Relazione: Miguel Delgado Galindo al VI convegno
VI Convegno nazionale del Movimento Apostolico
Martedì 28 Febbraio 2012
I FEDELI LAICI E LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
Relazione: Miguel Delgado Galindo
Sottosegretario del Pontificio consiglio per i laici
Sommario: 1.- Attualità della nuova evangelizzazione. 2.- La vocazione propria dei fedeli laici. 3.- L’apostolato dei fedeli laici come partecipazione alla missione salvifica della Chiesa. 4.- Sfide che la nuova evangelizzazione presenta ai fedeli laici.
1. Attualità della nuova evangelizzazione
Desidero, innanzi tutto, ringraziare la Dott.ssa Concetta Marraffa, Presidente del Movimento Apostolico, per il gentile invito che mi ha rivolto a prendere parte al VI Convegno nazionale di questa associazione di fedeli. Saluto, inoltre, molto cordialmente Sua Eccellenza Mons. Vincenzo Bertolone, S.d.P., Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace; la Signora Maria Marino, fondatrice del Movimento Apostolico; come pure voi tutti, responsabili e aderenti di questa aggregazione ecclesiale provenienti da tutta Italia per partecipare ai lavori del presente convengo.
Mi è gradito rilevare che il nome del vostro movimento è connotato proprio dall’aggettivo apostolico. Esso vuole indicare la partecipazione reale e concreta di ogni cristiano alla missione che Gesù affidò agli Apostoli, che è quella di condurre l’umanità intera a Dio. Tutti i battezzati, senza esclusione alcuna, possono e devono sentirsi corresponsabili della missione apostolica, assumendo il compito di evangelizzare le genti, cioè di incorporarle alla Chiesa e di unirle a Cristo, cooperando con l’azione dello Spirito Santo. A questo proposito, Eusebio di Cesarea, vescovo in Palestina tra il III e il IV secolo d.C., ritenuto il padre della storia ecclesiastica, scriveva: «Che cosa significa evangelizzare se non portare a tutti gli uomini (…) il buon annunzio della venuta di Cristo in terra?»[1].
Come vi è certamente noto, la questione di Dio nel mondo di oggi e la nuova evangelizzazione sono argomenti che stanno molto a cuore al Santo Padre Benedetto XVI. Nell’anno 2010 egli ebbe a istituire un nuovo dicastero nella Curia Romana «nella forma di “Pontificio Consiglio”, con il compito precipuo di promuovere una rinnovata evangelizzazione nei Paesi dove è già risuonato il primo annuncio della fede e sono presenti Chiese di antica fondazione, ma che stanno vivendo una progressiva secolarizzazione della società e una sorta di “eclissi del senso di Dio”, che costituiscono una sfida a trovare mezzi adeguati per riproporre la perenne verità del Vangelo di Cristo»[2].
Nel mese di ottobre scorso, questo stesso dicastero ha organizzato a Roma un incontro internazionale, al quale sono intervenuti fedeli impegnati nella nuova evangelizzazione[3]. I partecipanti all’incontro sono stati ricevuti in udienza dal Romano Pontefice nell’Aula Paolo VI, in Vaticano (15 ottobre 2011), e il giorno seguente, Benedetto XVI ha celebrato la Santa Messa nella basilica Vaticana, durante la quale ha annunciato la decisione di indire, in occasione del 50º anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, uno speciale “Anno della fede” (11 ottobre 2012 – 24 novembre 2013), che ha avuto modo di illustrare con la Lettera apostolica Porta fidei (11 ottobre 2011). Dalle immagini dell’udienza che il Papa ha concesso ai cosiddetti “nuovi evangelizzatori” lo scorso 15 ottobre, si costata che la stragrande maggioranza di essi erano fedeli laici, di cui molti appartenenti ad associazioni di fedeli, movimenti ecclesiali e nuove realtà di stampo laicale sorte nella Chiesa lungo il ventesimo secolo. Da questo fatto si può trarre immediatamente una prima considerazione: sebbene la nuova evangelizzazione sia senz’altro compito di tutti i componenti del popolo di Dio — laici, sacerdoti e religiosi —, è pur vero che essendo i fedeli laici i membri significativamente più numerosi nella compagine ecclesiale, il contributo che essi possono apportare alla missione evangelizzatrice è davvero determinante. Anzi, oserei dire che senza il contributo fattivo dei fedeli laici — e in particolare dei giovani — non sarebbe possibile affrontare la nuova evangelizzazione alla quale Benedetto XVI ci convoca tutti. Infatti, «un laico raggiunto dal Vangelo, vivendo accanto ad altri, può contagiare altri due, questi altri quattro, e siccome i laici cristiani non sono solo alcune decine di migliaia come il clero, ma centinaia di milioni, essi possono davvero svolgere un ruolo decisivo nel diffondere nel mondo la luce benefica del Vangelo»[4]. A questo proposito, afferma il cardinale Stanisław Ryłko: «L’impegno evangelizzatore dei laici, di fatto, sta già cambiando la vita ecclesiale, e questo rappresenta un grande segno di speranza per la Chiesa»[5].
