Commento teologico alla prima lettura – Giugno 2016
1 GIUGNO (2Tm 1,1-3.6-12)
Soffri con me per il Vangelo
La persecuzione è la via sulla quale devono camminare tutti i missionari del Vangelo di Gesù Signore. Persecuzione e annunzio del Vangelo sono una cosa sola. Esse diventano due cose, quando il Vangelo non è più Vangelo sulle labbra di chi lo annunzia, lo insegna, lo predica, lo spiega. Il Vangelo è condanna delle opere delle tenebre, è prendere le distanze dal peccato del mondo, è invitare a salvarsi dalla generazione malvagia nella quale si vive. Esso è distruzione e annientamento del regno del principe di questo mondo. Chi distrugge il regno del principe di questo mondo, da esso sarà perseguitato fino alla morte. San Paolo però constata che molti discepoli di Gesù, anziché condannare le opere del mondo con la Parola del Vangelo e con la loro stessa vita, le approvano, divenendo nemici della croce di Cristo.
Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore. Di fornicazione e di ogni specie di impurità o di cupidigia neppure si parli fra voi – come deve essere tra santi – né di volgarità, insulsaggini, trivialità, che sono cose sconvenienti. Piuttosto rendete grazie! Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro – cioè nessun idolatra – ha in eredità il regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con parole vuote: per queste cose infatti l’ira di Dio viene sopra coloro che gli disobbediscono. Non abbiate quindi niente in comune con loro. Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce (Ef 5,1-13).
Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose (Fil 3,17-21).
Chi innalza la vera croce di Cristo nel mondo attraverso la sua crocifissione al mondo, dal mondo sarà crocifisso. Per questa ragione Timoteo è invitato a soffrire insieme a Paolo per il Vangelo. Questo significa essere un buon annunciatore della Parola.
Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio e secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesù, a Timòteo, figlio carissimo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro. Rendo grazie a Dio che io servo, come i miei antenati, con coscienza pura, ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno. Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo, per il quale io sono stato costituito messaggero, apostolo e maestro. È questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato.
Si soffre per il Vangelo se si ha nel cuore una grande certezza di fede. Colui che chiama perché si annunci la sua Parola dona anche ogni grazia per vivere ogni sofferenza e ogni martirio. Parola e grazia per vivere ogni sofferenza sono un solo dono. Prima Gesù dona la grazia e poi la Parola. Possiamo essere suoi missionari.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missionari di Gesù.
2 GIUGNO (2Tm 2,8-15)
Che dispensa rettamente la parola della verità
Quando un missionario del Vangelo potrà dire di essere un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità? Potrà dire questo quanto crescerà ogni giorno nella conformazione a Cristo così da diventare con Cristo una cosa sola, come Cristo e il Padre sono una cosa sola. Paolo attesta più volte nelle sue Lettere il suo essere una cosa sola con Cristo, non solo nell’anima e nello spirito, ma anche nel corpo, anche se afferma che questa unità perfetta è sempre dinanzi a lui.
Sono stato crocifisso con Cristo, 20e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me (Gal 2,19-20). Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. (Gal 6,14). Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza (Col 1,25-29).
Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti. Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù (Fil 3,7-14).
Dispensare rettamente la Parola di Dio è obbligo di ogni missionario del Vangelo. La rettitudine mai si potrà acquisire con il solo studio, meditazione, riflessione, lavoro intellettuale. La rettitudine nasce dal cuore prima che dalla mente e mente e cuore devono essere quelli di Cristo Gesù, che vengono dati al missionario giorno per giorno dallo Spirito Santo, mentre lo conforma alla santità del suo Maestro.
Ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio Vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore. Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. Questa parola è degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso. Richiama alla memoria queste cose, scongiurando davanti a Dio che si evitino le vane discussioni, le quali non giovano a nulla se non alla rovina di chi le ascolta. Sfòrzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità.
La conformazione a Cristo è in tutto l’essere del cristiano, abbraccia anima, spirito, volontà, desideri, cuore, mente, lo stesso corpo, nel quale il Signore imprime la sua stessa immagine della sofferenza e del dolore. La rettitudine nel dispensare la Parola nasce pertanto da questa azione ininterrotta dello Spirito Santo che ci fa con Cristo Signore una cosa sola. Quando Cristo non è formato nel missionario, mai vi potrà essere rettitudine nel dono. Ciò che si dispensa, sono solo pensieri e parole della terra.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Cristo.
3 GIUGNO (Ez 34,11-16)
Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo
Il Signore constata lo sfacelo che avvolge il suo popolo a causa dell’incuria dei pastori. È l’abbandono totale, il disinteresse, l’incuria. Le pecore sono lasciate perché di esse se ne faccia scempio. Ognuno le potrà divorare come meglio a lui piace.
Voi tutte, bestie dei campi, venite a mangiare; voi tutte, bestie della foresta, venite. I suoi guardiani sono tutti ciechi, non capiscono nulla. Sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare; sonnecchiano accovacciati, amano appisolarsi. Ma questi cani avidi, che non sanno saziarsi, sono i pastori che non capiscono nulla. Ognuno segue la sua via, ognuno bada al proprio interesse, senza eccezione. «Venite, io prenderò del vino e ci ubriacheremo di bevande inebrianti. Domani sarà come oggi, e molto più ancora» (Is 56,9-12).
Il Signore promette che Lui stesso un giorno si prenderà cura delle sue pecore. Questa profezia si compie tutta in Cristo Gesù. È Lui il Buon Pastore delle pecore del Padre.
Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola» (Cfr. Gv 10,1-30).
Gesù non è solo il Buon Pastore sulla terra, lo è anche nei cieli per i secoli eterni.
Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi» (Ap 7,13-17).
La profezia di Ezechiele non ci rivela solo che un giorno il Signore si prenderà cura delle sue pecore, ma ci manifesta anche la condizione del gregge quando il pastore pensa solo a se stesso e si serve delle pecore, anziché servirle con amore. Valeva per ieri, vale anche oggi. Sempre il Signore guida il suo gregge attraverso pastori, che nel nome del Figlio suo, del Buon Pastore, si prendono cura delle pecore loro affidate.
Perché così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. Le farò uscire dai popoli e le radunerò da tutte le regioni. Le ricondurrò nella loro terra e le farò pascolare sui monti d’Israele, nelle valli e in tutti i luoghi abitati della regione. Le condurrò in ottime pasture e il loro pascolo sarà sui monti alti d’Israele; là si adageranno su fertili pascoli e pasceranno in abbondanza sui monti d’Israele. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fate vero ogni pastore in Cristo.
4 GIUGNO (Is 61,9-11)
Le tue porte saranno sempre aperte
La Vergine Maria, ora nel tempio della storia è vera figura della Gerusalemme eterna. Le porte del suo cuore sono sempre aperte perché attraverso di esse ogni uomo possa giungere al cuore di Cristo Gesù, percorrendo la via del Vangelo. La stessa bellezza che si canta della Gerusalemme celeste si può cantare di Lei, anzi è Lei che dona la bellezza più grande alla Città di Dio. È Lei lo splendore del Cielo e della terra.
E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere». E mi disse: «Ecco, sono compiute! Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Principio e la Fine. A colui che ha sete io darò gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita. 7Chi sarà vincitore erediterà questi beni; io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio. Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell’Agnello». L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.
Colui che mi parlava aveva come misura una canna d’oro per misurare la città, le sue porte e le sue mura. La città è a forma di quadrato: la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L’angelo misurò la città con la canna: sono dodicimila stadi; la lunghezza, la larghezza e l’altezza sono uguali. Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall’angelo. Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo. I basamenti delle mura della città sono adorni di ogni specie di pietre preziose. Il primo basamento è di diaspro, il secondo di zaffìro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisòlito, l’ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l’undicesimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta era formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente. In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce, e i re della terra a lei porteranno il loro splendore. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte. E porteranno a lei la gloria e l’onore delle nazioni. Non entrerà in essa nulla d’impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello (Ap 21,1-27).
La nostra speranza si fonda su un solido fondamento. La Vergine Maria mai chiuderà le porte del suo cuore a quanti bussano per trovare in esso rifugio, consolazione, pace.
Sono le isole che sperano in me, le navi di Tarsis sono in prima fila, per portare i tuoi figli da lontano, con argento e oro, per il nome del Signore, tuo Dio, per il Santo d’Israele, che ti onora. Stranieri ricostruiranno le tue mura, i loro re saranno al tuo servizio, perché nella mia ira ti ho colpito, ma nella mia benevolenza ho avuto pietà di te. Le tue porte saranno sempre aperte, non si chiuderanno né di giorno né di notte, per lasciare entrare in te la ricchezza delle genti e i loro re che faranno da guida.
È obbligo di ogni pastore del gregge di Cristo Gesù costruire la speranza di ogni uomo nella Madre celeste. È Lei la porta che ci introduce a Cristo Gesù. Nessuno potrà mai arrivare al vero Cristo saltando la vera Madre. Lei è la sola porta del cuore di Cristo ed è sempre aperta. Mai sarà chiusa. Quanti hanno bussato, mai sono rimasti delusi.
Angeli, Santi convincete ogni uomo che è la Vergine Maria la porta del cuore di Cristo.
5 GIUGNO – X Domenica T.O. – (1Re 17,17-24)
La parola del Signore nella tua bocca è verità
Quanto dice la vedova di Sarepta a Elia, dopo che gli ha risuscitato il figlio: “La parola del Signore nella tua bocca è verità”, deve potersi dire di ogni missionario del Vangelo. Ognuno deve poter affermare che la Parola del cristiano è verità. Non solo verità celeste, ma prima ancora verità della terra. Al discepolo di Gesù non è consentito pronunciare alcuna parola che non sia purissima verità. Chi lo ascolta mai dovrà solamente pensare nel suo cuore che le sue parole non siano verità. Purtroppo sappiamo dai Vangeli che farisei, scribi, capi dei sacerdoti, volendo fare del male a Gesù, spesso lo accusavano di bestemmia nelle sue parole.
Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua. Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini (Mt 9,1-8).
Anche la suprema verità che Gesù proferì sotto giuramento, perché interrogato dal sommo sacerdote, fu trasformata in bestemmia per questo condannato a morte.
Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». «Tu l’hai detto – gli rispose Gesù –; anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo». Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!» (Mt 26,62-66).
Quando molti discepoli lo hanno abbandonato per la purissima verità della parola di Gesù sul suo corpo e sul suo sangue dati da mangiare e da bere, per avere la vita eterna, Pietro confessa che essa è verità. È Parola di vita eterna.
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,66-69).
Nella preghiera elevata al Padre dopo l’Ultima Cena, Gesù confessa che ogni Parola del Padre è verità. Poiché verità, lui dovrà dare ad ognuna di esse compimento.
Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità (Gv 17,12-19).
La Parola vera compie sempre un miracolo nella vita di chi l’ascolta. È il miracolo compiuto, cioè il cambiamento di vita, ora rivolta tutta verso il bene, che deve farci confessare che la Parola è verità. la Parola di Gesù detta con cuore ricco e pieno di Spirito Santo è sempre verità. È lo Spirito che trasforma la Parola in vita.
In seguito accadde che il figlio della padrona di casa si ammalò. La sua malattia si aggravò tanto che egli cessò di respirare. Allora lei disse a Elia: «Che cosa c’è tra me e te, o uomo di Dio? Sei venuto da me per rinnovare il ricordo della mia colpa e per far morire mio figlio?». Elia le disse: «Dammi tuo figlio». Glielo prese dal seno, lo portò nella stanza superiore, dove abitava, e lo stese sul letto. Quindi invocò il Signore: «Signore, mio Dio, vuoi fare del male anche a questa vedova che mi ospita, tanto da farle morire il figlio?». Si distese tre volte sul bambino e invocò il Signore: «Signore, mio Dio, la vita di questo bambino torni nel suo corpo». Il Signore ascoltò la voce di Elia; la vita del bambino tornò nel suo corpo e quegli riprese a vivere. Elia prese il bambino, lo portò giù nella casa dalla stanza superiore e lo consegnò alla madre. Elia disse: «Guarda! Tuo figlio vive». La donna disse a Elia: «Ora so veramente che tu sei uomo di Dio e che la parola del Signore nella tua bocca è verità».
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dalla Parola di verità.
6 GIUGNO (1Re 17,1-6)
Nasconditi presso il torrente Cherìt
Vi sono dei momenti in cui il profeta del Dio vivente deve annunziare la Parola e momenti in cui ritirarsi in luoghi nascosti. Non è il profeta che deve decidere quando annunziare, quando ritirarsi, quando comparire di nuovo per adempiere la sua missione. Chi governa il profeta è solo il Signore. Sappiamo che anche Gesù non fu sottratto a questa regola del Padre. Anche Lui spesso si nascondeva, perché la sua ora non era venuta e molti avrebbero voluto che venisse, ma non secondo quanto era stato stabilito da Dio dalle sue molteplici profezie.
Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli. Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?». Intanto i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo (Gv 11,54-57).
Sappiamo che Gesù dopo il suo ingresso in Gerusalemme, la sera usciva dalla città e passava la notte in Betània. La mattina dopo ritornava nella Città Santa.
Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània. La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono. Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città. La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto è seccato». Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe». Andarono di nuovo a Gerusalemme (Cfr. Mc 11,11-27).
Gesù si nascondeva in Betània, ma non per questo smise la sua missione. Anzi, come si è potuto constatare, anche il viaggio verso Gerusalemme veniva trasformato in insegnamento, ammaestramento, dono della verità del Padre. Nel nascondimento di Elia presso il torrente, il Signore si manifesta come provvidenza del suo profeta. Questi non deve temere. Lui dovrà annunziare quanto il Signore gli ordina. Per la sua vita, ovunque lui si recherà, perché mandato dal suo Dio, sarà Lui a provvedere.
Elia, il Tisbita, uno di quelli che si erano stabiliti in Gàlaad, disse ad Acab: «Per la vita del Signore, Dio d’Israele, alla cui presenza io sto, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo comanderò io». A lui fu rivolta questa parola del Signore: «Vattene di qui, dirigiti verso oriente; nasconditi presso il torrente Cherìt, che è a oriente del Giordano. Berrai dal torrente e i corvi per mio comando ti porteranno da mangiare». Egli partì e fece secondo la parola del Signore; andò a stabilirsi accanto al torrente Cherìt, che è a oriente del Giordano. I corvi gli portavano pane e carne al mattino, e pane e carne alla sera; egli beveva dal torrente.
Per nutrire Elia, il Signore si serve dei corvi. Questi gli portavano pane e carne, mattino e sera. Per l’acqua ci pensava il torrente. Grande è l’amore del Signore per i suoi profeti. Sempre Lui li avvolge con il manto della sua Provvidenza e del suo amore.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la virtù dell’ascolto.
7 GIUGNO (1Re 17,7-16)
Io là ho dato ordine a una vedova di sostenerti
È verità eterna. Il Signore mai si dimentica dei suoi profeti. Essi sono sempre avvolti dalla sua Provvidenza che li nutre, li veste, li disseta, dona loro ogni forza per portare a compimento la missione ricevuta. Questa regola divina, Gesù vuole che sia anche di ogni suo Apostolo e missionario del suo Vangelo. I suoi inviati devono andare per il mondo poveri, spogli di tutto, senza alcuna bisaccia, alcun carico da portare. Essi devono dedicarsi in tutto e per tutto al ministero della Parola. Per ogni altra cosa si darà pensiero il Signore. Sarà Lui che li nutrirà, li disseterà, li assisterà in ogni cosa.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.
