Commento teologico alla prima lettura – Ottobre 2016
1 OTTOBRE (Gb 42,1-3.5-6.12-17)
Io ti conoscevo solo per sentito dire
L’uomo dinanzi a Dio, anche quando lo vede faccia a faccia nel suo Cielo di eternità, deve confessare di essere un ignorante. Vede di Lui solo una scintilla. Il Salmista, riflettendo su se stesso e vedendosi opera stupenda di Dio, confessa che la sapienza del Signore è troppo alta, troppo profonda perché possa essere da Lui acquisita per intero. Il finito mai potrà comprendere l’infinito e il limitato l’illimitato eterno.
Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei pensieri, osservi il mio cammino e il mio riposo, ti sono note tutte le mie vie. La mia parola non è ancora sulla lingua ed ecco, Signore, già la conosci tutta. Alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano. Meravigliosa per me la tua conoscenza, troppo alta, per me inaccessibile. Dove andare lontano dal tuo spirito? Dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell’aurora per abitare all’estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra. Se dico: «Almeno le tenebre mi avvolgano e la luce intorno a me sia notte», nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno; per te le tenebre sono come luce. Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre.
Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda; meravigliose sono le tue opere, le riconosce pienamente l’anima mia. Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra. Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi; erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati quando ancora non ne esisteva uno. Quanto profondi per me i tuoi pensieri, quanto grande il loro numero, o Dio! Se volessi contarli, sono più della sabbia. Mi risveglio e sono ancora con te. Se tu, Dio, uccidessi i malvagi! Allontanatevi da me, uomini sanguinari! Essi parlano contro di te con inganno, contro di te si alzano invano. Quanto odio, Signore, quelli che ti odiano! Quanto detesto quelli che si oppongono a te! Li odio con odio implacabile, li considero miei nemici. Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri; vedi se percorro una via di dolore e guidami per una via di eternità (Sal 139 (138) 1-24).
Anche il Libro del Siracide afferma la stessa verità. Noi parliamo di Dio da ignoranti. Non appena il Signore fa brillare su di noi un ulteriore raggio della sua luce, quanto conoscevano diviene spazzatura per noi. La sublimità di Dio è veramente infinita.
Colui che vive in eterno ha creato l’intero universo. Il Signore soltanto è riconosciuto giusto e non c’è altri al di fuori di lui. Egli regge il mondo con il palmo della mano e tutto obbedisce alla sua volontà; con il suo potere egli è il re di tutte le cose e in esse distingue il sacro dal profano. A nessuno è possibile svelare le sue opere e chi può esplorare le sue grandezze? La potenza della sua maestà chi potrà misurarla? Chi riuscirà a narrare le sue misericordie? Non c’è nulla da togliere e nulla da aggiungere, non è possibile scoprire le meraviglie del Signore. Quando l’uomo ha finito, allora comincia, quando si ferma, allora rimane perplesso (Si 38,1-7).
Quello di Giobbe è un vero cammino di ascesi nella verità. Lui sostiene due verità: la sua innocenza e l’innocenza di Dio. Ma non bastano. Dio interviene e vi aggiunge la necessità del silenzio adorante e la confessione di ignoranza da parte dell’uomo.
Giobbe prese a dire al Signore: «Comprendo che tu puoi tutto e che nessun progetto per te è impossibile. Chi è colui che, da ignorante, può oscurare il tuo piano? Davvero ho esposto cose che non capisco, cose troppo meravigliose per me, che non comprendo. Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto. Perciò mi ricredo e mi pento sopra polvere e cenere». Il Signore benedisse il futuro di Giobbe più del suo passato. Così possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine. Ebbe anche sette figli e tre figlie. Alla prima mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Argentea. In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell’eredità insieme con i loro fratelli. Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant’anni e vide figli e nipoti per quattro generazioni. Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni.
Il cammino ascetico di Giobbe verso la pienezza della verità deve compierlo ogni uomo. In questo va aiutato. Lo si aiuta ponendo verità sicure e certe nel suo cuore.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, aiutateci nella nostra ascesi.
2 OTTOBRE – XXVII Domenica T.O. – (Ab 1,2-3. 2,2-4)
Mentre il giusto vivrà per la sua fede
Il profeta Abacuc è personificazione del grido dell’umanità intera dinanzi al Signore. È un grido che mai verrà meno sulla nostra terra, perché mai il peccato e la malvagità degli uomini verranno meno. Ascoltiamo per intero questo grido, ma poi anche la risposta del Signore al suo profeta è giusto che noi ascoltiamo per intero.
Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese. Non ha più forza la legge né mai si afferma il diritto. Il malvagio infatti raggira il giusto e il diritto ne esce stravolto. «Guardate fra le nazioni e osservate, resterete stupiti e sbalorditi: c’è chi compirà ai vostri giorni una cosa che a raccontarla non sarebbe creduta. Ecco, io faccio sorgere i Caldei, popolo feroce e impetuoso, che percorre ampie regioni per occupare dimore non sue. È feroce e terribile, da lui sgorgano il suo diritto e la sua grandezza. Più veloci dei leopardi sono i suoi cavalli, più agili dei lupi di sera. Balzano i suoi cavalieri, sono venuti da lontano, volano come aquila che piomba per divorare. Tutti, il volto teso in avanti, avanzano per conquistare. E con violenza ammassano i prigionieri come la sabbia. Si fa beffe dei re, e dei capi se ne ride; si fa gioco di ogni fortezza: l’assedia e la conquista. Poi muta corso come il vento e passa oltre: si fa un dio della propria forza!». Non sei tu fin da principio, Signore, il mio Dio, il mio Santo? Noi non moriremo! Signore, tu lo hai scelto per far giustizia, l’hai reso forte, o Roccia, per punire. Tu dagli occhi così puri che non puoi vedere il male e non puoi guardare l’oppressione, perché, vedendo i perfidi, taci, mentre il malvagio ingoia chi è più giusto di lui? Tu tratti gli uomini come pesci del mare, come animali che strisciano e non hanno padrone. Egli li prende tutti all’amo, li pesca a strascico, li raccoglie nella rete, e contento ne gode. Perciò offre sacrifici alle sue sciàbiche e brucia incenso alle sue reti, perché, grazie a loro, la sua parte è abbondante e il suo cibo succulento. Continuerà dunque a sguainare la spada e a massacrare le nazioni senza pietà? (Ab 1,2-17).
A questo grido dell’umanità il Signore risponde al suo profeta che il giusto vivrà per la sua fede. In Cristo rivela all’umanità intera che Lui, il Signore, non è fuori della sofferenza che l’empio procura al giusto. Lui stesso è nel suo Figlio Incarnato vittima di espiazione di ogni violenza e di ogni peccato. Lui non è insensibile alla sofferenza. Il dolore dell’umanità Lui lo ha posto tutto sulle spalle del Figlio suo. Nessuno lo può accusare di essere assente, insensibile, sordo al grido del dolore dell’uomo. Nessuno gli può dire: “Io soffro e tu dove sei?”. Il Signore gli dice: “Io sono in Croce per te, al posto tuo. Questa è la mia risposta: la mia croce, il mio calvario, il mio supplizio”.
Oracolo ricevuto in visione dal profeta Abacuc. Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese. Il Signore rispose e mi disse: «Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».
La sofferenza non viene dal cielo, non piove dalle nuvole. È il frutto del peccato dell’uomo. È la malvagità dell’uomo che genera e causa ogni dolore sulla terra. Cosa deve fare il giusto dinanzi alla sofferenza che si abbatte su di lui? Deve imitare il suo Dio e Signore: accoglierla, portarla, viverla tutta, in pienezza di fede e di amore, per la redenzione dei suoi fratelli. È questa la vera saggezza del giusto: trasformare la sofferenza in vera redenzione e salvezza per il mondo intero.
È questa la fede che il Signore chiede al giusto: credere nel valore redentivo di ogni sua lacrima, ogni sua oppressione, ogni angheria fatta al suo corpo, al suo spirito, alla sua anima. Se vivrà di questa fede, crescendo di fede in fede, lui diverrà in Cristo e per Cristo, un salvatore e un redentore dei suoi fratelli, perché unirà dolore e sofferenza a quelli del suo Dio e darà così completezza e perfezione all’opera del Figlio Eterno del Padre, venuto nella carne per la nostra redenzione eterna. Se invece non vivrà di questa fede, non solo sciuperà la sua sofferenza, non darà alcuna salvezza al mondo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vivere di fede in fede.
3 OTTOBRE (Gal 1,6-12)
Però non ce n’è un altro
Passare dalla fede alla non fede basta veramente poco. È sufficiente modificare una sola verità e si è caduti nel baratro. Come si diviene ingiusti trasgredendo un solo Comandamento della Legge così si cade dalla verità della fede abolendo anche una sola parte di essa. San Paolo vede le comunità da lui fondate precipitare nel baratro della non fede e sempre interviene con grande fermezza e forza di Spirito Santo.
Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano! A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto (1Cor 15,1-11).
Timoteo è anche lui messo in guardia. Lui dovrà vigilare per evitare la diaspora dalla fede. Molti infatti, per svariati motivi si allontaneranno da essa. Lui dovrà essere sommamente attento, saggio, per impedire che questo avvenga, naturalmente per quanto dipende da lui. A lui spetta annunziare con purezza ora e sempre la verità.
Lo Spirito dice apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti ingannatori e a dottrine diaboliche, a causa dell’ipocrisia di impostori, già bollati a fuoco nella loro coscienza: gente che vieta il matrimonio e impone di astenersi da alcuni cibi, che Dio ha creato perché i fedeli, e quanti conoscono la verità, li mangino rendendo grazie. Infatti ogni creazione di Dio è buona e nulla va rifiutato, se lo si prende con animo grato, perché esso viene reso santo dalla parola di Dio e dalla preghiera (1Tm 4.1-5). Certo, la religione è un grande guadagno, purché sappiamo accontentarci! Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via. Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, accontentiamoci. Quelli invece che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nell’inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione. L’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali; presi da questo desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti (1Tm 6,6-10). O Timòteo, custodisci ciò che ti è stato affidato; evita le chiacchiere vuote e perverse e le obiezioni della falsa scienza. Taluni, per averla seguita, hanno deviato dalla fede (1Tm 6.21-21).
Il principio offerto da Paolo ai Galati è semplice da essere applicato: non tradire, non rinnegare colui che li generati alla fede. Paolo li ha generati e nel Vangelo secondo Paolo devono sempre rimanere. Passando ad un altro Vangelo di certo cadranno.
Mi meraviglio che, così in fretta, da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo voi passiate a un altro vangelo. Però non ce n’è un altro, se non che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Ma se anche noi stessi, oppure un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo! Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo.
Il principio di Paolo vuole che si vada alla radice del principio di verità. Ora questa radice è una sola: Cristo Gesù. Il Vangelo nasce dal cuore di Cristo. Paolo lo ha attinto dal cuore di Cristo. Quelli che predicano un altro Vangelo da quale cuore lo hanno attinto? Non certo dal cuore di Cristo. Lo hanno attinto dal proprio cuore. Ogni Vangelo che non risale al cuore di Cristo, è falso. Non dona alcuna salvezza.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci il Vangelo di Cristo Gesù.
4 OTTOBRE (Gal 6,14-18)
Io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo
Si può parlare di Cristo Crocifisso, non solo perché si è contemplatori di Lui, ma anche perché si diviene come Lui, crocifissi in Lui, per Lui, con Lui, Crocifissi per la sua Parola, come Lui è stato crocifisso per la Parola del Padre. La conformazione a Cristo Crocifisso è il vero cammino di ogni discepolo dietro Gesù Signore.
La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini (1Cor 1,18-25).
Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza (Col 1,24-29).
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre (Fil 2,5-11).
Quando si raggiunge la perfetta conformazione a Cristo Signore, allora la parola tace. Parla la nostra viva immagine di Lui. La parola diviene silenzio per dare tutto lo spazio alla visione. Gesù sulla croce non parla al centurione con parole. Gli parla da Crocifisso. Quell’uomo fu conquistato dalla parola della croce che risuonava nel suo cuore dal corpo martoriato di Gesù Signore. Infatti Gesù, fino al momento della Passione, parlava con le parole e con i miracoli. Dal momento in cui fu arrestato parla dal suo corpo sottoposto ad ogni sofferenza. Quando la passione diviene amore, è l’amore che si fa parola. Cristo parla dall’amore trasformato in parola ed anche Paolo parla dal suo amore che diviene parola di altissima contemplazione del Crocifisso.
Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio. D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.
Paolo conosce Cristo, parla da Cristo, perché ha raggiunto la perfetta conformazione a Lui. Parlare dalla circoncisione e parlare dalla Croce di Cristo la parola mai potrà essere la stessa. Questa verità vale per ogni altra parola. Parlare dalla filosofia, dalla teologia, dal diritto, dalla liturgia, dallo studio, dalla tradizione e parlare da Crocifissi con Cristo, il Crocifisso, non è la stessa Parola. Tutte possono essere parole di sapienza. Una sola è invece la Parola di amore purissimo: quella proferita dal cuore di Cristo Crocifisso con il quale si è divenuti un solo cuore e un solo corpo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, conformateci a Gesù Crocifisso.
5 OTTOBRE (Gal 2,1-2.7-14)
Mi opposi a lui a viso aperto perché aveva torto
Per Paolo prima viene Gesù Crocifisso e poi ogni altra cosa. Cristo crocifisso va difeso sempre, comunque, davanti ad ogni persona, anche dinanzi alle persone più ragguardevoli che sono nella Chiesa, se essi dovessero deviare dalla purezza della sua verità e dalla completezza del suo amore. Questo Paolo lo può fare perché porta Cristo Crocifisso nel suo cuore, allo stesso modo che lo ha fatto Cristo Gesù, perché portava il Padre nel suo cuore. Lui e il Padre sono una cosa sola, così come Cristo e Paolo sono una cosa sola. Come Cristo riprese Pietro, così anche Paolo lo riprende.
Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (Mt 16,21-23).
Quando nella Chiesa questo non avviene, quando non si opera la correzione fraterna secondo le regole della correzione fraterna è il segno che Cristo Crocifisso non vive in noi. Se Lui non vive, neanche la sua verità vive in noi e neanche la fortezza dello Spirito Santo. Ancora siamo nella carne e dalla carne cerchiamo la nostra gloria.
Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo (Mt 18,15-18).
I presbìteri che esercitano bene la presidenza siano considerati meritevoli di un duplice riconoscimento, soprattutto quelli che si affaticano nella predicazione e nell’insegnamento. Dice infatti la Scrittura: Non metterai la museruola al bue che trebbia, e: Chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non accettare accuse contro un presbìtero se non vi sono due o tre testimoni. Quelli poi che risultano colpevoli, rimproverali alla presenza di tutti, perché anche gli altri abbiano timore. Ti scongiuro davanti a Dio, a Cristo Gesù e agli angeli eletti, di osservare queste norme con imparzialità e di non fare mai nulla per favorire qualcuno. Non aver fretta di imporre le mani ad alcuno, per non farti complice dei peccati altrui. Consèrvati puro! (1Tm 5,17-22).
Non si può predicare Cristo dal di fuori del nostro corpo. La Parola della croce deve essere la nostra stessa vita. Corpo e parola devono essere una cosa sola.
Quattordici anni dopo, andai di nuovo a Gerusalemme in compagnia di Bàrnaba, portando con me anche Tito: vi andai però in seguito a una rivelazione. Esposi loro il Vangelo che io annuncio tra le genti, ma lo esposi privatamente alle persone più autorevoli, per non correre o aver corso invano. Anzi, visto che a me era stato affidato il Vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi – poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per le genti – e riconoscendo la grazia a me data, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la destra in segno di comunione, perché noi andassimo tra le genti e loro tra i circoncisi. Ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare.
Ma quando Cefa venne ad Antiòchia, mi opposi a lui a viso aperto perché aveva torto. Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma, dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, tanto che pure Bàrnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. Ma quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?».
Pietro ancora non è una cosa sola con Cristo. Parola e corpo non sono una cosa sola.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci Parola dalla croce.
6 OTTOBRE (Gal 3,1-5)
Fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso!
Paolo deve convincere i Galati che la circoncisione non cambia il cuore, la mente, il corpo. Essa non è via di vera salvezza. Lo attesta la loro stessa vita. Avendo essi lasciata la vera fede in Cristo Gesù, hanno anche abbandonato lo Spirito Santo e di nuovo sono precipitati ad agire secondo la carne e non più secondo lo Spirito di Dio. Non potrebbe essere se non così. Quando ci si allontana dalla più pura fede in Cristo, poiché è Cristo che nella fede dona lo Spirito di verità e di santificazione, di fortezza e di ogni altra luce, subito si ritorna nella carne dalla quale eravamo usciti.
Cristo Gesù è il solo albero della vita nuova. Se ci si separa da Lui, subito si compie la separazione dallo Spirito Santo e dal Padre. Separati dallo Spirito non abbiamo più il pensiero di Cristo che ci guida, essendo Lui, lo Spirito di Dio, il solo che perennemente deve alimentare di verità e di luce Cristo Gesù, vero pensiero eterno del Padre. Non abbiamo più neanche il Padre, essendo ancora una volta lo Spirito Santo che deve riversare nei nostri cuori tutto l’amore del Padre perché lo trasformiamo in nostra vita. Senza Cristo, senza il Padre, recisi dallo Spirito Santo, all’istante la carne prende il sopravvento e ci immerge nelle sue opere di iniquità, malvagità, idolatria, immoralità.
Quando ci si taglia dallo Spirito Santo, diviene poi difficile ritornare nuovamente in Lui. Per questo lo stesso Paolo sempre invita i cristiani a porre molta attenzione a non tornare indietro, a non passare dallo Spirito alla carne. Si apre dinanzi ad essi il baratro della perdizione. Quanti camminano secondo la carne non possono piacere a Dio. Prima si devono convertire. Ma se Cristo è stato abbandonato, lasciato, riprenderlo non sarà così facile, anche perché non sempre vi sarà un Paolo, Crocifisso in Cristo, che lavora perché tutti ritornino in Cristo, si riallaccino allo Spirito Santo, si innestino nel Padre Celeste. Cadere è facile. Rialzarsi è difficile. L’attenzione a non cadere dovrà essere sempre somma, altissima. Tutto si deve fare per non cadere.
Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto. Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non diventate idolatri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi. Non abbandoniamoci all’impurità, come si abbandonarono alcuni di loro e in un solo giorno ne caddero ventitremila. Non mettiamo alla prova il Signore, come lo misero alla prova alcuni di loro, e caddero vittime dei serpenti. Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere. Nessuna tentazione, superiore alle forze umane, vi ha sorpresi; Dio infatti è degno di fede e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze ma, insieme con la tentazione, vi darà anche il modo di uscirne per poterla sostenere (1Cor 10,1-13).
Tutto il cristiano deve fare per conservare la più pura fede in Cristo Gesù. Questo potrà avvenire in un solo modo: lavorando per divenire Crocifisso in Cristo Crocifisso.
O stolti Gàlati, chi vi ha incantati? Proprio voi, agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso! Questo solo vorrei sapere da voi: è per le opere della Legge che avete ricevuto lo Spirito o per aver ascoltato la parola della fede? Siete così privi d’intelligenza che, dopo aver cominciato nel segno dello Spirito, ora volete finire nel segno della carne? Avete tanto sofferto invano? Se almeno fosse invano! Colui dunque che vi concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi, lo fa grazie alle opere della Legge o perché avete ascoltato la parola della fede?
Se Cristo e il cristiano saranno due realtà distinte e separate, cadere dalla fede è facile. Anzi è difficile conservare la purezza della fede in Lui. Si è due cose separate.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Cristo.
7 OTTOBRE (Gal 3,7-14)
Figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede
Analizzando bene le parole che il Signore rivolge ad Abramo, la verità che viene fuori è sorprendente. Il giorno della vocazione il Signore gli promette di benedire in lui tutte le famiglie della terra. Come in Adamo tutte le famiglie erano uscite dalla benedizione, così ora Dio ha deciso che in Abramo tutte le famiglie vi ritornino.
Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,1-3).
Nella seconda promessa, il Signore vi aggiunge che la benedizione di tutte le famiglie non avviene in Abramo, ma nella sua discendenza. Questa discendenza a poco a poco si identifica con Cristo Gesù, con il Servo del Signore. In Cristo è la benedizione, così come in Adamo è l’uscita da essa, per incorrere nella morte.
L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,15-18).
Per Adamo siamo stati catapultati nella morte, per Cristo siamo riportati nella vita.
Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, e così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato… Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. La Legge poi sopravvenne perché abbondasse la caduta; ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia. Di modo che, come regnò il peccato nella morte, così regni anche la grazia mediante la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore (Rm 5,12-21).
Essendo Cristo la discendenza di Abramo, è in Cristo che possiamo essere benedetti. Non solo i pagani, ma tutte le famiglie della terra, compresi gli stessi figli di Abramo.
Riconoscete dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunciò ad Abramo: In te saranno benedette tutte le nazioni. Di conseguenza, quelli che vengono dalla fede sono benedetti insieme ad Abramo, che credette. Quelli invece che si richiamano alle opere della Legge stanno sotto la maledizione, poiché sta scritto: Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della Legge per metterle in pratica. E che nessuno sia giustificato davanti a Dio per la Legge risulta dal fatto che il giusto per fede vivrà. Ma la Legge non si basa sulla fede; al contrario dice: Chi metterà in pratica queste cose, vivrà grazie ad esse. Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno, perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello Spirito.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola in Cristo.
8 OTTOBRE (Gal 3,22-29)
Tutti voi siete uno in Cristo Gesù
È in Cristo che si può superare ogni barriera di invidia, gelosia, separazione, iniquità, contrapposizione. Non è la verità che ci salva, che ci rende liberi. È Cristo verità di Dio e dell’uomo, del Cielo e della terra, del tempo e dell’eternità, che ci fa liberi. Ma la nostra libertà mai si potrà vivere fuori del suo corpo, ma eternamente nel suo corpo, per il suo corpo, dal suo corpo. Chi si distacca dal Corpo di Cristo ritorna morte, come prima era morte. Chi non entra nel corpo di Cristo, rimane morte, perché è morte.
È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo (Col 2,9.15).
Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non circoncisi da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali nella carne per mano d’uomo, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito. Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito (Ef 2,11-22).
Questa verità va scritta in ogni cuore. O si entra in Cristo, nel suo corpo, e si vive come suo vero corpo, oppure non vi è alcuna possibilità per l’uomo di vincere il peccato, la morte, la disobbedienza, la carne. Il corpo di Cristo è il solo luogo dove è possibile ottenere ogni vittoria contro il male che ci distrugge. O ci conformiamo a Lui nella vita e nella morte, per essere vincitori in ogni cosa, oppure saremo condannati alla morte.
La Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perché la promessa venisse data ai credenti mediante la fede in Gesù Cristo. Ma prima che venisse la fede, noi eravamo custoditi e rinchiusi sotto la Legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la Legge è stata per noi un pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Sopraggiunta la fede, non siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa.
L’unità non è accordo e la comunione non è lo stare insieme. Unità e comunione si possono vivere allo stesso modo che sono vissute nel mistero del Dio uno e trino. Noi tutti siamo un solo corpo, una sola natura, una sola essenza, un solo essere in Cristo. Tutti però siamo persone di quest’unico e solo corpo e dobbiamo, nel solo Corpo, ricevere e dare vita. Si dona vita ad ogni altra persona, si riceve la vita da tutte le altre persone. Ma solo se vi è l’unità di natura, essenza, solo corpo. Se il solo corpo non si costruisce, da esso ci si tira fuori, si muore anche alla comunione. Fare cose per gli altri e vivere di comunione con gli altri e dagli altri e per gli altri non è la stessa cosa.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci un solo corpo in Cristo.