Durante l’incontro con i nuovi evangelizzatori a cui ho fatto riferimento poc’anzi, il Papa ha voluto rilevare che, nonostante l’uomo contemporaneo non di rado si senta confuso e non riesca a trovare risposte profonde a molte domande su questioni fondamentali dell’esistenza, e sebbene con frequenza egli si accontenti di una felicità surrogata, che non può riempire il suo cuore in modo perdurabile, «come agli inizi del Cristianesimo (…) la parola di Dio continua a crescere e a diffondersi»[6]. Come mai accade questo? Il Papa ha individuato tre motivi che possono essere considerati la “bussola” per orientarci adeguatamente alla nuova evangelizzazione:
«Il primo è che la forza della Parola non dipende anzitutto dalla nostra azione, dai nostri mezzi, dal nostro “fare”, ma da Dio, che nasconde la sua potenza sotto i segni della debolezza, che si rende presente nella brezza leggera del mattino (cfr 1Re 19,12), che si rivela sul legno della Croce. Dobbiamo sempre credere nell’umile potenza della Parola di Dio e lasciare che Dio agisca! Il secondo motivo è perché il seme della Parola, come narra la parabola evangelica del Seminatore, cade anche oggi ancora in un terreno buono che la accoglie e produce frutto (cfr Mt 13,3-9). E i nuovi evangelizzatori sono parte di questo campo che consente al Vangelo di crescere in abbondanza e di trasformare la propria vita e quella di altri. Nel mondo, anche se il male fa più rumore, continua ad esserci il terreno buono. Il terzo motivo è che l’annuncio del Vangelo è veramente giunto fino ai confini del mondo e, anche in mezzo a indifferenza, incomprensione e persecuzione, molti continuano anche oggi, con coraggio, ad aprire il cuore e la mente per accogliere l’invito di Cristo ad incontrarLo e diventare suoi discepoli. Non fanno rumore, ma sono come il granellino di senape che diventa albero, il lievito che fermenta la pasta, il chicco di grano che si spezza per dare origine alla spiga. Tutto questo, se da una parte porta consolazione e speranza perché mostra l’incessante fermento missionario che anima la Chiesa, dall’altra deve riempire tutti di un rinnovato senso di responsabilità verso la Parola di Dio e la diffusione del Vangelo»[7].
E, più avanti nel suo intervento, Benedetto XVI ha tenuto a precisare che «il mondo di oggi ha bisogno di persone che parlino a Dio, per poter parlare di Dio»[8]. Da queste considerazioni del Santo Padre si può stabilire, innanzi di tutto, che la nuova evangelizzazione non è riducibile a uno slogan, che se pur attraente rimane privo di contenuto, né a un luogo comune, né tanto meno a un concetto astratto. La nuova evangelizzazione è, per dirlo con le parole del Papa: «un rinnovamento di una autentica vita cristiana basata sugli insegnamenti della Chiesa»[9].
In secondo luogo, la preghiera deve detenere il primato sull’azione. Soltanto chi cerca di vivere in un rapporto di profonda amicizia con Dio e la sua Parola è in grado di evangelizzare efficacemente. Già nella sua prima enciclica, Deus caritas est, Benedetto XVI ebbe a rilevare che «all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (n. 1).
In terzo luogo, l’impegno alla nuova evangelizzazione richiama alla necessità di aspirare alla santità. Infatti, il Santo Padre a diverse riprese e in svariati modi ha spiegato che i cambiamenti nelle istituzioni e nelle persone vengono promossi proprio dai santi: «I beati e i santi sono stati persone che non hanno cercato ostinatamente la propria felicità, ma semplicemente hanno voluto donarsi, perché sono state raggiunte dalla luce di Cristo. Essi ci indicano così la strada per diventare felici, ci mostrano come si riesce ad essere persone veramente umane. Nelle vicende della storia sono stati essi i veri riformatori che tante volte l’hanno risollevata dalle valli oscure nelle quali è sempre nuovamente in pericolo di sprofondare; essi l’hanno sempre nuovamente illuminata quanto era necessario per dare la possibilità di accettare – magari nel dolore – la parola pronunciata da Dio al termine dell’opera della creazione: “È cosa buona”»[10]. Questo significa che l’evangelizzazione non scaturisce dal “fare”[11], o dal conseguimento di una “tecnica”, quantunque sia importante riflettere continuamente su quale sia il modo più pedagogico di trasmettere la fede in ogni circostanza specifica e acquisire la formazione necessaria. Ma ciò che conta davvero è l’impegno personale di ogni cristiano a diventare santo. Di conseguenza, c’è un nesso inscindibile tra santità personale ed evangelizzazione, giacché ogni battezzato è chiamato non solo a identificarsi con Gesù, ma anche a trasmettere agli altri la vita soprannaturale, come conseguenza della sua identificazione con il sacerdozio di Cristo.