In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città (Mt 10,5-15).
Da chi manda il Signore il suo profeta? Dalla donna più povera, più umile, più sola della città di Sarepta. Lo affida ad una vedova che ha solo l’ultimo pugno di farina, l’ultima goccia di olio e anche un figlio piccolo da sfamare. Elia è stato mandato per fare del bene a questa donna. La donna riceverà il bene pensato dal Signore, se avrà fede nella parola del suo profeta e farà quanto gli sarà chiesto. Finché Elia le chiede dell’acqua da bere, la donna corre subito a prenderla. Ma quando le chiede anche un pezzo di pane, la donna risponde manifestando tutta la sua grande povertà. Niente vi è nella sua casa, solo l’ultimo pugno di farina e l’ultima goccia d’olio. Lei farà con essa l’ultimo loro pasto prima di morire. Il profeta rassicura la donna. Dio è venuta a visitarla per farle una grande promessa: tu portami da mangiare, perché il mio Signore ti promette che sempre avrai della farina e sempre dell’olio fino a quando nuovamente non pioverà sulla terra. Ogni giorno potrai mangiare tu e tuo figlio. Questa la parola del mio Dio. Questo vuole fare Lui per te. La donna crede. Ascolta. Serve Elia.
Dopo alcuni giorni il torrente si seccò, perché non era piovuto sulla terra. Fu rivolta a lui la parola del Signore: «Àlzati, va’ a Sarepta di Sidone; ecco, io là ho dato ordine a una vedova di sostenerti». Egli si alzò e andò a Sarepta. Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso, perché io possa bere». Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». Elia le disse: «Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”». Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia.
Quanto Elia dice alla donna, vale per ogni Parola proferita dal Signore per mezzo dei suoi profeti. Vale ancora molto di più ogni Parola pronunciata da Gesù Signore in tutto il suo Vangelo. Perché la Parola si compia è necessaria la nostra fede, come fu necessaria la fede della vedova. Nulla avviene senza la fede. Nella fede nella Parola tutto si compie e tutto si realizza. Nulla è impossibile per il Signore. La fede è tutto.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci discepoli di grande fede.
8 GIUGNO (1Re 18,20-39)
Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!
Il Signore sempre accredita i suoi profeti. Ogni loro parola infallibilmente si compie. A volte passano anche millenni, ma essa si compie. La Parola di Dio vive di due momenti: uno immediato, nel tempo nella storia, oggi e anche domani, l’altro si realizzerà nell’eternità. Il compimento nel tempo attesta che anche l’altro si realizzerà. La Parola del Signore non si compie per la nostra fede. Si compie perché proferita. Si compie per il nostro bene se l’ascoltiamo, per il nostro male se non prestiamo ad essa alcuna fede. È verità eterna: mai nessuna Parola di Dio cade a vuoto sulla terra.
Il vero profeta è colui che aiuta quanti hanno perso la fede nella Parola del Signore perché ritornino in essa. Forme, modalità, vie non è il profeta a deciderle, pensarle. È lo Spirito di Dio, che nel rispetto di tempi, luoghi, culture, suggerirà la via migliore perché la vera Parola di Dio e il vero Dio vengano creduti. Le forme di Elia di certo non valgono per noi. Le nostre forme neanche valgono per altri. Lo Spirito sa quali forme sono migliori per ciascuno e le suggerisce di volta in volta, persona per persona.
Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte Carmelo. Elia si accostò a tutto il popolo e disse: «Fino a quando salterete da una parte all’altra? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!». Il popolo non gli rispose nulla. Elia disse ancora al popolo: «Io sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Ci vengano dati due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Invocherete il nome del vostro dio e io invocherò il nome del Signore. Il dio che risponderà col fuoco è Dio!». Tutto il popolo rispose: «La proposta è buona!».
Elia disse ai profeti di Baal: «Sceglietevi il giovenco e fate voi per primi, perché voi siete più numerosi. Invocate il nome del vostro dio, ma senza appiccare il fuoco». Quelli presero il giovenco che spettava loro, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: «Baal, rispondici!». Ma non vi fu voce, né chi rispondesse. Quelli continuavano a saltellare da una parte all’altra intorno all’altare che avevano eretto. Venuto mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo: «Gridate a gran voce, perché è un dio! È occupato, è in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà». Gridarono a gran voce e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agirono da profeti fino al momento dell’offerta del sacrificio, ma non vi fu né voce né risposta né un segno d’attenzione.
Elia disse a tutto il popolo: «Avvicinatevi a me!». Tutto il popolo si avvicinò a lui e riparò l’altare del Signore che era stato demolito. Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei figli di Giacobbe, al quale era stata rivolta questa parola del Signore: «Israele sarà il tuo nome». Con le pietre eresse un altare nel nome del Signore; scavò intorno all’altare un canaletto, della capacità di circa due sea di seme. Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna. Quindi disse: «Riempite quattro anfore d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla legna!». Ed essi lo fecero. Egli disse: «Fatelo di nuovo!». Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: «Fatelo per la terza volta!». Lo fecero per la terza volta. L’acqua scorreva intorno all’altare; anche il canaletto si riempì d’acqua. Al momento dell’offerta del sacrificio si avvicinò il profeta Elia e disse: «Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola. Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!». Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. A tal vista, tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse: «Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!».
Chi legge la Scrittura sa che le forme sono sempre nuove per ogni missionario del Padre. Anche la storia dell’agiografia cattolica ci insegna che ogni santo vive le sue forme e le sue modalità. Nessuno ripete quelle di un altro. Questo principio va applicato anche alla pastorale ordinaria. Non perché una modalità è stata buona per un luogo, sarà buona per un altro. Né quello che hanno fatto i fondatori potranno farlo i suoi seguaci. Non c’è successione nei carismi personali e nei doni di grazia.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri testimoni della fede.
9 GIUGNO (1Re 18,41-46)
C’è già il rumore della pioggia torrenziale
La prima parola di Elia ad Acaz è stata l’annunzio della grande siccità. Il cielo si chiuse per tre anni e sei mesi. Non vi fu una goccia né di acqua né di rugiada.
Elia, il Tisbita, uno di quelli che si erano stabiliti in Gàlaad, disse ad Acab: «Per la vita del Signore, Dio d’Israele, alla cui presenza io sto, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo comanderò io» (1Re 17,1).
San Giacomo rivela che la pioggia è tornata in Israele per la preghiera del profeta.
Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto. Elia era un uomo come noi: pregò intensamente che non piovesse, e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto (Gc 5,16-18).
La pioggia ancora non è venuta. Il cielo è ancora terso. Non vi è in esso neanche una nuvola. Eppure il profeta invita Acab ad andare a mangiare e a bere, perché c’è già il rumore della pioggia torrenziale. Il re nulla sente. È il profeta che sente. Questo segno è ancora più potente del precedente, quello cioè del fuoco che è disceso dal cielo. Colloca Elia nel solco dei veri profeti di Dio. Anche Samuele diede al suo popolo il segno della pioggia nel tempo della mietitura del grano, quando il cielo è arido.
Ora ecco il re che avete scelto e che avevate chiesto. Ecco che il Signore ha posto un re sopra di voi. Dunque, se temerete il Signore, se lo servirete e ascolterete la sua voce e non sarete ribelli alla parola del Signore, voi e il re che regna su di voi sarete con il Signore, vostro Dio. Se invece non ascolterete la voce del Signore e sarete ribelli alla sua parola, la mano del Signore peserà su di voi e sui vostri padri. Fatevi avanti ancora e osservate questa grande cosa che il Signore sta per compiere sotto i vostri occhi. Non è forse questo il tempo della mietitura del grano? Ma io griderò al Signore ed egli manderà tuoni e pioggia. Così vi persuaderete e constaterete che grande è il male che avete fatto davanti al Signore chiedendo un re per voi».
Samuele allora invocò il Signore, e il Signore mandò subito tuoni e pioggia in quel giorno. Tutto il popolo ebbe grande timore del Signore e di Samuele. Tutto il popolo perciò disse a Samuele: «Prega il Signore, tuo Dio, per noi tuoi servi che non abbiamo a morire, poiché abbiamo aggiunto a tutti i nostri peccati il male di aver chiesto per noi un re». Samuele disse al popolo: «Non temete: voi avete fatto tutto questo male, ma almeno non allontanatevi dal Signore, anzi servite lui, il Signore, con tutto il cuore. Non allontanatevi dietro nullità che non possono giovare né salvare, perché appunto sono nullità. Certo, il Signore non abbandonerà il suo popolo, a causa del suo grande nome, perché il Signore ha deciso di fare di voi il suo popolo. Quanto a me, non sia mai che io pecchi contro il Signore, tralasciando di supplicare per voi e di indicarvi la via buona e retta. Solo temete il Signore e servitelo fedelmente con tutto il cuore: considerate infatti le grandi cose che ha operato tra voi. Se invece vorrete fare il male, voi e il vostro re perirete» (1Sam 12,13-25).
Se Elia è vero profeta di Dio e i suoi segni – siccità, fuoco, pioggia torrenziale – lo confermano, la sua Parola va ascoltata. Essa è vera Parola di Dio, Parola di vita.
Elia disse ad Acab: «Va’ a mangiare e a bere, perché c’è già il rumore della pioggia torrenziale». Acab andò a mangiare e a bere. Elia salì sulla cima del Carmelo; gettatosi a terra, pose la sua faccia tra le ginocchia. Quindi disse al suo servo: «Sali, presto, guarda in direzione del mare». Quegli salì, guardò e disse: «Non c’è nulla!». Elia disse: «Tornaci ancora per sette volte». La settima volta riferì: «Ecco, una nuvola, piccola come una mano d’uomo, sale dal mare». Elia gli disse: «Va’ a dire ad Acab: “Attacca i cavalli e scendi, perché non ti trattenga la pioggia!”». D’un tratto il cielo si oscurò per le nubi e per il vento, e vi fu una grande pioggia. Acab montò sul carro e se ne andò a Izreèl. La mano del Signore fu sopra Elia, che si cinse i fianchi e corse davanti ad Acab finché giunse a Izreèl.
Che la pioggia sia un vero segno, lo attesta il fatto che il servo del profeta è stato mandato per ben sette volte a guardare in direzione del mare. Mai vedeva una sola nuvola. Solo alla settima volta vide una nuvola piccola quanto una mano che saliva dal mare. Tutto poi avvenne in un istante. Il Signore aveva ascoltato il suo profeta.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, conduceteci di fede in fede.
10 GIUGNO (1Re 19,9a.11-16)
Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera
La crescita nella fede non è necessaria a quanti ascoltano la Parola del profeta, anche il profeta è chiamato a camminare di fede in fede di verità in verità. Il Signore prende il suo profeta e attraverso la storia, con eventi ordinari o straordinari, lo conduce perché giunga alla maturità della sua fede, della sua speranza, della sua carità. Nell’Antico Testamento nessuno è stato più grande di Mosè. Anche lui il Signore ha preso e condotto di fede in fede. Perché si ricordasse che il profeta mai deve venire meno nella fede, a causa di un suo mancamento proprio nella fede, Dio non permise che lui entrasse nella Terra Promessa. Gli concesse di vederla da lontano.
Il Signore parlò a Mosè dicendo: «Prendi il bastone; tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e parlate alla roccia sotto i loro occhi, ed essa darà la sua acqua; tu farai uscire per loro l’acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al loro bestiame». Mosè dunque prese il bastone che era davanti al Signore, come il Signore gli aveva ordinato. Mosè e Aronne radunarono l’assemblea davanti alla roccia e Mosè disse loro: «Ascoltate, o ribelli: vi faremo noi forse uscire acqua da questa roccia?». Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza; ne bevvero la comunità e il bestiame. Ma il Signore disse a Mosè e ad Aronne: «Poiché non avete creduto in me, in modo che manifestassi la mia santità agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete quest’assemblea nella terra che io le do». Queste sono le acque di Merìba, dove gli Israeliti litigarono con il Signore e dove egli si dimostrò santo in mezzo a loro (Num 20,7-13).
Mosè chiese più volte al Signore che cancellasse il suo decreto. La risposta è stato un divieto di pregare per questa grazia. La sua decisione era irrevocabile.
In quel tempo io supplicai il Signore dicendo: “Signore Dio, tu hai cominciato a mostrare al tuo servo la tua grandezza e la tua mano potente; quale altro Dio, infatti, in cielo o sulla terra, può fare opere e prodigi come i tuoi? Permetti che io passi al di là e veda la bella terra che è oltre il Giordano e questi bei monti e il Libano”. Ma il Signore si adirò contro di me, per causa vostra, e non mi esaudì. Il Signore mi disse: “Basta, non aggiungere più una parola su questo argomento. Sali sulla cima del Pisga, volgi lo sguardo a occidente, a settentrione, a mezzogiorno e a oriente, e contempla con gli occhi; perché tu non attraverserai questo Giordano” (Dt 3,23-28).
Elia cosa dovrà apprendere presso il monte di Dio, l’Oreb. Il Signore vuole che lui doni la sua parola con dolcezza, soavità. È finito il tempo dell’irruenza, della sfida, delle uccisioni. Alla Parola sempre alla fortezza si deve unire la delicatezza del vento soave, leggero, che accarezza l’anima e lo spirito. Terremoto, vento gagliardo, fuoco non sempre sono il segno della presenza di Dio. L’affabilità e la soavità nella verità sempre.
Là entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore. Gli disse: «Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, venne a lui una voce che gli diceva: «Che cosa fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita». Il Signore gli disse: «Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Cazaèl come re su Aram. Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsì, come re su Israele e ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto.
Gesù non diede a noi la più alta e sublime Parola dalla soavità e dolcezza del suo amore ricco di misericordia e di pietà dalla sua croce. Non versò il sangue e l’acqua dal suo costato squarciato senza proferire alcuna parola? Lui non manifestò tutta la leggerezza del suo perdono e della sua grazia? Lui non conquistava i cuori con la sua grande compassione? Elia deve crescere nel grande amore, nella grande carità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di grande soavità.
11 GIUGNO (At 11,21b-26)
Pieno di Spirito Santo e di fede
Le cose di Dio vanno sempre fatte con Dio nel cuore, nella mente, nei desideri, nella volontà. Senza Dio che riveste spirito, anima, corpo, le sue cose mai si potranno fare secondo la sua divina volontà. Si fanno alla maniera umana, ma senza produrre alcun frutto di salvezza. Se Dio non concepisce il bene e non lo porta a maturazione dentro il cuore, mai dal cuore potrà divenire storia, fatto, evento di salvezza fuori di noi. Quanto il profeta Isaia dice a Giuda e a Gerusalemme vale anche per noi, per tutti.
