imporre la sua merce,
Se il dono della Parola e ogni altra modalità per annunziare, insegnare, approfondire il Vangelo, la sana dottrina fosse opera della carne per la carne, tutte queste modalità inventate dagli uomini potrebbero anche andare bene, ricordandosi però che per il mondo la novità di ieri è già vecchia oggi e che le forme di questa mattina non vanno più per questa sera. Anche per le forme della carne verso la carne vi sarebbe urgenza di un continuo cambiamento, di una ininterrotta rimodulazione di quanto precedentemente stabilito, deciso, ordinato. Tutto invece cambia in ordine alla Parola.
La Parola è di Dio e solo Dio la può dire secondo verità e modalità che servono per convincere un cuore. Dio parla con il diluvio universale al tempo di Noè, con la dispersione dei popoli al tempo della Torre di Babele, con la distruzione delle città di Sodoma e Gomorra al tempo di Abramo, con dieci piaghe e con l’apertura del Mar Rosso al tempo del Faraone, con il pane che discendeva dal cielo e l’acqua che sgorgava dalla rupe al tempo del deserto, con la distruzione del suo tempio al tempo del profeta Geremia. Parla in mille altri modi. Con Cristo ha parlato con la sua Croce. Il Libro di Giobbe ci rivela che il Signore parla molte volte, in diversi modi, solo però che l’uomo non vi pone alcuna attenzione. È come se Dio non parlasse.
Dio può parlare in un modo o in un altro, ma non vi si presta attenzione. Nel sogno, nella visione notturna, quando cade il torpore sugli uomini, nel sonno sul giaciglio, allora apre l’orecchio degli uomini e per la loro correzione li spaventa, per distogliere l’uomo dal suo operato e tenerlo lontano dall’orgoglio, per preservare la sua anima dalla fossa e la sua vita dal canale infernale. Talvolta egli lo corregge con dolori nel suo letto e con la tortura continua delle ossa. Il pane gli provoca nausea, gli ripugnano anche i cibi più squisiti, dimagrisce a vista d’occhio e le ossa, che prima non si vedevano, spuntano fuori, la sua anima si avvicina alla fossa e la sua vita a coloro che infliggono la morte. Ma se vi è un angelo sopra di lui, un mediatore solo fra mille, che mostri all’uomo il suo dovere, che abbia pietà di lui e implori: “Scampalo dallo scendere nella fossa, io gli ho trovato un riscatto”, allora la sua carne sarà più florida che in gioventù, ed egli tornerà ai giorni della sua adolescenza (Gb 33,14-25).
San Pietro ci rivela la sola modalità eterna, che è sempre nuova, sempre di oggi, sempre di domani, mai passa e mai tramonta, è valida per ogni uomo, ogni ministro della Parola, ogni maestro e dottore. Il Vangelo si porta mediante lo Spirito Santo.
Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti, che preannunciavano la grazia a voi destinata; essi cercavano di sapere quale momento o quali circostanze indicasse lo Spirito di Cristo che era in loro, quando prediceva le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che le avrebbero seguite. A loro fu rivelato che, non per se stessi, ma per voi erano servitori di quelle cose che ora vi sono annunciate per mezzo di coloro che vi hanno portato il Vangelo mediante lo Spirito Santo, mandato dal cielo: cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo. Perciò, cingendo i fianchi della vostra mente e restando sobri, ponete tutta la vostra speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si manifesterà. Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri di un tempo, quando eravate nell’ignoranza, ma, come il Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta. Poiché sta scritto: Sarete santi, perché io sono santo.
Lo Spirito Santo è di Cristo Gesù e sgorga sempre e solo dal suo cuore. Chi vuole portare il Vangelo deve vivere con il cuore di Cristo. È la sola regola divina.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Gesù.