Com’è noto, fu il beato Giovanni Paolo II a coniare l’espressione “nuova evangelizzazione” [12], ed ebbe a sviluppare questo concetto per la prima volta[13] ai vescovi dell’America Latina riuniti nell’assemblea del Consiglio episcopale Latinoamericano (CELAM) il 9 marzo 1983 a Port-au-Prince (Haiti). Il Papa, in vista del V centenario della scoperta del continente americano e dell’inizio della sua evangelizzazione, evocando il compito evangelizzatore della Chiesa in America Latina, disse: «La commemorazione del mezzo millennio di evangelizzazione avrà il suo pieno significato se sarà un impegno vostro come Vescovi, assieme al vostro Presbiterio e ai vostri fedeli; impegno non certo di rievangelizzazione, bensì di una nuova evangelizzazione. Nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nelle sue espressioni»[14]. A continuazione, Giovanni Paolo II volle segnalare i presupposti fondamentali per la nuova evangelizzazione. Il primo si riferiva ai ministri ordinati. Egli, infatti, era convinto che alle porte del terzo millennio cristiano, la Chiesa in America Latina aveva bisogno di un rinnovato slancio, che non sarebbe stato possibile senza la convocazione di numerosi sacerdoti e ben preparati. Per Giovanni Paolo II suscitare nuove vocazioni al sacerdozio e formarle adeguatamente nelle dimensioni spirituali, dottrinali e pastorali era di una importanza cruciale. Come secondo aspetto, volle riferirsi alla necessità di formare fedeli laici capaci di collaborare efficacemente al compito evangelizzatore della Chiesa.
L’impegno per una nuova evangelizzazione fu anche uno dei temi principali che affrontò Giovanni Paolo II il 12 ottobre 1984, allo stadio olimpico di Santo Domingo, nel suo messaggio indirizzato alla Chiesa e ai popoli latinoamericani, in occasione dell’inaugurazione delle celebrazioni in preparazione del V centenario dell’inizio dell’evangelizzazione di America[15].
Un’amplia e dettagliata spiegazione dell’espressione “nuova evangelizzazione”, Giovanni Paolo II la diede anche nella seconda parte del discorso di apertura della IV Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano, pronunziato sempre a Santo Domingo, il 12 ottobre 1992[16]. In quella occasione, il Papa precisò che con questo termine desiderava svegliare un nuovo ardore e sollecitare nuovi impegni evangelizzatori in America e nel mondo intero. Egli, mettendo in guardia sulle “cristologie riduttive”, che non possono essere accettate come strumenti per la nuova evangelizzazione, volle spiegare che la novità di tale evangelizzazione non riguarda il messaggio evangelico, che è radicato in Cristo e, pertanto, come tenne a chiarire il Santo Padre, «deve essere predicato in piena fedeltà e purezza, così come è stato custodito e trasmesso dalla Tradizione della Chiesa. Evangelizzare significa annunciare una persona, che è Cristo»[17]. Ma «la novità dell’azione evangelizzatrice che abbiamo citato riguarda ̶ precisò il Papa ̶ l’atteggiamento, lo stile, lo sforzo e la programmazione o, come ho proposto a Haiti, l’ardore, i metodi e l’espressione. Un’evangelizzazione nuova nel suo ardore presuppone una solida fede, un’intensa carità pastorale e una grande fedeltà, che, sotto l’azione dello Spirito, generino una mistica, un incontenibile entusiasmo nel compito di annunciare il Vangelo. (…) La verità di Cristo deve illuminare le menti e i cuori con l’attiva, instancabile e pubblica proclamazione dei valori cristiani. D’altro canto, i nuovi tempi esigono che il messaggio cristiano arrivi all’uomo di oggi attraverso nuovi metodi di apostolato, e che sia espresso in un linguaggio e in forme accessibili all’uomo latinoamericano, bisognoso di Cristo e assetato di Vangelo: come rendere accessibile, penetrante, valida e profonda la risposta all’uomo di oggi, senza per nulla alterare o modificare il contenuto del messaggio evangelico? Come arrivare al cuore della cultura che vogliamo evangelizzare? Come parlare di Dio in un mondo nel quale è presente un crescente processo di secolarizzazione?»[18]. Queste incisive domande formulate dal Vescovo di Roma quasi vent’anni fa ci interpellano anche oggi, direi addirittura che con una maggiore intensità, perché le sfide odierne sono ancora più pressanti.