Signore, si era alzata la tua mano, ma essi non la videro. Vedranno, arrossendo, il tuo amore geloso per il popolo, e il fuoco preparato per i tuoi nemici li divorerà. Signore, ci concederai la pace, perché tutte le nostre imprese tu compi per noi. Signore, nostro Dio, altri padroni, diversi da te, ci hanno dominato, ma noi te soltanto, il tuo nome invocheremo. I morti non vivranno più, le ombre non risorgeranno; poiché tu li hai puniti e distrutti, hai fatto svanire ogni loro ricordo. Hai fatto crescere la nazione, Signore, hai fatto crescere la nazione, ti sei glorificato, hai dilatato tutti i confini della terra. Signore, nella tribolazione ti hanno cercato; a te hanno gridato nella prova, che è la tua correzione per loro. Come una donna incinta che sta per partorire si contorce e grida nei dolori, così siamo stati noi di fronte a te, Signore. Abbiamo concepito, abbiamo sentito i dolori quasi dovessimo partorire: era solo vento; non abbiamo portato salvezza alla terra e non sono nati abitanti nel mondo. Ma di nuovo vivranno i tuoi morti. I miei cadaveri risorgeranno! Svegliatevi ed esultate voi che giacete nella polvere. Sì, la tua rugiada è rugiada luminosa, la terra darà alla luce le ombre. Va’, popolo mio, entra nelle tue stanze e chiudi la porta dietro di te. Nasconditi per un momento, finché non sia passato lo sdegno. Perché ecco, il Signore esce dalla sua dimora per punire le offese fatte a lui dagli abitanti della terra; la terra ributterà fuori il sangue assorbito e più non coprirà i suoi cadaveri (Is 26,1-21).
Quando Dio è il lievito del cuore, della mente, della volontà, la città prospera. Quando invece il Signore viene espulso da essa, non vi è alcuna salvezza. Tutte le opere sono vane. Falso concepimento, falsa gravidanza, falso parto. Non nasce alcuna vita. Barnaba invece è uomo pieno di Dio, vede con gli occhi dello Spirito, agisce per sua mozione. Antiochia è piena della grazia di Cristo Gesù e lui incoraggia tutti a perseverare, camminare, restare saldi e ancorati alla fede senza mai venir meno. Lui è uomo di Dio, pensa secondo Dio, agisce secondo Dio, consola e conforta secondo Dio. Nulla in lui vi è di pensieri e di desideri umani. Lui è animato dalle stesse virtù divine: affabilità, soavità, volontà di salvezza, amore sincero, grande carità, spirito di verità.
Un grande numero credette e si convertì al Signore. Questa notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, e mandarono Bàrnaba ad Antiòchia. Quando questi giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede. E una folla considerevole fu aggiunta al Signore. Bàrnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo: lo trovò e lo condusse ad Antiòchia. Rimasero insieme un anno intero in quella Chiesa e istruirono molta gente. Ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani.
Possiamo anche affermare che Barnaba è in piena sintonia con lo Spirito Santo. Gesù aveva chiamato Paolo per farne un grande missionario, non perché lui fosse un discepolo di Gesù nascosto in qualche caverna perché la prudenza incontrata in Gerusalemme lo aveva fatto allontanare e quasi scoraggiare. Paolo è potenza di Dio per la conversione di molti cuori. Non può isolarsi dalla Chiesa. Deve ritornare subito in essa. Barnaba, mosso dallo Spirito del Signore, si reca a Tarso, lo trova, lo conduce con sé ad Antiochia. Dio non può fare a meno di lui e di conseguenza neanche la Chiesa. Lui è un vero polmone della comunità di Gesù Signore. Senza di lui la Chiesa rischia di essere asmatica fin dal suo sorgere. Solo chi è pieno di Spirito Santo può vedere le persone secondo lo Spirito del Signore. Barnaba vede se stesso secondo lo Spirito e vede Paolo. Sa che l’opera della Chiesa è monca senza di lui. Paolo è il più grande miracolo di Gesù, superiore alla stessa risurrezione di Lazzaro. Se l’opera di Gesù viene vanificata, la responsabilità è di tutta la Chiesa. Vale questo per Paolo e per ogni altra persona che il Signore chiama per fare bello il suo Corpo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci dello Spirito di Dio.
12 GIUGNO – XI Domenica T.O. – (2Sam 12,7-10.13)
Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai
Il perdono dei peccati non è solo remissione della colpa e della pena, giusta condanna per aver offeso il Signore. Nella volontà di Dio il perdono giunge fino a divenire nuova creazione dell’uomo. Anzi, molto di più. Il Figlio Unigenito del Padre si fa uomo per espiare il peccato e toglierlo dal nostro corpo, dalla nostra anima, dal nostro spirito. Diviene Lui stesso nostra vita, facendosi cibo reale, sostanziale, vero per noi. Ci dona il suo Santo Spirito. In Lui ci fa figli adottivi del Padre. Quanto Dio opera per la redenzione, salvezza, giustificazione, elevazione della sua creatura è cosa che va oltre ciò che un uomo può pensare, immaginare, desiderare. Dio stesso viene e ci offre la sua misericordia, la sua grazia, la sua riconciliazione.
Davide, peccando, ha insultato il Signore. Nasconde agli occhi degli uomini la sua colpa ma non agli occhi del Signore. Il profeta Natan, mandato dal Signore, gli svela le sue colpe, annunziandogli il grande perdono del Signore. La colpa è perdonata. Lui non morirà. Le conseguenze del suo peccato saranno però dolorosissime. È giusto che questo si sappia. Dio può perdonare i peccati, ma non può cancellare le conseguenze di esso. Le conseguenze sono la pena per l’espiazione della colpa. Gesù non prese su di sé per espiarle colpa e pena dell’umanità? La sua croce non è conseguenza del peccato del mondo? Questa verità è totalmente ignorata. Va insegnata.
Allora Natan disse a Davide: «Tu sei quell’uomo! Così dice il Signore, Dio d’Israele: “Io ti ho unto re d’Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul, ti ho dato la casa del tuo padrone e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone, ti ho dato la casa d’Israele e di Giuda e, se questo fosse troppo poco, io vi aggiungerei anche altro. Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai colpito di spada Uria l’Ittita, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammoniti. Ebbene, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Uria l’Ittita”. Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!». Natan rispose a Davide: «Il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai».
Davide è veramente pentito per ciò che ha fatto. Chiede perdono al Signore. Sa però che lui è carne di peccato e potrebbe nuovamente insultare il Signore. Perché questo non accada, lo supplica perché crei in lui un cuore nuovo, un cuore per non più peccare. Un cuore che sa solo amare, obbedire, adorare il suo Signore.
Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. Quando il profeta Natan andò da lui, che era andato con Betsabea. Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto: così sei giusto nella tua sentenza, sei retto nel tuo giudizio. Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre. Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza. Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve. Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato.
Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso. Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno. Liberami dal sangue, o Dio, Dio mia salvezza: la mia lingua esalterà la tua giustizia. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode. Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. Nella tua bontà fa’ grazia a Sion, ricostruisci le mura di Gerusalemme. Allora gradirai i sacrifici legittimi, l’olocausto e l’intera oblazione; allora immoleranno vittime sopra il tuo altare (Sal 51,1-21).
Oggi è la Chiesa che deve recarsi da ogni uomo per annunziargli che il suo peccato è perdonato, la sua colpa espiata. Questi tesori di grazia diventano nostri, solo se diveniamo con Cristo una sola vita, una sola obbedienza, un solo amore.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci un solo cuore con Gesù.
13 GIUGNO (1Re 21,1-16)
Bandite un digiuno
Sovente la religione diviene una coltre per nascondere i più atroci delitti. Ma di tutto si serve l’uomo per peccare, spesso anche delle opere di misericordia e di pietà, del culto, degli stessi sacramenti, della preghiera, della stessa Scrittura e Parola del Signore. Davide per uccidere Uria, perché il suo peccato di adulterio non venisse scoperto, non si servi di una battaglia? Gezabele, volendo far uccidere Nabot in modo religiosamente e legalmente perfetto, ordina di bandire un digiuno e di processare Nabot, chiamando due falsi testimoni perché lo accusino di aver maledetto Dio e il re. Cosa ancora più triste è l’obbedienza data alla perversione della regina per compiere una tale mostruosità. Veramente il popolo del Signore è senza più coscienza. Il male è legge universale. Eppure sarebbe sufficiente che ognuno di noi rifiutasse la sua obbedienza al male ed esso perderebbe la sua onnipotenza di morte. Ognuno è obbligato a rompere la catena del male, non divenendo suo anello. Solo così esso perde la sua efficacia. Per ogni uomo che diviene anello di questa catena, il male centuplica le sue forze e distrugge la terra. Tutti possiamo spezzare questa catena.
In seguito avvenne questo episodio. Nabot di Izreèl possedeva una vigna che era a Izreèl, vicino al palazzo di Acab, re di Samaria. Acab disse a Nabot: «Cedimi la tua vigna; ne farò un orto, perché è confinante con la mia casa. Al suo posto ti darò una vigna migliore di quella, oppure, se preferisci, te la pagherò in denaro al prezzo che vale». Nabot rispose ad Acab: «Mi guardi il Signore dal cederti l’eredità dei miei padri». Acab se ne andò a casa amareggiato e sdegnato per le parole dettegli da Nabot di Izreèl, che aveva affermato: «Non ti cederò l’eredità dei miei padri!». Si coricò sul letto, voltò la faccia da un lato e non mangiò niente. Entrò da lui la moglie Gezabele e gli domandò: «Perché mai il tuo animo è tanto amareggiato e perché non vuoi mangiare?». Le rispose: «Perché ho detto a Nabot di Izreèl: “Cedimi la tua vigna per denaro, o, se preferisci, ti darò un’altra vigna” ed egli mi ha risposto: “Non cederò la mia vigna!”». Allora sua moglie Gezabele gli disse: «Tu eserciti così la potestà regale su Israele? Àlzati, mangia e il tuo cuore gioisca. Te la farò avere io la vigna di Nabot di Izreèl!».
Ella scrisse lettere con il nome di Acab, le sigillò con il suo sigillo, quindi le spedì agli anziani e ai notabili della città, che abitavano vicino a Nabot. Nelle lettere scrisse: «Bandite un digiuno e fate sedere Nabot alla testa del popolo. Di fronte a lui fate sedere due uomini perversi, i quali l’accusino: “Hai maledetto Dio e il re!”. Quindi conducetelo fuori e lapidatelo ed egli muoia». Gli uomini della città di Nabot, gli anziani e i notabili che abitavano nella sua città, fecero come aveva ordinato loro Gezabele, ossia come era scritto nelle lettere che aveva loro spedito. Bandirono un digiuno e fecero sedere Nabot alla testa del popolo. Giunsero i due uomini perversi, che si sedettero di fronte a lui. Costoro accusarono Nabot davanti al popolo affermando: «Nabot ha maledetto Dio e il re». Lo condussero fuori della città e lo lapidarono ed egli morì. Quindi mandarono a dire a Gezabele: «Nabot è stato lapidato ed è morto». Appena Gezabele sentì che Nabot era stato lapidato ed era morto, disse ad Acab: «Su, prendi possesso della vigna di Nabot di Izreèl, il quale ha rifiutato di dartela in cambio di denaro, perché Nabot non vive più, è morto». Quando sentì che Nabot era morto, Acab si alzò per scendere nella vigna di Nabot di Izreèl a prenderne possesso.
Le astuzie di Satana sono infinte. Con arte sottile lui insegna agli uomini non a peccare, ma ad oscurare la coscienza del peccato. Come riuscire a fare questo? Attraverso due vie da lui studiate con la sua infernale scaltrezza. Fa dichiarare legge di bene, progresso, civiltà, vera umanità, ogni male. Quando il male diviene legge di bene, la coscienza si rilassa dinanzi ad esso. Neanche più lo pensa come male. Anzi le è proposto come un diritto, una necessità, una urgenza di vita. Inverte i poli della questione morale. Il male lo fa passare come vero bene per l’uomo. Il bene invece lo dipinge come carcere, prigione, tormento, violenza. Oggi Satana non parla attraverso molti sacerdoti e non sta dicendo al mondo che il celibato è un carcere, una prigione, una violenza al corpo dell’uomo e che la Chiesa è una torturatrice dei suoi sacerdoti? Nessuno però dice che il sacerdozio non è obbligo per nessuno. È una scelta personale. Chi non vuole obbligarsi, non è condannato ad obbligarsi.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci dalle insidie di Satana.
14 GIUGNO (1Re 21,17-29)
I cani divoreranno Gezabele nel campo di Izreèl
Se il Signore chiudesse gli occhi dinanzi al peccato degli uomini, tutta la terra precipiterebbe in un istante nel baratro dell’inferno. Invece sempre il Signore interviene, sempre svela le colpe commesse, sempre mette in luce i segreti dei cuori. Quanto viene operato nelle tenebre, subito appare in piena luce. Nessuno né potrà né dovrà pensare che il suo peccato resti nascosto. Esso sarà sempre conosciuto dal mondo intero, perché è il Signore che lo mette alla luce e lo innalza perché tutti lo possano vedere. Il Creatore dell’uomo anche interviene perché nessun peccato resti impunito. Può l’uomo ingannare la giustizia umana, mai quella divina. Se l’uomo non si converte, non ritorna a Dio, non chiede umilmente perdono, persevera nel male, muore in esso. Per lui vi sarà la condanna eterna. Se invece si converte, si pente, ritorna nell’obbedienza, ma non compie un vero cammino di espiazione con la carità, la misericordia, la compassione, l’elemosina, l’umiltà, la mitezza, la sopportazione di ogni avversità, dovrà espiare la pena temporale dovuta alle sue colpe nel purgatorio.
Il peccato dell’empia Gezabele è grande. Lei non solo non si è pentita del suo crimine, ogni giorno ne commette di più grandi. Il Signore vuole che la sua morte orrenda sia un esempio per tutti perché nessuno pensi di poter compiere impunemente il male. Il suo cadavere sarà dilaniato dai cani. Del suo corpo ne faranno il loro pasto. Mentre Acab si pente del male e il Signore gli concede il perdono, anche se le conseguenze dei suoi peccati si ripercuoteranno sui suoi figli, mai i frutti della colpa si fermano in colui che disobbedisce al Signore, compiendo il male. Anche quanto è fatto inavvertitamente ha conseguenze che spesso durano millenni. Questa verità va gridata sempre.
Allora la parola del Signore fu rivolta a Elia il Tisbita: «Su, scendi incontro ad Acab, re d’Israele, che abita a Samaria; ecco, è nella vigna di Nabot, ove è sceso a prenderne possesso. Poi parlerai a lui dicendo: “Così dice il Signore: Hai assassinato e ora usurpi!”. Gli dirai anche: “Così dice il Signore: Nel luogo ove lambirono il sangue di Nabot, i cani lambiranno anche il tuo sangue”». Acab disse a Elia: «Mi hai dunque trovato, o mio nemico?». Quello soggiunse: «Ti ho trovato, perché ti sei venduto per fare ciò che è male agli occhi del Signore. Ecco, io farò venire su di te una sciagura e ti spazzerò via. Sterminerò ad Acab ogni maschio, schiavo o libero in Israele. Renderò la tua casa come la casa di Geroboamo, figlio di Nebat, e come la casa di Baasà, figlio di Achia, perché tu mi hai irritato e hai fatto peccare Israele. Anche riguardo a Gezabele parla il Signore, dicendo: “I cani divoreranno Gezabele nel campo di Izreèl”. Quanti della famiglia di Acab moriranno in città, li divoreranno i cani; quanti moriranno in campagna, li divoreranno gli uccelli del cielo». In realtà nessuno si è mai venduto per fare il male agli occhi del Signore come Acab, perché sua moglie Gezabele l’aveva istigato. Commise molti abomini, seguendo gli idoli, come avevano fatto gli Amorrei, che il Signore aveva scacciato davanti agli Israeliti. Quando sentì tali parole, Acab si stracciò le vesti, indossò un sacco sul suo corpo e digiunò; si coricava con il sacco e camminava a testa bassa. La parola del Signore fu rivolta a Elia, il Tisbita: «Hai visto come Acab si è umiliato davanti a me? Poiché si è umiliato davanti a me, non farò venire la sciagura durante la sua vita; farò venire la sciagura sulla sua casa durante la vita di suo figlio».