9 OTTOBRE – XXVIII Domenica T.O. – (2Re 5,14-17)
Non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele
Naaman è persona autorevole e pensa che dinanzi al Signore ci si debba presentare con tutta la potenza, la forza, l’onore che godiamo presso gli uomini. Dinanzi a Dio e ai suoi ministri ci si deve invece recare con la più grande umiltà. Nessuna differenza si deve fare tra stare dinanzi a Dio e stare dinanzi ad un suo ministro, un suo messaggero, un suo profeta. Naaman è venuto per essere guarito dalla lebbra e non per essere riverito, onorato, ossequiato né da Dio e né dal suo profeta.
Naamàn, comandante dell’esercito del re di Aram, era un personaggio autorevole presso il suo signore e stimato, perché per suo mezzo il Signore aveva concesso la salvezza agli Aramei. Ma quest’uomo prode era lebbroso. Ora bande aramee avevano condotto via prigioniera dalla terra d’Israele una ragazza, che era finita al servizio della moglie di Naamàn. Lei disse alla padrona: «Oh, se il mio signore potesse presentarsi al profeta che è a Samaria, certo lo libererebbe dalla sua lebbra». Naamàn andò a riferire al suo signore: «La ragazza che proviene dalla terra d’Israele ha detto così e così». Il re di Aram gli disse: «Va’ pure, io stesso invierò una lettera al re d’Israele». Partì dunque, prendendo con sé dieci talenti d’argento, seimila sicli d’oro e dieci mute di abiti. Portò la lettera al re d’Israele, nella quale si diceva: «Orbene, insieme con questa lettera ho mandato da te Naamàn, mio ministro, perché tu lo liberi dalla sua lebbra». Letta la lettera, il re d’Israele si stracciò le vesti dicendo: «Sono forse Dio per dare la morte o la vita, perché costui mi ordini di liberare un uomo dalla sua lebbra? Riconoscete e vedete che egli evidentemente cerca pretesti contro di me».
Quando Eliseo, uomo di Dio, seppe che il re d’Israele si era stracciate le vesti, mandò a dire al re: «Perché ti sei stracciato le vesti? Quell’uomo venga da me e saprà che c’è un profeta in Israele». Naamàn arrivò con i suoi cavalli e con il suo carro e si fermò alla porta della casa di Eliseo. Eliseo gli mandò un messaggero per dirgli: «Va’, bàgnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato». Naamàn si sdegnò e se ne andò dicendo: «Ecco, io pensavo: “Certo, verrà fuori e, stando in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio, agiterà la sua mano verso la parte malata e toglierà la lebbra”. Forse l’Abanà e il Parpar, fiumi di Damasco, non sono migliori di tutte le acque d’Israele? Non potrei bagnarmi in quelli per purificarmi?». Si voltò e se ne partì adirato. Gli si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: «Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una gran cosa, non l’avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: “Bàgnati e sarai purificato”». (2Re 5,1-13).
Per grazia di Dio, una persona saggia gli fa comprendere che lui è venuto per la grazia e che essa gli era stata fatta. Basta che lui si umilii e obbedisca a quanto gli è stato ordinato. Tu hai chiesto. Se vuoi ottenere, devi fare quanto ti è stato comandato. Ogni altra cosa non entra nel rapporto della preghiera. Il ministro di Dio è lì per dirti cosa Dio ti chiede di fare. Lui è servo del Signore, mai degli uomini. Lui è amico di Dio per il servizio di Dio. Non è amico degli uomini per servire gli uomini secondo la loro volontà.
Egli allora scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola dell’uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato. Tornò con tutto il seguito dall’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». Quello disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò». L’altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò. Allora Naamàn disse: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore.
Ottenuto il miracolo, Naaman cambia modo di pensare, perché è cambiata la fede in lui. Ora lui crede nell’unico vero Dio di tutta la terra. La fede nel Dio vero dona una svolta all’intera vita. Ora non solo lui è persona umile, ma anche saggia, accorta, prudente. Vuole adorare il Dio di Eliseo. Vuole consegnare la vita alla sua divina ed eterna volontà. Per questo chiede di poter portare della terra della Palestina fino a Damasco, come per riprodurre la terra nella quale abita il Signore anche nella sua casa, così il Signore sarà presente dove lui abita come è presente dove dimora Eliseo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci adoratori del vero Dio.
10 OTTOBRE (Gal 4,22-24.26-27.31-5,1)
Cristo ci ha liberati per la libertà!
Da cosa il Signore ci ha liberati? Da tutto ciò che appartiene a questo mondo: filosofie, teologie, religioni, liturgie, ritualità, tradizioni, idolatrie, immoralità. Qual è la libertà, la sola libertà, che ci chiede il Signore? Quella di ascoltare la sua Parola. Si esce da ogni altra Parola, compresa anche quella dei saggi e dei giusti, dei profeti e di ogni altro agiografo dell’Antico Testamento, per lasciarci condurre nello Spirito Santo solo dalla sua Parola. Quando altre parole vengono ascoltate o anche la sua stessa Parola viene ascoltata secondo interpretazioni umane e non invece secondo la pienezza della verità cui conduce lo Spirito Santo, subito si ritorna nella schiavitù di un tempo. Cristo Gesù, Parola, Spirito Santo devono rimanere in eterno una cosa sola. San Paolo ai Colossesi traccia un programma di purissima libertà. Esso mai tramonterà.
Come dunque avete accolto Cristo Gesù, il Signore, in lui camminate, radicati e costruiti su di lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, sovrabbondando nel rendimento di grazie. Fate attenzione che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo. È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo.
Nessuno dunque vi condanni in fatto di cibo o di bevanda, o per feste, noviluni e sabati: queste cose sono ombra di quelle future, ma la realtà è di Cristo. Nessuno che si compiace vanamente del culto degli angeli e corre dietro alle proprie immaginazioni, gonfio di orgoglio nella sua mente carnale, vi impedisca di conseguire il premio: costui non si stringe al capo, dal quale tutto il corpo riceve sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legamenti e cresce secondo il volere di Dio. Se siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché, come se viveste ancora nel mondo, lasciarvi imporre precetti quali: «Non prendere, non gustare, non toccare»? Sono tutte cose destinate a scomparire con l’uso, prescrizioni e insegnamenti di uomini, che hanno una parvenza di sapienza con la loro falsa religiosità e umiltà e mortificazione del corpo, ma in realtà non hanno alcun valore se non quello di soddisfare la carne (Col 2,6-23).
Il giogo della schiavitù sotto il quale può sempre cadere il discepolo di Gesù è l’uscita dalla Parola del Maestro nella quale sempre dovrà essere condotto dallo Spirito Santo per lasciarsi incatenare da altre parole, altri pensieri, anche dell’Antico Testamento.
Sta scritto infatti che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla donna libera. Ma il figlio della schiava è nato secondo la carne; il figlio della donna libera, in virtù della promessa. Ora, queste cose sono dette per allegoria: le due donne infatti rappresentano le due alleanze. Invece la Gerusalemme di lassù è libera ed è la madre di tutti noi. Sta scritto infatti: Rallégrati, sterile, tu che non partorisci, grida di gioia, tu che non conosci i dolori del parto, perché molti sono i figli dell’abbandonata, più di quelli della donna che ha marito. Così, fratelli, noi non siamo figli di una schiava, ma della donna libera. Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.
Cristo, Parola, Spirito Santo sono la sola via percorribile per raggiungere la perfetta libertà dello spirito e del cuore, del corpo e dell’anima. La parola di Mosè non dona libertà e neanche tutte le parole dell’Antico Testamento assieme alle molteplici e quasi infinte parole degli uomini dette al cristiano sotto svariate forme e modalità. Neanche la parola della teologia conduce alla libertà di Cristo. A volte essa crea il giogo di pensieri e di teorie che uccidono la vitalità del Vangelo, della Parola di Gesù. Paolo considerava tutte queste cose antiche e degli uomini una spazzatura dinanzi alla sublimità che viene da Cristo Gesù, dalla sua Parola, dalla perenne conduzione dello Spirito Santo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la libertà di Cristo Gesù.
11 OTTOBRE (Gal 5,1-6)
La fede che si rende operosa per mezzo della carità
Cristo Gesù è l’ultima voce, l’ultima Parola di Dio. È la Parola di Dio che dona pienezza e compimento ad ogni altra Parola di Dio. È la Parola con la quale Dio illumina le Parole precedentemente da Lui dette e queste, tutte, trovano la loro purissima verità in Cristo, realizzazione di tutte le Parole di Dio proferite nell’Antico Testamento. Cristo Gesù è parte essenziale, vitale dell’Alleanza antica, perché quell’Alleanza si fondava sull’ascolto della voce, della Parola del Signore in qualsiasi momento della storia sarebbe giunta agli occhi del suo popolo. Come parte essenziale dell’Alleanza sono tutti i profeti e ogni altro agiografo dell’Antico Testamento. Leggiamo nell’Esodo:
Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: “Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti». Mosè andò, convocò gli anziani del popolo e riferì loro tutte queste parole, come gli aveva ordinato il Signore. Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!». Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo. Il Signore disse a Mosè: «Ecco, io sto per venire verso di te in una densa nube, perché il popolo senta quando io parlerò con te e credano per sempre anche a te» (Es 19,3-9).
Sempre il Signore ha chiesto al suo popolo di ascoltare la sua voce. Infatti, quando il popolo ha ascoltato, sempre ha camminato nella salvezza, nella vita, nella benedizione. Quando invece non ha ascoltato, è perito nella morte, nella non vita.
Venite, cantiamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza. Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia. Perché grande Dio è il Signore, grande re sopra tutti gli dèi. Nella sua mano sono gli abissi della terra, sono sue le vette dei monti. Suo è il mare, è lui che l’ha fatto; le sue mani hanno plasmato la terra. Entrate: prostràti, adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti. È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce. Se ascoltaste oggi la sua voce! «Non indurite il cuore come a Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere. Per quarant’anni mi disgustò quella generazione e dissi: “Sono un popolo dal cuore traviato, non conoscono le mie vie”. Perciò ho giurato nella mia ira: “Non entreranno nel luogo del mio riposo”» (Sal 95 (94) 1-11).
La voce che ora ogni uomo è chiamato ad ascoltare è la voce di Cristo Gesù, trasformando ogni sua Parola in carità, in amore, benevolenza, pietà, compassione, per amare ogni altro uomo come Lui lo ha amato, lasciandosi crocifiggere per la sua redenzione eterna. Chi non vive la Parola di Gesù per trasformare attraverso di essa, sotto la guida dello Spirito Santo, la sua vita in un olocausto di amore, di certo non crede. Non vi è fede vera se non nella Parola di Gesù fatta divenire perfetta carità.
Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Ecco, io, Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla. E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la Legge. Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella Legge; siete decaduti dalla grazia. Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata. Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità.
È evidente che la prima carità è verso Gesù Signore. Non si ama Cristo se non lo si ascolta e se non si dona la vita alla sua Parola perché Lui faccia di noi un sacrificio, un olocausto di carità da offrire al Padre suo per la redenzione degli altri fratelli. È Cristo la nostra salvezza. È lui la nostra grazia e verità. È Lui la vita eterna che da Dio viene a noi. È Cristo la fonte perenne dalla quale viene a noi lo Spirito Santo. Tutto è Cristo. Chi si esclude da Cristo o perde il contatto con Lui, ritorna nella vanità di un tempo. Il mondo lo conquisterà all’istante, perché si è posto fuori del sentiero della vita.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Cristo.
12 OTTOBRE (Gal 5,18-25)
Hanno crocifisso la carne con le sue passioni
Sappiamo che camminiamo secondo lo Spirito e non secondo la carne, se possiamo affermare, come Paolo, che non siamo più noi che viviamo, ma è Cristo che vive in noi. Chi è il discepolo di Gesù? È colui che dona al suo Signore corpo, anima, spirito, perché Lui possa oggi continuare la sua missione di salvezza e di redenzione. Il discepolo non deve essere solo sacramentalmente corpo di Cristo, ma anche operativamente. San Paolo vede la vita del cristiano come una continua morte e una ininterrotta risurrezione. Lui muore alla sua carne, perché tutto Cristo possa vivere in Lui. Questa continua morte e continua risurrezione è opera dello Spirito Santo.