2. La vocazione propria dei fedeli laici
È molto significativo che il tema della chiamata alla nuova evangelizzazione emerga anche in un documento di Giovanni Paolo II che tratta specificatamente la vocazione e missione dei fedeli laici nella Chiesa e nel mondo. Mi riferisco all’Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), lungo la quale si rintracciano numerosi riferimenti alla nuova evangelizzazione[19]. Nel n. 64, ad esempio, l’ultimo del documento, si legge: «Una grande, impegnativa e magnifica impresa è affidata alla Chiesa: quella di una nuova evangelizzazione, di cui il mondo attuale ha immenso bisogno. I fedeli laici devono sentirsi parte viva e responsabile di quest’impresa, chiamati come sono ad annunciare e a vivere il Vangelo nel servizio ai valori e alle esigenze della persona e della società».
Nel considerare il ruolo che appartiene ai fedeli laici nella nuova evangelizzazione, diventa indispensabile affrontare la questione dell’identità teologica del fedele laico e della vocazione che gli è propria nella Chiesa e nel mondo[20]. La questione del laicato costituisce uno dei grandi temi del Concilio Vaticano II. Ad esso è dedicato il capitolo IV della Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium (7 dicembre 1965)[21] e il Decreto Apostolicam actuositatem, sull’apostolato dei laici (18 novembre 1965). Ugualmente, diversi riferimenti si riscontrano anche in altri documenti conciliari, come la Costituzione pastorale Gaudium et spes [22], sulla Chiesa nel mondo contemporaneo e il Decreto Ad gentes [23], sulla attività missionaria della Chiesa.
Nella Lumen gentium si sottolinea che la partecipazione piena e attiva dei fedeli laici alla vita della Chiesa trova il suo fondamento nel sacramento del Battesimo[24], dal quale scaturisce una radicale uguaglianza di tutti i fedeli. I fedeli laici, dunque, sono chiamati a contribuire, nella propria condizione, all’unica missione di tutta la Chiesa. Tramite il Battesimo, essi partecipano alla missione profetica, sacerdotale e reale di Gesù Cristo[25]. Secondo l’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, la condizione del fedele laico non si caratterizza dall’esclusione ad una chiamata (sono fedeli laici coloro che non sono né sacerdoti né religiosi)[26], ma la loro identità costituisce un modo specifico di essere nella Chiesa e nel mondo. Infatti, nella Lumen gentium si legge: «Col nome di laici si intende qui l’insieme dei cristiani ad esclusione —præter— dei membri dell’ordine sacro e dello stato religioso sancito nella Chiesa, i fedeli cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano» (n. 31/a). Come si può notare, la descrizione dell’identità dei fedeli laici contenuta nella Lumen gentium è eminentemente positiva: essa fonda la dignità della missione affidata ai laici nel sacramento del Battesimo e specifica la loro partecipazione ai tria munera, nell’ambito delle funzioni che sono proprie del loro stato di vita nella Chiesa e nel mondo.
Il n. 31 della Lumen gentium prosegue in questo modo: «Il carattere secolare è proprio e peculiare dei laici. (…) Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti i diversi doveri e lavori del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo esercitando il proprio ufficio sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a manifestare Cristo agli altri principalmente con la testimonianza della loro stessa vita e col fulgore della loro fede, della loro speranza e carità. A loro quindi particolarmente spetta di illuminare e ordinare tutte le cose temporali, alle quali sono strettamente legati, in modo che siano fatte e crescano costantemente secondo il Cristo e siano di lode al Creatore e Redentore» (n. 31/b).
Il compito dei fedeli laici è quello di essere testimoni del Vangelo e, di conseguenza, di santificare il mondo nelle circostanze ordinarie della vita[27]. I fedeli laici sono cristiani comuni, uomini e donne, che vivono la propria vocazione nel mondo, nelle più svariate circostanze e situazioni in cui si trovano, non compiendo azioni straordinarie, ma bensì compiendo i loro doveri ordinari in un modo straordinario. Deve essere ben chiaro che il mondo, poiché è stato creato da Dio, non può essere considerato un ostacolo per il raggiungimento della perfezione cristiana, esso è precisamente il luogo dove i fedeli laici sono chiamati a santificarsi in virtù della vocazione che gli è propria. Il mondo, pertanto, deve essere ritenuto il “luogo teologico” dei fedeli laici[28]. L’Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici sviluppa questi insegnamenti circa la condizione laicale e l’indole secolare dei fedeli laici nei nn. 15-17. Con parole del beato Giovanni Paolo II, i fedeli laici «sono persone che vivono la vita normale nel mondo, studiano, lavorano, stabiliscono rapporti amicali, sociali, professionali, culturali, ecc.» (ChL, n. 15/g). È proprio in questi diversi ambiti che si sviluppa la vita dei fedeli laici, dove essi sono chiamati a diventare sale della terra e luce del mondo[29], lievito di vita nuova.
