Commento teologico alla prima lettura – Agosto 2017

1 AGOSTO

Ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato

Es 33,7-11; 34,5-9.28; Sal 102,6-13; Mt 13,36-43.

Il Salmo ci rivela da un lato la perenne non fede del popolo e dall’altro il grande amore di Mosè per il suo popolo idolatra, infedele, immorale. Quest’amore così alto, elevato, nobile giunge a far sua la colpa del popolo. Mosè prega perché la “nostra colpa”, quella sua e del popolo fosse perdonata dal Signore. Lui si identifica con il suo popolo.

Abbiamo peccato con i nostri padri, delitti e malvagità abbiamo commesso. I nostri padri, in Egitto, non compresero le tue meraviglie, non si ricordarono della grandezza del tuo amore e si ribellarono presso il mare, presso il Mar Rosso. Ma Dio li salvò per il suo nome, per far conoscere la sua potenza. Minacciò il Mar Rosso e fu prosciugato, li fece camminare negli abissi come nel deserto. Li salvò dalla mano di chi li odiava, li riscattò dalla mano del nemico. L’acqua sommerse i loro avversari, non ne sopravvisse neppure uno. Allora credettero alle sue parole e cantarono la sua lode. Presto dimenticarono le sue opere, non ebbero fiducia nel suo progetto, arsero di desiderio nel deserto e tentarono Dio nella steppa. Concesse loro quanto chiedevano e li saziò fino alla nausea. Divennero gelosi di Mosè nell’accampamento e di Aronne, il consacrato del Signore. Allora si spalancò la terra e inghiottì Datan e ricoprì la gente di Abiràm. Un fuoco divorò quella gente e una fiamma consumò quei malvagi. Si fabbricarono un vitello sull’Oreb, si prostrarono a una statua di metallo; scambiarono la loro gloria con la figura di un toro che mangia erba. Ed egli li avrebbe sterminati, se Mosè, il suo eletto, non si fosse posto sulla breccia davanti a lui per impedire alla sua collera di distruggerli. Lo irritarono anche alle acque di Merìba e Mosè fu punito per causa loro: poiché avevano amareggiato il suo spirito ed egli aveva parlato senza riflettere (Cfr. Sal 196 (105) 1-48).

È questa la vera comunione, solidarietà, condivisione che Mosè ci insegna. Lui così grande agli occhi del Signore, si fa così umile ai suoi occhi da chiedere perdono perché peccatore in quanto parte del popolo. Il peccato del popolo è suo peccato, come domani il peccato dell’umanità è peccato del Figlio di Dio e Lui lo espia dalla Croce. Così agendo, Mosè è Maestro per tutti noi. Lui ci insegna cosa è la vera comunione.

Mosè prendeva la tenda e la piantava fuori dell’accampamento, a una certa distanza dall’accampamento, e l’aveva chiamata tenda del convegno; appunto a questa tenda del convegno, posta fuori dell’accampamento, si recava chiunque volesse consultare il Signore. Quando Mosè usciva per recarsi alla tenda, tutto il popolo si alzava in piedi, stando ciascuno all’ingresso della sua tenda: seguivano con lo sguardo Mosè, finché non fosse entrato nella tenda. Quando Mosè entrava nella tenda, scendeva la colonna di nube e restava all’ingresso della tenda, e parlava con Mosè. Tutto il popolo vedeva la colonna di nube, che stava all’ingresso della tenda, e tutti si alzavano e si prostravano ciascuno all’ingresso della propria tenda. Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico. Poi questi tornava nell’accampamento, mentre il suo inserviente, il giovane Giosuè figlio di Nun, non si allontanava dall’interno della tenda.

Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione». Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità». Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiar pane e senza bere acqua. Egli scrisse sulle tavole le parole dell’alleanza, le dieci parole.

Il Signore è misericordioso, giusto, lento all’ira. Mosè chiede che questa volta Dio lasci cadere la sua ira e mostri tutta la sua misericordia. Il popolo ha bisogno di essere perdonato, lui ha bisogno di essere graziato. Lui e il popolo sono un solo peccato, devono essere un solo perdono. La vera fede inizia nel perdono delle colpe dei fratelli, ma deve completarsi nell’assunzione di esse per espiarle come proprie colpe o propri peccati. Quando si giunge a questa perfezione, si è veri discepoli di Gesù.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri discepoli di Gesù.

 

2 AGOSTO

Vedendo che la pelle del suo viso era raggiante

Es 34,29-35; Sal 98,5-7.9; Mt 13,44-46.

L’uomo ha bisogno di certezze. Deve sapere che quanti parlano in nome di Dio, vengono veramente, realmente da Lui. Il dubbio potrà essere solo soggettivo, mai oggettivo, perché oggettivamente Lui accredita i suoi servi. Mosè non solo è accreditato con segni e prodigi, ma anche con una luce speciale che illumina il suo viso. Dio è luce eterna e partecipa questa luce a Mosè perché vedendo il suo volto che brilla di luce che abbaglia, tutti si ricordino che il suo servo è interamente, tutto e sempre da Lui. Nulla in Mosè viene da Mosè tutto in lui viene da Dio. Di questa stessa metodologia si serve Gesù per accreditarsi presso i suoi discepoli. Non solo si serve di segni, prodigi, miracoli di ogni genere, ma anche ad alcuni dei suoi manifesta la sua luce divina. Su questa manifestazione Pietro fonderà la sua fede nel suo Messia.

Infatti, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli infatti ricevette onore e gloria da Dio Padre, quando giunse a lui questa voce dalla maestosa gloria: «Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento». Questa voce noi l’abbiamo udita discendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte. E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l’attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino. Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà umana è mai venuta una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono alcuni uomini da parte di Dio (2Pt 1,16-21).

Questo accreditamento oggettivo è necessario ad ogni ministro di Cristo nella sua Chiesa. Papa, vescovi, sacerdoti, diaconi, ma anche cresimati, battezzati, chiunque in qualche modo parla di Gesù, del suo Vangelo, della sua Parola, oggettivamente deve presentarsi come “mandato, inviato, missionario, apostolo” di Cristo Signore. Sulla pura soggettività non si può fondare la fede. Occorrono fondamenti oggettivi. Gesù fonda la fede in Lui sull’oggettività dei suoi miracoli, sulla sua trasfigurazione, sulla sua croce, sulla sua risurrezione. Senza oggettività, nessuna fede potrà mai nascere. Dio ha sempre accreditato se stesso con opere oggettive. Se sono oggettive, sono anche visibili, udibili, tangibili. La sua salvezza è opera oggettiva. I segni sono tutti oggettivi.

Quando Mosè scese dal monte Sinai – le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte – non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con lui. Ma Aronne e tutti gli Israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui. Mosè allora li chiamò, e Aronne, con tutti i capi della comunità, tornò da lui. Mosè parlò a loro. Si avvicinarono dopo di loro tutti gli Israeliti ed egli ingiunse loro ciò che il Signore gli aveva ordinato sul monte Sinai.

Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro, si pose un velo sul viso. Quando entrava davanti al Signore per parlare con lui, Mosè si toglieva il velo, fin quando non fosse uscito. Una volta uscito, riferiva agli Israeliti ciò che gli era stato ordinato. Gli Israeliti, guardando in faccia Mosè, vedevano che la pelle del suo viso era raggiante. Poi egli si rimetteva il velo sul viso, fin quando non fosse di nuovo entrato a parlare con il Signore.

È assai debole quella fede che si fonda su un insegnamento o su una parola senza alcuna oggettività. Ma chi deve dare oggettività alla fede che insegna è il soggetto insegnante. Come renderà il soggetto insegnante oggettiva la sua fede? Trasformando in opera oggettiva tutta la Parola della fede. La Parola potrà anche essere ritenuta soggettiva, mai però l’opera che è trasformazione in fatto della Parola. Facendo divenire opera tutto il Vangelo, il soggetto insegnante dona oggettività ad ogni sua Parola. La sua non è Parola che rimane parola. È invece la Parola che si trasforma in storia, in vita, in evento, in fatto. Predicare il perdono è pura soggettività. Dare il perdono sempre a tutti, è oggettività. Prendere i peccati del popoli ed espiarli è oggettività. Quando alla Parola si dona questa oggettività, la fede ha il suo solido fondamento, su di essa si può costruire la propria vita. Siamo sulla vera roccia.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fate evento la nostra Parola.

 

3 AGOSTO

Se la nube non si innalzava, essi non partivano

Es 40,16-21.34-38; Sal 83,3-6a.11; Mt 13,47-53.

Il popolo del Signore non cammina a suo gusto, non va dove lui pensa sia bene per esso, non si muove per sua volontà. Va dove il Signore vuole che esso vada e si muove quando il Signore vuole che esso si muova. Esso è tutto e sempre dalla volontà del suo Dio. Questa verità la troviamo anche nel Vangelo e si compie in Cristo Gesù. Lui è sempre, interamente, dalla volontà del Padre suo. Mai è dalla sua volontà. Mai è dalla volontà di questo o di quell’altro uomo. Lui è da Dio in ogni cosa, anche minima.

Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. I suoi fratelli gli dissero: «Parti di qui e va’ nella Giudea, perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu compi. Nessuno infatti, se vuole essere riconosciuto pubblicamente, agisce di nascosto. Se fai queste cose, manifesta te stesso al mondo!». Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui. Gesù allora disse loro: «Il mio tempo non è ancora venuto; il vostro tempo invece è sempre pronto. Il mondo non può odiare voi, ma odia me, perché di esso io attesto che le sue opere sono cattive. Salite voi alla festa; io non salgo a questa festa, perché il mio tempo non è ancora compiuto». Dopo aver detto queste cose, restò nella Galilea. Ma quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto. I Giudei intanto lo cercavano durante la festa e dicevano: «Dov’è quel tale?». E la folla, sottovoce, faceva un gran parlare di lui. Alcuni infatti dicevano: «È buono!». Altri invece dicevano: «No, inganna la gente!». Nessuno però parlava di lui in pubblico, per paura dei Giudei (Gv 7,2-13).

Questa verità Gesù la conferma alla fine del suo insegnamento pubblico ai Giudei. Mai una sola Parola è uscita dal suo cuore. Tutto, sempre è venuto dal cuore del Padre.

«Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me» (Gv 12,44-50).

Tempi, momenti, parole, opere, vita pubblica, vita privata, con il mondo, con i suoi, sulla Croce, nel sepolcro, nella gloria della risurrezione: tutto è dal Padre, dalla sua volontà. Possiamo attestare che Gesù neanche un passo ha fatto nella sua vita che non fosse per comando del Padre suo. Lui è l’Obbediente Eterno, sempre dal Padre.

Mosè eseguì ogni cosa come il Signore gli aveva ordinato: così fece. Nel secondo anno, nel primo giorno del primo mese fu eretta la Dimora. Mosè eresse la Dimora: pose le sue basi, dispose le assi, vi fissò le traverse e rizzò le colonne; poi stese la tenda sopra la Dimora e dispose al di sopra la copertura della tenda, come il Signore gli aveva ordinato. Prese la Testimonianza, la pose dentro l’arca, mise le stanghe all’arca e pose il propiziatorio sull’arca; poi introdusse l’arca nella Dimora, collocò il velo che doveva far da cortina e lo tese davanti all’arca della Testimonianza, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Allora la nube coprì la tenda del convegno e la gloria del Signore riempì la Dimora. Mosè non poté entrare nella tenda del convegno, perché la nube sostava su di essa e la gloria del Signore riempiva la Dimora. Per tutto il tempo del loro viaggio, quando la nube s’innalzava e lasciava la Dimora, gli Israeliti levavano le tende. Se la nube non si innalzava, essi non partivano, finché non si fosse innalzata. Perché la nube del Signore, durante il giorno, rimaneva sulla Dimora e, durante la notte, vi era in essa un fuoco, visibile a tutta la casa d’Israele, per tutto il tempo del loro viaggio.

Il popolo del Signore si muove perché guidato da Dio. Anche Cristo Gesù opera perché condotto per mano dallo Spirito Santo secondo la volontà di Dio. Questa stessa modalità deve accompagnare ogni credente in Dio secondo la fede, la carità, la speranza che sono in Gesù Cristo. Perché questo avvenga non solo è necessaria una vita di comunione con lo Spirito del Signore, ma anche una preghiera ininterrotta a Lui perché ci prenda e ci conduca di verità in verità nella più pura obbedienza al Padre.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dalla volontà di Dio.

 

4 AGOSTO

Ecco le solennità del Signore

Lv 23,1.4-11.15-16.27.34b-37; Sal 80,3-6.10-11; Mt 13,54-58.

La Scrittura Santa ci rivela che tutto è di Dio: il cielo, la terra, le cose, le piante, gli animali, l’intera vita dell’uomo in ogni suo istante. Anche il tempo è di Dio e lo si deve vivere secondo la sua volontà. Ma è giusto anche chiedersi: ma qual è la verità nascosta nella legge che regola anche l’uso del tempo? Questa verità la si deve trovare in Dio, nel Signore ad immagine del quale l’uomo è stato creato.

Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra». Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno. Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando (Gen 1,26-2,3).

Dal racconto della Genesi appare un’altissima verità. Dio è l’Onnipotente. Avrebbe potuto creare per un’eternità. Lui è però libero dalla sua onnipotenza. Crea ciò che è necessario, utile, buono. Non crea per creare. L’uomo è stato fatto da Dio a sua immagine e somiglianza, anche lui deve essere libero dalla sua potenza creatrice, trasformatrice, produttrice. Anche in questo deve rivelarsi ad immagine del suo Dio. Come riuscirà in questo? Dio gli viene in aiuto e gli pone un limite ad ogni cosa. In fondo cosa sono nella loro essenza i Comandamenti? Un limite necessario, indispensabile alla vita. Anche l’uso limitato del tempo è un grande aiuto alla libertà dell’uomo. Lui non è schiavo né del suo corpo, né della sua mente, né del suo spirito, né della sua concupiscenza. Lui è libero. Mai dovrà essere schiavo delle cose.

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Ecco le solennità del Signore, nelle quali convocherete riunioni sacre. Queste sono le mie solennità. Queste sono le solennità del Signore, le riunioni sacre che convocherete nei tempi stabiliti. Il primo mese, al quattordicesimo giorno, al tramonto del sole sarà la Pasqua del Signore; il quindici dello stesso mese sarà la festa degli Azzimi in onore del Signore; per sette giorni mangerete pane senza lievito. Nel primo giorno avrete una riunione sacra: non farete alcun lavoro servile. Per sette giorni offrirete al Signore sacrifici consumati dal fuoco. Il settimo giorno vi sarà una riunione sacra: non farete alcun lavoro servile”». Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla agli Israeliti dicendo loro: “Quando sarete entrati nella terra che io vi do e ne mieterete la messe, porterete al sacerdote un covone, come primizia del vostro raccolto. Il sacerdote eleverà il covone davanti al Signore, perché sia gradito per il vostro bene; il sacerdote lo eleverà il giorno dopo il sabato. Dal giorno dopo il sabato, cioè dal giorno in cui avrete portato il covone per il rito di elevazione, conterete sette settimane complete. Conterete cinquanta giorni fino all’indomani del settimo sabato e offrirete al Signore una nuova oblazione. «Il decimo giorno di questo settimo mese sarà il giorno dell’espiazione; terrete una riunione sacra, vi umilierete e offrirete sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore. «Parla agli Israeliti dicendo: “Il giorno quindici di questo settimo mese sarà la festa delle Capanne per sette giorni in onore del Signore. Il primo giorno vi sarà una riunione sacra; non farete alcun lavoro servile. Per sette giorni offrirete vittime consumate dal fuoco in onore del Signore. L’ottavo giorno terrete la riunione sacra e offrirete al Signore sacrifici consumati con il fuoco. È giorno di riunione; non farete alcun lavoro servile. Queste sono le solennità del Signore nelle quali convocherete riunioni sacre, per presentare al Signore sacrifici consumati dal fuoco, olocausti e oblazioni, vittime e libagioni, ogni cosa nel giorno stabilito.