25 MAGGIO (1Pt 1,18-25)
Agnello senza difetti e senza macchia
Dicendo San Pietro che noi siamo stati liberati dalla nostra vuota condotta, ereditata dai padri, con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia, ci annunzia che Gesù è la vera “pecora muta” di cui parla il profeta Isaia. Gesù è anche l’Agnello della Pasqua che dona salvezza con il suo sangue reale e la sua carne reale. Infatti la carne di Cristo vero Agnello si mangia come pane del viaggio che deve portarci dalla terra al Paradiso e il sangue di bene perché scorra in noi la sua stessa vita. Un solo sangue, una sola vita. Una sola carne, un solo viaggio verso la vita eterna. Non solo siamo liberati, da Lui siamo anche nutriti e dissetati.
Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Non lo mangerete crudo, né bollito nell’acqua, ma solo arrostito al fuoco, con la testa, le zampe e le viscere. Non ne dovete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato, lo brucerete nel fuoco. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! In quella notte io passerò per la terra d’Egitto e colpirò ogni primogenito nella terra d’Egitto, uomo o animale; così farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle case dove vi troverete servirà da segno in vostro favore: io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto (Es 12,5-13).
Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte (Is 53,3-8).
Se non entriamo nella verità di Cristo, se Lui non diviene la nostra verità, la nostra vita, il nostro presente e il nostro futuro eterno, che è in Lui, per Lui, con Lui, perché è Lui il nostro Paradiso, le cose effimere della terra conquistano cuore e mente e ci conducono alla rovina eterna. Più nel cuore si mette Cristo e meno le cose del mondo vi entrano. Lo trovano già occupato. Meno si mette Cristo e più vi entrano le cose della terra fino a soffocarlo, facendolo ridivenire cuore di pietra, incapace di qualsiasi aspirazione verso la vita eterna. O Cristo o il mondo, o Lui o le cose.
Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio. Dopo aver purificato le vostre anime con l’obbedienza alla verità per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri, rigenerati non da un seme corruttibile ma incorruttibile, per mezzo della parola di Dio viva ed eterna. Perché ogni carne è come l’erba e tutta la sua gloria come un fiore di campo. L’erba inaridisce, i fiori cadono, ma la parola del Signore rimane in eterno. E questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunciato.
Il discepolo di Gesù si purifica da ogni scoria di peccato e di imperfezione, se ogni giorno si lascia abitare, ricolmare, riempire di Cristo Signore. Solo il suo sangue ci purifica e ci lava. Solo la sua carne ci trasforma in un solo spirito con Lui.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, lavateci con il sangue di Cristo.
26 MAGGIO (1Pt 2,2-5.9-12)
Un tempo voi eravate non-popolo
Con l’accoglienza della Parola e il Battesimo quanti non erano popolo di Dio, lo sono divenuti. Si compie per essi la profezia di Osea. Uscendo dalla Parola si diviene non popolo. Entrando in essa e vivendo di essa e per essa, si diviene popolo del Signore.
Il numero degli Israeliti sarà come la sabbia del mare, che non si può misurare né contare. E avverrà che invece di dire loro: “Voi non siete popolo mio”, si dirà loro: “Siete figli del Dio vivente”. Dite ai vostri fratelli: “Popolo mio”, e alle vostre sorelle: “Amata”. E avverrà, in quel giorno – oracolo del Signore – mi chiamerai: “Marito mio”, e non mi chiamerai più: “Baal, mio padrone”. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore. Io li seminerò di nuovo per me nel paese e amerò Non-amata, e a Non-popolo-mio dirò: “Popolo mio”, ed egli mi dirà: “Dio mio”» (Cfr. Os 2,1-25).
San Paolo ci rivela che il popolo di Dio è il corpo di Cristo, chiamato a vivere da vero corpo di Cristo. Essendo corpo di Cristo, il cristiano ha una sola vocazione: conoscere sempre più Cristo per divenire una sola verità e un solo amore in Lui.
Penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui vi ho già scritto brevemente. Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della comprensione che io ho del mistero di Cristo. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo, del quale io sono divenuto ministro secondo il dono della grazia di Dio, che mi è stata concessa secondo l’efficacia della sua potenza. A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui. Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore mediante il suo Spirito. Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio (Ef 3,1-21).