Riguardo il mutuo rapporto tra la Chiesa e il mondo, la Costituzione pastorale Gaudium et spes afferma: «la Chiesa, che è insieme “società visibile e comunità spirituale” cammina insieme con l’umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena; essa è come il fermento e quasi l’anima della società umana, destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio» (40/b). Risulta interessante notare che la Gaudium et spes utilizza queste due immagini, l’una materiale l’altra spirituale, del lievito e dell’anima. I fedeli laici sono nel mondo così come il lievito è nella pasta, e insieme diventano una sola cosa[30]. Questa immagine ricorda una celebre frase della Lettera a Diogneto, un’opera anonima dell’apologetica del secondo secolo, scritta al fine di difendere la fede cristiana: «come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani»[31]. L’autore di questa lettera pone in rilievo un messaggio perenne: il cristiano deve cercare la santità nel mondo, illuminando l’intera creazione con la luce di Cristo. Il mondo, infatti, ha bisogno di essere santificato dal di dentro con la testimonianza di vita santa dei cristiani. Soltanto il cristiano che vive con integrità il messaggio del Vangelo è capace di permeare il mondo con lo spirito di Cristo nei diversi ambienti dell’esistenza umana.
3. L’apostolato dei fedeli laici come partecipazione alla missione salvifica della Chiesa
Il diritto e il dovere dei fedeli laici a partecipare alla missione salvifica della Chiesa trova il suo fondamento nella dignità della vita teologale. Il n. 33 della Lumen gentium tratta così questo tema: «l’apostolato dei laici è quindi partecipazione alla missione salvifica stessa della Chiesa; a questo apostolato sono tutti destinati dal Signore stesso per mezzo del battesimo e della confermazione. Dai sacramenti poi, e specialmente dalla sacra eucaristia, viene comunicata e alimentata quella carità verso Dio e gli uomini che è l’anima di tutto l’apostolato»[32]. Dunque, i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana si trovano alla base della missione evangelizzatrice dei fedeli laici.
Questo apostolato non è una concessione, né un mandato della gerarchia ecclesiastica[33], bensì procede da quell’invio che il Signore rivolge agli apostoli: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura»[34]. Questo compito non è meramente occasionale, ma è ordinario e continuativo. I fedeli laici sono soggetti responsabili dell’azione apostolica della Chiesa, ed è dovere della gerarchia promuovere ogni forma di apostolato dei laici. Il n. 33 della Lumen gentium si conclude affermando che «Grava quindi su tutti i laici il glorioso peso di lavorare, perché il disegno divino di salvezza raggiunga ogni giorno più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra. Sia perciò loro aperta qualunque via affinché, secondo le loro forze e le necessità dei tempi, anch’essi attivamente partecipino all’opera salvifica della Chiesa».
L’apostolato dei fedeli laici è del tutto imprescindibile nella Chiesa, perché contribuisce a far raggiungere il messaggio di Gesù Cristo a tutti gli ambienti professionali, sociali, culturali, politici, economici, ecc. Il fedele laico ha il diritto di far presente Cristo lì dove si trova in ogni momento della sua vita, sia personalmente sia in forma associata[35]. In questo senso, è da apprezzare la grande fioritura di realtà associative laicali, sorte durante il ventesimo secolo, che hanno come fine quello di contribuire a rendere i fedeli laici consapevoli della loro chiamata alla santità e all’apostolato. Queste nuove realtà ̶ molte di loro sono di ambito internazionale e sono state riconosciute dalla Sede Apostolica dopo l’opportuna verifica della loro ecclesialità ̶ meritano di essere valorizzate e accolte con paternità e cordialità nelle Chiese particolari da parte dei Pastori della Chiesa, giacché per mezzo dei loro carismi specifici, concorrono a dare dinamismo apostolico nelle diocesi, e i frutti di questa azione evangelizzatrice rimane in esse[36].
Non bisogna perdere di vista che la chiamata universale all’apostolato è intimamente unita alla chiamata universale alla santità nella Chiesa[37], è per questo motivo che apostolato e santità non possono sussistere disgiunti. Scrisse Giovanni Paolo II che il vero missionario è il santo[38], e all’inizio del terzo millennio proponeva al popolo cristiano la santità come «“misura alta” della vita cristiana ordinaria»[39].