Le feste in Israele servono a ringraziare il Signore per la liberazione da ogni schiavitù.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci liberi per il nostro Dio.

 

5 AGOSTO

Nessuno di voi opprima il suo prossimo

Lv 25,1.8-17; Sal 66,2-3.5.7-8; Mt 14,1-12.

La Scrittura Santa ci dice che tutta la terra di Canaan è di Dio ed essa è stata data alle dodici tribù della casa d’Israele. Una volta che essa è stata assegnata tribù per tribù, casato per casato, famiglia per famiglia, essa rimane per sempre alla tribù, al casato, alla famiglia. Non può passare da tribù a tribù, da casato a casato, da famiglia a famiglia. Notizia degna di nota è quella riportata dal profeta Ezechiele. Nel nuovo ordinamento del Signore, nella spartizione della terra, essa va assegnata anche ai forestieri che abitano in essa. È questa una novità apportata alle antiche disposizioni.

Vi dividerete questo territorio secondo le tribù d’Israele. Lo distribuirete in eredità fra voi e i forestieri che abitano con voi, i quali hanno generato figli in mezzo a voi; questi saranno per voi come indigeni tra i figli d’Israele e riceveranno in sorte con voi la loro parte di eredità in mezzo alle tribù d’Israele. Nella tribù in cui lo straniero è stabilito, là gli darete la sua parte di eredità. Oracolo del Signore Dio (Ez 47,21-23).

Una persona può cadere in miseria. Ha bisogno di risollevarsi. Può alienare la sua terra. Non però la terra in se stessa, ma i raccolti di essa. Neanche i raccolti può alienare per sempre, ma solo per cinquanta anni. Al cinquantesimo anno tutto ritornava alla famiglia cui la terra apparteneva per diritto divino. Poiché l’anno del ritorno di ogni cosa nelle mani del suo legittimo proprietario cadeva ogni cinquanta anni – era questo l’intervallo tra un Giubileo e l’altro – si vendevano tanti anni di raccolto quanti ne mancavano prima del giorno del grande Giubileo. Mancava un anno, un anno; se mancavano dieci, dieci; ne mancavano quarantanove, quarantanove. Cosa chiede il Signore? Che l’amore verso il prossimo superi la bramosia del guadagno o del possesso. L’amore verso il bisognoso richiede che la terra si possa impegnare anche per un solo anno. Anche questa è grande misericordia verso i bisognosi.

Il Signore parlò a Mosè sul monte Sinai e disse: Conterai sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai echeggiare il suono del corno; nel giorno dell’espiazione farete echeggiare il corno per tutta la terra. Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è un giubileo: esso sarà per voi santo; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi.

In quest’anno del giubileo ciascuno tornerà nella sua proprietà. Quando vendete qualcosa al vostro prossimo o quando acquistate qualcosa dal vostro prossimo, nessuno faccia torto al fratello. Regolerai l’acquisto che farai dal tuo prossimo in base al numero degli anni trascorsi dopo l’ultimo giubileo: egli venderà a te in base agli anni di raccolto. Quanti più anni resteranno, tanto più aumenterai il prezzo; quanto minore sarà il tempo, tanto più ribasserai il prezzo, perché egli ti vende la somma dei raccolti. Nessuno di voi opprima il suo prossimo; temi il tuo Dio, poiché io sono il Signore, vostro Dio.

Il Giubileo non è un condono, una remissione dei debiti. È invece il ritorno di ognuno nella sua libertà. Anche gli schiavi venivano venduti e comprati in base alla legge del Giubileo. Dio non vuole che l’uomo opprima il suo prossimo. Non ama che un uomo rimanga schiavo per sempre. L’uomo è creato per essere libero e questo statuto crea vera speranza. Tornerò in possesso della mia terra. Riacquisterò un giorno la mia libertà. Non sarò per sempre oppresso dalla miseria né sempre dovrò stare in una dura schiavitù. Il Giubileo è legge di libertà, speranza, vera umanità.

Dio è creatore di leggi di speranza e di umanità. Anche l’uomo deve essere creatore di simili leggi. Invece è un creatore di leggi di morte, non speranza, non libertà, non umanità. Questo accade quando l’uomo si separa dal suo Dio e vive in modo autonomo da Lui. Da un uomo che si dice dalla scimmia potrà nascere speranza?

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci creatori di vera speranza.

 

6 AGOSTO – TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE F

Il suo potere è un potere eterno

Dn 7,9-10.13-14; oppure: 2 Pt 1,16-19; Sal 96,1-2.5-6.9; Mt 17,1-9.

L’Apostolo Giovanni dichiara compiuta in Cristo Gesù la profezia di Daniele. È Gesù il Figlio dell’uomo che riceve dal Padre il governo di tutta la storia, del tempo e dell’eternità. Tutto il padre ha posto nelle sue mani. Tutto è da Lui e per Lui e in Lui.

Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro. I capelli del suo capo erano candidi, simili a lana candida come neve. I suoi occhi erano come fiamma di fuoco. I piedi avevano l’aspetto del bronzo splendente, purificato nel crogiuolo. La sua voce era simile al fragore di grandi acque. Teneva nella sua destra sette stelle e dalla bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio, e il suo volto era come il sole quando splende in tutta la sua forza (Ap 1,12-16).

E vidi, nella mano destra di Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?». Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo. Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo. Uno degli anziani mi disse: «Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli».

Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi, e cantavano un canto nuovo: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra».

E vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione (Ap 5,1-14).

Questa verità era già stata testimoniata da Gesù Signore mentre era in vita. È per Lui che il Padre si conosce ed è Lui che dona ristoro e vita a tutte le genti.

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,225-30).

Alla profezia di Daniele manca una sola cosa: lui non dice che la scala per salire dalla terra al cielo, presso Dio, per prendere possesso del regno eterno è la croce. Il Figlio dell’uomo che viene incoronato Signore e Giudice è l’Agnello immolato.

Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinanzi a lui, mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti. Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di retta fede in Cristo.

 

7 AGOSTO

Fammi morire piuttosto, fammi morire

Nm 11,4b-15; Sal 80,12-17; Mt 14,22-36.

La Scrittura ci rivela che anche gli uomini di Dio possono stancarsi e realmente si stancano. Sentono fortemente il peso della loro missione. Sappiamo che addirittura Elia chiese al Signore di farlo morire. Anzi lui stesso si vedeva già come morto.

Acab riferì a Gezabele tutto quello che Elia aveva fatto e che aveva ucciso di spada tutti i profeti. Gezabele inviò un messaggero a Elia per dirgli: «Gli dèi mi facciano questo e anche di peggio, se domani a quest’ora non avrò reso la tua vita come la vita di uno di loro». Elia, impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi. Giunse a Bersabea di Giuda. Lasciò là il suo servo. Egli s’inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: «Àlzati, mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò. Tornò per la seconda volta l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Àlzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb (Re 19,1-8).

Da quando il Signore ha mandato Mosè in Egitto per liberare il suo popolo, lui altro non ha sentito da parte dei figli di Israele se non lamenti, pianti, mormorazioni, volontà di ritornare alle cipolle d’un tempo e alle pentole della carne, richieste di ogni genere. Mai che avessero creduto una volta nel loro Dio e si fossero messi in preghiera chiedendo aiuto e soccorso. Sempre a disprezzare Mosè e naturalmente il Signore che era dietro di lui. Sappiamo che neanche il fratello Aronne lo ha aiutato. Gli ha lasciato il popolo solo per qualche giorno nelle mani e quando è ritornato ha trovato tutti idolatri.

Mosè sembra essere giunto alla fine. Non ce la fa più. Chiede al Signore che lo faccia morire. Il peso che porta sulle spalle è molto gravoso e non ce la fa più. Condurre un popolo e mantenerlo nella retta fede non è per nulla facile. Il cammino della fede è impegnativo. Ci si trova sempre dinanzi a novità storiche che vanno vissute con la fede. Ma un popolo senza fede come fa a governare la storia con la fede? Prima deve possederla. Ma il popolo vive di fede effimera. Essa è puntellata da miracoli e segni. Finito il miracolo finisce la fede. Nata una nuova difficoltà, ci si trova con una fede morta. Può Mosè condurre un popolo senza alcuna fede? Meglio morire!

Gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: «Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell’aglio. Ora la nostra gola inaridisce; non c’è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna». La manna era come il seme di coriandolo e aveva l’aspetto della resina odorosa. Il popolo andava attorno a raccoglierla, poi la riduceva in farina con la macina o la pestava nel mortaio, la faceva cuocere nelle pentole o ne faceva focacce; aveva il sapore di pasta con l’olio. Quando di notte cadeva la rugiada sull’accampamento, cadeva anche la manna. Mosè udì il popolo che piangeva in tutte le famiglie, ognuno all’ingresso della propria tenda; l’ira del Signore si accese e la cosa dispiacque agli occhi di Mosè.

Mosè disse al Signore: «Perché hai fatto del male al tuo servo? Perché non ho trovato grazia ai tuoi occhi, al punto di impormi il peso di tutto questo popolo? L’ho forse concepito io tutto questo popolo? O l’ho forse messo al mondo io perché tu mi dica: “Portalo in grembo”, come la nutrice porta il lattante, fino al suolo che tu hai promesso con giuramento ai suoi padri? Da dove prenderò la carne da dare a tutto questo popolo? Essi infatti si lamentano dietro a me, dicendo: “Dacci da mangiare carne!”. Non posso io da solo portare il peso di tutto questo popolo; è troppo pesante per me. Se mi devi trattare così, fammi morire piuttosto, fammi morire, se ho trovato grazia ai tuoi occhi; che io non veda più la mia sventura!».

Il Signore viene in aiuto al suo servo. Non gli dona la morte. Prima nutre il suo popolo di carne fino alla nausea. Poi ordina a Mosè di scegliere settanta anziani sui quali avrebbe posato parte del suo spirito, così lui e loro, avrebbero potuto insieme condurre questo popolo dalla dura cervice. Ciò che l’uomo non pensa, Dio lo pensa e lo realizza.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci forza sempre nuova.

 

8 AGOSTO

Dio, ti prego, guariscila!

Nm 12,1-13; Sal 50,3-6.12-13; Mt 15,1-2.10-14.

Se si dovesse definire Mosè con un solo aggettivo, questo non potrebbe essere “mite”. E in verità di questo aggettivo si serve il Siracide assieme all’altro che è fedele. Mosè è persona fedele e mite, mite e fedele. Ascolta ogni parola. Sopporta ogni cosa.

Da lui fece sorgere un uomo mite, che incontrò favore agli occhi di tutti, amato da Dio e dagli uomini: Mosè, il cui ricordo è in benedizione. Gli diede gloria pari a quella dei santi e lo rese grande fra i terrori dei nemici. Per le sue parole fece cessare i prodigi e lo glorificò davanti ai re; gli diede autorità sul suo popolo e gli mostrò parte della sua gloria. Lo santificò nella fedeltà e nella mitezza, lo scelse fra tutti gli uomini. Gli fece udire la sua voce, lo fece entrare nella nube oscura e gli diede faccia a faccia i comandamenti, legge di vita e d’intelligenza, perché insegnasse a Giacobbe l’alleanza, i suoi decreti a Israele (Sir 45,1-5).

Sappiamo la grande “novità” che Mosè introduce nella rivelazione. Lui si identifica con il popolo, si sente parte del popolo. Applica questa verità e chiede a Dio perdono non per le colpe del suo popolo, ma “per le nostre colpe e i nostri peccati”. Lui e il popolo sono una cosa sola. Sono anche un solo peccato, anche se lui non ha commesso il peccato. Questa verità raggiunge il sommo delle perfezioni in Cristo. Lui assume su di sé tutti i peccati del mondo per espiarli. Li vive come suoi, personalmente suoi.

Oggi chi pecca contro il Signore, peccando di gelosia contro Mosè, sono Maria, sua sorella, e Aronne, suo fratello. Il Signore scende per stabilire Mosè nel suo ruolo e nel suo ministero di Mediatore unico tra Lui e il popolo ed ecco che dopo la visita del Signore Maria è lebbrosa. Mosè non gioisce perché il Signore lo ha ristabilito nella sua verità. Soffre perché Maria è lebbrosa e gli chiede di guarirla. Anche questa volta il Signore lo ascolta e la lebbra rimane sul corpo di Maria solo per sette giorni.

Mosè è veramente l’uomo mite. Non cerca vendetta. Non gioisce per la lebbra. Non vuole il male di nessuno. Sempre pronto a chiedere perdono per tutti. L’uomo mite vede ogni cosa con occhi di pietà, misericordia, compassione. Sa scusare anche i più gravi peccati e le offese arrecate alla sua persona. San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi non insegna forse che la carità tutto scusa e tutto perdona? Mosè sempre tutto ha scusato, tutto ha perdonato, per tutti ha chiesto perdono al Signore.

Maria e Aronne parlarono contro Mosè, a causa della donna etiope che aveva preso. Infatti aveva sposato una donna etiope. Dissero: «Il Signore ha forse parlato soltanto per mezzo di Mosè? Non ha parlato anche per mezzo nostro?». Il Signore udì. Ora Mosè era un uomo assai umile, più di qualunque altro sulla faccia della terra. Il Signore disse a un tratto a Mosè, ad Aronne e a Maria: «Uscite tutti e tre verso la tenda del convegno». Uscirono tutti e tre. Il Signore scese in una colonna di nube, si fermò all’ingresso della tenda e chiamò Aronne e Maria. I due si fecero avanti. Il Signore disse:

«Ascoltate le mie parole! Se ci sarà un vostro profeta, io, il Signore, in visione a lui mi rivelerò, in sogno parlerò con lui. Non così per il mio servo Mosè: egli è l’uomo di fiducia in tutta la mia casa. Bocca a bocca parlo con lui, in visione e non per enigmi, ed egli contempla l’immagine del Signore. Perché non avete temuto di parlare contro il mio servo, contro Mosè?». L’ira del Signore si accese contro di loro ed egli se ne andò. La nube si ritirò di sopra alla tenda ed ecco: Maria era lebbrosa, bianca come la neve. Aronne si volse verso Maria ed ecco: era lebbrosa. Aronne disse a Mosè: «Ti prego, mio signore, non addossarci il peccato che abbiamo stoltamente commesso! Ella non sia come il bambino nato morto, la cui carne è già mezza consumata quando esce dal seno della madre». Mosè gridò al Signore dicendo: «Dio, ti prego, guariscila!».