Ora, dunque, non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. Perché la legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò che era impossibile alla Legge, resa impotente a causa della carne, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della Legge fosse compiuta in noi, che camminiamo non secondo la carne ma secondo lo Spirito. Quelli infatti che vivono secondo la carne, tendono verso ciò che è carnale; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, tendono verso ciò che è spirituale. Ora, la carne tende alla morte, mentre lo Spirito tende alla vita e alla pace. Ciò a cui tende la carne è contrario a Dio, perché non si sottomette alla legge di Dio, e neanche lo potrebbe. Quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio.
Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria (Rm 8,1-17).
Il cristiano può essere l’albero di Cristo o l’albero di Satana. È l’albero di Cristo se produce i frutti di Cristo, anzi se produce come frutto Cristo Gesù. È invece l’albero di Satana se fruttifica Satana come suo unico frutto. Si produce Cristo vivendo tutta la Parola di Cristo. Si produce Satana, vivendo ogni altra parola della terra.
Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.
Sapere se il nostro frutto è Cristo o è Satana non è per nulla difficile. Basta osservare le nostre opere. Se produciamo Cristo, le nostre opere sono amore purissimo secondo l’attuale mozione dello Spirito Santo. Se invece produciamo Satana, le nostre opere hanno tre brutti nomi: concupiscenza della carne, superbia della vita, concupiscenza degli occhi. Chi produce Cristo opera la redenzione e la salvezza dei suoi fratelli. Chi produce Satana lavora per la loro morte, sia fisica che spirituale, lavora per distruggere e mai per costruire. Nessuno mai potrà dirsi di essere o di appartenere a Cristo se non produce Cristo con la sua vita e non dona tutto se stesso a Lui per operare salvezza.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci produrre sempre Cristo.
13 OTTOBRE (Ef 1,1-10)
Secondo la ricchezza della sua grazia
San Paolo, nello Spirito Santo, contempla Dio come se lui fosse accanto a Lui, come lo fu la Sapienza al momento della creazione e anche prima. Come la Sapienza, è come se Lui stesse lì non per dare consigli a Dio, ma per ascoltare cosa Dio ha pensato sull’uomo e cosa vuole realizzare per lui. Lo Spirito porta Paolo nel cuore del mistero.
Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo. Ora, figli, ascoltatemi: beati quelli che seguono le mie vie! Ascoltate l’esortazione e siate saggi, non trascuratela! Beato l’uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte, per custodire gli stipiti della mia soglia. Infatti, chi trova me trova la vita e ottiene il favore del Signore; ma chi pecca contro di me fa male a se stesso; quanti mi odiano amano la morte (Pr 8,22-36).
Cosa vede Paolo in questo viaggio operato per mezzo dello Spirito Santo? Vede Dio che pensa una creatura in modo specialissimo. La vuole ricolmare di ogni grazia. Elevarla fino alla dignità di essere suo figlio di Adozione. Vuole che sia benedetta con ogni benedizione, capace di vivere la sua stessa carità, il suo amore. Questa creatura la vede anche bisognosa di redenzione, a causa della disobbedienza del suo cuore alla sua volontà. Decide non solo di redimerla per Cristo suo Figlio, il Suo Verbo Eterno, vuole anche che il Verbo e questa sua specialissima creatura diventino una sola vita, un solo corpo, una sola grazia, una sola relazione con Lui.
Il Padre dei cieli vede Cristo incarnato e ha deciso che in Cristo, con la sua grazia, la sua verità, carità, amore, giustizia, obbedienza perfetta, inglobi in sé questa creatura e le dia tutta la sua vita divina ed umana, perché sia perfetta immagine di Lui sulla terra e nei cieli. Questa visione di Paolo nello Spirito Santo è il mistero scritto da Dio per l’uomo, affidato interamente a Cristo suo Figlio per la sua realizzazione. L’uomo è predestinato, cioè chiamato a lasciarsi fare con Cristo e in Cristo, una cosa sola con Lui, una sola vita. Se lui accoglierà questa “predestinazione”, questa volontà del Padre in suo favore, realizzerà se stesso per l’eternità, altrimenti rimarrà per sempre nella sua morte eterna, morte che è dovuta solo al suo rifiuto di lasciarsi divenire Cristo in Cristo.
Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, ai santi che sono a Èfeso credenti in Cristo Gesù: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo. Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra.
La visione che Paolo ci offre di Dio, di Cristo, dell’uomo è semplicemente divina. Non è frutto di mente umana. Essa è purissimo dono dello Spirito Santo. Al centro di essa vi è l’eterno amore del Padre per l’uomo. Il realizzatore nell’eternità e nel tempo di questo suo eterno amore è il Figlio suo unigenito. Il rivelatore e anche l’attuatore è lo Spirito Santo. Se l’uomo accoglie questo mistero, vive. Se lo rifiuta, rimane nella morte.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la verità di Cristo Gesù.
14 OTTOBRE (Ef 1,11-14)
In attesa della completa redenzione
Per sapere quando avverrà la nostra completa redenzione, dobbiamo lasciarci aiutare dall’Apostolo Giovanni. Essa si compirà nel momento della celebrazione delle nozze eterne con l’Agnello che fu immolato e che è il Risorto, il Signore, la nostra Vita Eterna, nella Nuova Gerusalemme Celeste, la nostra vera Patria, la nostra Terra Promessa.
In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce, e i re della terra a lei porteranno il loro splendore. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, perché non vi sarà più notte. E porteranno a lei la gloria e l’onore delle nazioni. Non entrerà in essa nulla d’impuro, né chi commette orrori o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello. E non vi sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello: i suoi servi lo adoreranno; vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli. Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere. Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine. Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all’albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città. Fuori i cani, i maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna! Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni!». E chi ascolta, ripeta: «Vieni!». Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l’acqua della vita. Colui che attesta queste cose dice: «Sì, vengo presto!». Amen. Vieni, Signore Gesù. La grazia del Signore Gesù sia con tutti (Cfr. Ap 21,22-22,21).
Per raggiungere la completa redenzione, ogni uomo deve lasciarsi liberare da Cristo Gesù da ogni peccato, per la fede in Lui. Poi deve iniziare, in Lui, con Lui, per Lui, il viaggio che dovrà condurlo nella Gerusalemme celeste. Solo Cristo è la Via che conduce alla Città Eterna e solo in Lui si può arrivare fino ad essa. La via è la sua parola, la forza viene dalla sua grazia, le modalità del cammino sono date dalla sua perfetta esemplarità nell’obbedienza al padre celeste. È evidente che senza Cristo nessuno conosce la vera via e senza di Lui sarà impossibile potervi giungere, perché il solo “Carro”, il solo “Veicolo” che conduce alla Patria eterna è Lui.
Sulla terra la completa redenzione avviene cercando ogni giorno di pervenire alla perfetta conformazione a Gesù Signore nella vita e nella morte, con una obbedienza in tutto simile alla sua ad ogni Parola che Lui ha fatto giungere al nostro cuore e che lo Spirito Santo ci spiega con divina ed eterna sapienza. Se questa conformazione a Lui nella morte non si compie o ci si distacca totalmente da Lui, sarà impossibile portare a compimento la nostra redenzione. Ci manca Colui che deve realizzarla in noi. Tutto avviene in Cristo e per Cristo, tutto è operato in Lui e per Lui dallo Spirito Santo.
In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.
Se noi usciamo dal Vangelo, dalla Parola della verità, siamo fuori della via che conduce alla Città Celeste. Ci immergiamo nei nostri pensieri umani che conducono solo nel più fitto buio delle tenebre infernali. Per questo motivo il legame con la Parola deve essere sempre indissolubile. Quanti si sono distaccati dalla Parola, si sono smarriti nella vanità del loro cuore e nella stoltezza della loro mente. La redenzione eterna, completa, perfetta si realizza, realizzando la Parola di Cristo Gesù nella nostra vita. La Parola ci conforma a Cristo nella morte e ci conformerà a Lui nella gloriosa risurrezione. Sarà essa che ci condurrà alle nozze eterne con Lui. Quando queste nozze saranno celebrate sulla Croce, saranno anche celebrate nel Cielo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Cristo.
15 OTTOBRE (Ef 1,15-23)
Vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione
San Paolo sa che la carne è incapace di cogliere le profondità del mistero. Il solo che può trasportarci negli abissi e nelle profondità di Dio e di Cristo Gesù è lo Spirito Santo. Questa verità così la rivela ai Corinti, imprigionati nella loro carne.
La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini (1Cor 1,18-25).
Anch’io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio. Tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, con parole non suggerite dalla sapienza umana, bensì insegnate dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. Ma l’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché di esse si può giudicare per mezzo dello Spirito. L’uomo mosso dallo Spirito, invece, giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno. Infatti chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo consigliare? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo (1Cor 2,1-16).
Chi vuole penetrare negli abissi del mistero deve essere preso per mano dallo Spirito Santo e in esso condotto. Paolo prega perché il Signore conceda ad ogni credente in Cristo di non fermarsi ai margini della conoscenza di Cristo Gesù, ma di essere afferrato dallo Spirito e inabissato nel cuore di Cristo e del Padre. È in questi cuori che solamente si può conoscere la grandezza di Cristo e del Padre. Chi non è calato perennemente in questi due cuori, di Gesù e di Dio, vede solo delle misere ombre.
Perciò anch’io, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore. Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione e di ogni nome che viene nominato non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, inondateci di Spirito di Dio.
16 OTTOBRE – XXIX Domenica T.O. – (Es 17,8-13)
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva
Gli uomini di Dio sanno che nulla è dall’uomo. Tutto è invece grazia del Signore. Essi sanno anche che il Signore tutto concede ai suoi amici. Basta che l’amico chieda e il Signore risponde. Con Abramo, il Signore non ha sempre risposto un suo sì pieno?
Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore. Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo». Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque». Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci» (Gen 18,22-32).
Con lo stesso Mosè il Signore non ha forse aperto il Mare Rosso per far passare il suo popolo? Il Signore concede ai suoi amici la sua stessa onnipotenza, ogni sua forza.
Quando il faraone fu vicino, gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco, gli Egiziani marciavano dietro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. E dissero a Mosè: «È forse perché non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto? Che cosa ci hai fatto, portandoci fuori dall’Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: “Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi servire l’Egitto che morire nel deserto”?». Mosè rispose: «Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore, il quale oggi agirà per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli». Il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco, io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri» (Es 124,10-18).
Oggi Giosuè deve combattere la battaglia del Signore contro Amalek. Lui potrà vincere solo con la forza di Dio. Chi dovrà dargli questa forza è il Signore. Chi la deve chiedere è il suo amico Mosè. Preghiera ed azione devono essere una cosa sola. Mosè prega e Giosuè vince. Mosè si stanca di pregare e Giosuè perde. Mosè viene aiutato perché non si stanchi e Giosuè porta a compimento la sua vittoria su Amalek.
Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.
Questa è la missione degli amici di Dio: dare forza a coloro che sono senza forza, vigore a coloro che devono combattere le battaglie del Signore. Gesù, amico del Padre, non viene forse per fare la forza della salvezza a tutti coloro che gliela chiedono? Più si è amici di Dio e più si può redimere e salvare la storia del bene.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri amici di Cristo Gesù.
17 OTTOBRE (Ef 2,1-10)
Ci ha fatto rivivere con Cristo
Ogni uomo, a causa della disobbedienza di Adamo al comando ricevuto dal Signore, è nella morte. È anche nell’impossibilità naturale di potersi ridare la vita. Dalla morte né sì può redimere, né si può salvare, mai potrà ritornare da se stesso in vita. La storia attesta questa verità. Ma anche la Scrittura la rivela: nessuno potrà mai riscattare se stesso. È nella morte e in essa rimane per l’eternità. La vita non nasce dall’uomo.