Un’altro aspetto da considerare è la formazione cristiana dei fedeli laici. Nelle circostanze odierne non possiamo non constatare una grande necessità di formazione dottrinale, che nutra la vita dei cattolici e li renda capaci di dare ragione della speranza agli uomini e alle donne dei nostri tempi[40], con carità, coraggio, rispetto e retta coscienza. Si richiede una formazione integrale che incida sulla vita cristiana, finalizzata a plasmare persone preparate, veri discepoli di Cristo che vivono la loro fede con una forte unità di vita tra ciò in cui credono e ciò che dicono e fanno quotidianamente. Una tale formazione, in quanto processo, deve essere continua: deve prolungarsi per tutta la vita. Attualmente disponiamo di strumenti straordinari per questo fine, come ad esempio il Catechismo della Chiesa Cattolica e il suo Compendio, e il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. Risulta molto significativo che sin dall’inizio del suo pontificato, Benedetto XVI esorti continuamente allo studio di questi testi per alimentare la fede del popolo di Dio e poterla trasmettere nella sua integrità.
Il messaggio evangelico deve essere portato dai fedeli laici a tutti gli ambienti della società. D’altro canto, esistono alcuni campi che richiamano urgentemente a un rinnovato impegno apostolico[41], come sono la promozione della dignità della persona a tutti i livelli; la difesa della vita umana dal concepimento fino alla sua morte naturale; la tutela della famiglia fondata nel matrimonio tra un uomo e una donna; la salvaguardia della libertà religiosa; la difesa della libertà di educazione e del diritto dei genitori a scegliere gli istituti educativi che offrano una formazione concorde alle loro convinzioni morali, nonché del diritto a ricevere il dovuto sostegno economico da parte dello Stato; la promozione del servizio della carità verso il prossimo; l’animazione cristiana della vita politica, economica e sociale; la creazione e la trasmissione di una cultura autentica; l’evangelizzazione dei mezzi di comunicazione sociale, ecc.
4. Sfide che la nuova evangelizzazione presenta ai fedeli laici
Senza avere alcune pretesa di esaustività, vorrei esporre alcune sfide che, a mio avviso, la nuova evangelizzazione propone ai fedeli laici. Essi sono chiamati a trasmettere la fede, allo stesso modo che i sacerdoti e i religiosi. In primo luogo, per raggiungere questo traguardo è indispensabile che ognuno di essi abbia un incontro personale con Gesù Cristo, che non è un personaggio qualunque della storia dell’umanità, ma bensì il figlio di Dio vivo[42]. L’incontro con Cristo e l’amicizia profonda che ne deriva trasforma la vita del cristiano, che si ritrova guidato dalla vita della grazia, e apre prospettive inaspettate di rapporto con Dio. Questa relazione con Gesù Cristo deve essere vissuta nella Chiesa e alimentata dall’Eucaristia.
In secondo luogo, conviene proporre ai fedeli laici nuovamente con convinzione la santità come misura alta della vita cristiana ordinaria. Nella Chiesa esistono molteplici itinerari di santità di vita, e ogni fedeli deve trovare il suo con l’aiuto di Dio e la mediazione della Chiesa. Soltanto chi aspira a diventare santo può essere un evangelizzatore. In questo itinerario spirituale bisogna considerare il mondo una realtà positiva, perché uscita appunto dalle mani di Dio[43], e riscoprire la vocazione propria dei fedeli laici, chiamati a cercare la santità nel mondo e a portare il mondo a Dio, come insegna il Concilio Vaticano II.
Quando parliamo nella Chiesa di vocazione, non dobbiamo intendere soltanto la chiamata del Signore al ministero ordinato, oppure alla vita consacrata, ma dobbiamo anche includere la vocazione laicale, la quale non consiste semplicemente nel “rimanere” ciò che si è in virtù del sacramento del Battesimo, ma è una vocazione specifica che interpella chi la riceve ad acquisire progressivamente una maggiore consapevolezza di cosa comporta essere un fedele laico, nonché a imparare tutte le ricchezze dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, dove si trova l’origine di tutte le vocazioni nella Chiesa.
Un’altra sfida, forse la più imponente, è quella del protagonismo dei fedeli laici e il senso intrinsecamente missionario della fede in tutti i battezzati. I fedeli laici sono insostituibili annunciatori di Cristo nella prospettiva della nuova evangelizzazione. Per questo è importante suscitare in essi l’entusiasmo della fede e formarli, affinché siano apostoli e comunichino il Vangelo e la bellezza di essere cristiani in tutti gli ambienti in cui si trovano a vivere, incoraggiando gli uomini a porre Dio al centro della propria vita.