Dio deve correggere l’uomo perché cammini sulla via della verità e della giustizia. Guai se il Signore non ci educasse, correggendoci a volte anche pesantemente. Ma l’uomo per i suoi fratelli deve sempre chiedere pietà, misericordia, compassione, perdono. A Dio spetta l’obbligo della giustizia secondo la fedeltà alla sua Parola. All’uomo compete invece l’altro obbligo di domandare sempre pietà, mai dovrà chiedere giustizia.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci cristiani di grande carità.

 

9 AGOSTO

Ti farò mia sposa per sempre

Os 2,16b.17b.21-22; Sal 44,11-12.14-17; Mt 25,1-13.

Il profeta Osea introduce nella rivelazione una verità altissima. Dio si annunzia come lo Sposo per Israele che è proclamata sua sposa. Questa sorprendente rivelazione ci dice che Dio vuole creare con il suo popolo una relazione di solo spirito, solo cuore, sola vita. È come se Israele fosse spirito di Dio, cuore di Dio, vita di Dio, così come nel matrimonio lo sposo e la sposa diventano una sola carne, un solo soffio di vita.

La condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore.

Questa verità viene ripresa dal profeta Ezechiele e narrata attraverso immagini forti, come è forte tutta la sua rivelazione. Lo Sposo per la sposa compie grandi prodigi di amore. Prende la sposa che è nullità ripugnante e ne fa una splendida regina.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, fa’ conoscere a Gerusalemme tutti i suoi abomini. Dirai loro: Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era un Amorreo e tua madre un’Ittita. Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato il cordone ombelicale e non fosti lavata con l’acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale né fosti avvolta in fasce. Occhio pietoso non si volse verso di te per farti una sola di queste cose e non ebbe compassione nei tuoi confronti, ma come oggetto ripugnante, il giorno della tua nascita, fosti gettata via in piena campagna.

Passai vicino a te, ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue e cresci come l’erba del campo. Crescesti, ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza. Il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà, ma eri nuda e scoperta.

Passai vicino a te e ti vidi. Ecco: la tua età era l’età dell’amore. Io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità. Ti feci un giuramento e strinsi alleanza con te – oracolo del Signore Dio – e divenisti mia. Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio. Ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di stoffa preziosa. Ti adornai di gioielli. Ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo; misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo. Così fosti adorna d’oro e d’argento. Le tue vesti erano di bisso, di stoffa preziosa e ricami. Fior di farina e miele e olio furono il tuo cibo. Divenisti sempre più bella e giungesti fino ad essere regina. La tua fama si diffuse fra le genti. La tua bellezza era perfetta. Ti avevo reso uno splendore. Oracolo del Signore Dio (Ez 16,1-14).

Nel Cantico dei Cantici lo sposo celebra la bellezza della sposa e la sposa dello sposo. Questa stessa celebrazione di bellezza Dio vuole che regni tra lui e la sua sposa. Questa lode o esaltazione può avvenire solo nella più grande fedeltà alla Legge, ai Comandamenti, agli Statuti, alla volontà manifestata dal Signore alla sua sposa.

Ora l’amato mio prende a dirmi: «Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto! Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico sta maturando i primi frutti e le viti in fiore spandono profumo. Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto! O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è incantevole». Prendeteci le volpi, le volpi piccoline che devastano le vigne: le nostre vigne sono in fiore. Il mio amato è mio e io sono sua; egli pascola fra i gigli. Prima che spiri la brezza del giorno e si allunghino le ombre, ritorna, amato mio, simile a gazzella o a cerbiatto, sopra i monti degli aromi (Ct 2,10-17).

Tutta l’opera di educazione, formazione, correzione, riconduzione nel deserto ha solo questo fine: far sì che la sposa da prostituta diventi fedele, da donna che tradisce il Signore con gli idoli, viva di purissima fedeltà alla legge dell’alleanza. Il Signore vuole essere riconosciuto, adorato, amato come il solo ed unico Dio, il solo ed unico Signore, il solo ed unico sposo. Dio vuole essere per la sua sposa il suo solo alito di vita.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fate spose caste per Cristo.

 

10 AGOSTO

Chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà

2 Cor 9,6-10; Sal 111,1-2.5-6.9; Gv 12,24-26.

San Paolo vede le opere di carità, misericordia, elemosina, come vera semina. La semina è però nel cuore di Dio, l’ottimo terreno che produce sempre in abbondanza. Questa immagine viene usata anche dal Salmo. Qui però il seme è il popolo del Signore sparso tra le nazioni nella grande sofferenza, ma poi ritorna con grande giubilo nella terra dei padri. Quando si dona, ci si priva, si è nella sofferenza. Quando si miete, ci si arricchisce, si è nella grande gioia. Così deve essere vista, considerata, pensata ogni opera di bene in favore dei fratelli. Dio sempre arricchisce chi dona con gioia.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion, ci sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si riempì di sorriso, la nostra lingua di gioia. Allora si diceva tra le genti: «Il Signore ha fatto grandi cose per loro». Grandi cose ha fatto il Signore per noi: eravamo pieni di gioia. Ristabilisci, Signore, la nostra sorte, come i torrenti del Negheb. Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia. Nell’andare, se ne va piangendo, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con gioia, portando i suoi covoni (Sal 126 (125) 1-6).

Il Vangelo, nella parabola del servo spietato, ci dice che il Signore risolve il nostro problema che è irrisolvibile umanamente perché ne risolviamo uno piccolo dei fratelli.

Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello» (Mt 18,23-35).

Questa stessa verità viene annunziata dallo stesso Paolo nella Lettera ai Filippesi. Il Signore risolve un caso pesante che ci riguarda per un piccolissimo caso dei fratelli.

Ho provato grande gioia nel Signore perché finalmente avete fatto rifiorire la vostra premura nei miei riguardi: l’avevate anche prima, ma non ne avete avuto l’occasione. Non è però il vostro dono che io cerco, ma il frutto che va in abbondanza sul vostro conto. Ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni ricevuti da Epafrodìto, che sono un piacevole profumo, un sacrificio gradito, che piace a Dio. Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù. Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen (Cfr. Ef 4,10-20).

Dio una cosa sola ci chiede: fare della nostra vita un’opera ininterrotta di carità, pietà, compassione, misericordia, amore, solidarietà. La nostra vita è ben spesa quando ne facciamo un dono al Signore, perché Lui, in Cristo, possa redimere il mondo.

Tenete presente questo: chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia. Del resto, Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché, avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene. Sta scritto infatti: Ha largheggiato, ha dato ai poveri, la sua giustizia dura in eterno. Colui che dà il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, darà e moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci dono totale per il Signore.

 

11 AGOSTO

Il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra

Dt 4,32-40; Sal 76,12-16.21; Mt 16,24-28.

Il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe, il Dio di Mosè che ha liberato i figli d’Israele dall’Egitto e li ha nutriti e conservati in vita per quarant’anni nel deserto, è il solo Dio vivo e vero, è il Dio del cielo e della terra, è il Dio universale, è il Dio del mare, dei monti, delle valli, delle pianure, dei laghi, di ogni stagione, del tempo, dell’eternità. Non vi è altro Dio, perché semplicemente non esiste. È il Dio nelle cui mani è la storia, tutta la storia. Questa verità sull’unicità e sull’universalità di Dio contrasta con la visione pagana sugli dèi. Questi erano dèi di un popolo e non di un altro, di un luogo e non di un altro, dei monti e non delle pianure, di un uomo e non di un altro uomo. Questa visione pagana la troviamo ancora al tempo di Elia, nel Primo Libro dei Re.

Ed ecco un profeta si avvicinò ad Acab, re d’Israele, per dirgli: «Così dice il Signore: “Vedi tutta questa moltitudine immensa? Ebbene oggi la metto nella tua mano; saprai che io sono il Signore”». Acab disse: «Per mezzo di chi?». Quegli rispose: «Così dice il Signore: “Per mezzo dei giovani dei capi delle province”». Domandò: «Chi attaccherà la battaglia?». Rispose: «Tu!». Acab ispezionò i giovani dei capi delle province: erano duecentotrentadue. Dopo di loro ispezionò tutto il popolo, tutti gli Israeliti: erano settemila. A mezzogiorno fecero una sortita. Ben-Adàd stava bevendo e ubriacandosi sotto le tende, insieme con i trentadue re che lo aiutavano. Gli Aramei fuggirono, inseguiti da Israele. Ben-Adàd, re di Aram, si mise in salvo a cavallo insieme con alcuni cavalieri. Uscì quindi il re d’Israele, che colpì i cavalli e i carri e inflisse ad Aram una grande sconfitta. Ma i servi del re di Aram gli dissero: «Il loro Dio è un Dio dei monti; per questo ci sono stati superiori; se combatteremo contro di loro in pianura, certamente saremo superiori a loro. Fa’ così: ritira i re, ognuno dal suo luogo, e sostituiscili con governatori. Tu prepara un esercito come quello che ti è venuto meno: cavalli come quei cavalli e carri come quei carri; quindi combatteremo contro di loro in pianura. Certamente saremo superiori a loro». Egli ascoltò la loro voce e agì in tal modo. L’anno dopo, Ben-Adàd ispezionò gli Aramei, quindi andò ad Afek per attaccare gli Israeliti. Gli Israeliti, ispezionati e approvvigionati, mossero loro incontro, accampandosi di fronte; sembravano due piccoli greggi di capre, mentre gli Aramei riempivano la regione. Un uomo di Dio si avvicinò al re d’Israele e gli disse: «Così dice il Signore: “Poiché gli Aramei hanno affermato: Il Signore è Dio dei monti e non Dio delle valli, io metterò in mano tua tutta questa moltitudine immensa; così saprete che io sono il Signore”». Per sette giorni stettero accampati gli uni di fronte agli altri. Al settimo giorno si arrivò alla battaglia. Gli Israeliti in un giorno uccisero centomila fanti aramei. I superstiti fuggirono ad Afek, nella città, le cui mura caddero sui ventisettemila superstiti (1Re 20,13-30).

Israele non deve cadere nell’inganno che vi siano altri dèi. Il Signore gli ha dimostrato che altri dèi non esistono. Solo Lui è il Signore. Solo Lui è Dio. Se Israele vuole vivere, deve osservare tutte le leggi del suo Dio. Nell’obbedienza è la sua vita.

Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l’uomo sulla terra e da un’estremità all’altra dei cieli, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu, e che rimanesse vivo? O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un’altra con prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore, vostro Dio, in Egitto, sotto i tuoi occhi? Tu sei stato fatto spettatore di queste cose, perché tu sappia che il Signore è Dio e che non ve n’è altri fuori di lui. Dal cielo ti ha fatto udire la sua voce per educarti; sulla terra ti ha mostrato il suo grande fuoco e tu hai udito le sue parole che venivano dal fuoco. Poiché ha amato i tuoi padri, ha scelto la loro discendenza dopo di loro e ti ha fatto uscire dall’Egitto con la sua presenza e con la sua grande potenza, scacciando dinanzi a te nazioni più grandi e più potenti di te, facendoti entrare nella loro terra e dandotene il possesso, com’è oggi. Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n’è altro. Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà per sempre».

Ma Israele è sempre caduto nella tentazione di cercare altri dèi. Questa è tentazione perenne. Anche per i discepoli di Gesù è così. Molti di loro cercano altri salvatori, ma in verità non vi sono altri salvatori. Solo Gesù è il Salvatore dell’uomo. Nessun altro.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Cristo.

 

12 AGOSTO

Guàrdati dal dimenticare il Signore

Dt 6,4-13; Sal 17,2-4.47.51; Mt 17,14-20.

La vita di Israele non è dalla buona terra, terra dove scorre latte e miele, ma dal Signore. La vita è Dio e scenderà sulla terra solo da Lui. Lui la farà scendere su quanti osservano la sua Parola, obbediscono ai suoi Comandi, osservano di suoi precetti. Il Signore non vuole però un’osservanza esteriore, del solo corpo, una dimora sterile dell’uomo nei suoi Statuti, ma vuole che in questa obbedienza metta tutto se stesso: corpo, anima, spirito, cuore, mente, volontà, desideri, aspirazioni. L’osservanza della Legge vuole che sia la sola ed unica aspirazione, il suo solo ed unico desiderio. Ogni altra cosa deve divenire secondaria dinanzi alla Legge. Legge e uomo devono essere una cosa sola. Se diventano due cose, allora l’uomo non è Legge e la Legge non è uomo. Vi è una separazione che presto conduce al disprezzo della Legge e alla sua non osservanza, dimenticanza, allontanamento dal cuore e dai desideri.

L’uomo senza la Legge si deve vedere come Adamo nel Giardino dell’Eden prima della creazione di Eva. Ontologicamente solo, privo di ogni vita. Incapace di dare vita. Morto in se stesso. Così è l’uomo senza la Legge. Viene il Signore, gli crea la Legge, la trae dal suo cuore, gliela consegna all’uomo, perché la prenda come sua vera sposa e per essa, con essa, in essa, divenendo un solo soffio di vita, diventi persona piena di vita in sé, fuori di sé, attorno a sé. Questa visione della Legge come sposa dell’uomo, la troviamo rivelata nel Libro della Sapienza. Salomone decide di prendere la Sapienza come sua Sposa. E noi sappiamo cosa significa prendere in sposa nella vera fede,

La sapienza si estende vigorosa da un’estremità all’altra e governa a meraviglia l’universo. È lei che ho amato e corteggiato fin dalla mia giovinezza, ho bramato di farla mia sposa, mi sono innamorato della sua bellezza. Ella manifesta la sua nobile origine vivendo in comunione con Dio, poiché il Signore dell’universo l’ha amata; infatti è iniziata alla scienza di Dio e discerne le sue opere. Se la ricchezza è un bene desiderabile in vita, che cosa c’è di più ricco della sapienza, che opera tutto? Se è la prudenza ad agire, chi più di lei è artefice di quanto esiste? Se uno ama la giustizia, le virtù sono il frutto delle sue fatiche. Ella infatti insegna la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza, delle quali nulla è più utile agli uomini durante la vita. Se uno desidera anche un’esperienza molteplice, ella conosce le cose passate e intravede quelle future, conosce le sottigliezze dei discorsi e le soluzioni degli enigmi, comprende in anticipo segni e prodigi e anche le vicende dei tempi e delle epoche. Ho dunque deciso di dividere con lei la mia vita, certo che mi sarebbe stata consigliera di buone azioni e conforto nelle preoccupazioni e nel dolore. Per lei avrò gloria tra le folle e, anche se giovane, onore presso gli anziani. Sarò trovato perspicace nel giudicare, sarò ammirato di fronte ai potenti. Se tacerò, resteranno in attesa, se parlerò, mi presteranno attenzione, e se mi dilungo nel parlare, si tapperanno la bocca. Grazie a lei avrò l’immortalità e lascerò un ricordo eterno a quelli che verranno dopo di me. Governerò popoli, e nazioni mi saranno soggette. Sentendo parlare di me, crudeli tiranni si spaventeranno; mi mostrerò buono con il popolo e coraggioso in guerra. Ritornato a casa, riposerò vicino a lei, perché la sua compagnia non dà amarezza, né dolore il vivere con lei, ma contentezza e gioia (Sap 8,1-16).

È questo il desiderio del Signore: che ogni figlio di Israele prenda la legge come sua sposa e faccia di essa il suo unico e solo principio e verità eterna della sua vita.

Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte. Quando il Signore, tuo Dio, ti avrà fatto entrare nella terra che ai tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti, con città grandi e belle che tu non hai edificato, case piene di ogni bene che tu non hai riempito, cisterne scavate ma non da te, vigne e oliveti che tu non hai piantato, quando avrai mangiato e ti sarai saziato, guàrdati dal dimenticare il Signore, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile. Temerai il Signore, tuo Dio, lo servirai e giurerai per il suo nome.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci sposi della Legge di Dio.

 

13 AGOSTO – XIX DOMENICA T.O. A

Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera

1 Re 19,9a.11-13a; Sal 84,9-14; Rm 9,1-5; Mt 14,22-33.

Quando si parla del Dio di Abramo, lo si presenta con immagini storiche che Dio stesso ha abbandonato lungo il corso degli anni. Il Dio dell’Esodo si manifesta tra fulmini, tuoni, densa nebbia, luce abbagliante, perché è giusto che attesti la sua trascendenza. A quei tempi, nel mondo dell’idolatria, l’uomo pensava di avere Dio in suo potere. Invece Dio è il totalmente altro. Mai l’uomo lo potrà tenere in suo potere. Dio è il Divino Eterno, è l’Immenso, l’Universale, il Tutto. È sopra ogni uomo e ogni popolo.

Il terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni e lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di corno: tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. Allora Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco, e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. Il suono del corno diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce. Il Signore scese dunque sul monte Sinai, sulla vetta del monte, e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte. Mosè salì. Il Signore disse a Mosè: «Scendi, scongiura il popolo di non irrompere verso il Signore per vedere, altrimenti ne cadrà una moltitudine! Anche i sacerdoti, che si avvicinano al Signore, si santifichino, altrimenti il Signore si avventerà contro di loro!». Mosè disse al Signore: «Il popolo non può salire al monte Sinai, perché tu stesso ci hai avvertito dicendo: “Delimita il monte e dichiaralo sacro”». Il Signore gli disse: «Va’, scendi, poi salirai tu e Aronne con te. Ma i sacerdoti e il popolo non si precipitino per salire verso il Signore, altrimenti egli si avventerà contro di loro!». Mosè scese verso il popolo e parlò loro (Es 19,16-25).

Man mano che la storia avanza e l’uomo cresce nella conoscenza della sua stessa umanità, ecco che Dio inizia a rivelarsi in modo più pieno. Con Osea si rivela come lo Sposo, come il Padre. Oggi con Elia si rivela come vento leggero che vuole portare frescura di vita in questo mondo tormentato da fuoco distruttore, terremoti, venti di uragano che spazzano l’umanità e la distruggono. Lui non viene per distruggere, annientare. Viene per salvare, redimere. Non viene per disperdere, ma per riunificare. Anche i suoi profeti devono modificare il loro stile di missione. Cambia Dio le sue modalità di manifestarsi, rivelarsi e devono cambiarle anche i suoi profeti. Elia deve essere per il suo popolo non il profeta che abbatte e distrugge, ma l’uomo paziente, misericordioso, pietoso che lavora mostrando agli uomini tutto l’amore misericordioso e paziente del loro Dio. Lui dovrà essere un vento leggero di vita per tutti.

Là entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: Gli disse: «Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.

Chi vuole conoscere cosa è questo vento, dovrà fare ricorso al Libro del Profeta Daniele. Questo vento è lo stesso che fece vivere i tre giovani in mezzo alle fiamme della fornace, nella quale erano stati gettati, perché disobbedienti alla legge del re.

I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti. La fiamma si alzava quarantanove cubiti sopra la fornace e uscendo bruciò quei Caldei che si trovavano vicino alla fornace. Ma l’angelo del Signore, che era sceso con Azaria e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco della fornace e rese l’interno della fornace come se vi soffiasse dentro un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia (Dn 3,46-50).

Vento soave e leggero di vita eterna è stato Cristo Gesù in mezzo alle fiamme della croce. Su quella fornace di fuoco di odio e infinita stoltezza, lui si rivelò soffio leggero di amore, perdono, carità, misericordia, pietà, riconciliazione, pace, giustificazione.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci soave vento di pace.

 

14 AGOSTO

Anche voi foste forestieri nella terra d’Egitto

Dt 10,12-22; Sal 147,12-15.19-20; Mt 17,22-27.

La vocazione di Israele è la stessa che è di Abramo. Nella discendenza di Abramo dovranno essere benedette tutte le nazioni e le famiglie della terra. Questo è il decreto di Dio che dovrà compiersi. Questa Parola del Signore mai verrà meno.

Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,1-3).

L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gen 22,15-18).

Dio vuole costituire tutto il suo popolo vero lievito di luce, conoscenza, sapienza, verità, vita per tutti i popoli della terra e per questo Israele è stato scelto. Esso non è un popolo privilegiato, è invece un popolo “sacramento”, strumento, perché ogni altro popolo conosca il vero Dio e lo serva convertendosi a Lui con tutto il cuore. Questo significa fare di esso un regno di sacerdoti e una nazione santa.

Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: «Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: “Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti» (Es 19,3-6).

Come Israele vivrà questa sua missione di “lievito”, “sacramento”, “strumento” di salvezza, di vera conoscenza, di sapienza verso tutti i popoli? Prima di tutto conservando se stesso nella Legge e nella volontà di Dio. In secondo luogo manifestando ad ogni uomo lo stesso amore che Dio ha mostrato a lui. Lui è stato amato, liberato, protetto, custodito, salvato, redento dal suo Signore. Anche lui per il forestiero dovrà essere principio di vero amore, liberazione, protezione, custodia, salvezza, redenzione. Israele dovrà manifestare ad ogni uomo non figlio di Abramo che lui è vero figlio di Dio e poiché vero figlio di Dio, come tale da esso è amato.

Ora, Israele, che cosa ti chiede il Signore, tuo Dio, se non che tu tema il Signore, tuo Dio, che tu cammini per tutte le sue vie, che tu lo ami, che tu serva il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima, che tu osservi i comandi del Signore e le sue leggi, che oggi ti do per il tuo bene? Ecco, al Signore, tuo Dio, appartengono i cieli, i cieli dei cieli, la terra e quanto essa contiene. Ma il Signore predilesse soltanto i tuoi padri, li amò e, dopo di loro, ha scelto fra tutti i popoli la loro discendenza, cioè voi, come avviene oggi. Circoncidete dunque il vostro cuore ostinato e non indurite più la vostra cervice; perché il Signore, vostro Dio, è il Dio degli dèi, il Signore dei signori, il Dio grande, forte e terribile, che non usa parzialità e non accetta regali, rende giustizia all’orfano e alla vedova, ama il forestiero e gli dà pane e vestito. Amate dunque il forestiero, perché anche voi foste forestieri nella terra d’Egitto. Temi il Signore, tuo Dio, servilo, restagli fedele e giura nel suo nome. Egli è la tua lode, egli è il tuo Dio, che ha fatto per te quelle cose grandi e tremende che i tuoi occhi hanno visto. I tuoi padri scesero in Egitto in numero di settanta persone; ora il Signore, tuo Dio, ti ha reso numeroso come le stelle del cielo.

Vera immagine di Dio, del suo amore, anzi più che immagine, sacramento eterno dell’amore del Padre è Cristo Gesù. Lui ha manifestato quanto è grande l’amore del Padre per il mondo, per ogni uomo, facendosi vittima di espiazione per ogni uomo. Ogni straniero l’ha fatto divenire suo corpo, sua vita, facendo dell’umanità una sola comunità, un solo popolo per il suo Dio e Padre. Si ama il forestiero morendo per lui.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci “sacramento” di amore.

 

15 AGOSTO – ASSUNZIONE B.M.V. IN CIELO

Una donna vestita di sole

Ap 11,19a; 12,1-6a.10ab; Sal 44,10-12.15b-16; 1 Cor 15,20-27a; Lc 1,39-56.

Si nei cieli eterni si compie lo sposalizio eterno tra Dio e la Vergine Maria. Questo sposalizio è il compimento perfetto di quanto narra il Salmo. È un momento unico nella “storia” dell’eternità. Mai era avvenuta una festa così solenne, così bella.

Liete parole mi sgorgano dal cuore: io proclamo al re il mio poema, la mia lingua è come stilo di scriba veloce. Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia, perciò Dio ti ha benedetto per sempre. O prode, cingiti al fianco la spada, tua gloria e tuo vanto, e avanza trionfante. Cavalca per la causa della verità, della mitezza e della giustizia. La tua destra ti mostri prodigi. Le tue frecce sono acute – sotto di te cadono i popoli –, colpiscono al cuore i nemici del re. Il tuo trono, o Dio, dura per sempre; scettro di rettitudine è il tuo scettro regale. Ami la giustizia e la malvagità detesti: Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi compagni. Di mirra, àloe e cassia profumano tutte le tue vesti; da palazzi d’avorio ti rallegri il suono di strumenti a corda.

Figlie di re fra le tue predilette; alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir. Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio: dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre; il re è invaghito della tua bellezza. È lui il tuo signore: rendigli omaggio. Gli abitanti di Tiro portano doni, i più ricchi del popolo cercano il tuo favore. Entra la figlia del re: è tutta splendore, tessuto d’oro è il suo vestito. È condotta al re in broccati preziosi; dietro a lei le vergini, sue compagne, a te sono presentate; condotte in gioia ed esultanza, sono presentate nel palazzo del re. Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli; li farai prìncipi di tutta la terra. Il tuo nome voglio far ricordare per tutte le generazioni; così i popoli ti loderanno in eterno, per sempre (Sal 45 (44) 1-18).

È Dio stesso che prepara l’abito da sposa per la sua sposa. Prende il sole e con esso tesse e cuce la veste bianchissima. Poi prende la luce e la pone sotto i suoi piedi come sgabello. Per corona le pone sul capo dodici stelle. Il sole è simbolo dello stesso Dio. Dio la veste di se stesso. La luna è segno del suo universo creato, posto tutto ai suoi piedi. Le stelle sono la sua Chiesa. Ebbene tutta la santità della Chiesa fa da corona alla sposa del gran re. La Sposa del Signore dovrà essere divinamente bella e chi la fa bella è il suo stesso sposo. Lui l’ha creata bellissima, la fa ancora più bella.

Allora si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza. Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio. Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo.

Un brano della Scrittura, tratto da Libro di Ester, ci dice il sogno di un uomo che era assetato di gloria, bellezza, onore. Lui diede al re il consiglio per onorare al sommo della gloria una persona che il re aveva deciso di onorare, pensando fosse lui stesso.

Allora il re disse ad Aman: «Che cosa dovrò fare per l’uomo che io voglio onorare?». Aman disse in cuor suo: «Chi il re vuole onorare se non me?». E rispose al re: «Per l’uomo che il re vuole onorare, i servi del re portino una veste di lino che viene indossata dal re e un cavallo che il re suole cavalcare: siano dati a uno degli amici del re, fra i nobili, e questi ne rivesta l’uomo che il re ama; poi lo faccia salire sul cavallo e si annunci nella piazza della città: “Così sarà per ogni uomo che il re intende onorare”». Il re disse ad Aman: «Come hai detto, così fai a Mardocheo, il Giudeo, che si trova nel cortile della reggia, e non trascurare nulla di quello che hai detto» (Est 6,6-10).

Il Re dei re decide di onorare la sua sposa. La sua saggezza va ben oltre quella di un uomo. Lui prende se stesso e riveste la sua Sposa di se stesso. Non c’è altro onore.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, illuminateci su questo mistero.

 

16 AGOSTO

Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè

Dt 34,1-12; Sal 65,1-3.5.8.16-17; Mt 18,15-20.

Quando l’agiografo scrisse queste parole su Mosè, parla al passato, parla fino ai suoi giorni. Gesù ci dice che più grande di tutti è Giovanni il Battista, il suo Precursore.

In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti! (Mt 11,11-14).

Verità misteriosa che ci annuncia il Nuovo Testamento è una notizia riportata da Giuda. Nella Scrittura Antica non vi sono tracce di un tale evento. Sicuramente Giuda lo ha attinto da qualche tradizione orale. Giuda se ne serve per un insegnamento morale.

Ugualmente anche costoro, indotti dai loro sogni, contaminano il proprio corpo, disprezzano il Signore e insultano gli angeli. Quando l’arcangelo Michele, in contrasto con il diavolo, discuteva per avere il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole offensive, ma disse: Ti condanni il Signore! Costoro invece, mentre insultano tutto ciò che ignorano, si corrompono poi in quelle cose che, come animali irragionevoli, conoscono per mezzo dei sensi. Guai a loro! Perché si sono messi sulla strada di Caino e, per guadagno, si sono lasciati andare alle seduzioni di Balaam e si sono perduti nella ribellione di Core. Essi sono la vergogna dei vostri banchetti, perché mangiano con voi senza ritegno, pensando solo a nutrire se stessi. Sono nuvole senza pioggia, portate via dai venti, o alberi di fine stagione senza frutto, morti due volte, sradicati; sono onde selvagge del mare, che schiumano la loro sporcizia; sono astri erranti, ai quali è riservata l’oscurità delle tenebre eterne (Gd 8-13).

Anche se come persona, fino al tempo dell’agiografo nessuno è sorto simile a Mosè, dobbiamo confessare che il Signore non ha fermato il cammino della sua Parola nella storia. Dobbiamo affermare e sostenere che la rivelazione ha manifestato di Dio cose neanche immaginabili ai tempi di Mosè. Si pensi a Osea, Isaia, Geremia, Ezechiele. Si pensi ai Libri dei Salmi, Proverbi, Siracide, Qoelet, Cantico dei Cantici, Sapienza. È come se un fiume divino e celeste avesse invaso la nostra terra arricchendola di ogni verità. Mosè è grande. La sua rivelazione è l’inizio della storia della rivelazione ancora tutta da compiere. Bloccare la rivelazione a Mosè è cancellare mille e più anni di cammino di Dio con il suo popolo. Mosè è Parola di Dio, ma non è la Parola di Dio.

Poi Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima del Pisga, che è di fronte a Gerico. Il Signore gli mostrò tutta la terra: Gàlaad fino a Dan, tutto Nèftali, la terra di Èfraim e di Manasse, tutta la terra di Giuda fino al mare occidentale e il Negheb, il distretto della valle di Gerico, città delle palme, fino a Soar. Il Signore gli disse: «Questa è la terra per la quale io ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe: “Io la darò alla tua discendenza”. Te l’ho fatta vedere con i tuoi occhi, ma tu non vi entrerai!». Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nella terra di Moab, secondo l’ordine del Signore. Fu sepolto nella valle, nella terra di Moab, di fronte a Bet-Peor. Nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba. Mosè aveva centoventi anni quando morì. Gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno. Gli Israeliti lo piansero nelle steppe di Moab per trenta giorni, finché furono compiuti i giorni di pianto per il lutto di Mosè. Giosuè, figlio di Nun, era pieno dello spirito di saggezza, perché Mosè aveva imposto le mani su di lui. Gli Israeliti gli obbedirono e fecero quello che il Signore aveva comandato a Mosè. Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè, che il Signore conosceva faccia a faccia, per tutti i segni e prodigi che il Signore lo aveva mandato a compiere nella terra d’Egitto, contro il faraone, contro i suoi ministri e contro tutta la sua terra, e per la mano potente e il terrore grande con cui Mosè aveva operato davanti agli occhi di tutto Israele.