San Pietro insegna ai cristiani due verità essenziali: si è cambiata essenza. Da non popolo si è divenuti popolo del Signore. Si è cambiata modalità di vivere: da popolo immerso nel mondo e nelle sue vanità di peccato e di immoralità, a popolo pellegrino, forestiero, libero dal mondo e dal peccato, in cammino verso la Patria eterna.
Come bambini appena nati desiderate avidamente il genuino latte spirituale, grazie al quale voi possiate crescere verso la salvezza, se davvero avete gustato che buono è il Signore.4Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia. Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dai cattivi desideri della carne, che fanno guerra all’anima. Tenete una condotta esemplare fra i pagani perché, mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere diano gloria a Dio nel giorno della sua visita.
Se una sola di queste due verità viene dimenticata, non si è più veri discepoli di Gesù. Viviamo da mondo, da non popolo di Dio, immersi nel mondo e nelle sue vanità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vero popolo di Dio.
27 MAGGIO (1Pt 4,7-13)
Soprattutto conservate tra voi una carità fervente
Un popolo in cammino, perché forestiero e pellegrino, in cerca della Patria eterna, che Dio ha preparato per esso, può conservarsi unito, solo se animato da una fervente carità, un amore disposto a dare la vita per l’altro che assieme a lui compie il pellegrinaggio verso il cielo. La carità è per il popolo di Dio come l’anima per il corpo. Un corpo senz’anima si riduce in polvere. Perde la sua verità e natura di corpo. Il popolo di Dio nel quale non regna la carità, è condannato a dissolversi, perdersi, smarrirsi, ritornare ad essere polvere di questo mondo dal quale esso era stato tratto, per essere innestato in Cristo e divenire corpo del suo corpo e vita della sua vita.
San Paolo ha visto i Corinti in dissolvimento spirituale e anche fisico a motivo della vanagloria, dell’invidia, della superbia, dell’egoismo che regnava nelle loro comunità. Il peccato più grande di questo egoismo era la non conoscenza della verità dell’Eucaristia. Da sacramento di unione e di comunione, se ne era fatta un banchetto nel quale si coltivava l’egoismo, la solitudine, il disprezzo del povero e del misero. Si comprende che un simile modo di vivere il sacramento della suprema carità è deleterio per tutto il corpo. Era come assistere al compimento della parabola del ricco cattivo e del povero Lazzaro. Il ricco abbondava in tutto. Il povero abbondava nella sua miseria. Quando questo accade è il segno che la comunità è in disfacimento.
Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (1Cor 13,1-7).
La carità è il solo rimedio contro il dissolvimento, la polverizzazione, lo sfaldamento, la riduzione in macerie del popolo del Signore. Essa è anche forza divina nelle persecuzioni, nelle sofferenze, nelle solitudini, in ogni calo di vita. Dove la vita è nella tribolazione, la carità è vero ossigeno, vero unguento, vero balsamo che cura, sostiene, vivifica, crea speranza, infonde energie nuove. Nulla è più vitale per il corpo di Cristo della carità. Cristo Gesù ha saputo amare ed il suo amore è ossigeno di vita per l’intera umanità. Il cristiano che in Cristo diviene amore di Cristo per i suoi fratelli, dona vita ad un’intera comunità, a tutto il popolo di Dio, al mondo.
La fine di tutte le cose è vicina. Siate dunque moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera. Soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati. Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare. Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen! Carissimi, non meravigliatevi della persecuzione che, come un incendio, è scoppiata in mezzo a voi per mettervi alla prova, come se vi accadesse qualcosa di strano. Ma, nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare.
Il corpo di Cristo, lungo tutto il corso dei secoli, per tutto il tempo del suo pellegrinaggio, sarà sempre afflitto dalla sofferenza. Il Signore gli ha dato un divino antidoto per vincere ogni morte sia spirituale che fisica: la carità fervente degli uni verso gli altri. Non vi è sofferenza che non possa essere vissuta nella carità. Essa è la medicina celeste data agli uomini dal Padre attraverso il cuore di Cristo e nel cuore di Cristo sempre da attingere da parte del cristiano. L’amore di Cristo lo può attingere solo chi diviene con Lui un solo corpo, una sola vita, una sola obbedienza, una sola croce.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di perfetta carità in Cristo.