La formazione cristiana continua dei fedeli laici deve accompagnare questo percorso; una formazione nella dottrina della Chiese che li incoraggi a diventare evangelizzatori. Speciale attenzione meritano le giovani generazione, per le quali si dovrebbero investire le migliori energie. A questo proposito, Benedetto XVI ha qualificato l’ultima Giornata Mondiale della Gioventù, di Madrid 2011, come «una nuova evangelizzazione vissuta»[44].
Per proporre con efficacia il messaggio cristiano si richiede, come specificato poc’anzi, unità vita, in altre parole, la coerenza tra il proprio credo e le proprie azioni. Soltanto la concordanza tra fede e opere rende i fedeli laici testimoni credibili dell’amore e della verità di Dio.
Tenendo conto che nella Chiesa i diversi stati di vita sono complementari, i fedeli laici abbisognano del ministero pastorale dei sacerdoti. Da ciò ne deriva la necessità che il sacerdote rinnovi continuamente la sua vita spirituale[45] e fomenti vocazioni all’ordine sacro. Quanto più si sviluppa l’apostolato dei fedeli laici, tanto più si percepisce l’urgenza di disporre di presbiteri che siano ben formati in tutti gli aspetti (dottrinale, spirituale, pastorale, ecc.), che non si accontentino soltanto di una “pastorale di mantenimento”, ma che aspirino a una pastorale di evangelizzazione[46]. I sacri ministri devono rimanere al servizio del laicato, cioè del sacerdozio comune dei fedeli, affinché questi possano portare a compimento la loro propria missione nella Chiesa e nel mondo.
* * * * *
Mi avvio verso la conclusione. Alla fine del mese di novembre del 2011, il cardinale arcivescovo di Cracovia ha fatto dono di una reliquia del beato Giovanni Paolo II al Pontificio Consiglio per i Laici, che viene conserva attualmente nella cappella del dicastero. Mi sembra significativo leggere, in questa sede, un brano della lettera del cardinale Stanisław Dziwisz, che ha accompagnato la consegna della reliquia: «Il reliquiario del Sangue di Giovanni Paolo II “Non abbiate paura!” è l’opera di Carlo Balljana. Maestro Balljana, diffusamente conosciuto dalla critica ufficiale come scultore del vento, è stato spinto a fare il reliquiario dedicato al Beato Giovanni Paolo II dalla scena dei funerali del Pontefice nel 2005. Sulla bara del Santo Padre è stato deposto il Vangelo aperto. Improvvisamente si è abbattuto, come fu per il giorno di Pentecoste, un vento talmente gagliardo, solo sul Sagrato della Basilica, da chiudere il libro come se con la morte del Pontefice si fosse chiusa una tappa dell’evangelizzazione. L’artista vuole presentare invece il futuro della missione del Papa: il Vangelo si è riaperto per la nuova Evangelizzazione»[47].
Vi ringrazio del vostro ascolto.
[1] EUSEBIO DI CESAREA, Commento sul profeta Isaia, 40: PG 24, 367.
[2] BENEDETTO XVI, Omelia nei primi Vespri della solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, in «Insegnamenti di Benedetto XVI», VI, 1 2010, 987. Con il Motu Proprio «Ubicumque et semper» (21 settembre 2010) è stato istituito il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione: AAS 102 (2010), 788-792; ID., Luce del mondo: il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi. Una conversazione con Peter Seewald, Città del Vaticano 2010, 87.
[3] Dal 7 al 28 ottobre 2012 se terrà la XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, con il titolo “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. I relativi Lineamenta, divisi in tre capitoli: Tempo di “nuova evangelizzazione”, Proclamare il Vangelo di Gesù Cristo, Iniziare all’esperienza cristiana, sono stati presentati il 4 marzo 2011, «L’Osservatore Romano», 5 marzo 2011, 6-12.
[4] R. CANTALAMESSA, Quarta predica di Avvento in Vaticano (23 dicembre 2011), «L’Osservatore Romano», 24 dicembre 2011, 8.
[5] S. RYŁKO, Laici per la nuova evangelizzazione, «L’Osservatore Romano», 21 settembre 2011, 8.
[6] BENEDETTO XVI, Discorso durante l’incontro con i nuovi evangelizzatori (15 ottobre 2010), «L’Osservatore Romano», 17-18 ottobre 2010, 7.
[7] Ibid. Un’analoga riflessione è contenuta nella relazione del cardinale Joseph Ratzinger, tenutasi il 10 dicembre 2000, in occasione del convegno dei catechisti e dei docenti di religione promosso dalla Congregazione per il Clero, «L’Osservatore Romano», 11-12 dicembre 2000, 11.
[8] Ibid.
[9] BENEDETTO XVI, Discorso ai vescovi della Nuova Zelanda e del Pacifico in visita «ad limina Apostolorum» (17 dicembre 2011), «L’Osservatore Romano», 18 dicembre 2011, 12.