Ascoltate questo, popoli tutti, porgete l’orecchio, voi tutti abitanti del mondo, voi, gente del popolo e nobili, ricchi e poveri insieme. La mia bocca dice cose sapienti, il mio cuore medita con discernimento. Porgerò l’orecchio a un proverbio, esporrò sulla cetra il mio enigma. Perché dovrò temere nei giorni del male, quando mi circonda la malizia di quelli che mi fanno inciampare? Essi confidano nella loro forza, di vantano della loro grande ricchezza. Certo, l’uomo non può riscattare se stesso né pagare a Dio il proprio prezzo. Troppo caro sarebbe il riscatto di una vita: non sarà mai sufficiente per vivere senza fine e non vedere la fossa. Vedrai infatti morire i sapienti; periranno insieme lo stolto e l’insensato e lasceranno ad altri le loro ricchezze. Il sepolcro sarà loro eterna dimora, loro tenda di generazione in generazione: eppure a terre hanno dato il proprio nome. Ma nella prosperità l’uomo non dura: è simile alle bestie che muoiono. Questa è la via di chi confida in se stesso, la fine di chi si compiace dei propri discorsi. Come pecore sono destinati agli inferi, sarà loro pastore la morte; scenderanno a precipizio nel sepolcro, svanirà di loro ogni traccia, gli inferi saranno la loro dimora. Certo, Dio riscatterà la mia vita, mi strapperà dalla mano degli inferi. Non temere se un uomo arricchisce, se aumenta la gloria della sua casa. Quando muore, infatti, con sé non porta nulla né scende con lui la sua gloria. Anche se da vivo benediceva se stesso: «Si congratuleranno, perché ti è andata bene», andrà con la generazione dei suoi padri, che non vedranno mai più la luce. Nella prosperità l’uomo non comprende, è simile alle bestie che muoiono (Sal 49 (48) 1-21).
Dio però non vuole lasciare l’uomo nella sua morte fisica, spirituale, eterna. Nella sua eterna ed infinita misericordia ci ha donato Cristo Signore come nostra redenzione. Ha fatto Lui vittima di espiazione per i nostri peccati. Ha costituito Lui come nostra vera vita. Per Lui ci ha riscattati dalla morte, in Lui ci fa vivere nella sua stessa vita, con Lui vuole che noi formiamo un solo corpo, una sola anima, un solo Spirito. Il Padre celeste ci dona tutto il suo Amore che è Cristo Gesù perché nel suo Amore noi possiamo divenire amore per Lui. Tutto questo però si compie per la nostra fede nella sua misericordia e nell’accoglienza della Parola che ci dona Cristo e ci fa una cosa sola in Cristo, con Cristo. Senza la Parola della fede la misericordia di Dio è inefficace.
Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste, alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle Potenze dell’aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli. Anche tutti noi, come loro, un tempo siamo vissuti nelle nostre passioni carnali seguendo le voglie della carne e dei pensieri cattivi: eravamo per natura meritevoli d’ira, come gli altri. Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.
Oggi l’eresia che sta distruggendo Cristo e la sua opera di salvezza è la cancellazione della Parola della fede come unica e sola via per accedere alla misericordia di Dio, in Cristo Gesù, per Lui, con Lui. Si crede nella misericordia, ma senza fede nella Parola della verità e della giustizia. Si vuole la misericordia, ma non si vuole Cristo come nostra vita, nostra vera misericordia. Si vuole la misericordia senza noi divenire in Cristo misericordia del Padre. Il Padre, Cristo, la Parola, noi siamo una sola misericordia, in Cristo, per Cristo, con Cristo, per opera dello Spirito Santo. Se noi non diveniamo in Cristo misericordia di Cristo per il Padre nello Spirito Santo, la misericordia di Dio per noi è vana, infruttuosa. Noi non siamo divenuti misericordia.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci misericordia in Cristo.
18 OTTOBRE (2Tm 4,10-17b)
Il Signore però mi è stato vicino
Paolo è vero profeta del Signore, sua potente Parola in mezzo alle genti. Dio e i suoi profeti camminano sempre insieme. Il profeta difende Dio. Dio difende il suo profeta. Il profeta dona la Parola di Dio. Dio custodisce il profeta perché possa dare sempre la Parola. Se poi il profeta deve testimoniare la Parola con la vita, sarà il Signore un giorno a dargli la gloriosa risurrezione in Cristo. Profeta e Dio sono una cosa sola.
«Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». Risposi: «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane». Ma il Signore mi disse: «Non dire: “Sono giovane”. Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò. Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti». Oracolo del Signore. Il Signore stese la mano e mi toccò la bocca, e il Signore mi disse: «Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca. Vedi, oggi ti do autorità sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare». Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Oracolo del Signore (Cfr. Ger 1,1-19).
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole? (Is 504-9).
San Paolo vive con questa certezza: Il Signore è sempre con Lui, con Lui cammina, con Lui vive, Lui guida, Lui protegge, Lui salva, con Lui parla indicandogli la via da seguire. Dagli Atti degli Apostoli sappiamo che Lui è sempre un condotto per mano dallo Spirito Santo. Un afferrato da Lui, da Lui anche costretto, obbligato, instradato. Paolo e lo Spirito sono una cosa sola, così come sono una cosa sola Paolo e Gesù Signore. Questa testimonianza di Paolo deve dare conforto ad ogni altro operaio del Vangelo. Dio mai lascia da soli i suoi missionari, i suoi inviati, i suoi amici, quando si spendono per la salvezza dei loro fratelli nel dono della Parola di vita.
Perché Dema mi ha abbandonato, avendo preferito le cose di questo mondo, ed è partito per Tessalònica; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. Solo Luca è con me. Prendi con te Marco e portalo, perché mi sarà utile per il ministero. Ho inviato Tìchico a Èfeso. Venendo, portami il mantello, che ho lasciato a Tròade in casa di Carpo, e i libri, soprattutto le pergamene. Alessandro, il fabbro, mi ha procurato molti danni: il Signore gli renderà secondo le sue opere. Anche tu guàrdati da lui, perché si è accanito contro la nostra predicazione. Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero.
Paolo ci rivela in questa sua testimonianza che non solo è necessaria la vicinanza del Signore, urge anche la vicinanza degli altri missionari del Vangelo. Cristo e i suoi Inviati devono essere sempre una cosa sola. Ma anche gli inviati di Cristo devono essere una cosa sola. Ognuno deve vedere se stesso nell’altro, per l’altro, sentire il bisogno del suo conforto, della sua amicizia, del suo sostegno. Nulla è più deleterio per il Vangelo della distanza spirituale di un missionario dall’altro missionario, di un apostolo dall’altro apostolo, di un presbitero dall’altro presbitero. Gesù sulla Croce visse di due presenze: quella del Padre e l’altra della Madre. Cristo e l’uomo sono la vera presenza.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera presenza per tutti.
19 OTTOBRE (Ef 3,2-12)
Le impenetrabili ricchezze di Cristo
Dalla prima promessa di Dio al serpente, sappiamo che il progetto di salvezza di Dio è per ogni uomo. Questa universalità di redenzione e di vita è manifestata ad Abramo. Il Signore manda il suo Servo per annunciare questa sua volontà anche alle isole lontane. Non vi è un solo uomo che possa essere escluso da questo dono di vita.
Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame e fra tutti gli animali selvatici! Sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,14-15). Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,1-3). L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22, 15-18).
Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Così dice il Signore Dio, che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l’alito a quanti camminano su di essa: «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre. Io sono il Signore: questo è il mio nome; non cederò la mia gloria ad altri, né il mio onore agli idoli (Is 42,1-8).
Chi è Paolo? È l’apostolo di Cristo Gesù che deve annunziare ad ogni uomo che Dio, in Cristo, ha mantenuto, realizzato, compiuto ogni sua promessa di salvezza. È anche colui che deve essere tutto compenetrato del mistero, fino a divenire lui stesso mistero nel mistero, in modo da poter rivelare a tutte le genti le impenetrabili ricchezze di Cristo. Questo può avvenire in un solo modo. Come Cristo Gesù ci manifesta tutta la ricchezza dell’amore del Padre perché è con il Padre una cosa sola, così Paolo può manifestarci tutta la grandezza e ricchezza di Cristo, perché è con Cristo una cosa sola. La vera ricchezza di Cristo non si attinge dalla Scrittura, ma dal cuore di Cristo.
Penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui vi ho già scritto brevemente. Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della comprensione che io ho del mistero di Cristo. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo, del quale io sono divenuto ministro secondo il dono della grazia di Dio, che mi è stata concessa secondo l’efficacia della sua potenza. A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui.
Paolo è nel cuore di Cristo, è immerso nelle profondità della sua verità e del suo amore. Queste profondità comunica al mondo, perché tutti possano amare Cristo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, immergeteci nel cuore di Cristo.
20 OTTOBRE (Ef 3,14-21)
Perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio
Vi è nella Scrittura un evento che ci manifesta la differenza di visione tra il profeta del Dio vivente e ogni altro uomo, anche di quanti camminano con lui e sono a suo servizio. Il profeta cammina con gli occhi di Dio, tutti gli altri con gli occhi della carne.
Il re di Aram combatteva contro Israele, e in un consiglio con i suoi ufficiali disse che si sarebbe accampato in un certo luogo. L’uomo di Dio mandò a dire al re d’Israele: «Guàrdati dal passare per quel luogo, perché là stanno scendendo gli Aramei». Il re d’Israele fece spedizioni nel luogo indicatogli dall’uomo di Dio e riguardo al quale egli l’aveva ammonito, e là se ne stette in guardia, non una né due volte soltanto. Molto turbato in cuor suo per questo fatto, il re di Aram convocò i suoi ufficiali e disse loro: «Non mi potete indicare chi dei nostri è a favore del re d’Israele?». Uno degli ufficiali rispose: «No, o re, mio signore, ma Eliseo, profeta d’Israele, riferisce al re d’Israele le parole che tu dici nella tua camera da letto». Quegli disse: «Andate a scoprire dov’è costui; lo manderò a prendere». Gli fu riferito: «Ecco, sta a Dotan». Egli mandò là cavalli, carri e una schiera consistente; vi giunsero di notte e circondarono la città. Il servitore dell’uomo di Dio si alzò presto e uscì. Ecco, una schiera circondava la città con cavalli e carri. Il suo servo gli disse: «Ohimè, mio signore! Come faremo?». Egli rispose: «Non temere, perché quelli che sono con noi sono più numerosi di quelli che sono con loro». Eliseo pregò così: «Signore, apri i suoi occhi perché veda». Il Signore aprì gli occhi del servo, che vide. Ecco, il monte era pieno di cavalli e di carri di fuoco intorno a Eliseo.
Poi scesero verso di lui, ed Eliseo pregò il Signore dicendo: «Colpisci questa gente di cecità!». E il Signore li colpì di cecità secondo la parola di Eliseo. Disse loro Eliseo: «Non è questa la strada e non è questa la città. Seguitemi e io vi condurrò dall’uomo che cercate». Egli li condusse a Samaria. Quando entrarono in Samaria, Eliseo disse: «Signore, apri gli occhi di costoro perché vedano!». Il Signore aprì i loro occhi ed essi videro. Erano in mezzo a Samaria! Quando li vide, il re d’Israele disse a Eliseo: «Li devo colpire, padre mio?». Egli rispose: «Non colpire! Sei forse solito colpire uno che hai fatto prigioniero con la tua spada e con il tuo arco? Piuttosto metti davanti a loro pane e acqua; mangino e bevano, poi se ne vadano dal loro signore». Si preparò per loro un grande pranzo. Dopo che ebbero mangiato e bevuto, li congedò ed essi se ne andarono dal loro signore. Le bande aramee non penetrarono più nella terra d’Israele (2Re 6,8-23).
Eliseo vede, il suo servo non vede. Lui prega e il Signore gli apre gli occhi. Lui vede. Sa perché Eliseo non teme. Paolo vede con gli occhi dello Spirito Santo. Lui vede per grazia, non per scienza e neanche perché qualche altro gli abbia prestato i suoi occhi. Gli occhi sono personali e solo lo Spirito Santo ce li può dare perché noi vediamo come Lui. Sa però che i cristiani da lui evangelizzati non vedono ancora Cristo secondo purezza di verità, fede, carità, speranza, misericordia amore. Come Eliseo, lui chiede a Dio che conceda loro la vera visione celeste. Senza questa richiesta perenne, l’altro mai potrà vedere ciò che l’Apostolo vede e rimane ai margini, alla periferia di Cristo.
Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore mediante il suo Spirito. Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio. A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen.