Mosè è grande perché è il “padre” del popolo di Dio. Il Signore si è servito di lui per liberarlo, formarlo, educarlo, condurlo fino alle porte della terra promessa. Mosè è grande perché ha speso quaranta anni in questo duro e faticoso lavoro. È grande per la sua mitezza e fedeltà al Signore. È grande per la sofferenza. Lui si fece parte del popolo e prese su di sé tutte le colpe del popolo e per esse chiese perdono a Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, guidateci di verità in verità.

 

17 AGOSTO

Mentre tutto Israele attraversava all’asciutto

Gs 3,7-10.11.13-17; Sal 113a,1-6; Mt 18,21-19,1.

Mosè aveva fatto passare a piedi asciutti il Mar Rosso. Era il segno che Dio camminava con il suo servo, con lui parlava, attraverso di lui agiva. Il Signore oggi vuole accreditare Giosuè dinanzi a tutto il suo popolo. Anche a lui concede di attraversare le acque a piedi asciutti. Ora il popolo sa che Dio è con Giosuè. Si può fidare di lui. Può ascoltare i suoi ordini. Può obbedire ai suoi comandi. Sono ordini e comandi che vengono da Dio. Mai il popolo deve dubitare dei mediatori di Dio.

Il Signore disse a Giosuè: «Oggi comincerò a renderti grande agli occhi di tutto Israele, perché sappiano che, come sono stato con Mosè, così sarò con te. Da parte tua, ordina ai sacerdoti che portano l’arca dell’alleanza: “Una volta arrivati alla riva delle acque del Giordano, vi fermerete”». Disse allora Giosuè agli Israeliti: «Venite qui ad ascoltare gli ordini del Signore, vostro Dio». Disse ancora Giosuè: «Da ciò saprete che in mezzo a voi vi è un Dio vivente: proprio lui caccerà via dinanzi a voi il Cananeo, l’Ittita, l’Eveo, il Perizzita, il Gergeseo, l’Amorreo e il Gebuseo. Ecco, l’arca dell’alleanza del Signore di tutta la terra sta per attraversare il Giordano dinanzi a voi. Quando le piante dei piedi dei sacerdoti che portano l’arca del Signore di tutta la terra si poseranno nelle acque del Giordano, le acque del Giordano si divideranno: l’acqua che scorre da monte si fermerà come un solo argine».

Quando il popolo levò le tende per attraversare il Giordano, i sacerdoti portavano l’arca dell’alleanza davanti al popolo. Appena i portatori dell’arca furono arrivati al Giordano e i piedi dei sacerdoti che portavano l’arca si immersero al limite delle acque – il Giordano infatti è colmo fino alle sponde durante tutto il tempo della mietitura –, le acque che scorrevano da monte si fermarono e si levarono come un solo argine molto lungo a partire da Adam, la città che è dalla parte di Sartàn. Le acque che scorrevano verso il mare dell’Araba, il Mar Morto, si staccarono completamente. Così il popolo attraversò di fronte a Gerico. I sacerdoti che portavano l’arca dell’alleanza del Signore stettero fermi all’asciutto in mezzo al Giordano, mentre tutto Israele attraversava all’asciutto, finché tutta la gente non ebbe finito di attraversare il Giordano.

Un miracolo simile si compie al tempo di Eliseo. Elia è profeta del Dio vivente. A lui succede Eliseo. Ma Eliseo è con Dio? Dio si manifesta veramente per mezzo di lui? Il Signore consacra dinanzi al popolo Eliseo come suo profeta dividendo le acque del Giordano. Avviene, anche se in modo differente, quanto accaduto con Giosuè.

Cinquanta uomini, tra i figli dei profeti, li seguirono e si fermarono di fronte, a distanza; loro due si fermarono al Giordano. Elia prese il suo mantello, l’arrotolò e percosse le acque, che si divisero di qua e di là; loro due passarono sull’asciutto. Appena furono passati, Elia disse a Eliseo: «Domanda che cosa io debba fare per te, prima che sia portato via da te». Eliseo rispose: «Due terzi del tuo spirito siano in me». Egli soggiunse: «Tu pretendi una cosa difficile! Sia per te così, se mi vedrai quando sarò portato via da te; altrimenti non avverrà». Mentre continuavano a camminare conversando, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo. Eliseo guardava e gridava: «Padre mio, padre mio, carro d’Israele e suoi destrieri!». E non lo vide più. Allora afferrò le proprie vesti e le lacerò in due pezzi. Quindi raccolse il mantello, che era caduto a Elia, e tornò indietro, fermandosi sulla riva del Giordano.

Prese il mantello, che era caduto a Elia, e percosse le acque, dicendo: «Dov’è il Signore, Dio di Elia?». Quando anch’egli ebbe percosso le acque, queste si divisero di qua e di là, ed Eliseo le attraversò. Se lo videro di fronte, i figli dei profeti di Gerico, e dissero: «Lo spirito di Elia si è posato su Eliseo». Gli andarono incontro e si prostrarono a terra davanti a lui. Gli dissero: «Ecco, fra i tuoi servi ci sono cinquanta uomini vigorosi; potrebbero andare a cercare il tuo signore nel caso che lo spirito del Signore l’abbia preso e gettato su qualche monte o in qualche valle». Egli disse: «Non mandateli!». Insistettero tanto con lui che egli disse: «Mandateli!». Mandarono cinquanta uomini, che cercarono per tre giorni, ma non lo trovarono. Tornarono da Eliseo, che stava a Gerico. Egli disse loro: «Non vi avevo forse detto: “Non andate”?» (2Re 2,7-18).

Dio sempre accredita i suoi profeti, i suoi mediatori, quanti manda per parlare e agire in suo nome. Il popolo può ascoltarli. Essi vengono da Lui. È Lui che li manda.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, rendeteci degni di fede.

 

18 AGOSTO

Vi diedi una terra che non avevate lavorato

Gs 24,1-13; Sal 135,1-3.16-17.21-24; Mt 19,3-12.

A che serve ricordare la storia? Il fine è uno solo: confessare la grande misericordia del Signore e la sua fedeltà ad ogni parola da lui proferita. Il Signore è il fedele. Il Signore è l’Onnipotente. Il Signore è il Signore. Quanto dice lo compie, lo realizza, lo attua. Ricordiamo le prime parole dette dal Signore ad Abramo e comprenderemo.

Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,1-3).

Da questa parola nasce tutta la vita di Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, la discesa dei figli di Israele in Egitto, la loro liberazione dopo quattrocento e più anni, il lungo cammino nel deserto per quarant’anni, la conquista della terra di Canaan per opera di Giosuè. Ora ogni tribù ha la sua buona terra e può vivere nella pace e nella benedizione del suo Dio. Quanto Israele è, possiede, ha, ogni cosa di cui attualmente può gioire e rallegrarsi deve riconoscere che tutto è per opera del suo Dio.

Israele non si è liberato dall’Egitto con le sue forze e neanche con la sua intelligenza e sapienza ha attraversato il deserto. Non ha sconfitto re potenti perché abile nell’arte e nella strategia della guerra. Gerico non è caduta per i suoi macchinari all’avanguardia e così tutta la terra sia da una parte che dall’altra del Giordano di certo non è stata conquistata per il suo valore militare. Oggi Israele deve gridare, confessare, testimoniare, che esso è solo opera del Signore, per opera del Signore. Nulla di lui viene da lui. Tutto di lui viene dal suo Dio. Se fosse stato per Israele ancora sarebbe schiavo e prigioniero in Egitto. Lui nulla ha fatto per aiutare il Signore. Tutto invece ha fatto per distruggere l’opera del Signore. Questa è la sola sua abilità: distruggersi.

Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: «Così dice il Signore, Dio d’Israele: “Nei tempi antichi i vostri padri, tra cui Terach, padre di Abramo e padre di Nacor, abitavano oltre il Fiume. Essi servivano altri dèi. Io presi Abramo, vostro padre, da oltre il Fiume e gli feci percorrere tutta la terra di Canaan. Moltiplicai la sua discendenza e gli diedi Isacco. A Isacco diedi Giacobbe ed Esaù; assegnai a Esaù il possesso della zona montuosa di Seir, mentre Giacobbe e i suoi figli scesero in Egitto. In seguito mandai Mosè e Aronne e colpii l’Egitto con le mie azioni in mezzo a esso, e poi vi feci uscire. Feci uscire dall’Egitto i vostri padri e voi arrivaste al mare. Gli Egiziani inseguirono i vostri padri con carri e cavalieri fino al Mar Rosso, ma essi gridarono al Signore, che pose fitte tenebre fra voi e gli Egiziani; sospinsi sopra di loro il mare, che li sommerse: i vostri occhi hanno visto quanto feci in Egitto. Poi dimoraste lungo tempo nel deserto.

Vi feci entrare nella terra degli Amorrei, che abitavano ad occidente del Giordano. Vi attaccarono, ma io li consegnai in mano vostra; voi prendeste possesso della loro terra e io li distrussi dinanzi a voi. In seguito Balak, figlio di Sippor, re di Moab, si levò e attaccò Israele. Mandò a chiamare Balaam, figlio di Beor, perché vi maledicesse. Ma io non volli ascoltare Balaam ed egli dovette benedirvi. Così vi liberai dalle sue mani. Attraversaste il Giordano e arrivaste a Gerico. Vi attaccarono i signori di Gerico, gli Amorrei, i Perizziti, i Cananei, gli Ittiti, i Gergesei, gli Evei e i Gebusei, ma io li consegnai in mano vostra. Mandai i calabroni davanti a voi, per sgominare i due re amorrei non con la tua spada né con il tuo arco. Vi diedi una terra che non avevate lavorato, abitate in città che non avete costruito e mangiate i frutti di vigne e oliveti che non avete piantato”.

Israele è opera esclusiva di Dio. Questo lui dovrà riconoscere. Ma se per il passato lui ha saputo solo distruggersi, per il futuro saprà forse costruirsi? La sua natura è quella. Uno solo può costruire, edificare Israele: solo il Signore suo Dio. Questa verità è la sua storia. Il giorno in cui Israele si allontanerà dal suo Dio, non esisterà più sulla terra come popolo del Signore. Gli manca colui che lo fa, lo costruisce, lo edifica.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci edificio santo di Cristo.

 

19 AGOSTO

Eliminate allora gli dèi degli stranieri

Gs 24,14-29; Sal 15,1-2a.5.7-8.11; Mt 19,13-15.

“Dio straniero” non è solo un oggetto di oro, altro metallo prezioso, legno nobile o terracotta. “Dio straniero” è anche un solo pensiero contrario al pensiero di Dio che guida e conduce la nostra vita. Se è facile eliminare gli dèi stranieri fuori di noi, difficile diviene eliminare gli dèi stranieri che sono dentro di noi. Oggi possiamo affermare che il cristiano è così colmo di dèi stranieri nel suo cuore e nella sua mente da superare la stessa pienezza di un uomo pieno inserito in un altro uomo pieno.

Giosuè sa che il più virulento degli dèi stranieri che si è inoculato nel cuore e nella mente di tutto il suo popolo è il pensiero che ora che hanno la terra Dio per loro non serve più. Possono fare a meno di Lui. Possono coltivare, produrre, crescere, abbondare in ogni cosa. Questo dio sarà la loro perenne tentazione. Da questo Dio saranno divorati e consumati. Sarà questo dio a portarli fuori dell’alleanza. Ma senza alleanza non ci sarà neanche la terra. Questa non è data, sarà data sempre come dono dell’alleanza, per l’alleanza. Si esce dall’alleanza, si esce dalla terra. Sarà capace Israele di eliminare una volta per sempre questo dio nefasto dalla sua vita? Come aiutarlo perché questo avvenga? Quale strategia usare? Di quale metodologia servirsi?

Ora, dunque, temete il Signore e servitelo con integrità e fedeltà. Eliminate gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume e in Egitto e servite il Signore. Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore». Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Il Signore ha scacciato dinanzi a noi tutti questi popoli e gli Amorrei che abitavano la terra. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio».

Giosuè disse al popolo: «Voi non potete servire il Signore, perché è un Dio santo, è un Dio geloso; egli non perdonerà le vostre trasgressioni e i vostri peccati. Se abbandonerete il Signore e servirete dèi stranieri, egli vi si volterà contro e, dopo avervi fatto tanto bene, vi farà del male e vi annienterà». Il popolo rispose a Giosuè: «No! Noi serviremo il Signore». Giosuè disse allora al popolo: «Voi siete testimoni contro voi stessi, che vi siete scelti il Signore per servirlo!». Risposero: «Siamo testimoni!». «Eliminate allora gli dèi degli stranieri, che sono in mezzo a voi, e rivolgete il vostro cuore al Signore, Dio d’Israele!».Il popolo rispose a Giosuè: «Noi serviremo il Signore, nostro Dio, e ascolteremo la sua voce!».

Giosuè in quel giorno concluse un’alleanza per il popolo e gli diede uno statuto e una legge a Sichem. Scrisse queste parole nel libro della legge di Dio. Prese una grande pietra e la rizzò là, sotto la quercia che era nel santuario del Signore. Infine, Giosuè disse a tutto il popolo: «Ecco: questa pietra sarà una testimonianza per noi, perché essa ha udito tutte le parole che il Signore ci ha detto; essa servirà quindi da testimonianza per voi, perché non rinneghiate il vostro Dio». Poi Giosuè congedò il popolo, ciascuno alla sua eredità. Dopo questi fatti, Giosuè figlio di Nun, servo del Signore, morì a centodieci anni.

Israele non è obbligato a servire il Signore. La sua deve essere una scelta libera, ma anche consapevole e per questo illuminata. Il popolo del Signore deve sapere che la sua vita futura è tutta nell’alleanza. Deve conoscere e la storia glielo attesta che Dio è fedele ad ogni sua parola, parola che annuncia la benedizione e parola che proferisce la maledizione. Dio non mantiene solo le buone parole. È fedele ad ogni sua parola. Come ha mantenuto finora le parole di bene, così manterrà le parole di male. Il popolo, saggiamente ammaestrato da Giosuè, rinnova l’alleanza con il suo Dio.

Oggi mancano Giosuè alla Chiesa di Dio. Mancano queste persone che dicono la verità che Dio ha proferito su se stesso. Di Dio si dice una verità immaginata, pensata, costruita dall’uomo. Questa verità immaginata, che è purissima falsità, sta portando il mondo alla perdizione. Si è divenuti adoratori di un falso Dio, di un Dio pensato da noi.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la verità del nostro Dio.

 

20 AGOSTO – XX DOMENICA T.O. A

Si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli

Is 56,1.6-7; Sal 66,2-3.5-6.8; Rm 11,13-15.29-32; Mt 15,21-28.

Casa del Signore era il grande tempio di Gerusalemme. Salomone chiese a Dio di ascoltare, esaudire nelle sue richieste ogni straniero che si fosse rivolto a Lui, avendone conosciuto la grandezza. Dio, il Signore di tutti, da tutti può essere invocato.