28 MAGGIO (Gd 17,20b-25)
Attendendo la misericordia del Signore nostro
L’Apostolo Giuda ha un fortissimo desiderio nel cuore che diviene in lui grande preoccupazione. Lui teme che i discepoli di Gesù possano essere nuovamente ricondotti nella loro antica schiavitù e per questo li esorta a combattere per la fede. Il mondo nel quale essi vivono non è per nulla per la vera fede. Essi sono circondati da idolatri, immorali, impuri, gente che non conosce Dio. Nella terra dell’impurità essi dovranno conservarsi e crescere nella più grande purezza e santità di vita. Come se questo non bastasse, anche nel campo della fede si è infiltrata la non fede, per tentarli, sedurli, farli cadere. Satana si veste da discepolo di Gesù in mezzo a loro.
Carissimi, avendo un gran desiderio di scrivervi riguardo alla nostra comune salvezza, sono stato costretto a farlo per esortarvi a combattere per la fede, che fu trasmessa ai santi una volta per sempre. Si sono infiltrati infatti in mezzo a voi alcuni individui, per i quali già da tempo sta scritta questa condanna, perché empi, che stravolgono la grazia del nostro Dio in dissolutezze e rinnegano il nostro unico padrone e signore Gesù Cristo. A voi, che conoscete tutte queste cose, voglio ricordare che il Signore, dopo aver liberato il popolo dalla terra d’Egitto, fece poi morire quelli che non vollero credere e tiene in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio del grande giorno, gli angeli che non conservarono il loro grado ma abbandonarono la propria dimora. Così Sòdoma e Gomorra e le città vicine, che alla stessa maniera si abbandonarono all’immoralità e seguirono vizi contro natura, stanno subendo esemplarmente le pene di un fuoco eterno. Ugualmente anche costoro, indotti dai loro sogni, contaminano il proprio corpo, disprezzano il Signore e insultano gli angeli. Quando l’arcangelo Michele, in contrasto con il diavolo, discuteva per avere il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: Ti condanni il Signore! Costoro invece, mentre insultano tutto ciò che ignorano, si corrompono poi in quelle cose che, come animali irragionevoli, conoscono per mezzo dei sensi. Guai a loro! Perché si sono messi sulla strada di Caino e, per guadagno, si sono lasciati andare alle seduzioni di Balaam e si sono perduti nella ribellione di Core. Essi sono la vergogna dei vostri banchetti, perché mangiano con voi senza ritegno, pensando solo a nutrire se stessi. Sono nuvole senza pioggia, portate via dai venti, o alberi di fine stagione senza frutto, morti due volte, sradicati; sono onde selvagge del mare, che schiumano la loro sporcizia; sono astri erranti, ai quali è riservata l’oscurità delle tenebre eterne (Gd 3-13).
Quando il diavolo si veste da fedele in Cristo, religioso, diacono, presbitero, vescovo, finanche papa, ci si salva dalla sua tentazione solo se ci si tiene legati strettamente a Cristo, nel cui corpo sempre abita lo Spirito Santo, il solo che può illuminarci perché possiamo smascherare Satana che viene a noi vestito da cristiano, da angelo di luce. Dobbiamo confessare che oggi Satana si traveste da teologo, ermeneuta, esegeta, moralista, asceta, persona dalla grande misericordia e carità. Oggi non vi è forma cristiana che lui non assuma. Come possiamo smascherarlo in modo da poterci difendere e difendere tutti i nostri fratelli dalle sue infernali macchinazioni? Chi può salvarci e preservarci da ogni caduta è lo Spirito del Signore. Lui sempre si deve pregare perché non cadiamo in questa trappola ben nascosta e ben mimetizzata.