Come l’evangelizzazione, il dono della Parola della verità è dall’Apostolo, così anche la comprensione della Parola nella pienezza della sua verità, nella quale è contenuto tutto il cuore di Cristo, è dall’Apostolo. Spetta a Lui chiedere al Signore che i suoi evangelizzati vedano come lui, per amare come lui ama dalla verità e dal cuore di Cristo Signore. Se l’apostolo dona solo la Parola, la sua missione non produce alcun frutto di vita. Sempre ad essa deve aggiungere una ininterrotta preghiera di luce.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci intercessori di vera luce.
21 OTTOBRE (Ef 4,1-6)
Avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito
Quando un Apostolo del Signore è perfetto nella sua missione? Quando la porta a compimento con lo stesso pensiero di Cristo Signore. Il pensiero di Cristo è volontà di offerta a Dio Padre per la redenzione del mondo. È anche preghiera incessante perché tutti i redenti siano in Lui una cosa sola, come Lui è una cosa sola con il Padre.
Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia.
Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, co me io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. 18Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità. Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro» (Gv 17,1-26).
Questa preghiera di Cristo è preghiera di Paolo. Questa vita di Cristo è vita di Paolo. Deve essere preghiera e vita di ogni discepolo di Gesù. Ognuno deve essere un operatore di vera salvezza e un costruttore di vera unità. Potrà essere tutto questo se diviene in Cristo una sola vita, come Cristo è una sola vita con il Padre.
Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
Il cristiano sarà come Paolo, sarà come Cristo, se inizierà ad estirpare, con la grazia di Cristo e con la forza dello Spirito Santo, tutto ciò che in lui rimane del peccato e delle sue conseguenze. Per questo dovrà crescere in ogni umiltà, dolcezza, magnanimità, amore vicendevole. Dovrà mettere ogni impegno per essere un vero operatore di pace. L’unità in Cristo è soprattutto opera sua. Gli altri possono anche distruggere l’unità. Lui però dovrà consegnare anche il suo corpo alla croce perché l’unità del corpo di Cristo mai venga distrutta o semplicemente compromessa. È la sua missione.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci costruttori di vera unità.
22 OTTOBRE (Ef 4,7-16)
Allo scopo di edificare il corpo di Cristo
San Paolo non vede la Chiesa di Cristo come un insieme di persone che camminano insieme perché legati dalla stessa fede, confortati dallo stesso amore, orientati al raggiungimento della stessa speranza. Questa non è la Chiesa pensata, voluta, realizzata, costruita da Paolo, per la quale si affatica e lotta. Per lui la Chiesa è quanto gli ha rivelato il Signore Gesù il giorno in cui è stato conquistato da Cristo, da Lui folgorato con luce incandescente sulla via di Damasco. Paolo è tutto e sempre in questo momento della sua “fondazione” in Cristo. Fuori di questo istante, Paolo mai si comprenderà né nei suoi pensieri, né nella sua missione, né in nessun’altra cosa.
Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda (Cfr. At 9,1-18).
Come Cristo vive per creare, fondare, costruire il suo Corpo, come ogni dono di grazia e di verità e il suo stesso corpo è stato consegnato alla croce per edificare il suo corpo, così deve essere per ogni discepolo. Ogni dono dello Spirito Santo, ogni ministero, ogni missione, ogni talento e carisma, sono dati, compreso il corpo, l’anima, e lo spirito del discepolo, per fondare, creare, costruire il Corpo di Cristo. Vana è ogni missione e anche ogni sacrificio, ogni opera che non viene finalizzata alla edificazione del corpo di Cristo Gesù. Cristo vive per il suo corpo. Il cristiano vive per il suo corpo.
Ma come si edifica il corpo di Cristo? Come lo ha edificato Cristo. Offrendo tutta la vita al Padre in sacrificio, in olocausto, secondo la sua volontà, la missione ricevuta, i doni da lui elargiti, perché il corpo di Cristo possa risplendere di luce sempre più intensa, più vera, senza alcuna macchia. Nessuno potrà edificare il corpo di Cristo se non edifica se stesso come vero corpo di Cristo e si edifica togliendo dal suo corpo tutto ciò che appartiene alla terra, al mondo, al vizio, alla concupiscenza, al peccato, alla carne.
A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini. Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo. Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore. Al contrario, agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità.
Chi vuole edificare il corpo di Cristo deve ingaggiare una dura lotta contro ogni cosa che in qualche modo possa oscurare la sua bellezza. Anche dei pensieri inutili ci si deve liberare, perché a volte basta un solo pensiero per deturpare la santità del corpo del Signore. È questa la nostra unica e sola missione: edificare il corpo di Cristo crescendo noi stessi come purissimo corpo di Cristo. Dal corpo si edifica il corpo.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vero corpo di Cristo Gesù.
23 OTTOBRE – XXX Domenica T.O.– (Sir 35,12-14.16-18)
Non corromperlo con doni, perché non li accetterà
Dio è il Giusto. È la Giustizia eterna. È il Signore dal giusto giudizio. Lui è giusto e giusti vuole tutti i giudici che in suo nome amministrano la giustizia nel suo popolo.
Non accetterai doni, perché il dono acceca chi ha gli occhi aperti e perverte anche le parole dei giusti (Es 23,8). Giòsafat rimase a Gerusalemme; poi si recò di nuovo fra il suo popolo, da Bersabea alle montagne di Èfraim, riportandolo al Signore, Dio dei loro padri. Egli stabilì giudici nel territorio, in tutte le fortezze di Giuda, città per città. Ai giudici egli raccomandò: «Guardate a quello che fate, perché non giudicate per gli uomini, ma per il Signore, il quale sarà con voi quando pronuncerete la sentenza. Ora il terrore del Signore sia con voi; nell’agire badate che nel Signore, nostro Dio, non c’è nessuna iniquità: egli non ha preferenze personali né accetta doni». Anche a Gerusalemme Giòsafat costituì alcuni leviti, sacerdoti e capifamiglia d’Israele, per il giudizio del Signore e le liti degli abitanti di Gerusalemme. Egli comandò loro: «Voi agirete nel timore del Signore, con fedeltà e con cuore integro. Su ogni causa che vi verrà presentata da parte dei vostri fratelli che abitano nelle loro città – si tratti di omicidio o di una questione che riguarda una legge o un comandamento o statuti o decreti – istruiteli, in modo che non si mettano in condizione di colpa davanti al Signore e il suo sdegno non si riversi su di voi e sui vostri fratelli. Agite così e non diventerete colpevoli. Coraggio, mettetevi al lavoro. E il Signore sia con chi è buono» (2Cr 19,4-11).
Il Libro del Siracide chiede ad ogni uomo di vivere nella perfetta giustizia, che è piena e perfetta osservanza della Parola del Signore. Invita ogni uomo a non cadere nell’illusione di pensare che Dio si possa comprare o corrompere con doni. Lui non è un giudice come quelli della terra, fatti di carne e di concupiscenza, di avidità e di desideri mondani. Lui è purissimo spirito e nessun dono lo potrà mai corrompere.
Non fare il male, perché il male non ti prenda. Stai lontano dall’iniquità ed essa si allontanerà da te. Figlio, non seminare nei solchi dell’ingiustizia per non raccoglierne sette volte tanto. Non domandare al Signore il potere né al re un posto di onore. Non farti giusto davanti al Signore né saggio davanti al re. Non cercare di divenire giudice se ti manca la forza di estirpare l’ingiustizia, perché temeresti di fronte al potente e getteresti una macchia sulla tua retta condotta. Non fare soprusi contro l’assemblea della città e non degradarti in mezzo al popolo. Non ti impigliare due volte nel peccato, perché neppure di uno resterai impunito. Non dire: «Egli guarderà all’abbondanza dei miei doni, e quando farò l’offerta al Dio altissimo, egli l’accetterà». Non essere incostante nella tua preghiera e non trascurare di fare elemosina. Non deridere un uomo dall’animo amareggiato, perché c’è chi umilia e innalza. Non seminare menzogne contro tuo fratello e non fare qualcosa di simile all’amico. Non ricorrere mai alla menzogna: è un’abitudine che non porta alcun bene. Non parlare troppo nell’assemblea degli anziani e non ripetere le parole della tua preghiera. Non disprezzare il lavoro faticoso, in particolare l’agricoltura che Dio ha istituito. Non unirti alla moltitudine dei peccatori, ricòrdati che la collera divina non tarderà. Umìliati profondamente, perché castigo dell’empio sono fuoco e vermi (Sir 7,1-17).
Dio è la giustizia perfetta e tutti devono apprendere da lui come essere giusti in ogni loro pensiero, parola, opera. Non vi è giustizia senza l’osservanza delle sue prescrizioni. Chi trascura l’obbedienza alla sua Parola mai potrà dirsi giusto. È privo della regola della vera giustizia. Ma perché è cosa giusta che l’uomo viva di perfetta giustizia? Perché dovrà comparire dinanzi al Signore per essere da Lui giudicato.
Da’ all’Altissimo secondo il dono da lui ricevuto, e con occhio contento, secondo la tua possibilità, perché il Signore è uno che ripaga e ti restituirà sette volte tanto. Non corromperlo con doni, perché non li accetterà. Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell’oppresso. Non trascura la supplica dell’orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento. Le lacrime della vedova non scendono forse sulle sue guance?
Da dove comincia la giustizia di un uomo? Dall’osservanza dei suoi obblighi verso il Signore e verso i poveri della terra. Come lui ha bisogno di ogni cosa e bussa al cuore del suo Dio, così la vedova e gli orfani hanno bisogno e bussano al suo cuore. Come Dio ascolta vedove e orfani così anche lui dovrà ascoltare. Dio lo benedirà.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci perfettamente giusti.
24 OTTOBRE (Ef 4,32-5,8)
Offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore
San Paolo chiede ai discepoli di Gesù, di offrirsi a Dio in sacrificio di soave odore. Il primo sacrificio è quello spirituale. Si porta anima, spirito, corpo nella Parola, sempre. La Parola si vive nella più grande carità, umiltà, pazienza, dono totale ad essa.
Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Per la grazia che mi è stata data, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione.
Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia. La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene (Rm 12,1-21).
Dal sacrificio spirituale si deve passare, se il Signore lo chiede, anche al sacrificio reale. Offrire il proprio corpo per testimoniare con il sangue la verità di Cristo.
Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita. Così nel giorno di Cristo io potrò vantarmi di non aver corso invano, né invano aver faticato. Ma, anche se io devo essere versato sul sacrificio e sull’offerta della vostra fede, sono contento e ne godo con tutti voi (Fil 2,14-17). Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione (2Tm 4,6-8).
Non tutti sono chiamati al rendere testimonianza con il sangue, tutti però hanno l’obbligo di offrire a Dio il sacrificio spirituale con la più alta purezza della loro vita. Il sacrificio spirituale è la via per fare bello il corpo di Cristo, ricco di molti frutti di vita.
Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore. Di fornicazione e di ogni specie di impurità o di cupidigia neppure si parli fra voi – come deve essere tra santi – né di volgarità, insulsaggini, trivialità, che sono cose sconvenienti. Piuttosto rendete grazie! Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro – cioè nessun idolatra – ha in eredità il regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con parole vuote: per queste cose infatti l’ira di Dio viene sopra coloro che gli disobbediscono. Non abbiate quindi niente in comune con loro. Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci offerta pura per il Signore.
25 OTTOBRE (Ef 5,21-33)
Come anche Cristo ha amato la Chiesa
Il profeta Ezechiele ci rivela come il Signore nell’antichità ha amato la sua sposa. Lui ha preso una neonata sporca ancora del sangue della sua nascita, l’ha purificata, l’ha fatta crescere bella, l’ha adornata di ogni gioiello, l’ha fatta sua regina. Da essere ripugnante le ha dato una dignità regale. L’ha posta al di sopra di ogni altra donna.
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, fa’ conoscere a Gerusalemme tutti i suoi abomini. Dirai loro: Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era un Amorreo e tua madre un’Ittita. Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato il cordone ombelicale e non fosti lavata con l’acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale né fosti avvolta in fasce. Occhio pietoso non si volse verso di te per farti una sola di queste cose e non ebbe compassione nei tuoi confronti, ma come oggetto ripugnante, il giorno della tua nascita, fosti gettata via in piena campagna. Passai vicino a te, ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue e cresci come l’erba del campo. Crescesti, ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza. Il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà, ma eri nuda e scoperta.