Anche lo straniero, che non è del tuo popolo Israele, se viene da una terra lontana a causa del tuo nome, perché si sentirà parlare del tuo grande nome, della tua mano potente e del tuo braccio teso, se egli viene a pregare in questo tempio, tu ascolta nel cielo, luogo della tua dimora, e fa’ tutto quello per cui ti avrà invocato lo straniero, perché tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome, ti temano come il tuo popolo Israele e sappiano che il tuo nome è stato invocato su questo tempio che io ho costruito (1Re 8,41-43).

Gesù si rivela come il Nuovo Tempio di Dio. A Lui tutti si possono rivolgere. Lui tutti ascolta ed esaudisce. Sempre Lui ha ascoltato la preghiera degli stranieri.

Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù (Gv 2,13-22).

Quella che in Salomone era stata una preghiera, in Isaia diviene potente profezia. Tutti possono aderire al Signore. Per tutti la casa di Dio potrà essere la loro casa di preghiera. Anzi essa sarà la casa di preghiera per tutti i popoli.

Così dice il Signore: «Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per rivelarsi». Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli».

Questa profezia si compie mirabilmente in Cristo Gesù. San Paolo ci rivela che in Cristo, Dio abita corporalmente con la pienezza della divinità e Cristo è di tutti.

Come dunque avete accolto Cristo Gesù, il Signore, in lui camminate, radicati e costruiti su di lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, sovrabbondando nel rendimento di grazie. Fate attenzione che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo. È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo (Col 2,6-15).

Cristo Gesù non è un dono fatto da Dio ai “cristiani”. Cristo Gesù è dono di Dio perché i cristiani lo donino ad ogni altro uomo. È Lui la sola casa nella quale Dio abita. Dare Cristo ai cuori è la carità più alta. È vera carità divina. Lui conduce un uomo alle sorgenti della vita eterna e lo si immerge in esse per avere la vita eterna per sempre.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da ogni stoltezza.

 

21 AGOSTO

Il Signore si muoveva a compassione per i loro gemiti

Gdc 2,11-19; Sal 105,34-37.39-40.43-44; Mt 19,16-22.

Il Libro dei Giudici rivela l’amore di misericordia e di compassione di Dio. Il profeta Isaia ci offre la giusta chiave per una lettura santa e una comprensione secondo verità.

Eppure il Signore aspetta con fiducia per farvi grazia, per questo sorge per avere pietà di voi, perché un Dio giusto è il Signore; beati coloro che sperano in lui. Popolo di Sion, che abiti a Gerusalemme, tu non dovrai più piangere. A un tuo grido di supplica ti farà grazia; appena udrà, ti darà risposta. Anche se il Signore ti darà il pane dell’afflizione e l’acqua della tribolazione, non si terrà più nascosto il tuo maestro; i tuoi occhi vedranno il tuo maestro, i tuoi orecchi sentiranno questa parola dietro di te: «Questa è la strada, percorretela», caso mai andiate a destra o a sinistra. Considererai cose immonde le tue immagini ricoperte d’argento; i tuoi idoli rivestiti d’oro getterai via come un oggetto immondo. «Fuori!», tu dirai loro. Allora egli concederà la pioggia per il seme che avrai seminato nel terreno, e anche il pane, prodotto della terra, sarà abbondante e sostanzioso; in quel giorno il tuo bestiame pascolerà su un vasto prato. I buoi e gli asini che lavorano la terra mangeranno biada saporita, ventilata con la pala e con il vaglio. Su ogni monte e su ogni colle elevato scorreranno canali e torrenti d’acqua nel giorno della grande strage, quando cadranno le torri. La luce della luna sarà come la luce del sole e la luce del sole sarà sette volte di più, come la luce di sette giorni, quando il Signore curerà la piaga del suo popolo e guarirà le lividure prodotte dalle sue percosse. Ecco il nome del Signore venire da lontano, ardente è la sua ira e gravoso il suo divampare; le sue labbra traboccano sdegno, la sua lingua è come un fuoco divorante. Il suo soffio è come un torrente che straripa, che giunge fino al collo, per vagliare i popoli con il vaglio distruttore e per mettere alle mascelle dei popoli una briglia che porta a rovina. Voi innalzerete il vostro canto come nella notte in cui si celebra una festa; avrete la gioia nel cuore come chi parte al suono del flauto, per recarsi al monte del Signore, alla roccia d’Israele. Il Signore farà udire la sua voce maestosa e mostrerà come colpisce il suo braccio con ira ardente, in mezzo a un fuoco divorante, tra nembi, tempesta e grandine furiosa (Is 30,18-30).

Il Signore, se il suo popolo lo abbandona, non impone la sua presenza. Ne rispetta la volontà. Ma l’uomo lasciato a se stesso è preda della morte, della devastazione, della privazione. È Dio la vita dell’uomo, non la terra, non il cielo, non il mare, non le cose. Quando il popolo è senza Dio, è all’istante senza se stesso. Vedendo la sua miseria, il suo niente, il ritorno nella schiavitù dalla quale il Signore lo aveva liberato, subito grida a Dio e Dio sempre si muove a compassione, sempre perdona e sempre ritorna a fare il bene al suo popolo. Nel pentimento e nell’invocazione di aiuto, sempre Dio ama.

Gli Israeliti fecero ciò che è male agli occhi del Signore e servirono i Baal; abbandonarono il Signore, Dio dei loro padri, che li aveva fatti uscire dalla terra d’Egitto, e seguirono altri dèi tra quelli dei popoli circostanti: si prostrarono davanti a loro e provocarono il Signore, abbandonarono il Signore e servirono Baal e le Astarti. Allora si accese l’ira del Signore contro Israele e li mise in mano a predatori che li depredarono; li vendette ai nemici che stavano loro intorno, ed essi non potevano più tener testa ai nemici. In tutte le loro spedizioni la mano del Signore era per il male, contro di loro, come il Signore aveva detto, come il Signore aveva loro giurato: furono ridotti all’estremo. Allora il Signore fece sorgere dei giudici, che li salvavano dalle mani di quelli che li depredavano. Ma neppure ai loro giudici davano ascolto, anzi si prostituivano ad altri dèi e si prostravano davanti a loro. Abbandonarono ben presto la via seguita dai loro padri, i quali avevano obbedito ai comandi del Signore: essi non fecero così. Quando il Signore suscitava loro dei giudici, il Signore era con il giudice e li salvava dalla mano dei loro nemici durante tutta la vita del giudice, perché il Signore si muoveva a compassione per i loro gemiti davanti a quelli che li opprimevano e li maltrattavano. Ma quando il giudice moriva, tornavano a corrompersi più dei loro padri, seguendo altri dèi per servirli e prostrarsi davanti a loro: non desistevano dalle loro pratiche e dalla loro condotta ostinata.

Quando il popolo gode della benedizione del suo Signore, di nuovo si dimentica del suo Dio e si prende la sua vita, consegnandola all’idolatria. Ma di nuovo il popolo sperimenta la sofferenza della schiavitù e della privazione. Di nuovo innalza il suo grido a Dio e di nuovo il Signore mostra la sua misericordia e la sua compassione. Questo grido di aiuto non è eterno. Finisce con la morte della singola persona. Poi è il giudizio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci santi per il nostro Dio.

 

22 AGOSTO

Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti

Gdc 6,11-24a; Sal 84,9-14; Mt 19,23-30.

Ogni chiamato da Dio per compiere le sue opere, vede l’infinita inadeguatezza tra le sue capacità e la missione da compiere. L’inadeguatezza è molto più grande che se si dicesse ad un cammello che dovrà bere tutta l’acqua dei fiumi, dei laghi, del mare, degli oceani. Anche Mosè visse la stessa esperienza. Questa inadeguatezza spesso lo portò anche a dire parole stolte, insipienti, parlando dall’amarezza del suo cuore.

Mosè udì il popolo che piangeva in tutte le famiglie, ognuno all’ingresso della propria tenda; l’ira del Signore si accese e la cosa dispiacque agli occhi di Mosè. Mosè disse al Signore: «Perché hai fatto del male al tuo servo? Perché non ho trovato grazia ai tuoi occhi, al punto di impormi il peso di tutto questo popolo? L’ho forse concepito io tutto questo popolo? O l’ho forse messo al mondo io perché tu mi dica: “Portalo in grembo”, come la nutrice porta il lattante, fino al suolo che tu hai promesso con giuramento ai suoi padri? Da dove prenderò la carne da dare a tutto questo popolo? Essi infatti si lamentano dietro a me, dicendo: “Dacci da mangiare carne!”. Non posso io da solo portare il peso di tutto questo popolo; è troppo pesante per me. Se mi devi trattare così, fammi morire piuttosto, fammi morire, se ho trovato grazia ai tuoi occhi; che io non veda più la mia sventura!». Il Signore disse a Mosè: «Radunami settanta uomini tra gli anziani d’Israele, conosciuti da te come anziani del popolo e come loro scribi, conducili alla tenda del convegno; vi si presentino con te. Io scenderò e lì parlerò con te; toglierò dello spirito che è su di te e lo porrò su di loro, e porteranno insieme a te il carico del popolo e tu non lo porterai più da solo (Num 11,10-17).

Il Signore vuole liberare Israele dalla schiavitù dei Madianiti. Chiama Gedeone. Questi subito manifesta al Signore la sua pochezza. Chi è lui per andare a sconfiggere i Madianiti? Non ha alcuna forza. Non conosce alcuna strategia di guerra. Non è mai uscito dalla sua casa. Ma il Signore lo rassicura. Dio sarà con lui. Con la forza, la saggezza, l’intelligenza del suo Dio, la sua onnipotenza, lui potrà combattere la battaglia di Dio e vincerla. Non l’uomo senza Dio. Non Dio senza l’uomo. Dio portato dall’uomo, l’uomo portato da Dio, sono la vittoria per il popolo del Signore.

Ora l’angelo del Signore venne a sedere sotto il terebinto di Ofra, che apparteneva a Ioas, Abiezerita. Gedeone, figlio di Ioas, batteva il grano nel frantoio per sottrarlo ai Madianiti. L’angelo del Signore gli apparve e gli disse: «Il Signore è con te, uomo forte e valoroso!». Gedeone gli rispose: «Perdona, mio signore: se il Signore è con noi, perché ci è capitato tutto questo? Dove sono tutti i suoi prodigi che i nostri padri ci hanno narrato, dicendo: “Il Signore non ci ha fatto forse salire dall’Egitto?”. Ma ora il Signore ci ha abbandonato e ci ha consegnato nelle mani di Madian». Allora il Signore si volse a lui e gli disse: «Va’ con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non ti mando forse io?». Gli rispose: «Perdona, mio signore: come salverò Israele? Ecco, la mia famiglia è la più povera di Manasse e io sono il più piccolo nella casa di mio padre». Il Signore gli disse: «Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo». Gli disse allora: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, dammi un segno che proprio tu mi parli. Intanto, non te ne andare di qui prima che io torni da te e porti la mia offerta da presentarti». Rispose: «Resterò fino al tuo ritorno». Allora Gedeone entrò in casa, preparò un capretto e con un’efa di farina fece focacce azzime; mise la carne in un canestro, il brodo in una pentola, gli portò tutto sotto il terebinto e glielo offrì. L’angelo di Dio gli disse: «Prendi la carne e le focacce azzime, posale su questa pietra e vèrsavi il brodo». Egli fece così. Allora l’angelo del Signore stese l’estremità del bastone che aveva in mano e toccò la carne e le focacce azzime; dalla roccia salì un fuoco che consumò la carne e le focacce azzime, e l’angelo del Signore scomparve dai suoi occhi. Gedeone vide che era l’angelo del Signore e disse: «Signore Dio, ho dunque visto l’angelo del Signore faccia a faccia!». Il Signore gli disse: «La pace sia con te, non temere, non morirai!». Allora Gedeone costruì in quel luogo un altare al Signore.

Il mondo è sotto il potere del Maligno. Nessun uomo potrà mai vincere le potenze degli inferi che si abbattono sulla terra. Chi può sottomettere le potenze del male è uno solo: il Signore. Ogni uomo è inadeguato, terribilmente e fortemente inadeguato. Dio però ricolma l’uomo di se stesso, l’uomo pieno di Dio, può combattere le battaglie di Dio. Senza il Signore che neanche si esca di casa. Si è sconfitti. Dio e l’uomo insieme!

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci del nostro Dio.

 

23 AGOSTO

Ascoltatemi, signori di Sichem, e Dio ascolterà voi!

Gdc 9,6-15; Sal 20,2-7; Mt 20,1-16.

La superbia è pessima cavalcatura per ogni uomo. Chi sale su di essa non sa dove sarà condotto. Sappiamo però che essa è la rovina dell’uomo. Il Siracide ci avverte: lasciatevi sempre guidare dalla più grande umiltà. L’umiltà è la madre di ogni vita.

Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore. Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi, ma ai miti Dio rivela i suoi segreti. Perché grande è la potenza del Signore, e dagli umili egli è glorificato. Non cercare cose troppo difficili per te e non scrutare cose troppo grandi per te. Le cose che ti sono comandate, queste considera: non hai bisogno di quelle nascoste. Non affaticarti in opere superflue, ti è stato mostrato infatti più di quanto possa comprendere la mente umana. La presunzione ha fatto smarrire molti e le cattive illusioni hanno fuorviato i loro pensieri. Se non hai le pupille, tu manchi di luce; se ti manca la scienza, non dare consigli. Un cuore ostinato alla fine cadrà nel male, chi ama il pericolo in esso si perderà. Un cuore ostinato sarà oppresso da affanni, il peccatore aggiungerà peccato a peccato. Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio, perché in lui è radicata la pianta del male. Il cuore sapiente medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio. L’acqua spegne il fuoco che divampa, l’elemosina espia i peccati. Chi ricambia il bene provvede all’avvenire, al tempo della caduta troverà sostegno (Sir 3,17-31).

Ulivo, fico e vite cosa vogliono insegnare ad ogni uomo? È Dio che assegna ad ogni essere vivente la missione che deve vivere sulla terra. L’ulivo deve produrre olio. Il fico deve produrre prodotti gustosi. La vite deve portare agli uomini dell’eccellente vino. Non possono essi privare gli uomini di nutrimenti così vitali, per occuparsi di altro. Prima di tutto perché devono obbedire al loro Signore e fare ciò per cui essi sono stati creati. In secondo luogo, anche se volessero fare altro non potrebbero. Non sono stati creati da Dio per altre cose. Ognuno è grande se rimane nella sua missione, se obbedisce al posto che il Signore gli ha assegnato sulla terra, in mezzo agli uomini.