Il Secondo Libro dei Re attesta che la Parola del Signore si è puntualmente avverata.
Ieu arrivò a Izreèl. Appena lo seppe, Gezabele si truccò gli occhi con stibio, si ornò il capo e si affacciò alla finestra. Mentre Ieu arrivava alla porta, gli domandò: «Tutto bene, Zimrì, assassino del suo signore?». Ieu alzò lo sguardo verso la finestra e disse: «Chi è con me? Chi?». Due o tre cortigiani si affacciarono a guardarlo. Egli disse: «Gettàtela giù». La gettarono giù. Parte del suo sangue schizzò sul muro e sui cavalli, che la calpestarono. Poi Ieu entrò, mangiò e bevve; alla fine ordinò: «Andate a vedere quella maledetta e seppellitela, perché era figlia di re». Andati per seppellirla, non trovarono altro che il cranio, i piedi e le palme delle mani. Tornati, riferirono il fatto a Ieu, che disse: «È la parola del Signore, che aveva detto per mezzo del suo servo Elia, il Tisbita: “Nel campo di Izreèl i cani divoreranno la carne di Gezabele. E il cadavere di Gezabele sarà come letame sulla superficie della campagna nel campo di Izreèl, così che non si potrà più dire: Questa è Gezabele”» (2Re 9,30-37).
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, rendeteci impeccabili per fede.
15 GIUGNO (2Re 2,1.6-14)
Due terzi del tuo spirito siano in me
Elia sa che è giunto il momento di essere rapito dal Signore. Chiede ad Eliseo di fermarsi, mentre lui deve recarsi presso il Giordano. Eliseo non abbandona il suo maestro, lo segue e in più gli fa una richiesta: vuole che Elia gli lasci due terzi del suo spirito. Vuole cioè essere suo vero erede, continuatore della missione profetica con la stessa fortezza con la quale lui l’ha esercitata. Elia gli risponde che la cosa chiesta è difficile poterla ottenere. Tuttavia lui saprà di averla ottenuta, solo se al momento del suo rapimento, lui lo vedrà salire al cielo. Cosa che è avvenuta. Che la forza di Elia sia passata su Eliseo lo hanno constatato quanti videro il Giordano arrestare il suo corpo per comando di Eliseo che aveva in mano il mantello di Elia.
Eliseo chiede lo spirito a Elia. A Gesù i discepoli non chiedono lo Spirito Santo che era tutto su di Lui. È Gesù stesso che lo versa per loro e per tutta l’umanità dalla croce. Lo alita sui discepoli il giorno della sua gloriosa risurrezione. Ora è missione degli Apostoli alitarlo su ogni altro uomo che chiede di essere vero discepolo di Gesù per la fede in Lui. Il desiderio di Eliseo deve essere però desiderio di chiunque brama, vuole essere ricolmo di Spirito Santo. Quando lo Spirito è dato senza questo vivo desiderio, esso rimane infruttuoso. L’uomo non dona allo Spirito il cuore perché esso possa crescere nell’uomo e maturare molti frutti di conversione, fede, pace, giustizia, santità. È il cuore dell’uomo il solo terreno fertile nel quale lo Spirito cresce e matura i suoi frutti. Esso però dovrà essere tutto suo. Non vi dovrà crescere in esso neanche una spina. Anche i sassi e le pietre vanno tolte. Se è strada, esso va tutto arato e rivoltato sotto sopra, così che la buona terra venga fuori. Se non si lavora sul cuore perché sia tutto e sempre dello Spirito del Signore, nessuno speri di raccogliere un qualche suo frutto.
Eliseo ha un vivo desiderio, brama ricevere lo Spirito di Elia per essere un buon profeta in mezzo al popolo del Signore. Il suo desiderio viene esaudito. Non solo lo attesta il fatto che lui vide Elia mentre veniva rapito su un carro di fuoco. Lo conferma anche l‘altro episodio. Lui prende il mantello di Elia e con esso ferma il corso del Giordano, perché lui possa attraversare il fiume. Eliseo era stato scelto da Dio come suo profeta. Ora è lui stesso che chiede a Dio che lo confermi in questa scelta, ma anche che lo renda capace, idoneo, forte, risoluto nel ministero e per questo chiede che lo Spirito si posi su di lui come si era posato su Elia. Non lo chiede per gloria personale, ma perché vuole compiere bene il ministero profetico che è sulle sue spalle.
Quando il Signore stava per far salire al cielo in un turbine Elia, questi partì da Gàlgala con Eliseo. Elia gli disse: «Rimani qui, perché il Signore mi manda al Giordano». Egli rispose: «Per la vita del Signore e per la tua stessa vita, non ti lascerò». E procedettero insieme. Cinquanta uomini, tra i figli dei profeti, li seguirono e si fermarono di fronte, a distanza; loro due si fermarono al Giordano. Elia prese il suo mantello, l’arrotolò e percosse le acque, che si divisero di qua e di là; loro due passarono sull’asciutto. Appena furono passati, Elia disse a Eliseo: «Domanda che cosa io debba fare per te, prima che sia portato via da te». Eliseo rispose: «Due terzi del tuo spirito siano in me». Egli soggiunse: «Tu pretendi una cosa difficile! Sia per te così, se mi vedrai quando sarò portato via da te; altrimenti non avverrà». Mentre continuavano a camminare conversando, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo. Eliseo guardava e gridava: «Padre mio, padre mio, carro d’Israele e suoi destrieri!». E non lo vide più. Allora afferrò le proprie vesti e le lacerò in due pezzi. Quindi raccolse il mantello, che era caduto a Elia, e tornò indietro, fermandosi sulla riva del Giordano. Prese il mantello, che era caduto a Elia, e percosse le acque, dicendo: «Dov’è il Signore, Dio di Elia?». Quando anch’egli ebbe percosso le acque, queste si divisero di qua e di là, ed Eliseo le attraversò.
Il desiderio di Eliseo dovrà essere desiderio di ogni apostolo del Signore, ogni suo ministro, ogni suo discepolo. Nessuno potrà essere neanche cristiano senza lo Spirito di Dio. Lo Spirito va chiesto ogni giorno, senza alcuna interruzione. È dallo Spirito che tutto è possibile. Senza lo Spirito tutto è impossibile. Senza di lui si è alberi secchi.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.
16 GIUGNO (Sir 48,1-14)
La sua parola bruciava come fiaccola
Elia è profeta grande dinanzi a Dio e agli uomini. È considerato pari a Mosè. Insieme Uno raffigura tutta la Legge, l’Altro tutta la profezia. Gesù loro due sceglie come testimoni della sua trasfigurazione. La Legge e i Profeti attestano la verità della sua Croce, del suo mistero di morte e di risurrezione. Questa è la grandezza di Elia.
Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva (Lc 9,28-33).
Essendo stato rapito in cielo su un carro di fuoco si pensava ad un suo ritorno prima della venuta del giorno del Signore. Questo pensiero nasce dalla profezia in Malachia.
Tenete a mente la legge del mio servo Mosè, al quale ordinai sull’Oreb precetti e norme per tutto Israele. Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore: egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri, perché io, venendo, non colpisca la terra con lo sterminio (Mal 3,22-24).
L’Arcangelo Gabriele illumina Zaccaria. Non è Elia che ritorna. È il suo spirito di fede e di fortezza che sarà dato a Giovanni, che nascerà da lui e da Elisabetta.
Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto». (Lc 1,8-20).
Il Libro del Siracide, facendo l’elogio degli uomini illustri di Israele, racconta con poche, ma essenziali parole tutta la sua vita. Il Siracide fa sua la profezia di Malachia e annunzia anche lui il ritorno di Elia per preparare la venuta del giorno del Signore.
Allora sorse Elia profeta, come un fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola. Egli fece venire su di loro la carestia e con zelo li ridusse a pochi. Per la parola del Signore chiuse il cielo e così fece scendere per tre volte il fuoco. Come ti rendesti glorioso, Elia, con i tuoi prodigi! E chi può vantarsi di esserti uguale? Tu hai fatto sorgere un defunto dalla morte e dagl’inferi, per la parola dell’Altissimo; tu hai fatto precipitare re nella perdizione, e uomini gloriosi dal loro letto. Tu sul Sinai hai ascoltato parole di rimprovero, sull’Oreb sentenze di condanna. Hai unto re per la vendetta e profeti come tuoi successori. Tu sei stato assunto in un turbine di fuoco, su un carro di cavalli di fuoco; tu sei stato designato a rimproverare i tempi futuri, per placare l’ira prima che divampi, per ricondurre il cuore del padre verso il figlio e ristabilire le tribù di Giacobbe. Beati coloro che ti hanno visto e si sono addormentati nell’amore, perché è certo che anche noi vivremo. Appena Elia fu avvolto dal turbine, Eliseo fu ripieno del suo spirito; nei suoi giorni non tremò davanti a nessun principe e nessuno riuscì a dominarlo. Nulla fu troppo grande per lui, e nel sepolcro il suo corpo profetizzò. Nella sua vita compì prodigi, e dopo la morte meravigliose furono le sue opere.
Elia è uomo forte. La sua fede nel Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe, gli fa chiudere il cielo, ma anche aprirlo per far scendere sia la pioggia che il fuoco. È il primo che risuscita un morto. Ha un solo desiderio nel cuore: condurre alla vera fede ogni uomo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci forti nella fede.
17 GIUGNO (2Re 11,1-4.8-18.20)
Mostrò loro il figlio del re
Se il Signore non fosse veramente onnipotente, mai una sola sua parola si sarebbe potuta avverare, mai si avvererebbe. L’uomo è un distruttore, un devastatore, un omicida, un operatore di iniquità. Coma fa la Parola del Signore a realizzarsi se è affidata ad un uomo devastato dal suo peccato di invidia, gelosia, stoltezza, insipienza? Lui ha fatto a Davide un promessa unica in tutta la storia dell’umanità. Gli ha detto che sul suo regno sempre avrebbe regnato un suo discendente. Anzi, gli ha detto qualcosa in più. Che il suo regno sarebbe stato eterno. Ora noi sappiamo che i regni di questo mondo passano da una persona ad un’altra per infinti motivi o cause.
Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. Se farà il male, lo colpirò con verga d’uomo e con percosse di figli d’uomo, ma non ritirerò da lui il mio amore, come l’ho ritirato da Saul, che ho rimosso di fronte a te. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre (2Sam 7,12-16).
Quanto narra il Secondo Libro dei Re, deve convincerci che il Signore veglia sempre sulla sua Parola e in modi inattesi, impensati, neanche immaginabili, suscita al momento giusto la persona che permette alla sua Parola di non morire. Senza il suo intervento puntuale, la storia uscirebbe dalla sua orbita e farebbe collassare tutta l’umanità. Invece Lui vigila, vi pone attenzione, veglia e la Parola produce il suo frutto.
Atalia, madre di Acazia, visto che era morto suo figlio, si accinse a sterminare tutta la discendenza regale. Ma Ioseba, figlia del re Ioram e sorella di Acazia, prese Ioas, figlio di Acazia, sottraendolo ai figli del re destinati alla morte, e lo portò assieme alla sua nutrice nella camera dei letti; lo nascose così ad Atalia ed egli non fu messo a morte. Rimase nascosto presso di lei nel tempio del Signore per sei anni; intanto Atalia regnava sul paese. Il settimo anno Ioiadà mandò a chiamare i comandanti delle centinaia dei Carii e delle guardie e li fece venire presso di sé nel tempio del Signore. Egli concluse con loro un’alleanza, facendoli giurare nel tempio del Signore; quindi mostrò loro il figlio del re. Circonderete il re, ognuno con l’arma in pugno, e chi tenta di penetrare nello schieramento sia messo a morte. Sarete con il re in tutti i suoi movimenti». I comandanti delle centinaia fecero quanto aveva disposto il sacerdote Ioiadà. Ognuno prese i suoi uomini, quelli che entravano in servizio il sabato e quelli che smontavano il sabato, e andarono dal sacerdote Ioiadà. Il sacerdote consegnò ai comandanti di centinaia lance e scudi, già appartenenti al re Davide, che erano nel tempio del Signore. Le guardie, ognuno con l’arma in pugno, si disposero dall’angolo destro del tempio fino all’angolo sinistro, lungo l’altare e l’edificio, in modo da circondare il re. Allora Ioiadà fece uscire il figlio del re e gli consegnò il diadema e il mandato; lo proclamarono re e lo unsero. Gli astanti batterono le mani e acclamarono: «Viva il re!».
Quando sentì il clamore delle guardie e del popolo, Atalia si presentò al popolo nel tempio del Signore. Guardò, ed ecco che il re stava presso la colonna secondo l’usanza, i comandanti e i trombettieri erano presso il re, mentre tutto il popolo della terra era in festa e suonava le trombe. Atalia si stracciò le vesti e gridò: «Congiura, congiura!». Il sacerdote Ioiadà ordinò ai comandanti delle centinaia, preposti all’esercito: «Conducetela fuori in mezzo alle file e chiunque la segue venga ucciso di spada». Il sacerdote infatti aveva detto: «Non sia uccisa nel tempio del Signore». Le misero addosso le mani ed essa raggiunse la reggia attraverso l’ingresso dei Cavalli e là fu uccisa. Ioiadà concluse un’alleanza fra il Signore, il re e il popolo, affinché fosse il popolo del Signore, e così pure fra il re e il popolo. Tutto il popolo della terra entrò nel tempio di Baal e lo demolì, ne fece a pezzi completamente gli altari e le immagini e ammazzò Mattàn, sacerdote di Baal, davanti agli altari. Tutto il popolo della terra era in festa e la città rimase tranquilla: Atalia era stata uccisa con la spada nella reggia.
Se Ioas non fosse stato nascosto, la dinastia di Davide sarebbe scomparsa. Non vi erano altri figli da far salire sul trono di Giuda. Il Signore con mano invisibile, servendosi di mano umana, salva Ioas e la sua Parola rimane stabile in eterno.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede nella Parola.
18 GIUGNO (2Cr 24,17-25)
Perché trasgredite i comandi del Signore?
Sappiamo che Ioiadà aveva impegnato tutta la sua autorità perché Ioas prendesse il trono di Davide suo padre. Ogni uomo è mortale e anche per Ioiadà giunge l’ora di lasciare questo mondo. Lui morto, il re Ioas abbandona la via del Signore e si consegna all’idolatria. Noi sappiamo che la caduta dal Patto dell’Alleanza allontana dal popolo il Signore con la sua benedizione, che è custodia, protezione, prosperità, vita. Nell’idolatria Giuda diviene regno conquistabile. Ogni nemico lo può attaccare, depredare, vincere, spogliare. La forza di Giuda è solo il Signore. I suoi soldati, senza il loro Dio, valgono quanto gli spaventapasseri in un campo di cocomeri.
Ma il Signore ha pietà del suo popolo e manda i suoi profeti. Chi manda ora in Gerusalemme per chiamarlo alla conversione? Zaccaria, il figlio di Ioiadà. La sua parola è un invito ad abbandonare l’idolatria e a ritornare tutti pentiti al loro Dio, che sempre perdona e sempre ritorna con la sua benedizione. Qual è stata la riconoscenza di Ioas verso Ioiadà che lo aveva posto così in alto? Ordina che il figlio Zaccaria venga ucciso. Fu lapidato nel cortile del tempio del Signore. Di questa lapidazione fa memoria Gesù ai farisei e agli scribi del suo tempo.