Passai vicino a te e ti vidi. Ecco: la tua età era l’età dell’amore. Io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità. Ti feci un giuramento e strinsi alleanza con te – oracolo del Signore Dio – e divenisti mia. Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio. Ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di stoffa preziosa. Ti adornai di gioielli. Ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo; misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo. Così fosti adorna d’oro e d’argento. Le tue vesti erano di bisso, di stoffa preziosa e ricami. Fior di farina e miele e olio furono il tuo cibo. Divenisti sempre più bella e giungesti fino ad essere regina. La tua fama si diffuse fra le genti. La tua bellezza era perfetta. Ti avevo reso uno splendore. Oracolo del Signore Dio (Ez 16,1-14).
Sappiamo che la regina non fu fedele al suo Re Eterno. Si consegnò alla prostituzione, cioè all’idolatria, all’immoralità, tradendo e rinnegando il suo Signore. Il Re Eterno non si lascia vincere dal peccato della sua sposa e promette una nuova alleanza. Questa volta lo sposalizio avviene tra il Figlio Unigenito, nel suo corpo, e quanti per la fede credono in Lui. Il Figlio lava la sua sposa nel suo sangue, la nutre con la sua carne, la illumina con il suo Santo Spirito, la alimenta con tutto l’amore del Padre, ogni giorno la rafforza con la sua grazia. Fisicamente, realmente, sostanzialmente il Figlio diviene nutrimento della sua sposa. Lui si consuma per essa. Questo stesso amore San Paolo chiede al marito per la sua sposa e alla sposa per il suo sposo.
Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Così anche voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito.
L’amore chiesto da Paolo, sul modello di Cristo Gesù, mai potrà essere donato, se l’uomo e la donna non crescono nella fedeltà a Cristo, allo stesso modo che Cristo cresceva nella fedeltà verso il Padre suo, nello Spirito Santo. Più si deve amare e più ci si deve trasformare anche nella natura in un corpo che ama, che sa amare, che vuole amare. Non si sarà mai capaci di amare, se non ci si trasforma in amore. Il sacrificio spirituale da offrire a Dio è proprio questo: trasformare il nostro corpo in carità.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, trasformateci in vera carità.
26 OTTOBRE (Ef 6,1-9)
Come chi serve il Signore e non gli uomini
L’amore, ogni amore, dal più piccolo al più grande, deve essere sempre purissima obbedienza al Signore. Ogni amore deve essere vissuto per comando del Signore. Dio non solo ci chiede di amare, ci dona anche la legge dell’amore. Nessuno potrà farsi lui la legge della sua carità. Questa potestà non gli è data. Tutto viene dalla Parola. Ma neanche la Parola il singolo si può interpretare. Interprete unico della Parola è lo Spirito Santo. Da Dio viene la Legge dell’amore. Dallo Spirito Santo viene ogni modalità storica di amare per ogni singolo credente in Cristo Gesù. Dove è assente il Dio di Gesù Cristo, il Cristo di Dio e lo Spirito Santo, non esiste il vero amore.
Oggi purtroppo, in una società fortemente secolarizzata, scristianizzata, atea, paganizzata, l’uomo si costituisce unica e sola legge di amore. Prima ha abbandonato la via del vero amore consegnandosi al non amore, a ciò che mai potrà dirsi amore, perché male in sé e poi ha anche stabilito che il suo non amore diventi amore per legge umana. Così per amore si uccide. Per amore si divorzia. Per amore si abortisce. Per amore si pratica l’eutanasia. Per amore ci si sposa tra persone dello stesso sesso. Per amore si adottano i cani. Per amore si distrugge la natura. Tutto il male intrinseco si può fare oggi per legge umana. Tutto è stato dichiarato amore.
Se qualcuno si dovesse alzare e dire che vi è un male intrinseco che mai potrà dirsi bene, si viene accusati di oscurantismo, fondamentalismo, omofobia e cose del genere. La prepotenza del male oggi è così forte, da non trovare più alcuna resistenza. Tutti è come se ci fossimo arresi alla sua volontà. Anche la Chiesa, un tempo maestra di vero martirio per tutti i suoi figli, oggi cerca nel compromesso stolto e insipiente, la sua serenità, il non fastidio, il non martirio, pagando però un altissimo prezzo: la vendita di Cristo al sincretismo religioso e all’irenismo che mai produrranno un solo frutto di bene. La Chiesa invece sempre si deve ricordare che per affermare la verità di se stesso, senza imporla ad alcuno, il suo Maestro e Signore, fu crocifisso.
San Paolo oggi ci insegna che ogni relazione sociale e familiare va vissuta nella grande obbedienza. Obbedienza non al padre, alla madre, al padrone, al superiore, al re, al funzionario. Questa non è l’obbedienza del discepolo di Gesù. Lui è chiamato da San Paolo a saper vedere sempre il Signore nella persona che gli sta dinanzi. Dinanzi al povero che gli chiede l’elemosina deve vedere il Signore. Dinanzi a colui che gli chiede l’obbedienza deve vedere il Signore. Deve vedere il Signore come Gesù vedeva il Padre dinanzi a Pilato che gli chiede il suo corpo per appenderlo alla Croce. Gesù vide il Padre e si consegnò volontariamente all’obbedienza.
Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. Onora tuo padre e tua madre! Questo è il primo comandamento che è accompagnato da una promessa: perché tu sia felice e goda di una lunga vita sulla terra. E voi, padri, non esasperate i vostri figli, ma fateli crescere nella disciplina e negli insegnamenti del Signore. Schiavi, obbedite ai vostri padroni terreni con rispetto e timore, nella semplicità del vostro cuore, come a Cristo, non servendo per farvi vedere, come fa chi vuole piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, facendo di cuore la volontà di Dio, prestando servizio volentieri, come chi serve il Signore e non gli uomini. Voi sapete infatti che ciascuno, sia schiavo che libero, riceverà dal Signore secondo quello che avrà fatto di bene. Anche voi, padroni, comportatevi allo stesso modo verso di loro, mettendo da parte le minacce, sapendo che il Signore, loro e vostro, è nei cieli e in lui non vi è preferenza di persone.
Il Signore non si serve per costrizione e neanche quando le cose ci sono gradite. Il nostro Dio si serve solo per obbedienza. Ci si chiede di prendere la croce di un servizio ricco di amore? La si prende e la si porta sino alla fine. Questo è l’esempio che Lui ci ha lasciato. Secondo questo esempio noi dobbiamo vivere. Se manchiamo di questa visione soprannaturale, ci stanchiamo, veniamo meno, non perseveriamo, desistiamo, ci ritiriamo, ritorniamo nel nostro egoismo e nella nostra empietà. Siamo atei.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dalla più pura fede,
27 OTTOBRE (Ef 6,10-20)
Restare saldi dopo aver superato tutte le prove
San Paolo vede il cristiano come un vero soldato del regno di Cristo Gesù e come un buon Generale gli insegna l’arte e la scienza del buon combattimento. Le regole di Paolo sono state tutte sperimentate, collaudate, non ne esistono di migliori.
Come un buon soldato di Gesù Cristo, soffri insieme con me. Nessuno, quando presta servizio militare, si lascia prendere dalle faccende della vita comune, se vuol piacere a colui che lo ha arruolato. Anche l’atleta non riceve il premio se non ha lottato secondo le regole. Il contadino, che lavora duramente, dev’essere il primo a raccogliere i frutti della terra. Cerca di capire quello che dico, e il Signore ti aiuterà a comprendere ogni cosa. Ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio Vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore. Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. Questa parola è degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.
Richiama alla memoria queste cose, scongiurando davanti a Dio che si evitino le vane discussioni, le quali non giovano a nulla se non alla rovina di chi le ascolta. Sfòrzati di presentarti a Dio come una persona degna, un lavoratore che non deve vergognarsi e che dispensa rettamente la parola della verità. Evita le chiacchiere vuote e perverse, perché spingono sempre più all’empietà quelli che le fanno; la parola di costoro infatti si propagherà come una cancrena. Sta’ lontano dalle passioni della gioventù; cerca la giustizia, la fede, la carità, la pace, insieme a quelli che invocano il Signore con cuore puro. Evita inoltre le discussioni sciocche e da ignoranti, sapendo che provocano litigi. Un servo del Signore non deve essere litigioso, ma mite con tutti, capace di insegnare, paziente, dolce nel rimproverare quelli che gli si mettono contro, nella speranza che Dio conceda loro di convertirsi, perché riconoscano la verità e rientrino in se stessi, liberandosi dal laccio del diavolo, che li tiene prigionieri perché facciano la sua volontà (Cfr. 2Tm 2,1-26).
Ogni regola da lui consegnata ai suoi subalterni è stata sperimentata con successo nel suo corpo, portato fino al martirio con Cristo. È questa la gloria di ogni buon soldato.
Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione (2Tm 4,6-8).
Senza questa ottima divina armatura, che nessuno vada in battaglia e nessuno inizi la lotta. Si è già sconfitti prima di iniziare. Le astuzie del diavolo sono veramente sataniche. Lui sa come combattere le battaglie del male contro il bene e lui aggiorna i suoi miliziani giorno per giorno con armi sempre nuove, capaci di grandi distruzioni.
Per il resto, rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi. E pregate anche per me, affinché, quando apro la bocca, mi sia data la parola, per far conoscere con franchezza il mistero del Vangelo, per il quale sono ambasciatore in catene, e affinché io possa annunciarlo con quel coraggio con il quale devo parlare.
L’armatura va indossata ogni giorno e ogni giorno va rafforzata con i nuovi aggiornamenti dello Spirito Santo. Senza di essa, si sarà sempre vittime di Satana.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri soldati di Gesù.
28 OTTOBRE (Ef 2,19-22)
Per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito
Il Signore vuole abitare in mezzo ai suoi figli con una presenza viva, efficace, vera, reale, sostanziale. Anticamente questa presenza era nella tenda del convegno.
Farai il velo di porpora viola, di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto. Lo si farà con figure di cherubini, lavoro d’artista. Lo appenderai a quattro colonne di acacia, rivestite d’oro, munite di uncini d’oro e poggiate su quattro basi d’argento. Collocherai il velo sotto le fibbie e là, nell’interno oltre il velo, introdurrai l’arca della Testimonianza. Il velo costituirà per voi la separazione tra il Santo e il Santo dei Santi. Porrai il propiziatorio sull’arca della Testimonianza nel Santo dei Santi. Collocherai la tavola fuori del velo e il candelabro di fronte alla tavola sul lato meridionale della Dimora; collocherai la tavola sul lato settentrionale. Farai una cortina all’ingresso della tenda, di porpora viola e di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto, lavoro di ricamatore. Farai per la cortina cinque colonne di acacia e le rivestirai d’oro. I loro uncini saranno d’oro e fonderai per esse cinque basi di bronzo (Cfr. Es 26, 1-37).
La tenda era mobile. Si spostava con il popolo. Con la costruzione del tempio, la casa di Dio sulla terra era in Gerusalemme, nel suo ricco e sontuoso tempio.
Salomone allora convocò presso di sé in assemblea a Gerusalemme gli anziani d’Israele, tutti i capitribù, i prìncipi dei casati degli Israeliti, per fare salire l’arca dell’alleanza del Signore dalla Città di Davide, cioè da Sion. Si radunarono presso il re Salomone tutti gli Israeliti nel mese di Etanìm, cioè il settimo mese, durante la festa. Quando furono giunti tutti gli anziani d’Israele, i sacerdoti sollevarono l’arca e fecero salire l’arca del Signore, con la tenda del convegno e con tutti gli oggetti sacri che erano nella tenda; li facevano salire i sacerdoti e i leviti. Il re Salomone e tutta la comunità d’Israele, convenuta presso di lui, immolavano davanti all’arca pecore e giovenchi, che non si potevano contare né si potevano calcolare per la quantità. I sacerdoti introdussero l’arca dell’alleanza del Signore al suo posto nel sacrario del tempio, nel Santo dei Santi, sotto le ali dei cherubini. Difatti i cherubini stendevano le ali sul luogo dell’arca; i cherubini, cioè, proteggevano l’arca e le sue stanghe dall’alto. Le stanghe sporgevano e le punte delle stanghe si vedevano dal Santo di fronte al sacrario, ma non si vedevano di fuori. Vi sono ancora oggi. Nell’arca non c’era nulla se non le due tavole di pietra, che vi aveva deposto Mosè sull’Oreb, dove il Signore aveva concluso l’alleanza con gli Israeliti quando uscirono dalla terra d’Egitto (1Re 8,1-9).