Pregate nello Spirito Santo, conservatevi nell’amore di Dio, attendendo la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo per la vita eterna. Siate misericordiosi verso quelli che sono indecisi e salvateli strappandoli dal fuoco; di altri infine abbiate compassione con timore, stando lontani perfino dai vestiti, contaminati dal loro corpo. A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire davanti alla sua gloria senza difetti e colmi di gioia, all’unico Dio, nostro salvatore, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, gloria, maestà, forza e potenza prima di ogni tempo, ora e per sempre. Amen.
Ogni giorno due grandi grazie dobbiamo chiedere al Signore: che Satana non prenda le nostre sembianze per la rovina dei nostri fratelli nella fede; che possiamo sempre smascherare lui sotto qualsiasi sembianza si manifesti. A volte basta un solo pensiero non di Cristo, abilmente trasformato da lui in pensiero di verità e di giustizia, e siamo già con i piedi sull’inferno pronti per essere divorati. Le astuzie di Satana sono sempre nuove. A noi l’obbligo di immergerci nel cuore di Cristo luogo a lui inaccessibile.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci cuori del cuore di Cristo.
29 MAGGIO – Corpus Domini – (Gen 14,18-20)
Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino
Gesù non è Sacerdote alla maniera di Aronne. Neanche lo potrebbe perché lui non discende da Aronne, da levi, ma da Giuda, da Davide. Il suo è un sacerdozio nuovo, differente. Lui è sacerdote alla maniera di Melchisedek. Lui offre pane e vino, offre il suo corpo e il suo sangue e li dona, sotto le specie del pane e del vino, a quanti credono in Lui, per divenire una cosa sola in Lui, per vivere per Lui.
Oracolo del Signore al mio signore: «Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi». A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato. Il Signore ha giurato e non si pente: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchìsedek» (Cfr. Sal 110 (109( 1-6). Ogni sommo sacerdote, infatti, è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato, gliela conferì come è detto in un altro passo: Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek. Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek (Eb 5,1-10).
Questo Melchìsedek infatti, re di Salem, sacerdote del Dio altissimo, andò incontro ad Abramo mentre ritornava dall’avere sconfitto i re e lo benedisse; a lui Abramo diede la decima di ogni cosa. Anzitutto il suo nome significa «re di giustizia»; poi è anche re di Salem, cioè «re di pace». Egli, senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di Dio, rimane sacerdote per sempre. Ora, se si fosse realizzata la perfezione per mezzo del sacerdozio levitico – sotto di esso il popolo ha ricevuto la Legge –, che bisogno c’era che sorgesse un altro sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek, e non invece secondo l’ordine di Aronne? Infatti, mutato il sacerdozio, avviene necessariamente anche un mutamento della Legge. Colui del quale si dice questo, appartiene a un’altra tribù, della quale nessuno mai fu addetto all’altare. È noto infatti che il Signore nostro è germogliato dalla tribù di Giuda, e di essa Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio. Ciò risulta ancora più evidente dal momento che sorge, a somiglianza di Melchìsedek, un sacerdote differente, il quale non è diventato tale secondo una legge prescritta dagli uomini, ma per la potenza di una vita indistruttibile. Gli è resa infatti questa testimonianza: Tu sei sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek. Si ha così l’abrogazione di un ordinamento precedente a causa della sua debolezza e inutilità – la Legge infatti non ha portato nulla alla perfezione – e si ha invece l’introduzione di una speranza migliore, grazie alla quale noi ci avviciniamo a Dio. Inoltre ciò non avvenne senza giuramento. Quelli infatti diventavano sacerdoti senza giuramento; costui al contrario con il giuramento di colui che gli dice: Il Signore ha giurato e non si pentirà: tu sei sacerdote per sempre. Per questo Gesù è diventato garante di un’alleanza migliore (Eb 7,1-22).
In Cristo, per Cristo, con Cristo, cambia anche la nostra offerta. Il Signore non vuole da noi offerte animali, materiali, cose di questo mondo. La sola offerta che gradisce è il dono della nostra vita, perché lo possa trasformare in pane e vino di carità e di amore per nutrire tutti i suoi figli e ricolmarli di vera vita. Oltre che nell’Eucaristia, Gesù vuole trasformarsi in pane e in vino attraverso la nostra vita. Di essa ne vuole fare un vero sacrificio di salvezza, redenzione, giustificazione, vita per ogni altro uomo.