La superbia è di Satana ed è di tutti coloro che gli appartengono. Per superbia prima l’uomo ruba il posto a Dio, facendosi dio lui stesso, ma si fa dio di morte, non di vita. Ma anche per superbia si pone sopra gli uomini, ma non per servire, ma per essere servito. Si pone sopra gli altri, ma solo per agitarsi vanamente. L’umile invece sa qual è la volontà di Dio nella sua vita e la compie con fedeltà e amore. Sa che rimanendo al suo posto opererà per l’intera umanità un bene infinito, pari al bene che opera la vite, il fico, l’olivo. Urge rivestirsi di una grandissima visione di fede. Nell’umiltà si è grandi. Nella superbia si è stolti, insipienti, si diviene anche malvagi e crudeli,

Tutti i signori di Sichem e tutta Bet‑Millo si radunarono e andarono a proclamare re Abimèlec, presso la Quercia della Stele, che si trova a Sichem. Ma Iotam, informato della cosa, andò a porsi sulla sommità del monte Garizìm e, alzando la voce, gridò: «Ascoltatemi, signori di Sichem, e Dio ascolterà voi! Si misero in cammino gli alberi per ungere un re su di essi. Dissero all’ulivo: “Regna su di noi”. Rispose loro l’ulivo: “Rinuncerò al mio olio, grazie al quale si onorano dèi e uomini, e andrò a librarmi sugli alberi?”. Dissero gli alberi al fico: “Vieni tu, regna su di noi”. Rispose loro il fico: “Rinuncerò alla mia dolcezza e al mio frutto squisito, e andrò a librarmi sugli alberi?”. Dissero gli alberi alla vite: “Vieni tu, regna su di noi”. Rispose loro la vite: “Rinuncerò al mio mosto, che allieta dèi e uomini, e andrò a librarmi sugli alberi?”. Dissero tutti gli alberi al rovo: “Vieni tu, regna su di noi”. Rispose il rovo agli alberi: “Se davvero mi ungete re su di voi, venite, rifugiatevi alla mia ombra; se no, esca un fuoco dal rovo e divori i cedri del Libano”.

Siamo tutti avvisati. Se vogliamo produrre bene sulla terra, in mezzo agli uomini, ci si deve rivestire della più grande umiltà, consegnandosi interamente alla volontà di Dio. È Lui il solo Signore che dispone ogni cosa nell’eterno ordine voluto dalla sua provvidenza. Il disordine è creatore di ogni morte e si è nel più grande disordine quando si vive di superbia. L’umiltà è un dono di Dio e a Lui va sempre chiesto con preghiera costante. Quando si è senza Dio, si è sempre superbi e arroganti.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, rivestiteci di grande umiltà.

 

24 AGOSTO

I dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello

Ap 21,9b-14; Sal 144,10-13ab.17-18; Gv 1,45-51.

Dobbiamo imparare a vedere gli Apostoli del Signore così come li vede Cristo Gesù. La sua non è visione secondo la carne, ma secondo lo Spirito Santo. Gesù li vede come li vede il Padre che glieli ha dati. Questa visione obbliga ogni cristiano. O vediamo gli apostoli con gli occhi dello Spirito del Signore, o non siamo per nulla cristiani.

Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù d’Israele (Lc 22,28-30). Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri (Gv 16,12-17). Quand’ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità (Gv 17,12-19).

San Paolo vede gli Apostoli come il primo fondamento sul quale si innalza l’edificio di Dio, che è la sua Chiesa. Sugli Apostoli si innalza ogni altra parte dell’edificio. Tutte le parti sono di vitale necessità, ma tutte devono essere poggiate su questo fondamento primario, fuori del quale non si è edificio santo di Dio. Questa verità è eterna.

Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito (Ef 2,19-22). Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo. Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore. Al contrario, agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità (Ef 4,11-16).

Anche l’Apostolo Giovanni vede la Chiesa, la nuova Gerusalemme, edificata sul fondamento degli Apostoli. C’è l’Apostolo a fondamento, c’è la Chiesa di Gesù Signore. Non c’è l’Apostolo non vi è nessuna vera chiesa di Cristo Gesù. È verità eterna. La storia attesta che dove non vi è l’apostolo lì neanche vi è la vera Chiesa del Signore.

Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell’Agnello». L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci vera Chiesa di Gesù.

 

25 AGOSTO

Il tuo Dio sarà il mio Dio

Rt 1,1.3-6.14b-16.22; Sal 145,5-10; Mt 22,34-40.

Ci si converte al vero Dio sia attraverso la via della fede che per l’altra dell’amore. La Scrittura conosce queste due vie, non solo le approva, mette la via dell’amore prima della stessa via della fede. Sappiamo che Racab, la prostituta di Gerico, si convertì al Dio vivo e vero, e per questo ha aiutato i due esploratori, perché la grandezza del Dio di Israele era giunta ai suoi orecchi. Dio si era mostrato grande, onnipotente, vittorioso.

Quegli uomini non si erano ancora coricati quando la donna salì da loro sulla terrazza, e disse loro: «So che il Signore vi ha consegnato la terra. Ci è piombato addosso il terrore di voi e davanti a voi tremano tutti gli abitanti della regione, poiché udimmo che il Signore ha prosciugato le acque del Mar Rosso davanti a voi, quando usciste dall’Egitto, e quanto avete fatto ai due re amorrei oltre il Giordano, Sicon e Og, da voi votati allo sterminio. Quando l’udimmo, il nostro cuore venne meno e nessuno ha più coraggio dinanzi a voi, perché il Signore, vostro Dio, è Dio lassù in cielo e quaggiù sulla terra. Ora giuratemi per il Signore che, come io ho usato benevolenza con voi, così anche voi userete benevolenza con la casa di mio padre; datemi dunque un segno sicuro che lascerete in vita mio padre, mia madre, i miei fratelli, le mie sorelle e quanto loro appartiene e risparmierete le nostre vite dalla morte». Quegli uomini le dissero: «Siamo disposti a morire al vostro posto, purché voi non riveliate questo nostro accordo; quando poi il Signore ci consegnerà la terra, ti tratteremo con benevolenza e lealtà» (Gs 2,8-14).

Rut invece nulla conosce del Dio di Noemi. Si converte al Dio della suocera per amore verso di lei. L’amore è così grande da farle abbandonare sia il suo paese e sia i suoi dèi. Ora non vuole amare nessun altro se non la suocera e non servire altro Dio se non il Dio che si serve, si adora in Israele. La conoscenza di Dio verrà dopo. Ora c’è spazio per l’amore, per amare la suocera e per amare il suo Dio scelto come proprio Dio.

Al tempo dei giudici, ci fu nel paese una carestia e un uomo con la moglie e i suoi due figli emigrò da Betlemme di Giuda nei campi di Moab. Poi Elimèlec, marito di Noemi, morì ed essa rimase con i suoi due figli. Questi sposarono donne moabite: una si chiamava Orpa e l’altra Rut. Abitarono in quel luogo per dieci anni. Poi morirono anche Maclon e Chilion, e la donna rimase senza i suoi due figli e senza il marito. Allora intraprese il cammino di ritorno dai campi di Moab con le sue nuore, perché nei campi di Moab aveva sentito dire che il Signore aveva visitato il suo popolo, dandogli pane. me». Orpa si accomiatò con un bacio da sua suocera, Rut invece non si staccò da lei. Noemi le disse: «Ecco, tua cognata è tornata dalla sua gente e dal suo dio; torna indietro anche tu, come tua cognata». Ma Rut replicò: «Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro senza di te, perché dove andrai tu, andrò anch’io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio. Così dunque tornò Noemi con Rut, la moabita, sua nuora, venuta dai campi di Moab. Esse arrivarono a Betlemme quando si cominciava a mietere l’orzo.

Gesù sceglie questa via. Lui ama e attraverso la via dell’amore molti si avvicinano a Lui. Poi Lui con infinita pazienza rivela chi è il vero Dio da Lui amato e adorato. Questa stessa via suggerisce ai suoi discepoli. Il mondo crederà in Lui, in Gesù, per la via dei discepoli, se questi mostreranno ad ogni uomo quanto è grande il loro amore. Loro si ameranno così tanto da sconvolgere il mondo. Il mondo sconvolto chiederà di volere essere annoverato tra i discepoli di Gesù. La conoscenza di Cristo verrà dopo. Si compie attraverso la via dell’amore la profezia di Zaccaria. È il pagano che chiede di poter divenire figlio di Abramo. È colui che non crede che abbraccia il vero Dio. La via della fede e dell’amore possono, anzi devono camminare insieme.

Così dice il Signore degli eserciti: Anche popoli e abitanti di numerose città si raduneranno e si diranno l’un l’altro: “Su, andiamo a supplicare il Signore, a trovare il Signore degli eserciti. Anch’io voglio venire”. Così popoli numerosi e nazioni potenti verranno a Gerusalemme a cercare il Signore degli eserciti e a supplicare il Signore. Così dice il Signore degli eserciti: In quei giorni, dieci uomini di tutte le lingue delle nazioni afferreranno un Giudeo per il lembo del mantello e gli diranno: “Vogliamo venire con voi, perché abbiamo udito che Dio è con voi”» (Zc 8,20-23).

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la via dell’amore.

 

26 AGOSTO

Mi è stato riferito quanto hai fatto per tua suocera

Rt 2,1-3.8-11; 4,13-17; Sal 127,1-6; Mt 23,1-12.

La Scrittura ci rivela che sempre la misericordia dell’uomo verso l’uomo, spinge Dio a creare la misericordia dell’uomo verso l’uomo. Sublime verità ci viene insegnata dal Secondo Libro delle Cronache. La conversione a Dio di Giuda avrebbe mosso Dio a creare misericordia e compassione nel cuore di quanti avevano deportato Israele.

Ezechia mandò messaggeri per tutto Israele e Giuda e scrisse anche lettere a Èfraim e a Manasse per convocare tutti nel tempio del Signore a Gerusalemme, a celebrare la Pasqua per il Signore, Dio d’Israele. Il re, i capi e tutta l’assemblea di Gerusalemme decisero di celebrare la Pasqua nel secondo mese. Infatti non avevano potuto celebrarla nel tempo fissato, perché i sacerdoti non si erano santificati in numero sufficiente e il popolo non si era radunato a Gerusalemme. La proposta piacque al re e a tutta l’assemblea. Stabilirono di proclamare con bando in tutto Israele, da Bersabea a Dan, che tutti venissero a celebrare a Gerusalemme la Pasqua per il Signore, Dio d’Israele, perché molti non avevano osservato le norme prescritte. Partirono i corrieri, con lettere da parte del re e dei capi, per recarsi in tutto Israele e Giuda. Secondo l’ordine del re dicevano: «Israeliti, fate ritorno al Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Israele, ed egli ritornerà a quanti fra voi sono scampati dalla mano dei re d’Assiria. Non siate come i vostri padri e i vostri fratelli, infedeli al Signore, Dio dei loro padri, che perciò li ha abbandonati alla desolazione, come vedete. Ora non siate di dura cervice come i vostri padri, date la mano al Signore, venite nel santuario che egli ha consacrato per sempre. Servite il Signore, vostro Dio, e si allontanerà da voi l’ardore della sua ira. Difatti, se fate ritorno al Signore, i vostri fratelli e i vostri figli troveranno compassione presso coloro che li hanno deportati; ritorneranno in questa terra, poiché il Signore, vostro Dio, è misericordioso e pietoso e non distoglierà lo sguardo da voi, se voi farete ritorno a lui» (2Cro 39,1-9).

Misericordia e conversione spingono Dio a creare nei cuori grande misericordia. Dio crea misericordia nel cuore di Booz per Rut, perché Rut vive di grandissima misericordia per Noemi. Lei non ha abbandonato la suocera. Dio non abbandona lei.

Noemi aveva un parente da parte del marito, un uomo altolocato della famiglia di Elimèlec, che si chiamava Booz. Rut, la moabita, disse a Noemi: «Lasciami andare in campagna a spigolare dietro qualcuno nelle cui grazie riuscirò a entrare». Le rispose: «Va’ pure, figlia mia». Rut andò e si mise a spigolare nella campagna dietro ai mietitori. Per caso si trovò nella parte di campagna appartenente a Booz, che era della famiglia di Elimèlec. Allora Booz disse a Rut: «Ascolta, figlia mia, non andare a spigolare in un altro campo. Non allontanarti di qui e sta’ insieme alle mie serve. Tieni d’occhio il campo dove mietono e cammina dietro a loro. Ho lasciato detto ai servi di non molestarti. Quando avrai sete, va’ a bere dagli orci ciò che i servi hanno attinto». Allora Rut si prostrò con la faccia a terra e gli disse: «Io sono una straniera: perché sono entrata nelle tue grazie e tu ti interessi di me?». Booz le rispose: «Mi è stato riferito quanto hai fatto per tua suocera dopo la morte di tuo marito, e come hai abbandonato tuo padre, tua madre e la tua patria per venire presso gente che prima non conoscevi.

Così Booz prese in moglie Rut. Egli si unì a lei e il Signore le accordò di concepire: ella partorì un figlio. E le donne dicevano a Noemi: «Benedetto il Signore, il quale oggi non ti ha fatto mancare uno che esercitasse il diritto di riscatto. Il suo nome sarà ricordato in Israele! Egli sarà il tuo consolatore e il sostegno della tua vecchiaia, perché lo ha partorito tua nuora, che ti ama e che vale per te più di sette figli». Noemi prese il bambino, se lo pose in grembo e gli fece da nutrice. Le vicine gli cercavano un nome e dicevano: «È nato un figlio a Noemi!». E lo chiamarono Obed. Egli fu il padre di Iesse, padre di Davide.

È Dio il Creatore di ogni misericordia in ogni cuore. Chi vuole che Dio crei nei cuori degli uomini misericordia per se e per gli altri, deve lui convertirsi a Dio, ritornare con tutto il cuore nella Legge. Deve lui vivere di grande misericordia verso i suoi fratelli. È legge eterna di vita. Per gli egoisti non c’è misericordia, né sulla terra e neanche nell’eternità. Dio è sommamente misericordioso con chi è misericordioso. Rut ha lasciato il suo paese, i suoi dèi. Dio la costituisce “antenata”, “madre remota” del suo Figlio Eterno. Lei è una delle quattro donne che entrano nella genealogia di Gesù: Tamar, Racab, Rut, Betsabea. Tutto questo avviene per la sua misericordia.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci misericordiosi sempre.

 

27 AGOSTO – XXI DOMENICA T.O. A

Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide

Is 22,19-23; Sal 137,1-3.6.8; Rm 11,33-36; Mt 16,13-20.

Il Padre Celeste ha costituito suo “clavigero” universale Gesù Signore. È Lui che ha le chiavi del suo cuore, della sua vita. È per Lui che il Padre è conosciuto.

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,25-30).

“Così parla il Santo, il Veritiero, Colui che ha la chiave di Davide: quando egli apre nessuno chiude e quando chiude nessuno apre. Conosco le tue opere. Ecco, ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere. Per quanto tu abbia poca forza, hai però custodito la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. Ebbene, ti faccio dono di alcuni della sinagoga di Satana, che dicono di essere Giudei, ma mentiscono, perché non lo sono: li farò venire perché si prostrino ai tuoi piedi e sappiano che io ti ho amato. Poiché hai custodito il mio invito alla perseveranza, anch’io ti custodirò nell’ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra. Vengo presto. Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona. Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, dal mio Dio, insieme al mio nome nuovo. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (Ap 3,7-13).

Cristo Gesù ha consegnato a Pietro le chiavi del regno dei cieli. Con essi Pietro dovrà chiudere le porte della falsità e aprire quella delle verità, chiudere quelle dell’errore e della menzogna e aprire quelle della giustizia e della purissima conoscenza del Vangelo. Pietro non deve solo aprire, deve anche chiudere. Chiudere è essenziale come aprire. A nulla serve aprire le porte della verità se non chiude quelle della falsità.

«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,16-19).