Perciò ecco, io mando a voi profeti, sapienti e scribi: di questi, alcuni li ucciderete e crocifiggerete, altri li flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città; perché ricada su di voi tutto il sangue innocente versato sulla terra, dal sangue di Abele il giusto fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che avete ucciso tra il santuario e l’altare. In verità io vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione (Mt 23,34-36).
Su ogni peccato dell’uomo sempre vigila il Signore e interviene a suo tempo. Nessuno pensi che il peccato rimanga senza frutti. Sono frutti nel tempo e anche nell’eternità. Se gli uomini avessero un po’ di timore del Signore, saprebbero che dai peccati ci si deve sempre guardare. Essi sono un veleno di morte per ogni uomo che li commette e anche alberi che producono frutti di male per ogni altro uomo, anche se innocente. Anche il nostro Dio gustò nella carne del Figlio suo i frutti di morte del peccato.
Dopo la morte di Ioiadà, i comandanti di Giuda andarono a prostrarsi davanti al re, che allora diede loro ascolto. Costoro trascurarono il tempio del Signore, Dio dei loro padri, per venerare i pali sacri e gli idoli. Per questa loro colpa l’ira di Dio fu su Giuda e su Gerusalemme. Il Signore mandò loro profeti perché li facessero ritornare a lui. Questi testimoniavano contro di loro, ma non furono ascoltati. Allora lo spirito di Dio investì Zaccaria, figlio del sacerdote Ioiadà, che si alzò in mezzo al popolo e disse: «Dice Dio: “Perché trasgredite i comandi del Signore? Per questo non avete successo; poiché avete abbandonato il Signore, anch’egli vi abbandona”». Ma congiurarono contro di lui e per ordine del re lo lapidarono nel cortile del tempio del Signore. Il re Ioas non si ricordò del favore fattogli da Ioiadà, padre di Zaccaria, ma ne uccise il figlio, che morendo disse: «Il Signore veda e ne chieda conto!».
All’inizio dell’anno successivo salì contro Ioas l’esercito degli Aramei. Essi vennero in Giuda e a Gerusalemme, sterminarono fra il popolo tutti i comandanti e inviarono l’intero bottino al re di Damasco. L’esercito degli Aramei era venuto con pochi uomini, ma il Signore mise nelle loro mani un grande esercito, perché essi avevano abbandonato il Signore, Dio dei loro padri. Essi fecero giustizia di Ioas. Quando furono partiti, lasciandolo gravemente malato, i suoi ministri ordirono una congiura contro di lui, perché aveva versato il sangue del figlio del sacerdote Ioiadà, e lo uccisero nel suo letto. Così egli morì e lo seppellirono nella Città di Davide, ma non nei sepolcri dei re.
Quando un re è senza Dio, senza il Dio che lo custodisce e lo protegge, è in mano della sua stessa corte. Gerusalemme viene depredata dagli Aramei. Lo stesso Ioas fu ucciso dai suoi ministri. La sua morte è il frutto non tanto della sua idolatria, ma del peccato di omicidio e ancora molto di più per la sua non riconoscenza verso il suo grande benefattore Ioiadà. Chi vuole preservare se stesso dalla morte, si preservi da ogni peccato. Quando si è nel peccato, si è esposti al peccato del mondo. Il peccato attira il peccato e la morte chiama la morte e a causa del male nasce il male.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, preservateci da ogni male.
19 GIUGNO – XII Domenica T.O. – (Zc 12,10-11)
Guarderanno a me, colui che hanno trafitto
Gesù è il Servo sofferente del Signore. In Lui si compiono Legge, Profezia, Salmi. Nessuna Parola del Signore rimane incompiuta. Lui è il Giusto trafitto per i nostri peccati, castigato per le nostre iniquità. Lui prese volontariamente il nostro peccato.
Signore, non punirmi nella tua collera, non castigarmi nel tuo furore. Le tue frecce mi hanno trafitto, la tua mano mi schiaccia. Per il tuo sdegno, nella mia carne non c’è nulla di sano, nulla è intatto nelle mie ossa per il mio peccato. Le mie colpe hanno superato il mio capo, sono un carico per me troppo pesante. Fetide e purulente sono le mie piaghe a causa della mia stoltezza. Sono tutto curvo e accasciato, triste mi aggiro tutto il giorno. Sono tutti infiammati i miei fianchi, nella mia carne non c’è più nulla di sano. Sfinito e avvilito all’estremo, ruggisco per il fremito del mio cuore. Signore, è davanti a te ogni mio desiderio e il mio gemito non ti è nascosto. Palpita il mio cuore, le forze mi abbandonano, non mi resta neppure la luce degli occhi. I miei amici e i miei compagni si scostano dalle mie piaghe, i miei vicini stanno a distanza. Tendono agguati quelli che attentano alla mia vita, quelli che cercano la mia rovina tramano insidie e tutto il giorno studiano inganni. Io come un sordo non ascolto e come un muto non apro la bocca; sono come un uomo che non sente e non vuole rispondere. Perché io attendo te, Signore; tu risponderai, Signore, mio Dio. Avevo detto: «Non ridano di me! Quando il mio piede vacilla, non si facciano grandi su di me!». Ecco, io sto per cadere e ho sempre dinanzi la mia pena. Ecco, io confesso la mia colpa, sono in ansia per il mio peccato. I miei nemici sono vivi e forti, troppi mi odiano senza motivo: mi rendono male per bene, mi accusano perché cerco il bene. Non abbandonarmi, Signore, Dio mio, da me non stare lontano; vieni presto in mio aiuto, Signore, mia salvezza (Sal 38,1-23).
Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli (Is 53,1-12).
L’Evangelista Giovanni applica la profezia di Zaccaria a Gesù Signore insieme a tutte le altre profezie. La salvezza è dalla contemplazione del Crocifisso e della sua verità.
Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito. In quel giorno grande sarà il lamento a Gerusalemme, simile al lamento di Adad-Rimmon nella pianura di Meghiddo.
Per contemplare il Crocifisso con fede occorrono gli occhi dello Spirito. Allo Spirito di Dio dobbiamo chiedere ogni giorno la grazia di aiutarci a contemplare il Crocifisso. La salvezza nasce da questa contemplazione, da questa visione di purissima fede. La fede deve far nascere nel cuore un amore sempre nuovo per Lui. Amore e fede per Cristo Crocifisso sono la vera forza del cristiano. Il cristiano è dal Crocifisso.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci questo sguardo di fede.
20 GIUGNO (2Re 17,5-8.13-15a.36)
Rigettarono le sue leggi e la sua alleanza
Quanto il Signore aveva promesso al suo popolo il giorno dell’Alleanza puntualmente si compie. Nessuna sua Parola cadrà mai a vuoto. Valeva per ieri, vale per oggi.
Poiché non avrai servito il Signore, tuo Dio, con gioia e di buon cuore in mezzo all’abbondanza di ogni cosa, servirai i tuoi nemici, che il Signore manderà contro di te, in mezzo alla fame, alla sete, alla nudità e alla mancanza di ogni cosa. Essi ti metteranno un giogo di ferro sul collo, finché non ti abbiano distrutto. Il Signore solleverà contro di te da lontano, dalle estremità della terra, una nazione che si slancia a volo come l’aquila: una nazione della quale non capirai la lingua, una nazione dall’aspetto feroce, che non avrà riguardo per il vecchio né avrà compassione del fanciullo. Mangerà il frutto del tuo bestiame e il frutto del tuo suolo, finché tu sia distrutto, e non ti lascerà alcun residuo di frumento, di mosto, di olio, dei parti delle tue vacche e dei nati delle tue pecore, finché ti avrà fatto perire. Ti assedierà in tutte le tue città, finché in tutta la tua terra cadano le mura alte e fortificate, nelle quali avrai riposto la fiducia.
Ti assedierà in tutte le tue città, in tutta la terra che il Signore, tuo Dio, ti avrà dato. Durante l’assedio e l’angoscia alla quale ti ridurrà il tuo nemico, mangerai il frutto delle tue viscere, le carni dei tuoi figli e delle tue figlie che il Signore, tuo Dio, ti avrà dato. L’uomo più raffinato e più delicato tra voi guarderà di malocchio il suo fratello e la donna del suo seno e il resto dei suoi figli che ancora sopravvivono, per non dare ad alcuno di loro le carni dei suoi figli, delle quali si ciberà, perché non gli sarà rimasto più nulla durante l’assedio e l’angoscia alla quale i nemici ti avranno ridotto entro tutte le tue città. La donna più raffinata e delicata tra voi, che per delicatezza e raffinatezza non avrebbe mai provato a posare in terra la pianta del piede, guarderà di malocchio l’uomo del suo seno, il figlio e la figlia, e si ciberà di nascosto di quanto esce dai suoi fianchi e dei bambini che partorirà, mancando di tutto durante l’assedio e l’angoscia alla quale i nemici ti avranno ridotto entro tutte le tue città (Dt 28,47-57).
Questa verità era stata ricordata da Giosuè al popolo del Signore, subito dopo la conquista della Terra Promessa. La terra è del Signore ed è sempre dal Signore.
Ecco, io oggi me ne vado per la via di ogni abitante della terra; riconoscete con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima che non è caduta neppure una parola di tutte le promesse che il Signore, vostro Dio, aveva fatto per voi. Tutte si sono compiute per voi: neppure una parola è caduta. Ma, come è giunta a compimento per voi ogni promessa che il Signore, vostro Dio, vi aveva fatto, così il Signore porterà a compimento contro di voi tutte le minacce, finché vi abbia eliminato da questo terreno buono che il Signore, vostro Dio, vi ha dato. Se trasgredirete l’alleanza che il Signore, vostro Dio, vi ha imposto, andando a servire altri dèi e prostrandovi davanti a loro, l’ira del Signore si accenderà contro di voi e voi sarete spazzati via dalla terra buona che egli vi ha dato» (Gs 23,14-16).
Oggi in modo particolare è questo il nostro peccato: non crediamo che ogni Parola di Dio infallibilmente si compie. Viviamo di credenze su di Lui, ma non di vera fede in Lui.
Il re d’Assiria invase tutta la terra, salì a Samaria e l’assediò per tre anni. Nell’anno nono di Osea, il re d’Assiria occupò Samaria, deportò gli Israeliti in Assiria, e li stabilì a Calach e presso il Cabor, fiume di Gozan, e nelle città della Media. Ciò avvenne perché gli Israeliti avevano peccato contro il Signore, loro Dio, che li aveva fatti uscire dalla terra d’Egitto, dalle mani del faraone, re d’Egitto. Essi venerarono altri dèi, seguirono le leggi delle nazioni che il Signore aveva scacciato davanti agli Israeliti, e quelle introdotte dai re d’Israele. Eppure il Signore, per mezzo di tutti i suoi profeti e dei veggenti, aveva ordinato a Israele e a Giuda: «Convertitevi dalle vostre vie malvagie e osservate i miei comandi e i miei decreti secondo tutta la legge che io ho prescritto ai vostri padri e che ho trasmesso a voi per mezzo dei miei servi, i profeti». Ma essi non ascoltarono, anzi resero dura la loro cervice, come quella dei loro padri, i quali non avevano creduto al Signore, loro Dio. Rigettarono le sue leggi e la sua alleanza, che aveva concluso con i loro padri, e le istruzioni che aveva dato loro. Il Signore si adirò molto contro Israele e lo allontanò dal suo volto e non rimase che la sola tribù di Giuda.
Il regno di Israele si è abbandonato tutto all’idolatria. Mai ha voluto ascoltare i profeti che con premura il Signore gli inviava. La trasgressione dell’Alleanza lo ha reso preda dei popoli e delle nazioni. Uno solo è il vero Custode dell’uomo: il suo Dio.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri servi del Signore.
21 GIUGNO (2Re 19,19,9b-11.14-21.31-35a.36)
Quelli però non erano dèi
Tra il vero Dio e i non Dèi vi è la stessa differenza che esiste tra il Tutto e il nulla, l’Esistente e l’inesistente, L’Eterno e il neanche creato, la Divinità e la vanità. Il re d’Assiria pensa che il Dio d’Israele sia come tutti gli altri Dèi degli altri popoli. Poiché gli altri popoli sono stati da lui sconfitti e sottomessi, così lui sconfiggerà, annienterà Giuda e Gerusalemme. Nessuno si potrà salvare dalla sua mano. È lui il signore onnipotente di tutta la terra e ognuno si deve inchinare alla sua volontà. Ciò che lui decide, avviene. Quanto lui vuole, lo compie anche.
L’errore di questo re è di non conoscenza del vero Dio. Anche il Faraone un tempo fece lo stesso errore. Credeva, stoltamente, perché senza alcuna esperienza che il Dio di Mosè fosse inferiore ai suoi Dèi e che gli Dèi dell’Egitto fossero invincibili, perché lui si credeva invincibile. Poi finì annegato nel Mar Rosso, spinto tra i suoi flutti dalla sua arroganza, ed allora solo prima di finire i suoi giorni dovette confessare che nessuno è come il Dio di Mosè. I suoi non erano veri Dèi. Quello degli Ebrei era invece il vero Dio. Lui aveva in mano tutta la creazione. Era sufficiente una sua Parola e tutto il creato si poneva ai suoi ordini.
Il re d’Assiria non sa, perché non vuole sapere, perché accecato dalla sua superbia, che al Dio che è adorato in Gerusalemme è sufficiente solo pensare una cosa perché essa si realizzi. Basta che lui mandi un solo angelo del cielo e tutto il suo esercito diviene come pula dinanzi ad un urgano. Nulla resta di lui e di tutti i suoi soldati. Ma neanche di un angelo ha bisogno. È sufficiente che ordini alla grandine di cadere dal cielo come grossi macigni e in un istante il suo esercito è nella morte. La storia a questo serve: a rivelarci chi è il vero Dio e se il re fosse stato più umile, di certo il Signore stesso lo avrebbe aiutato in questa conoscenza di Lui, necessaria per poter fare le cose secondo verità per il bene di tutti.
Allora il re d’Assiria inviò di nuovo messaggeri a Ezechia dicendo: «Così direte a Ezechia, re di Giuda: “Non ti illuda il tuo Dio in cui confidi, dicendo: Gerusalemme non sarà consegnata in mano al re d’Assiria. Ecco, tu sai quanto hanno fatto i re d’Assiria a tutti i territori, votandoli allo sterminio. Soltanto tu ti salveresti? Ezechia prese la lettera dalla mano dei messaggeri e la lesse, poi salì al tempio del Signore, l’aprì davanti al Signore e pregò davanti al Signore: «Signore, Dio d’Israele, che siedi sui cherubini, tu solo sei Dio per tutti i regni della terra; tu hai fatto il cielo e la terra. Porgi, Signore, il tuo orecchio e ascolta; apri, Signore, i tuoi occhi e guarda. Ascolta tutte le parole che Sennàcherib ha mandato a dire per insultare il Dio vivente. È vero, Signore, i re d’Assiria hanno devastato le nazioni e la loro terra, hanno gettato i loro dèi nel fuoco; quelli però non erano dèi, ma solo opera di mani d’uomo, legno e pietra: perciò li hanno distrutti. Ma ora, Signore, nostro Dio, salvaci dalla sua mano, perché sappiano tutti i regni della terra che tu solo, o Signore, sei Dio».