Intanto Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici». Ed egli diede a lui la decima di tutto.
Il cristiano è il pane e il vino di Cristo, la sua eucarestia vivente, la sua vita data in vita.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci eucarestia di Cristo Gesù.
30 MAGGIO (2Pt 1,2-7)
Per una vita vissuta santamente
Se ci chiedessimo: ma cosa manca al cristiano per essere perfetto? La risposta sarebbe oltremodo sorprendente: gli manca il cristiano. Sì! È proprio vero al cristiano manca il cristiano. Perché gli manca? Perché il Signore ha dato ogni grazia di salvezza, ogni carisma e talento. Vuole però che sia il cristiano a darlo ad ogni altro cristiano e anche al mondo facendolo fruttificare nel suo corpo. Cristo Gesù non ci diede forse tutti i doni di grazia del Padre facendoli fruttificare nel suo corpo, lasciandosi guidare e muovere sempre dallo Spirito Santo. Mentre San Paolo nella Prima Lettera ai Corinti profetizza ai cristiani che a loro nessun dono di grazia manca, subito aggiunge che manca loro il cristiano, dal momento che sono divisi gli uni dagli altri, uno percorrendo la sua strada, ognuno costituendosi in gruppo autonomo.
Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo! Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!
Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire. Infatti a vostro riguardo, fratelli, mi è stato segnalato dai familiari di Cloe che tra voi vi sono discordie. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io invece sono di Apollo», «Io invece di Cefa», «E io di Cristo». È forse diviso il Cristo? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete stati battezzati nel nome di Paolo? Ringrazio Dio di non avere battezzato nessuno di voi, eccetto Crispo e Gaio, perché nessuno possa dire che siete stati battezzati nel mio nome. Ho battezzato, è vero, anche la famiglia di Stefanàs, ma degli altri non so se io abbia battezzato qualcuno. Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo (1Cor 1,1-17).
San Pietro dona la regola perché ogni cristiano non solo possa essere per ogni altro cristiano e per il mondo, ma lo sia nella forma più perfetta. Questa forma si ottiene crescendo in ogni virtù, aggiungendo grazia a grazia: fede, virtù, conoscenza, temperanza, pazienza, pietà, amore fraterno, carità. Non appena si cammina con una virtù, ad essa subito ne va aggiunta un’altra e così fino al raggiungimento nella perfezione in ogni virtù. Facendo questo, il cristiano può darsi al cristiano in pienezza dei suoi doni e l’altro non mancherà di nulla e potrà compiere tutta la volontà di Dio, in Cristo, per lo Spirito Santo, su di lui. È la sola via per essere degli altri, per gli altri.
Grazia e pace siano concesse a voi in abbondanza mediante la conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro. La sua potenza divina ci ha donato tutto quello che è necessario per una vita vissuta santamente, grazie alla conoscenza di colui che ci ha chiamati con la sua potenza e gloria. Con questo egli ci ha donato i beni grandissimi e preziosi a noi promessi, affinché per loro mezzo diventiate partecipi della natura divina, sfuggendo alla corruzione, che è nel mondo a causa della concupiscenza. Per questo mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità.
Un corpo, nel quale ogni membro non è per tutti gli altri membri nella maniera più sana, mai potrà vivere la pienezza della sua vita. Così dicasi per il corpo di Cristo. Un solo membro che lo priva del suo dono di grazia, lo rende inabile al compimento della sua missione. La divisione impoverisce il corpo di Cristo perché lo priva della grazia di Dio.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci gli uni per gli altri sempre.