Ma Dio non vuole una dimora stabile. Vuole abitare in ogni luogo, presso ogni uomo. Ha scelto il corpo di Cristo come suo vero tempio e corpo di Cristo è ogni suo discepolo. San Pietro vede i cristiani come vere pietre vive di questo tempio di Dio.
Allontanate dunque ogni genere di cattiveria e di frode, ipocrisie, gelosie e ogni maldicenza. Come bambini appena nati desiderate avidamente il genuino latte spirituale, grazie al quale voi possiate crescere verso la salvezza, se davvero avete gustato che buono è il Signore. Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura: Ecco, io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso. Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di scandalo (1Pt 2,1-8).
San Paolo vuole che il discepolo di Gesù mai si dimentichi che è lui la dimora di Dio sulla terra. Come Cristo era presenza viva del Padre, così deve essere il cristiano: presenza viva di Cristo, nel quale vi è la presenza viva del Padre. Se lui è vera casa di Dio, ogni uomo in lui, per lui, si deve incontrare con il suo Signore. Mai però il Signore potrà abitare in lui, se lui permette che nel suo cuore vi abita Satana e il male.
Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.
Ogni discepolo di Gesù è obbligato ad essere casa santa di Dio, vera sua abitazione.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci tempio vivo del Signore.
29 OTTOBRE (Fil 1,18b-26)
Per il progresso e la gioia della vostra fede
San Paolo è un innamorato di Cristo Gesù. Il suo desiderio è uno solo: vivere in eterno in Cristo, nell’eternità, senza più neanche i limiti che impone il nostro corpo fatto di materia. Il Signore gli ha anche fatto la grazia di contemplare il suo Paradiso. Se già dopo aver visto Cristo nella luce e aver ascoltato la sua voce, tutto è divenuto per lui una spazzatura, cosa ora è il mondo presente se non il nulla del nulla? Dinanzi al cielo eterno di Dio cosa mai vi potrà essere più attraente sulla terra?
Se bisogna vantarsi – ma non conviene – verrò tuttavia alle visioni e alle rivelazioni del Signore. So che un uomo, in Cristo, quattordici anni fa – se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest’uomo – se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunciare. Di lui io mi vanterò! Di me stesso invece non mi vanterò, fuorché delle mie debolezze. Certo, se volessi vantarmi, non sarei insensato: direi solo la verità. Ma evito di farlo, perché nessuno mi giudichi più di quello che vede o sente da me e per la straordinaria grandezza delle rivelazioni. Per questo, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte (2Cor 12,1-10).
Amare Cristo non è rinchiudersi nel cielo eterno con lui. Ama Cristo chi sa rinunciare anche a stare nel suo Paradiso, per vivere oggi e sempre secondo la sua volontà. Ecco la sublime verità. Paolo per amore di Cristo è pronto a rinunciare anche a Cristo. Questa verità la proclama con solennità nella Lettera ai Romani. Sembra un paradosso, ma è così. Lo ama così tanto, che è disposto ad ogni rinuncia per Lui.
Dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen (Rm 9,1-5).
Paolo sa che ora Gesù non gli chiede di andare nel suo cielo eterno. Vuole che rimanga sulla terra per far conoscere Lui ad ogni altro uomo. Accoglie la volontà del suo Signore e ad essa consacra tutta la sua vita, sapendo che questo dona gioia al suo Signore. È questa la grandezza dell’amore di Paolo: dare gioia a Cristo Gesù rinunciando lui alla sua gioia eterna. Ma Gesù sulla croce non rinunciò alla sua gioia per dare gioia al mondo intero? Nella rinuncia si misura la grandezza dell’amore.
Purché in ogni maniera, per convenienza o per sincerità, Cristo venga annunciato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene. So infatti che questo servirà alla mia salvezza, grazie alla vostra preghiera e all’aiuto dello Spirito di Gesù Cristo, secondo la mia ardente attesa e la speranza che in nulla rimarrò deluso; anzi nella piena fiducia che, come sempre, anche ora Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo. Persuaso di questo, so che rimarrò e continuerò a rimanere in mezzo a tutti voi per il progresso e la gioia della vostra fede, affinché il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre più in Cristo Gesù, con il mio ritorno fra voi.
Da Paolo dobbiamo imparare come si ama Gesù: rinunciare anche al Paradiso perché Cristo venga amato, conosciuto, servito, adorato. Senza rinuncia, il nostro amore per Lui sarebbe solo egoismo. È la rinuncia che dona verità e bellezza al nostro amore.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di vero amore per Gesù.
30 OTTOBRE – XXXI Domenica T.O. – (Sap 11,22-12,2)
Chiudi gli occhi sui peccati degli uomini
San Pietro illumina i discepoli di Gesù. Il tempo è grande manifestazione della magnanimità del nostro Dio. Il tempo è dato al peccatore perché si converta e al giusto per crescere nella giustizia. Il tempo è vera grazia di Dio per la salvezza.
Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza. Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli spariranno in un grande boato, gli elementi, consumati dal calore, si dissolveranno e la terra, con tutte le sue opere, sarà distrutta. Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli in fiamme si dissolveranno e gli elementi incendiati fonderanno! Noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia. Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia. La magnanimità del Signore nostro consideratela come salvezza: così vi ha scritto anche il nostro carissimo fratello Paolo, secondo la sapienza che gli è stata data, come in tutte le lettere, nelle quali egli parla di queste cose. In esse vi sono alcuni punti difficili da comprendere, che gli ignoranti e gli incerti travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina (2Pt 3,8-16).
L’Apostolo Giovanni ci insegna però che si può pregare per tutti i peccati perché vengano perdonati. Non si può pregare invece per il peccato che conduce alla morte. Questo peccato è quello commesso contro lo Spirito Santo. Ognuno pertanto deve porre ogni attenzione a non commettere questo peccato. Si è rei di morte eterna.
Se uno vede il proprio fratello commettere un peccato che non conduce alla morte, preghi, e Dio gli darà la vita: a coloro, cioè, il cui peccato non conduce alla morte. C’è infatti un peccato che conduce alla morte; non dico di pregare riguardo a questo peccato. Ogni iniquità è peccato, ma c’è il peccato che non conduce alla morte. Sappiamo che chiunque è stato generato da Dio non pecca: chi è stato generato da Dio preserva se stesso e il Maligno non lo tocca. Noi sappiamo che siamo da Dio, mentre tutto il mondo sta in potere del Maligno. Sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l’intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio, nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna (1Gv 5,16-20).
Tutta la Scrittura Antica, fin dalla prima pagina di essa, attesta che il nostro Dio è sempre venuto incontro all’uomo per annunziargli il suo perdono, la sua misericordia, la sua pietà. All’annunzio di Dio deve corrispondere l’accoglienza dell’uomo e il suo ritorno nella fedeltà alla sua Parola. Dio non perdona se non nel pentimento, nella conversione, nel ritorno nella sua Legge, che per il popolo del Signore, erano i Dieci Comandamenti. Tutti i profeti sono un invito alla conversione. Anche Gesù inizia il suo ministero invitando alla conversione e alla fede nel Vangelo.
Tutto il mondo, infatti, davanti a te è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta? Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza? Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita. Poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore.
Il Libro della Sapienza annunzia un Dio amante della vita. Lui ha creato l’uomo per la vita, non per la distruzione e neanche per la morte. Essendo Lui il Dio della vita, viene sempre per annunziargli la sua volontà a conservarlo in vita, ma anche a farlo ritornare dalla morte nella vita. Nella morte l’uomo c’è già. Dio nulla deve fare perché lui muoia. È già morto. Lui viene per la sua risurrezione, sempre che l’uomo lo voglia.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci abitare sempre nella vita.
31 OTTOBRE (Fil 2,1-4)
Non fate nulla per rivalità o vanagloria
Un corpo diviso è scandalo per la Chiesa e per il mondo. Nella divisione, contrapposizione, gelosia, invidia, superbia, concupiscenza, avarizia, superstizione, lotta degli uni contro gli altri, non si vedrebbe alcuna differenza tra quanti dicono di credere in Cristo e quanti invece asseriscono di non volere a che fare nulla con Gesù Signore. D’altronde non vi sarebbe neanche fede in Cristo Gesù, dal momento che la fede è uscire dal mondo della divisione ed entrare in quello della comunione e dell’unità, che è governato dalla sola Parola del Signore. Una sola Parola, una sola obbedienza, una sola Legge, un solo Comandamento, una sola vita, anche se rimangono le differenze specifiche che sono proprie dei ministeri e dei carismi. Un solo corpo nel quale ognuno viva di vera unità ma nella comunione dei doni di grazia.
Per Paolo il vero segno manifestativo della fede in Cristo è l’unità dei discepoli che si vive nel corpo di Cristo. Dove questa unità è inesistente, anche la fede è inesistente. Nessuno crede veramente in Cristo se crea divisioni nel suo corpo. La divisione attesta che si vive ancora secondo la carne. Non si è passati a camminare secondo lo Spirito perché rivalità, vanagloria, gelosia, invidia, stoltezza, insipienza, vanità muovono il cuore dell’uomo e ogni sua azione all’interno della comunità dei discepoli del Signore. Se quanti sono venuti alla fede non riescono a vivere questa unità, nella perfetta comunione dei doni e dei carismi per altissimi principi soprannaturali da attingere nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, Paolo chiede ai Filippesi che si impegnino in quest’opera per rendere piena la sua gioia. L’Apostolo si propone come via di unità.
Così facendo lui introduce un elemento nuovo nelle dinamiche della fede. Lui chiede ai discepoli di Gesù di costruire l’unità nella comunione per dare piena gioia al suo cuore. Ma può un apostolo quasi sostituirsi a Cristo? Uno che non vive per Cristo la sua fede, la può vivere per dare gioia all’apostolo di Cristo? Come Paolo per amore degli uomini, per la loro salvezza, è disposto a rinunciare a Cristo, purché Cristo viva nei loro cuori, così chiede ai discepoli di Gesù di rinunciare a Gesù perché Gesù tutto intero viva nella loro fede e in ogni decisione da essi presa. Paolo prende il posto di Cristo per Cristo, perché il corpo di Cristo si possa manifestare al mondo in tutta la sua bellezza di unità e di comunione. Questo però solo Paolo lo può chiedere perché in lui non vive lui, ma vive Gesù Signore. Date gioia al Cristo che porto nel cuore, che vive in me. Date gioia manifestando la bellezza del suo corpo che vive nella perfetta unità.
Se dunque c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri.
Così agendo, Paolo ci insegna che la fede non è una ricetta asettica, non è una proposta anodina, non è neanche una lezione, finita la quale l’annunciatore se ne va per la sua strada e coloro ai quali Cristo è stato annunziato se la vedono solo con Gesù Signore. La fede è qualcosa di terribilmente inerente alla persona. Si deve credere in Dio e nella persona che porta la fede. Si deve credere per il Signore e per colui che il Signore manda in suo nome e con la sua autorità. Una sola fede deve abbracciare Colui che manda e chi è mandato e così un solo amore deve governare Colui che manda e colui che è mandato. Si deve credere nel missionario come si crede in Dio. Si deve amare il missionario come si ama Dio. Una sola fede, un solo amore. Al missionario però è chiesto di essere una cosa sola con Colui che lo ha mandato e chi lo ha mandato è Cristo Gesù. Paolo è una cosa sola con Gesù Signore e può chiedere che amino Cristo Signore per rendere piena la sua gioia. Se è resa piena la sua gioia, anche la gioia di Cristo sarà piena. Un solo cuore, una sola gioia, una sola missione di salvezza e di redenzione. Paolo sa cosa è l’unità e per questo la chiede.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con Cristo.