Allora Isaia, figlio di Amoz, mandò a dire a Ezechia: «Così dice il Signore, Dio d’Israele: “Ho udito quanto hai chiesto nella tua preghiera riguardo a Sennàcherib, re d’Assiria. Questa è la sentenza che il Signore ha pronunciato contro di lui: Ti disprezza, ti deride la vergine figlia di Sion. Dietro a te scuote il capo la figlia di Gerusalemme. Poiché da Gerusalemme uscirà un resto, dal monte Sion un residuo. Lo zelo del Signore farà questo. Perciò così dice il Signore riguardo al re d’Assiria: “Non entrerà in questa città né vi lancerà una freccia, non l’affronterà con scudi e contro essa non costruirà terrapieno. Ritornerà per la strada per cui è venuto; non entrerà in questa città. Oracolo del Signore. Proteggerò questa città per salvarla, per amore di me e di Davide mio servo”». Ora in quella notte l’angelo del Signore uscì e colpì nell’accampamento degli Assiri centoottantacinquemila uomini. Sennàcherib, re d’Assiria, levò le tende, partì e fece ritorno a Ninive, dove rimase.
Il Signore per mezzo del profeta Geremia rassicura il re di Gerusalemme. Nessuna parola del re d’Assiria andrà a compimento. Come è venuto così dovrà ritornare nel suo paese. Dio, il vero Dio, non permetterà che lui metta piedi nella sua Città. Questa sarà salvata, protetta, custodita. In quella notte stessa un Angelo del Signore visita il campo degli Assisi, semina strage, produce una grande rovina. Vedendosi senza esercito, per Sennàcherib non vi è che la via del ritorno nella sua terra. Così lui sperimenta che vi è differenza tra il Dio di Giuda e ogni altro Dio. Gli altri non sono Dèi. Solo quello di Giuda è Dio Onnipotente, Dio invincibile, Dio che governa tutta la creazione visibile e invisibile, Dio che dice una Parola e la compie. È grande il mistero del nostro Dio. La storia e la creazione è piena della sua verità. L’umile l’accoglie e ne fa tesoro, il superbo la rifiuta a suo eterno danno. Non vi è salvezza per chi rifiuta la verità del vero Dio.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci umili e pieni di fede nel vero Dio.
22 GIUGNO (2Re 22,8-13; 23,1-3)
Il sacerdote Chelkia mi ha dato un libro
Quanto è avvenuto in Gerusalemme rivela qualcosa di sommamente grave. Un popolo che vive di ascolto della Legge del Signore, smarrisce la sola copia posta accanto all’arca e per di più il re, obbligato ad averne una copia anche lui sempre accanto a sé. non sa neanche della sua esistenza. Quando la legge è lontana dagli occhi è anche lontana dal cuore. Senza la Legge nel cuore, presto si diviene idolatri.
Quando il re si insedierà sul trono regale, scriverà per suo uso in un libro una copia di questa legge, secondo l’esemplare dei sacerdoti leviti. Essa sarà con lui ed egli la leggerà tutti i giorni della sua vita, per imparare a temere il Signore, suo Dio, e a osservare tutte le parole di questa legge e di questi statuti, affinché il suo cuore non si insuperbisca verso i suoi fratelli ed egli non si allontani da questi comandi, né a destra né a sinistra, e prolunghi così i giorni del suo regno, lui e i suoi figli, in mezzo a Israele (Dt 17,18-20). Quando Mosè ebbe finito di scrivere su un libro tutte le parole di questa legge, ordinò ai leviti che portavano l’arca dell’alleanza del Signore: «Prendete questo libro della legge e mettetelo a fianco dell’arca dell’alleanza del Signore, vostro Dio. Vi rimanga come testimone contro di te, perché io conosco la tua ribellione e la durezza della tua cervice. Se fino ad oggi, mentre vivo ancora in mezzo a voi, siete stati ribelli contro il Signore, quanto più lo sarete dopo la mia morte! (Dt 31,24-27).
Perché il popolo si ricordasse della Legge vi erano delle prescrizioni precise. Doveva essere come pendaglio dinanzi agli occhi. Anche sugli stipiti delle porte andava scritta.
Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte (Dt 6,4-9). Porrete dunque nel cuore e nell’anima queste mie parole; ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi; le insegnerete ai vostri figli, parlandone quando sarai seduto in casa tua e quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai; le scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte, perché siano numerosi i vostri giorni e i giorni dei vostri figli, come i giorni del cielo sopra la terra, nel paese che il Signore ha giurato ai vostri padri di dare loro (Dt 11,18-21).
Questa regola divina vale anche per noi. La Parola del Signore deve essere letta, meditata, studiata, ascoltata, senza alcuna interruzione. Noi siamo dalla Parola. Viviamo per la Parola. Camminiamo nella Parola. Se perdiamo la Parola, siamo idolatri. Non conosciamo il vero Cristo, la vera Chiesa, il vero bene, il vero male.
Il sommo sacerdote Chelkia disse allo scriba Safan: «Ho trovato nel tempio del Signore il libro della legge». Chelkia diede il libro a Safan, che lo lesse. Lo scriba Safan quindi andò dal re e lo informò dicendo: «I tuoi servitori hanno versato il denaro trovato nel tempio e l’hanno consegnato in mano agli esecutori dei lavori, sovrintendenti al tempio del Signore». Poi lo scriba Safan annunciò al re: «Il sacerdote Chelkia mi ha dato un libro». Safan lo lesse davanti al re. Udite le parole del libro della legge, il re si stracciò le vesti. Il re comandò al sacerdote Chelkia, ad Achikàm figlio di Safan, ad Acbor, figlio di Michea, allo scriba Safan e ad Asaià, ministro del re: «Andate, consultate il Signore per me, per il popolo e per tutto Giuda, riguardo alle parole di questo libro ora trovato; grande infatti è la collera del Signore, che si è accesa contro di noi, perché i nostri padri non hanno ascoltato le parole di questo libro, mettendo in pratica quanto è stato scritto per noi». Il re mandò a radunare presso di sé tutti gli anziani di Giuda e di Gerusalemme. Il re salì al tempio del Signore; erano con lui tutti gli uomini di Giuda, tutti gli abitanti di Gerusalemme, i sacerdoti, i profeti e tutto il popolo, dal più piccolo al più grande. Lesse alla loro presenza tutte le parole del libro dell’alleanza, trovato nel tempio del Signore. Il re, in piedi presso la colonna, concluse l’alleanza davanti al Signore, per seguire il Signore e osservare i suoi comandi, le istruzioni e le leggi con tutto il cuore e con tutta l’anima, per attuare le parole dell’alleanza scritte in quel libro. Tutto il popolo aderì all’alleanza.
Si trova il Libro della Legge, cambia la struttura religiosa e sociale di tutto il popolo. La Legge è il Libro che dona perenne nuova socialità a tutto il popolo del Signore.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dalla Parola per essa.
23 GIUGNO (2Re 24,8-17)
Come aveva detto il Signore
Nessuno pensi che il Signore parli invano, invano dica la sua Parola, invano stringa un’alleanza di vita con il suo popolo. Ogni Parola del Signore si compie a suo tempo. Il Qoelet ci rivela dove risiede l’illusione degli uomini: nella sentenza non immediata. Poiché il Signore lascia sempre del tempo per il pentimento, tutti pensano che la sua Parola sia solamente detta, ma senza alcuna vigilanza per il suo compimento dal parte del Signore. Mentre il non compimento immediato è il frutto della sua misericordia.
Poiché non si pronuncia una sentenza immediata contro una cattiva azione, per questo il cuore degli uomini è pieno di voglia di fare il male; infatti il peccatore, anche se commette il male cento volte, ha lunga vita. Tuttavia so che saranno felici coloro che temono Dio, appunto perché provano timore davanti a lui, e non sarà felice l’empio e non allungherà come un’ombra i suoi giorni, perché egli non teme di fronte a Dio (Qo 8,11-13).
La Parola del Signore lo aveva detto. Il popolo non vi ha creduto. Non ha voluto credere, nonostante il Signore avesse loro inviato numerosi profeti a ricordargliela.
Se non cercherai di eseguire tutte le parole di questa legge, scritte in questo libro, avendo timore di questo nome glorioso e terribile del Signore, tuo Dio, allora il Signore colpirà te e i tuoi discendenti con flagelli prodigiosi: flagelli grandi e duraturi, malattie maligne e ostinate. Farà tornare su di te le infermità dell’Egitto, delle quali tu avevi paura, e si attaccheranno a te. Anche ogni altra malattia e ogni altro flagello, che non sta scritto nel libro di questa legge, il Signore manderà contro di te, finché tu non sia distrutto. Voi rimarrete in pochi uomini, dopo essere stati numerosi come le stelle del cielo, perché non avrai obbedito alla voce del Signore, tuo Dio. Come il Signore gioiva a vostro riguardo nel beneficarvi e moltiplicarvi, così il Signore gioirà a vostro riguardo nel farvi perire e distruggervi. Sarete strappati dal paese in cui stai per entrare per prenderne possesso. Il Signore ti disperderà fra tutti i popoli, da un’estremità all’altra della terra. Là servirai altri dèi, che né tu né i tuoi padri avete conosciuto, dèi di legno e di pietra. Fra quelle nazioni non troverai sollievo e non vi sarà luogo di riposo per la pianta dei tuoi piedi. Là il Signore ti darà un cuore trepidante, languore di occhi e animo sgomento. La tua vita ti starà dinanzi come sospesa a un filo. Proverai spavento notte e giorno e non sarai sicuro della tua vita. Alla mattina dirai: “Se fosse sera!” e alla sera dirai: “Se fosse mattina!”, a causa dello spavento che ti agiterà il cuore e delle cose che i tuoi occhi vedranno. Il Signore ti farà tornare in Egitto su navi, per una via della quale ti ho detto: “Non dovrete più rivederla!”. E là vi metterete in vendita ai vostri nemici come schiavi e schiave, ma nessuno vi acquisterà» (Dt 28,58-68).
È verità eterna: nessuna parola del Signore rimarrà incompiuta. Esse tutte si realizzeranno sia sulla terra che nell’eternità. Tutte vanno accolte con fede immediata.
Quando divenne re, Ioiachìn aveva diciotto anni; regnò tre mesi a Gerusalemme. Sua madre era di Gerusalemme e si chiamava Necustà, figlia di Elnatàn. Fece ciò che è male agli occhi del Signore, come aveva fatto suo padre. In quel tempo gli ufficiali di Nabucodònosor, re di Babilonia, salirono a Gerusalemme e la città fu assediata. Nabucodònosor, re di Babilonia, giunse presso la città mentre i suoi ufficiali l’assediavano. Ioiachìn, re di Giuda, uscì incontro al re di Babilonia, con sua madre, i suoi ministri, i suoi comandanti e i suoi cortigiani; il re di Babilonia lo fece prigioniero nell’anno ottavo del suo regno. Asportò di là tutti i tesori del tempio del Signore e i tesori della reggia; fece a pezzi tutti gli oggetti d’oro che Salomone, re d’Israele, aveva fatto nel tempio del Signore, come aveva detto il Signore. Deportò tutta Gerusalemme, cioè tutti i comandanti, tutti i combattenti, in numero di diecimila esuli, tutti i falegnami e i fabbri; non rimase che la gente povera della terra. Deportò a Babilonia Ioiachìn; inoltre portò in esilio da Gerusalemme a Babilonia la madre del re, le mogli del re, i suoi cortigiani e i nobili del paese. Inoltre tutti gli uomini di valore, in numero di settemila, i falegnami e i fabbri, in numero di mille, e tutti gli uomini validi alla guerra, il re di Babilonia li condusse in esilio a Babilonia. Il re di Babilonia nominò re, al posto di Ioiachìn, Mattania suo zio, cambiandogli il nome in Sedecìa.
La nostra fede oggi è fondata su un sentimento sterile, vuoto, su una vana filosofia su Dio. O riprendiamo la Parola come unico e solido fondamento della fede, o il fallimento eterno ci avvolgerà. La vita eterna è nella Parola. Fuori della Parola vi è solo morte.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di vera fede nella Parola.
24 GIUGNO (Is 49,1-6)
Mi ha plasmato suo servo dal seno materno
La Scrittura Santa si serve di questa espressione: “Fin dal seno materno”, o “Fin dal seno di mia madre”, per significare che non vi è da parte dell’uomo nessun merito, nessuna opera. Tutto è stato, tutto avviene per purissima grazia e misericordia del Signore. La vita secondo natura è grazia. Anche la vocazione è solo grazia.
L’angelo del Signore apparve a questa donna e le disse: «Ecco, tu sei sterile e non hai avuto figli, ma concepirai e partorirai un figlio. Ora guàrdati dal bere vino o bevanda inebriante e non mangiare nulla d’impuro. Poiché, ecco, tu concepirai e partorirai un figlio sulla cui testa non passerà rasoio, perché il fanciullo sarà un nazireo di Dio fin dal seno materno; egli comincerà a salvare Israele dalle mani dei Filistei» (Gdc 13,3-5). Sii tu la mia roccia, una dimora sempre accessibile; hai deciso di darmi salvezza: davvero mia rupe e mia fortezza tu sei! Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio, dal pugno dell’uomo violento e perverso. Sei tu, mio Signore, la mia speranza, la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza. Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno, dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno: a te la mia lode senza fine. Per molti ero un prodigio, ma eri tu il mio rifugio sicuro (Sal 71 (70), 3-7).
I nemici incendiarono l’eletta città del santuario, resero deserte le sue strade, secondo la parola di Geremia, che essi però maltrattarono, benché fosse stato consacrato profeta nel seno materno, per estirpare, distruggere e mandare in rovina, ma anche per costruire e piantare (Sir 49,6-7). Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri. Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco (Gal 1,13-17). Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». (Cfr. Ger 1,4-19.17-18).
Anche se Sansone, Geremia, Paolo, altri sono stati chiamati fin dal seno della madre, vi è una differenza sostanziale tra tutti costoro e Giovanni il Battista. Quest’ultimo non solo fu chiamato prima ancora di essere formato nel seno della madre, in esso fu anche ricolmato di Spirito Santo. Il Padre celeste lo avvolse dello Spirito di fede e di fortezza. Lo ha colmato di Lui, già dal sesto mese della sua esistenza. Questa differenza va affermata. Per questa altissima grazia che il Signore gli ha fatto, Gesù afferma di lui che è il più grande nato da donna. Vanno esclusi sia Gesù che la Vergine Maria. Essi sono di un’altra grandezza e di una modalità infinitamente differente.
Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra».
Più grande è la missione che si deve compiere è più grande e potente dovrà essere la grazia e lo Spirito Santo che devono ricolmare il cuore, la mente, lo spirito, l’anima, lo stesso corpo. Missione di salvezza, grazia e Spirito Santo devono essere una cosa sola. Una nave per solcare il mare ha bisogno di una sua modalità, così un aereo, così un treno, così qualsiasi altro mezzo. La stessa cosa vale per la missione. Più la missione è alta, più alta dovrà essere la grazia e la potenza dello Spirito Santo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di ogni grazia.