31 MAGGIO (Sof 3,14-18a)
Esulterà per te con grida di gioia
Gerusalemme, vero simbolo dell’intera umanità, è ridotta in macerie. Lo splendore dei suoi occhi, il tempio, è distrutto, raso al suolo, dopo essere stato spogliato e depredato di ogni sua ricchezza. I suoi figli dispersi, deportati, ridotti in schiavitù. Molti altri sono stati divorati dalla fame, dalla peste, dalla spada, dal fuoco. Tutto è una desolazione. È stato sufficiente che il Signore ritirasse la sua mano e la figlia di Sion è precipita negli abissi della morte. Ora però il Signore ha deciso di ritornare in mezzo ad essa per ricolmarla nuovamente di vita piena, vera, divina, eterna. Solo questo è il motivo per cui dovrà rallegrarsi, gioire, esultare, danzare di gioia. Dio ha deciso di ritornare in Sion. Vuole nuovamente abitare in mezzo ai suoi figli. Vuole essere vita, benedizione, salvezza, gioia per il suo popolo. Il profeta annunzia questa venuta e invita la figlia di Sion, Gerusalemme, a rallegrarsi, esultare, gioire. Dio torna ad essere il suo Dio.
Giubilate, o cieli, rallégrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri. Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato». Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato, le tue mura sono sempre davanti a me. I tuoi figli accorrono, i tuoi distruttori e i tuoi devastatori si allontanano da te. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si radunano, vengono a te. «Com’è vero che io vivo – oracolo del Signore –, ti vestirai di tutti loro come di ornamento, te ne ornerai come una sposa» (Is 49.13-18). Ecco ciò che il Signore fa sentire all’estremità della terra: «Dite alla figlia di Sion: “Ecco, arriva il tuo salvatore; ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede”. Li chiameranno “Popolo santo”, “Redenti del Signore”. E tu sarai chiamata Ricercata, “Città non abbandonata”» (Is 62,11-12). Rallegratevi con Gerusalemme, esultate per essa tutti voi che l’amate. Sfavillate con essa di gioia tutti voi che per essa eravate in lutto. Così sarete allattati e vi sazierete al seno delle sue consolazioni; succhierete e vi delizierete al petto della sua gloria. Perché così dice il Signore: «Ecco, io farò scorrere verso di essa, come un fiume, la pace; come un torrente in piena, la gloria delle genti. Voi sarete allattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sarete accarezzati. Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò; a Gerusalemme sarete consolati. Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore, le vostre ossa saranno rigogliose come l’erba (Is 66,10-14).
Dio però non vuole più un tempio di pietre. Il suo tempio è il cuore dell’uomo. La nuova venuta del Signore è nella carne dell’uomo. Il Figlio suo unigenito, il Verbo eterno, si fa carne e costituisce la carne vera tenda di Dio, nella quale abitare per sempre. Divenendo ogni carne corpo di Cristo per il battesimo, essa stessa viene costituita vera tenda di Dio, vero tempio dello Spirito Santo, nella quale abita il Signore in una maniera che supera infinitamente il suo modo di essere nel tempio di Gerusalemme. Dio vuole divenire con noi, in Cristo, per opera dello Spirito Santo, un solo cuore, una sola vita, un solo spirito. Lui vuole vivere attraverso il nostro corpo tutta la potenza del suo amore. Non vuole essere un Dio fuori dell’uomo, ma nell’uomo, come se Lui stesso si facesse uomo in noi, nostro cuore e nostra vita. È questo il mistero che si compie quando il Signore ci rende partecipi della natura divina.
Rallégrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. In quel giorno si dirà a Gerusalemme: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia». «Io raccoglierò gli afflitti, privati delle feste e lontani da te.
Come nella Vergine Maria, il Figlio eterno del Padre si fa carne e tutto il mondo è invitato a rallegrarsi in lei e per lei, così dovrà dirsi di ogni discepolo di Gesù nel quale il Verbo Eterno di Dio pone la sua dimora, abita in lui con tutta la potenza della sua verità e grazia. Ma oggi è questa la via attraverso la quale il Signore viene nel nostro mondo: nascosto nel corpo di ogni discepolo di Gesù. Chi porta Cristo è la gioia dell’uomo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, angeli, Santi, fateci vero corpo di Cristo Gesù.