Nel Vangelo secondo Luca, Gesù riprende i dottori della legge. Erano stati accreditati da Dio con la chiave della scienza ed essi l’hanno tolta dalla porta della verità. Essi non sono entrati nella verità, impedendo anche a coloro che volevano entrare (Lc 11,52).

Il profeta Isaia annuncia due altissime verità su Dio. Lui è il Giudice di ogni storia, di ogni tempo. Quando Lui vede che quanti sono stati collocati in alto a custodia del suo popolo, Lui interviene li abbatte dai loro troni. Il servizio è per il bene, non per il male. Lui abbatte, innalza altre persone ma sempre con la missione di chiudere le porte dell’idolatria, dell’immoralità, del male ed aprire le porte della verità e della luce.

Ti toglierò la carica, ti rovescerò dal tuo posto. In quel giorno avverrà che io chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkia; lo rivestirò con la tua tunica, lo cingerò della tua cintura e metterò il tuo potere nelle sue mani. Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire. Lo conficcherò come un piolo in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre.

Gesù è stato costituito dal Padre – e in Lui, con Lui, per Lui, nello Spirito Santo anche i suoi apostoli – clavigero per chiudere definitivamente le porte della falsità, del peccato, della menzogna, del vizio e aprire le porte della verità, della luce, della grazia, della santità. La sua Parola è la sola che apre le porte della vita eterna e chiude quelle della perdizione. Si esce dalla sua Parola, si chiude il Cielo e si apre l’inferno.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, chiudete le porte del male.

 

28 AGOSTO

Per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio

1 Ts 1,1-5.8b-10; Sal 149,1-6; Mt 23,13-22.

Ogni comunità cristiana vive di luce e di ombre, di verità e falsità, di grazia e di peccato, di giustizia e di ingiustizia, di vera fede ma anche di tanta fede ancora non portata a maturazione. Essa vive di virtù, ma anche di vizi, cammina verso il paradiso, ma spesso rallenta il suo cammino e sovente anche lo inverte dirigendolo verso la perdizione, anziché conservare fermo il timone verso la salvezza eterna. L’Apostolo del Signore deve incoraggiare, incrementare ciò che è luce, bene, verità, giustizia, grazia. Ma anche deve illuminare ogni punto oscuro che potrebbe compromettere seriamente, in ordine a salvezza eterna la vita di molti dei suoi figli. Per San Pietro, anche se non vi sono cose non evangeliche da correggere, sempre l’Apostolo deve incoraggiare ciò che è secondo il Vangelo perché porti molto più frutto. Una parola dell’Apostolo può dare splendore e più grande vitalità a tutta la comunità dei santi di Cristo Gesù.

La sua potenza divina ci ha donato tutto quello che è necessario per una vita vissuta santamente, grazie alla conoscenza di colui che ci ha chiamati con la sua potenza e gloria. Con questo egli ci ha donato i beni grandissimi e preziosi a noi promessi, affinché per loro mezzo diventiate partecipi della natura divina, sfuggendo alla corruzione, che è nel mondo a causa della concupiscenza. Per questo mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità. Questi doni, presenti in voi e fatti crescere, non vi lasceranno inoperosi e senza frutto per la conoscenza del Signore nostro Gesù Cristo. Chi invece non li possiede è cieco, incapace di vedere e di ricordare che è stato purificato dai suoi antichi peccati. Quindi, fratelli, cercate di rendere sempre più salda la vostra chiamata e la scelta che Dio ha fatto di voi. Se farete questo non cadrete mai. Così infatti vi sarà ampiamente aperto l’ingresso nel regno eterno del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. Penso perciò di rammentarvi sempre queste cose, benché le sappiate e siate stabili nella verità che possedete. Io credo giusto, finché vivo in questa tenda, di tenervi desti con le mie esortazioni, sapendo che presto dovrò lasciare questa mia tenda, come mi ha fatto intendere anche il Signore nostro Gesù Cristo. E procurerò che anche dopo la mia partenza voi abbiate a ricordarvi di queste cose (2Pt 1,3-15).

San Paolo non solo ringrazia Dio per la Chiesa che vive in Tessalonica. Mette in evidenza la bontà della loro fede, speranza e carità. Questa Chiesa vuole camminare bene sulla via di Gesù Cristo. Per la sua fedeltà al Vangelo sono stati molti che hanno aderito a Cristo, scegliendo di seguire le sue orme. Paolo è conosciuto in molti altri luoghi proprio per la parola da essi diffusa. Questa Chiesa ha un obiettivo certo da raggiungere: Cristo nella gloria. Verso Cristo cammina, Cristo attende. Essa sa che la sua speranza si compirà il giorno della venuta di Cristo, che è anche il giorno della gloriosa risurrezione. Solo allora si è luce dalla luce e luce nella luce di Gesù Signore.

Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace. Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione: ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene. La vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne. Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene.

Nulla dona più gioia ad un Apostolo del Signore che sapere che una Chiesa vive e cammina nella verità. Anche per l’Apostolo vale quanto insegna la Lettera agli Ebrei.

Obbedite ai vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di voi e devono renderne conto, affinché lo facciano con gioia e non lamentandosi. Ciò non sarebbe di vantaggio per voi (Eb 13,17).

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci camminare nella verità.

 

29 AGOSTO

Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata

Ger 1,17-19; Sal 70,1-6.15.17; Mc 6,17-29.

La liturgia presenta la persona di Giovanni il Battista applicando a Lui quanto il Signore precedentemente aveva detto al profeta Geremia, nel momento della sua chiamata. La “dissomiglianza” di Giovanni è infinitamente più grande della “somiglianza”. Anche se Geremia è stato chiamato fin dal seno di sua madre, Giovanni lo è stato prima ancora del suo concepito e primo fra tutti i nati da donna, fu pieno di Spirito Santo già al sesto mese, mentre ancora era nel seno della madre. Giovanni è oltre, molto oltre. L’accostamento a Geremia ci rivela la verità primaria di ogni vocazione. Essa è direttamente dal Signore. Nessun uomo si dona la vocazione. Ogni uomo è chiamato, è scelto, è costituito per una missione che viene anch’essa dal Signore.

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». Risposi: «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane». Ma il Signore mi disse: «Non dire: “Sono giovane”. Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò. Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti». Oracolo del Signore. Il Signore stese la mano e mi toccò la bocca, e il Signore mi disse: «Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca. Vedi, oggi ti do autorità sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare» (Ger 1,4-10).

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Che cosa vedi, Geremia?». Risposi: «Vedo un ramo di mandorlo». Il Signore soggiunse: «Hai visto bene, poiché io vigilo sulla mia parola per realizzarla». Mi fu rivolta di nuovo questa parola del Signore: «Che cosa vedi?». Risposi: «Vedo una pentola bollente, la cui bocca è inclinata da settentrione». Il Signore mi disse: «Dal settentrione dilagherà la sventura su tutti gli abitanti della terra. Poiché, ecco, io sto per chiamare tutti i regni del settentrione. Oracolo del Signore. Essi verranno e ognuno porrà il proprio trono alle porte di Gerusalemme, contro le sue mura, tutt’intorno, e contro tutte le città di Giuda. Allora pronuncerò i miei giudizi contro di loro, per tutta la loro malvagità, poiché hanno abbandonato me e hanno sacrificato ad altri dèi e adorato idoli fatti con le proprie mani. Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Oracolo del Signore (Ger 1,11-19).

Questa è la vocazione di Geremia: essere sempre in ascolto della Parola di Dio e riferirla ad ogni uomo, senza alcuna paura. Lui dovrà essere solo dal suo Dio. Non dovrà guardare in faccia alcun uomo. Ciò che Dio dice lui lo dice, ciò che Dio non dice lui non dovrà dirlo. Il suo popolo gli farà guerra, ma non sarà né vinto né sconfitto. Con lui vi sarà sempre il Signore che lo proteggerà, lo custodirà, la salverà, lo libererà.

Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Oracolo del Signore.

Giovanni è chiamato fin da sempre come Geremia, ma dovrà svolgere la missione con la forza di Elia. Lui dovrà chiamare i figli di Israele a conversione perché si aprano al regno di Dio che è vicino e accolgano la Parola della salvezza che sarà loro annunziata dal Messia di Dio. Elia da Dio fu protetto e custodito dalla malvagità della regina Gezabele. Contro Giovanni non vi fu solo una donna crudele e malvagia, ad essa si aggiunse anche la figlia, donna lasciva, impura, malvagia come, se non più della madre. È stata la coalizione di queste due donne, che sono l’incarnazione del male, che usarono lo stoltezza dell’empio re Erode per far decapitare Giovanni, chiedendo che la testa fosse loro consegnata su un vassoio d’argento. La missione di Giovanni era stata dichiarata conclusa e il Signore volle onorarlo con la gloria del martirio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missionari di Gesù.

 

30 AGOSTO

Vi abbiamo incoraggiato e scongiurato

1 Ts 2,9-13; Sal 138,7-12; Mt 23,27-32.

San Paolo si annunzia ai Tessalonicesi come un vero modello da imitare. Ma in che cosa Paolo vuole che lo si imiti? Nel lavoro. Quanto lui dirà ai Corinzi è come se già volesse anticiparlo ai tessalonicesi. Ognuno deve guadagnarsi il pane con il sudore della sua fronte. È questo un comando antico che rimane immutabile nei secoli.

Non sono forse libero, io? Non sono forse un apostolo? Non ho veduto Gesù, Signore nostro? E non siete voi la mia opera nel Signore? Anche se non sono apostolo per altri, almeno per voi lo sono; voi siete nel Signore il sigillo del mio apostolato. La mia difesa contro quelli che mi accusano è questa: non abbiamo forse il diritto di mangiare e di bere? Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa? Oppure soltanto io e Bàrnaba non abbiamo il diritto di non lavorare? E chi mai presta servizio militare a proprie spese? Chi pianta una vigna senza mangiarne il frutto? Chi fa pascolare un gregge senza cibarsi del latte del gregge? Io non dico questo da un punto di vista umano; è la Legge che dice così. Nella legge di Mosè infatti sta scritto: Non metterai la museruola al bue che trebbia. Forse Dio si prende cura dei buoi? Oppure lo dice proprio per noi? Certamente fu scritto per noi. Poiché colui che ara, deve arare sperando, e colui che trebbia, trebbiare nella speranza di avere la sua parte.

Se noi abbiamo seminato in voi beni spirituali, è forse gran cosa se raccoglieremo beni materiali? Se altri hanno tale diritto su di voi, noi non l’abbiamo di più? Noi però non abbiamo voluto servirci di questo diritto, ma tutto sopportiamo per non mettere ostacoli al vangelo di Cristo. Non sapete che quelli che celebrano il culto, dal culto traggono il vitto, e quelli che servono all’altare, dall’altare ricevono la loro parte? Così anche il Signore ha disposto che quelli che annunciano il Vangelo vivano del Vangelo. Io invece non mi sono avvalso di alcuno di questi diritti, né ve ne scrivo perché si faccia in tal modo con me; preferirei piuttosto morire. Nessuno mi toglierà questo vanto! Infatti annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo! Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo (1Cor 9.1-19).

San Paolo ha incoraggiato e scongiurato i Tessalonicesi perché si comportassero in maniera degna di Dio. Comportarsi in maniera degna di Dio significa osservare con fede impegno e coscienza retta i suoi comandamenti. Gesù non ha abolito la Legge del Padre suo. Ha dato ad essa compimento. Non ha Gesù costituito un popolo di senza Legge, di senza Comandamenti, di senza Norme e Statuti da osservare. Ma ha dato pienezza di verità e di perfezione ad ogni Parola del Padre suo. Una comunità che si pone fuori della Legge di Dio, mai potrà essere comunità evangelica. La comunità di Cristo non solo osserva la Legge morale antica, ma la osserva secondo la perfezione di Cristo Gesù. Mai i Tessalonicesi dovranno cadere in questa trappola.

Voi ricordate infatti, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio. Voi siete testimoni, e lo è anche Dio, che il nostro comportamento verso di voi, che credete, è stato santo, giusto e irreprensibile. Sapete pure che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, vi abbiamo incoraggiato e scongiurato di comportarvi in maniera degna di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria. Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti.

Oggi Paolo dovrebbe nuovamente prendere la penna e scrivere con grande fermezza alla Chiesa di Dio per ricordarle che la Legge mai potrà essere saltata. Noi tutti stiamo precipitando in un baratro dal quale più non si esce. Stiamo donando alla coscienza ogni facoltà di stabilire ciò che è peccato per essa e ciò che non lo è. Qui siamo ben oltre il relativismo etico, siamo nella cancellazione di tutto ciò che è etico e morale. È la Legge che dice il bene e il male. La Legge va osservata. Essa va insegnata.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci amare la Legge di Dio.

 

31 AGOSTO

Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore

1 Ts 3,7-13; Sal 89,3-4.12-14.17; Mt 24,42-51.

Il tema dell’amore è caro a Paolo. Non vi è Lettera nella quale non parla dell’amore che i discepoli di Gesù si devono vicendevolmente gli uni gli altri e tutti devono ad ogni altro uomo. Nella Prima Lettera ai Corinzi lo annunzia come il carisma più alto, il carisma che dona vera vita ad ogni altro dono dello Spirito Santo. Per chi è privo della purissima carità ogni altro dono, anche se dato dalla volontà celeste, diviene solo vanità, infruttuosa inutilità, carenza di ogni valore evangelico.

Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? Desiderate invece intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime. Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.

La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. 7Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità! (1Cor 12,27-13,13).

Perché la carità è così vivamente raccomandata da Paolo ad ogni discepolo di Gesù? è raccomandata perché il cuore di Dio Padre è carità, amore, compassione, pietà, misericordia, perdono, dono totale di sé. Cristo Gesù, nel suo cuore umano, ha vissuto tutta la carità del Padre, posta in esso senza interruzione dallo Spirito Santo. In Cristo la carità di Dio è stata trasformata in grazia di salvezza. Dovendo il cristiano, come Cristo, come suo vero corpo, dare al mondo tutta la carità, trasformandola, sempre in Cristo, con Cristo, per Cristo, potrà mai vivere senza carità o con una carità appena accennata o semplicemente abbozzata? Lui dovrà essere carità di Cristo nel mondo.

E perciò, fratelli, in mezzo a tutte le nostre necessità e tribolazioni, ci sentiamo consolati a vostro riguardo, a motivo della vostra fede. Ora, sì, ci sentiamo rivivere, se rimanete saldi nel Signore. Quale ringraziamento possiamo rendere a Dio riguardo a voi, per tutta la gioia che proviamo a causa vostra davanti al nostro Dio, noi che con viva insistenza, notte e giorno, chiediamo di poter vedere il vostro volto e completare ciò che manca alla vostra fede? Voglia Dio stesso, Padre nostro, e il Signore nostro Gesù guidare il nostro cammino verso di voi! Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi.

Si diviene carità di Cristo in un solo modo. Tenendo lontano dal proprio corpo ogni peccato, anche veniale. Il peccato mortale uccide la carità di Dio nel cuore. L’uomo non può più amare. Il peccato veniale indebolisce la forza della carità ed essa non può esprimersi al sommo delle sue divine potenzialità. A volte un solo vizio ci impedisce di amare secondo pienezza di verità. Due vizi già sono impossibilità perenne perché si possa manifestare la vita di Cristo attraverso il nostro corpo. La santità è la sola via.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di perfetta carità.