25 GIUGNO (Lam 2,2.10-14.18-19)
I tuoi profeti hanno avuto per te visioni di cose vane
La Parola del Signore si è puntualmente compiuta. Gerusalemme è distrutta, rasa al suolo. Il suo tempio devastato, spogliato, depredato, ridotto in macerie. Uomini, donne, bambini sono stati decimati dalla fame, dalla peste, dalla spada. Quanti sono rimasti, hanno preso la via dell’esilio. Sono deportati e condotti in Babilonia. Il profeta vede la miseria del suo popolo. Geme al posto di tutto Giuda. Responsabile di questo immane disastro sono i profeti. Essi hanno dato garanzie ma non sulla Parola del Signore, contro di essa. Ma il Signore aveva avvisato il suo popolo. Glielo aveva detto di non ascoltare i falsi profeti. Geremia era stata voce disprezzata e umiliata.
Neppure i sacerdoti si domandarono: “Dov’è il Signore?”. Gli esperti nella legge non i hanno conosciuto, i pastori si sono ribellati contro di me, i profeti hanno profetato in nome di Baal e hanno seguito idoli che non aiutano. Per questo intenterò ancora un processo contro di voi – oracolo del Signore – e farò causa ai figli dei vostri figli. Come viene svergognato un ladro sorpreso in flagrante, così restano svergognati quelli della casa d’Israele, con i loro re, i loro capi, i loro sacerdoti e i loro profeti. Dicono a un pezzo di legno: “Sei tu mio padre”, e a una pietra: “Tu mi hai generato”. A me rivolgono le spalle, non la faccia; ma al tempo della sventura invocano: “Àlzati, salvaci!”. Dove sono gli dèi che ti sei costruito? Si alzino, se sono capaci di salvarti nel tempo della sventura; poiché numerosi come le tue città sono i tuoi dèi, o Giuda! (Cfr. Ger 2,1-27).
Oracolo del Signore. Hanno rinnegato il Signore, hanno proclamato: «Non esiste! Non verrà sopra di noi la sventura, non vedremo né spada né fame. I profeti sono diventati vento, la sua parola non è in loro». Perciò dice il Signore, Dio degli eserciti: «Poiché avete fatto questo discorso, farò delle mie parole come un fuoco sulla tua bocca e questo popolo sarà la legna che esso divorerà. Ecco, manderò da lontano una nazione contro di te, casa d’Israele. Cose spaventose e orribili avvengono nella terra: i profeti profetizzano menzogna e i sacerdoti governano al loro cenno, e il mio popolo ne è contento. Che cosa farete quando verrà la fine? (Cfr. Ger 5,1-31).
I falsi profeti di certo hanno una loro personale colpa, ma anche sono responsabili il re e i sacerdoti. È la coalizione nella falsità tra falsi profeti, sacerdoti e re la causa della rovina del regno di Giuda e la sua deportazione. Questa verità vale anche per la Chiesa. Quando Vescovi, Teologi, Moralisti, Evangelizzatori convergono nella falsità, è allora che il Corpo di Cristo cade nella schiavitù del male. Questo mai accade se ognuno rimane nella verità. Il Vescovo deve vegliare sul teologo, il Teologo sul Moralista, il Moralista sull’Evangelizzatore, l’Evangelizzatore sul Vescovo, il vero Profeta sull’intero Corpo di Cristo. Geremia vigila, ma non è ascoltato.
Il Signore ha distrutto senza pietà tutti i pascoli di Giacobbe; ha abbattuto nella sua ira le fortezze della figlia di Giuda, ha prostrato a terra, ha profanato il suo regno e i suoi capi. Siedono a terra in silenzio gli anziani della figlia di Sion, hanno cosparso di cenere il capo, si sono cinti di sacco; curvano a terra il capo le vergini di Gerusalemme. Si sono consunti per le lacrime i miei occhi, le mie viscere sono sconvolte; si riversa per terra la mia bile per la rovina della figlia del mio popolo, mentre viene meno il bambino e il lattante nelle piazze della città. Alle loro madri dicevano: «Dove sono il grano e il vino?». Intanto venivano meno come feriti nelle piazze della città; esalavano il loro respiro in grembo alle loro madri. A che cosa ti assimilerò? A che cosa ti paragonerò, figlia di Gerusalemme? A che cosa ti eguaglierò per consolarti, vergine figlia di Sion? Poiché è grande come il mare la tua rovina: chi potrà guarirti? I tuoi profeti hanno avuto per te visioni di cose vane e insulse, non hanno svelato la tua colpa per cambiare la tua sorte; ma ti hanno vaticinato lusinghe, vanità e illusioni. Grida dal tuo cuore al Signore, gemi, figlia di Sion; fa’ scorrere come torrente le tue lacrime, giorno e notte! Non darti pace, non abbia tregua la pupilla del tuo occhio! Àlzati, grida nella notte, quando cominciano i turni di sentinella, effondi come acqua il tuo cuore, davanti al volto del Signore; alza verso di lui le mani per la vita dei tuoi bambini, che muoiono di fame all’angolo di ogni strada.
Un solo ministro mai potrà essere la rovina del popolo di Dio. Un ministro causa rovina, quando l’altro ministro si associa nella falsità e nella menzogna.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, spezzate ogni catena iniqua.
26 GIUGNO – XIII Domenica T.O. – (1Re 19,16b.19-21)
Sai che cosa ho fatto per te
Fino ad Elia, l’unico successore designato, scelto, chiamato da Dio, è stato Giosuè. Il Signore ha voluto Lui che il figlio di Nun succedesse a Mosè, suo fedele servo. Successori hanno però tutti i re e tutti i sacerdoti. I profeti sono senza successione. Mosè, essendo profeta del Dio vivente, non ha successori. Il Signore ha voluto dargliene uno. È una rara eccezione. Ma pur essendo successore, è stato Lui a sceglierlo. Giosuè, come Mosè, e tutti gli altri sono dalla diretta volontà di Dio.
Valoroso in guerra fu Giosuè, figlio di Nun, successore di Mosè nell’ufficio profetico; secondo il suo nome, egli fu grande per la salvezza degli eletti di Dio, compiendo la vendetta contro i nemici insorti, per assegnare l’eredità a Israele (Sir 46,1-). Poi Mosè chiamò Giosuè e gli disse alla presenza di tutto Israele: «Sii forte e fatti animo, perché tu condurrai questo popolo nella terra che il Signore giurò ai loro padri di darvi: tu gliene darai il possesso. Il Signore stesso cammina davanti a te. Egli sarà con te, non ti lascerà e non ti abbandonerà. Non temere e non perderti d’animo!». Il Signore disse a Mosè: «Ecco, i giorni della tua morte sono vicini. Chiama Giosuè e presentatevi nella tenda del convegno, perché io gli comunichi i miei ordini». Mosè e Giosuè andarono a presentarsi nella tenda del convegno. Il Signore apparve nella tenda in una colonna di nube, e la colonna di nube stette all’ingresso della tenda (Dt 31,7-8.14-15).
Anche Eliseo, è scelto per essere successore di Elia, ma è scelto da Dio, non dal profeta. Il profeta non ha questa missione. La ragione è semplicissima: il profeta è mandato per dire la Parola attuale di Dio, i suoi Oracoli, le sue Profezie, i suoi Giudizi sul popolo del Signore. Tutte queste cose devono discendere momento per momento dal Signore. Il sacerdote può avere successori perché lui deve esercitare il culto. Le modalità si apprendono dal padre e dalla stessa legge. Così dicasi anche per il re. Lui è chiamato ad amministrare la giustizia. Anche essa si apprende dal padre e dalla Legge. La Parola attuale deve essere per dono immediato di Dio. Nessun uomo può dare questa Parola che è sempre storica, di oggi e non di ieri. Infatti ogni profeta parla una particolare Parola del Signore. È la particolare parola che li rende unici, differenti gli uni dagli altri. È la ragione per cui il ministero profetico può venire solo da Dio.
Ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto. Partito di lì, Elia trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elia, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elia disse: «Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per te». Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio.
Elia si reca da Eliseo e gli getta addosso il suo mantello. È il mantello del profeta. Eliseo comprende all’istante cosa Elia aveva fatto di lui e chiede solo di potersi congedare con quelli di casa. Cosa che il profeta gli concede. Ora Eliseo è a servizio di Elia, suo fedele compagno nello svolgimento del suo ministero. Anche Gesù chiama, sotto mozione dello Spirito e nel compimento della purissima volontà del Padre, gli Apostoli al suo servizio, per stare con Lui, per essere da Lui formati.
Vi è però una altissima, sostanziale differenza tra la relazione di Eliseo con Elia e quella degli Apostoli con Gesù. Eliseo dovrà essere per il momento solo compagno di Elia. Poi quando Elia sarà rapito in cielo sul carro di fuoco, riceverà lo Spirito del suo Maestro e sarà mosso dallo Spirito nell’opera da compiere. Non farà però ciò che ha fatto Elia. La missione è particolare, unica. Gli Apostoli invece dovranno conoscere chi è Cristo, cosa dice, cosa opera, come si relaziona con ogni uomo, come vive la sua passione e morte, quali sono i frutti del suo sacrificio. Anche da risorto dovranno conoscerlo e mentre sale al cielo. Essi nello Spirito Santo dovranno annunciare Cristo, mostrando nel loro corpo la vita del loro Maestro. Ognuno mostrerà Cristo secondo modalità indicate dallo Spirito Santo, ma solo Cristo dovrà essere l’oggetto della loro missione. Essi danno Cristo, vivendo in Cristo, con Cristo, per Cristo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci a conoscere Cristo.
27 GIUGNO (Am 2,6-10)
Hanno venduto il giusto per denaro
Amos è il profeta che inizia la sua missione, annunziando il giudizio di Dio sulle nazioni, su Israele e su Giuda. Ognuno è giudicato dal Signore secondo la coscienza – nazioni pagane – secondo la Legge, Giuda e Samaria. La coscienza è legge per i pagani. Questa verità è fortemente insegnata da Paolo.
Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Damasco e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno trebbiato Gàlaad con trebbie ferrate. Alla casa di Cazaèl manderò il fuoco e divorerà i palazzi di Ben-Adàd; spezzerò il catenaccio di Damasco, sterminerò chi siede sul trono di Bikat-Aven e chi detiene lo scettro di Bet-Eden, e il popolo di Aram sarà deportato in esilio a Kir», dice il Signore. Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Gaza e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno deportato popolazioni intere per consegnarle a Edom. Manderò il fuoco alle mura di Gaza e divorerà i suoi palazzi, sterminerò chi siede sul trono di Asdod e chi detiene lo scettro di Àscalon; rivolgerò la mia mano contro Ekron e così perirà il resto dei Filistei», dice il Signore.
Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Tiro e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno deportato popolazioni intere a Edom, senza ricordare l’alleanza fraterna. Manderò il fuoco alle mura di Tiro e divorerà i suoi palazzi». Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Edom e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché ha inseguito con la spada suo fratello e ha soffocato la pietà verso di lui, perché la sua ira ha sbranato senza fine e ha conservato lo sdegno per sempre. Manderò il fuoco a Teman e divorerà i palazzi di Bosra».
Così dice il Signore: «Per tre misfatti degli Ammoniti e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno sventrato le donne incinte di Gàlaad per allargare il loro confine. 14Darò fuoco alle mura di Rabbà e divorerà i suoi palazzi, tra il fragore di un giorno di battaglia, fra il turbine di un giorno di tempesta. Il loro re andrà in esilio, egli insieme ai suoi comandanti», dice il Signore (Am 1,3-15). Così dice il Signore: «Per tre misfatti di Moab e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché ha bruciato le ossa del re di Edom per ridurle in calce. Manderò il fuoco a Moab e divorerà i palazzi di Keriòt e Moab morirà nel tumulto, al grido di guerra, al suono del corno. Eliminerò dal suo seno chi governa, ucciderò, insieme con lui, tutti i suoi prìncipi», dice il Signore (Am 2,1-3).
Vi è una coscienza nell’uomo che nessuno potrà mai disattendere. Si può soffocare nell’ingiustizia, ma mai spegnere. Nessuno potrà mai vincere la luce che il Creatore dell’uomo ha scritto nel suo essere. Se si spegnesse la coscienza l’uomo sarebbe irresponsabile del male da esso operato. Invece di ogni male lui è responsabile dinanzi a Dio e agli uomini per l’eternità. L’inferno è dannazione eterna proprio per questo: la coscienza sempre rimprovererà all’uomo i suoi peccati. È la coscienza il verme che non muore, di cui parla Gesù nel Vangelo secondo Marco.
Così dice il Signore: «Per tre misfatti d’Israele e per quattro non revocherò il mio decreto di condanna, perché hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali, essi che calpestano come la polvere della terra la testa dei poveri e fanno deviare il cammino dei miseri, e padre e figlio vanno dalla stessa ragazza, profanando così il mio santo nome. Su vesti prese come pegno si stendono presso ogni altare e bevono il vino confiscato come ammenda nella casa del loro Dio. Eppure io ho sterminato davanti a loro l’Amorreo, la cui statura era come quella dei cedri e la forza come quella della quercia; ho strappato i suoi frutti in alto e le sue radici di sotto. Io vi ho fatto salire dalla terra d’Egitto e vi ho condotto per quarant’anni nel deserto, per darvi in possesso la terra dell’Amorreo.
Il popolo del Signore ha ricevuto la Legge, riceve perennemente la Parola viva attraverso i profeti. Esso non sarà giudicato secondo la coscienza, ma secondo la Legge e la Parola. La sua responsabilità è infinitamente più grande. Grandissimo è il dono che il Signore gli ha fatto e altrettanto grande è la sua responsabilità dinanzi al suo Redentore e agli uomini. Non solo la Legge e la Parola il Signore ha dato, dona al suo popolo, lo ha anche arricchito di ogni altro dono di grazia e di vita. Lo ha liberato dalla schiavitù d’Egitto e degli altri popoli. Ha dato loro una terra di libertà.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di coscienza nella Parola.
28 GIUGNO (Am 3,1-8; 4,11-12)
Prepàrati all’incontro con il tuo Dio, o Israele!
Il giorno del giudizio viene per ogni uomo: viene nel tempo e anche nell’ultimo giorno della nostra vita e quando il Signore verrà per fare nuovi cieli e nuova terra. Gesù ci dice che Lui conoscerà solo quanti hanno conosciuto Lui e Lui è conosciuto solo da quanti conoscono la sua Parola, perché la vivono in pienezza di verità.
Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano! Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!” (Mt 7,13-14.21-23).
Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora (Mt 25,1-13).
Perché se la Parola di Gesù, ma già di Dio nell’Antico Testamento era esplicita, l’uomo non vi ha creduto e neanche oggi si crede in essa? Perché l’uomo è come l’acqua: più si vive di Parola, più lui diviene fede, speranza e carità, così come l’acqua più si avvicina al fuoco e più si trasforma in vapore. Meno l’uomo vive di Parola e più diviene di ferro, nella mente e nel cuore, si fa duro come bronzo. Così come avviene per l’acqua. Si allontana dal fuoco, dalla sorgente di calore, diviene duro ghiaccio. Quanti vivono nel peccato, mai potranno credere nella Parola e quindi neanche nel giudizio di Dio mai crederanno. Sono dal cuore di ferro, bronzo, ghisa. Quanti invece vivono di Parola, crescono in essa, diventa a poco a poco verità nel loro corpo, spirito, anima. Più crescono e più vedono le trasgressioni anche nella loro piccolezza.
Ascoltate questa parola, che il Signore ha detto riguardo a voi, figli d’Israele, e riguardo a tutta la stirpe che ho fatto salire dall’Egitto: «Soltanto voi ho conosciuto tra tutte le stirpi della terra; perciò io vi farò scontare tutte le vostre colpe. Camminano forse due uomini insieme, senza essersi messi d’accordo? Ruggisce forse il leone nella foresta, se non ha qualche preda? Il leoncello manda un grido dalla sua tana, se non ha preso nulla? Si precipita forse un uccello a terra in una trappola, senza che vi sia un’esca? Scatta forse la trappola dal suolo, se non ha preso qualche cosa? Risuona forse il corno nella città, senza che il popolo si metta in allarme? Avviene forse nella città una sventura, che non sia causata dal Signore? In verità, il Signore non fa cosa alcuna senza aver rivelato il suo piano ai suoi servitori, i profeti. Ruggisce il leone: chi non tremerà? Il Signore Dio ha parlato: chi non profeterà? «Vi ho travolti come Dio aveva travolto Sòdoma e Gomorra, eravate come un tizzone strappato da un incendio; ma non siete ritornati a me». Oracolo del Signore. Perciò ti tratterò così, Israele! Poiché questo devo fare di te: prepàrati all’incontro con il tuo Dio, o Israele!
Dio invita il suo popolo per mezzo di Amos ad osservare la sua storia di morte e non di vita, di insuccesso e non di successo. È questo un evidente segno che essi non vivono nella Parola. Se continueranno a non vivere in essa, sarà la loro fine. Saranno travolti dalla loro idolatria. Popoli aggressori verranno e li devasteranno, trascinandoli in esilio, dopo aver distrutto le loro città e ucciso molti dei loro fratelli.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede nella Parola.
29 GIUGNO (At 12,1-11)
E le catene gli caddero dalle mani
Gesù conforta la sua Chiesa in molti modi. Donando ad ogni suo discepolo la forza del martirio. Ricolmando i cuori di gioia e di letizia per le sofferenze subite per il nome di Gesù Signore. Compiendo per mezzo degli Apostoli miracoli e prodigi in tutto simili a quelli da Lui operati durante la sua missione. Oggi il Signore conforta tutti i credenti in Lui, attestando che è solo Lui il Signore della storia. È Lui che la guida secondo il suo volere. Nessuno potrà sottrarla alla sua eterna e divina volontà di salvezza.
Il re Erode non può credersi un Dio. Lui è un empio e da vero empio muore. Muore subito dopo aver commesso un grave crimine contro la Chiesa del Dio vivente. È stato lui infatti a volere la morte di Giacomo ed era anche pronto ad uccidere Pietro.
Sul far del giorno, c’era non poco scompiglio tra i soldati: che cosa mai era accaduto di Pietro? Erode lo fece cercare e, non essendo riuscito a trovarlo, fece processare le sentinelle e ordinò che fossero messe a morte; poi scese dalla Giudea e soggiornò a Cesarèa. Egli era infuriato contro gli abitanti di Tiro e di Sidone. Questi però si presentarono a lui di comune accordo e, dopo aver convinto Blasto, prefetto della camera del re, chiedevano pace, perché il loro paese riceveva viveri dal paese del re. Nel giorno fissato Erode, vestito del manto regale e seduto sul podio, tenne loro un discorso. La folla acclamava: «Voce di un dio e non di un uomo!». Ma improvvisamente un angelo del Signore lo colpì, perché non aveva dato gloria a Dio; ed egli, divorato dai vermi, spirò (At 12,18-23).
Gesù si rivela vero Signore degli uomini, degli eventi, Signore sulla sua Chiesa, presente ed operante in mezzo ad essa, perché manda un suo Angelo perché faccia uscire Pietro dalla prigione. La Chiesa lo vuole, ha bisogno di Lui, lo sta chiedendo con preghiera unanime. Gesù non può non ascoltare la preghiera della sua Chiesa quando essa prega per il suo più grande bene spirituale. La Chiesa è se stesso. È come se fosse Lui stesso a pregare per la sua vita. Liberando Pietro dal carcere non solo Gesù si rivela come il vero Signore, dice anche alla sua Chiesa che ogni qualvolta essa pregherà per il suo più grande bene, Lui sempre l’ascolterà. Nulla per Lui è impossibile. Basta un suo cenno e tutti gli Angeli del cielo sono a suo servizio per compiere la sua volontà. Se gli tutti gli Angeli del cielo – per un assurdo fossero incapaci di realizzare il suo volere – scenderebbe Lui personalmente in campo con la sua onnipotenza eterna.
In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa. Fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che ciò era gradito ai Giudei, fece arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli Azzimi. Lo fece catturare e lo gettò in carcere, consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua. Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui. In quella notte, quando Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro, piantonato da due soldati e legato con due catene, stava dormendo, mentre davanti alle porte le sentinelle custodivano il carcere. Ed ecco, gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: «Àlzati, in fretta!». E le catene gli caddero dalle mani. L’angelo gli disse: «Mettiti la cintura e légati i sandali». E così fece. L’angelo disse: «Metti il mantello e seguimi!». Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si rendeva conto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell’angelo: credeva invece di avere una visione. Essi oltrepassarono il primo posto di guardia e il secondo e arrivarono alla porta di ferro che conduce in città; la porta si aprì da sé davanti a loro. Uscirono, percorsero una strada e a un tratto l’angelo si allontanò da lui. Pietro allora, rientrato in sé, disse: «Ora so veramente che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che il popolo dei Giudei si attendeva».
Ora la Chiesa sa qual è la sua forza: la preghiera unanime, concorde. Quando la Chiesa si fa una sola voce, un solo cuore, una sola bocca, un solo desiderio di amore e lo manifesta al suo Sposo, subito Lui scende e realizza il suo desiderio di bene. Tutti noi ci dobbiamo educare a questa preghiera concorde. Noi spesso non solo preghiamo nella discordia del cuore e della mente. A volte neanche crediamo nella preghiera.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci concordi nella Preghiera.
30 GIUGNO (Am 7,10-17)
Va’, profetizza al mio popolo Israele
Il Sacerdote è solo a servizio di Dio. Mai dovrà trasformarsi in un servo dell’uomo. Lui serve Dio per servire l’uomo sempre secondo la volontà di Dio. Quando un sacerdote serve l’uomo o dalla sua volontà o dalla volontà dell’uomo, tradisce il mandato per cui è stato costituito. Tre verità sulla missione del presbitero, una di Paolo, una di Pietro, l’altra della Lettera agli Ebrei, ci rivelano bene il ministero del Sacerdote.
Ognuno ci consideri come servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele (1Cor 4,1-2). Esorto gli anziani che sono tra voi, quale anziano come loro, testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi: pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce (1Pt 5,1-4). Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova (Eb 2,14-18).
Ogni sommo sacerdote, infatti, è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato, gliela conferì come è detto in un altro passo: Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek. Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek (Eb 5,1-10).
Amasia è sacerdote a servizio del re. Serve il peccato del re. Amos è profeta di Dio, serve Dio nei suoi interessi di Parola, verità, giustizia, santità. Il primo è servo delle tenebre, il secondo della luce. Mai vi potrà essere alcuna intesa. Amos è visto come uno che disturba l’andamento del peccato. È invitato a recarsi altrove.
Amasia, sacerdote di Betel, mandò a dire a Geroboamo, re d’Israele: «Amos congiura contro di te, in mezzo alla casa d’Israele; il paese non può sopportare le sue parole, poiché così dice Amos: “Di spada morirà Geroboamo, e Israele sarà condotto in esilio lontano dalla sua terra”». Amasia disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritirati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno». Amos rispose ad Amasia e disse: «Non ero profeta né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro. Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele. Ora ascolta la parola del Signore: Tu dici: “Non profetizzare contro Israele, non parlare contro la casa d’Isacco”. Ebbene, dice il Signore: “Tua moglie diventerà una prostituta nella città, i tuoi figli e le tue figlie cadranno di spada, la tua terra sarà divisa con la corda in più proprietà; tu morirai in terra impura e Israele sarà deportato in esilio lontano dalla sua terra”».
Amos non può andare altrove. Il profeta non è dalla sua volontà. A Betel il Signore lo ha mandato. A Betel dovrà profetizzare. A Betel dovrà gridare la Parola del Signore. Se Amasia fosse sacerdote del Dio vivente e non del re, il profeta sarebbe inutile. Dio sempre chiama i suoi profeti, quando i sacerdoti si sono venduti al re e agli uomini.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fate veri i ministri di Dio.
CONCLUSIONE
La Parola del Signore è simile ad una foresta ancora tutta vergine. Ancora solo i margini si sono esplorati. Possiamo affermare che essa è così fitta e spessa che per potervi penetrare anche di qualche metro, occorre tutta la luce, la sapienza, l’intelligenza, la fortezza dello Spirito Santo. Il mistero contenuto nella Parola è così alto, profondo, largo, da far dire allo stesso Paolo, che di certo non era un esploratore inesperto o incapace, che la sapienza di Dio è ben oltre ogni mente creata.
O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen (Rm 11,33-36).
San Paolo costruisce questa sua affermazione servendosi di brani separati e autori diversi dell’Antico Testamento: Isaia, Geremia, Giobbe.
Chi ha misurato con il cavo della mano le acque del mare e ha calcolato l’estensione dei cieli con il palmo? Chi ha valutato con il moggio la polvere della terra e ha pesato con la stadera le montagne e i colli con la bilancia? Chi ha diretto lo spirito del Signore e come suo consigliere lo ha istruito? A chi ha chiesto di consigliarlo, di istruirlo, di insegnargli il sentiero del diritto, di insegnargli la conoscenza e di fargli conoscere la via della prudenza? Ecco, le nazioni sono come una goccia che cade da un secchio, contano come polvere sulla bilancia; ecco, le isole pesano quanto un granello di sabbia. Il Libano non basterebbe per accendere il rogo, né le sue bestie per l’olocausto. Tutte le nazioni sono come un niente davanti a lui, come nulla e vuoto sono da lui ritenute. A chi potreste paragonare Dio e quale immagine mettergli a confronto? (Is 40,12-18). Ma chi ha assistito al consiglio del Signore, chi l’ha visto e ha udito la sua parola? Chi vi ha fatto attenzione e ha obbedito? Ecco la tempesta del Signore, il suo furore si scatena; una tempesta travolgente turbina sul capo dei malvagi. Non cesserà l’ira del Signore, finché non abbia compiuto e attuato i progetti del suo cuore. Alla fine dei giorni lo comprenderete pienamente! Io non ho inviato questi profeti ed essi corrono; non ho parlato a loro ed essi profetizzano. Se hanno assistito al mio consiglio, facciano udire le mie parole al mio popolo e li distolgano dalla loro condotta perversa e dalla malvagità delle loro azioni. Sono forse Dio solo da vicino? Oracolo del Signore. Non sono Dio anche da lontano? Può nascondersi un uomo nel nascondiglio senza che io lo veda? Oracolo del Signore. Non riempio io il cielo e la terra? Oracolo del Signore (Ger 23,18-24). Hai tu avuto accesso ai segreti consigli di Dio e ti sei appropriato tu solo della sapienza? (Gb 15,8).
La stessa verità da lui viene rivelata nella Prima Lettera ai Corinzi. La sapienza che è di questo mondo mai potrà cogliere la sapienza che è Dio stesso. Potrà se il Signore la rivela al suo cuore, sempre però nella misura in cui il cuore è capace di coglierla.
Tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano.
Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. Ma l’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito. L’uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno. Infatti chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo consigliare? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo (1Cor 2,6-16).
Vogliamo dire con molta semplicità che non ci si può accostare alla Parola del Signore con progetti già definiti, tesi confezionate, programmi elaborati. La Parola di Dio non serve a puntellare le nostre esigenze di umana sapienza. Dinanzi ad essa ci si deve presentare sempre nudi, spogli, senza alcuna nostra verità, idea, teologia, ascesi, morale e neanche mistica da giustificare, fondare.
Si entra nella foresta, si cammina in essa, per quanto ci è dato di camminare, ci si lascia conquistare dalla bellezza che è sempre nuova dinanzi ai nostri occhi. Quando l’uomo si rivolge alla Parola con i suoi pensieri, le sue categorie, anche le sue tradizioni, i suoi scismi, le sue divisioni, le sue contrapposizioni, i suoi teoremi, la sua volontà di giustificare se stesso, la Parola non parla. Essa resta muta in eterno.
Se invece ci si addentra in essa con il cuore puro, la mente libera, il desiderio di lasciarsi parlare da Dio, la Parola diventa assai eloquente, ti conduce nel mistero, ti svela i segreti del cuore di Cristo. Per entrare nella Parola l’uomo si deve fare un cuore di Parola. Se invece il suo cuore è di parole umane, di pietra, di sasso, di ferro, di piombi, di acciaio, la Parola si rivestirà di un mutismo eterno. Essa mai potrà parlare se non a se stessa e per questo occorre che ognuno a poco a poco si faccia un cuore di Parola. Il cuore di Parola eterna è quello di Cristo Gesù. È solo Lui il Verbo, la Parola, la Sapienza che parla della Parola, cioè di se stesso secondo la Parola.
L’esplorazione della Parola a nulla serve se nello stesso tempo non si aggiunge una preghiera ininterrotta, ricca di fede e di amore, allo Spirito Santo perché crei in noi questo cuore di Parola. Se Lui non lo crea, la nostra esplorazione a nulla serve. Da profani e profanatori entriamo nella foresta della Parola, da illusi e ingannati usciamo. Pensiamo di aver scoperto chissà quali cose. Mentre in realtà abbiamo solo portato nella foresta i nostri pensieri e abbiamo chiesto alla Parola di sigillarli nella loro falsità. Perché il nostro sigillo si ammanti di verità, chiediamo la conferma ad altri che hanno compiuto la stessa operazione e diamo a questa modalità il nome di scientificità.
Quando la Parola è data con il cuore intessuto di Parola, con il cuore della Parola Eterna Incarnata che è Cristo Signore, nella sapienza sempre aggiornata dello Spirito Santo, questa parola canta di melodia eterna e divina, attrae, conquista, converte, salva, redime, porta pace, consola, crea novità. Questa Parola che viene fuori dal Cuore fatto Parola è sempre proferita nella sua più alta verità, prudenza, fortezza, scienza dello Spirito del Signore. Nella mia vita ho conosciuto solo una persona che ha questo cuore. Solo questa persona è riuscita a parlare la Parola dal cuore di Parola per la mia conversione e salvezza. Questa persona ha il cuore di luce in tutto simile a quella luce che ha illuminato Saulo sulla via di Damasco accecandolo e mostrandogli quanto fosse spessa e impenetrabile la sua tenebra che lui faceva passare per purissima scienza, sapienza, teologia di cui andava fiero, superbamente fiero, e per questo perseguitava i cristiani, ritenendoli impostori e idolatri.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, tu vuoi che la Parola del Figlio tuo venga ricordata con il cuore di Parola, della Parola Eterna, che è lo stesso Verbo che tu ci chiedi di dare al mondo. Chiedi allo Spirito Santo che venga con tutta la sua potenza divina ed eterna e crei in noi questo cuore di Parola. Solo così diventerà cuore che ascolta la Parola, vive la Parola, dona la Parola. Nessuno con il suo cuore di sasso o di ferro potrà mai ascoltare, mai vivere, mai dare la Parola. Angeli e Santi, sostenete la preghiera della Madre celeste perché mai si stanchi di invocare per noi lo Spirito di Cristo Gesù. Se voi interrompete la vostra preghiera, per noi è la fine.
Mons. Costantino Di Bruno