[10] ID., Veglia di preghiera nella spianata di Marienfeld (XX Giornata Mondiale della Gioventù, Colonia, 20 agosto 2005), «L’Osservatore Romano», 22-23 agosto 2005, 6; J. RATZINGER – BENEDETTO XVI, Santi. Gli autentici apologeti della Chiesa, Torino 2007.
[11] S. RYŁKO, La nuova evangelizzazione, tra l’essere e il fare. L’importante contributo dei movimenti ecclesiali e delle nuova comunità (www.laici.va/content/laici/it/superiori/presidente.html).
[12] Cfr. E. FRANCHINI, O. CATTANI (a cura), Nuova evangelizzazione: la discussione, le proposte, Bologna 1990; G. CARRIQUIRY, Desafíos de la nueva evangelización, a la luz del magisterio de Juan Pablo II, «Teología y Catequesis», 33-34 (1990), 9-28; ID., Los laicos y la nueva evangelización. Apuntes desde la «Christifideles laici», Lima 1996; P. GIGLIONI, La nozione di nuova evangelizzazione nel magistero, en «Seminarium», 31 (1991), 35-56; H. LEGRAND (dir.), I vescovi d’Europa e la nuova evangelizzazione, Casale Monferrato 1991; J.L. ILLANES, Desafíos teológicos de la nueva evangelización: en el horizonte del tercer milenio, Madrid 1999; J. RATZINGER, La nuova evangelizzazione, «L’Osservatore Romano», 11-12 dicembre 2000, 11; A. MONROY, Los desafíos de la Nueva Evangelización, «Scripta Theologica», 38/2 (2006), 651-670; R. PELLITERO, Ser Iglesia haciendo el mundo: los laicos en la Nueva Evangelización, San José 2007; F. SEBASTIÁN, Evangelizar, Madrid 2010; R. FISICHELLA, La nuova evangelizzazione. Una sfida per uscire dall’indifferenza, Milano, 2011.
[13] Giovanni Paolo II fece un primo riferimento alla nuova evangelizzazione nel santuario della Santa Croce a Mogiła (Nowa Huta), il 9 giugno 1979, durante il suo primo viaggio apostolico in Polonia: «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», II/1 (1979), 1504-1509.
[14] GIOVANNI PAOLO II, Discorso alla XIX Assemblea generale del CELAM, «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», VI/1 (1983), 698.
[15] Cfr. ID., Messaggio per l’apertura del novenario di anni promossi dal CELAM, «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», VII/2 (1984), 885-897.
[16] Cfr. ID., Discorso inaugurale della IV Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano, «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», XV/2 (1992), 317-323.
[17] Ibid., 319.
[18] Ibid., 321.
[19] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Christifideles laici, nn. 4, 30, 34, 35, 49.
[20] Cfr. P. RODRÍGUEZ, La identidad teológica del laico, A. SARMIENTO, T. RINCÓN, J.M. YANGUAS, A. QUIRÓS (dir.), La misión del laico en la Iglesia y en el mundo, Actas del VIII Simposio Internacional de Teología de la Universidad de Navarra, Pamplona 1987, 71-111.
[21] Cfr. LG, nn. 30-38; G. PHILIPS, La Chiesa e il suo mistero: storia, testo e commento della Costituzione «Lumen gentium», Milano 19935, 341-388. Per uno studio più dettagliato dell’evoluzione dei diversi schemi di questo documento conciliare, vid. F. GIL HELLÍN, Constitutio dogmatica de Ecclesia «Lumen gentium», Città del Vaticano 1995.
[22] Cfr. GS, nn. 43 y 62.
[23] Cfr. AG, nn. 15, 19, 20, 21, 23, 26 y 41.
[24] Cfr. también AA, n. 3; A. DEL PORTILLO, Laici e fedeli nella Chiesa. Le basi dei loro statuti giuridici, Milano 19992, 100-104.
[25] Cfr. F. OCÁRIZ, La partecipazione dei laici nella missione della Chiesa, «Annales Theologici», 1 (1987), 7-26.
[26] Il Codice di Diritto Canonico del 1983 (CIC) dedica ai diritti e ai doveri specifici dei fedeli laici otto canoni, nei quali vengono raccolti gli insegnamenti del Concilio Vaticano II al riguardo (cc. 224-231). Invece, il Codice di Diritto Canonico del 1917 dedicava loro soltanto due canoni, uno dei quali –il c. 683- riguardava il divieto dell’utilizzo dell’abito ecclesiastico da parte di fedeli laici!
[27] Cfr. R. LANZETTI, L’indole secolare propria dei fedeli laici secondo l’Esortazione Apostolica post-sinodale «Christifideles laici», «Annales Theologici», 3/1 (1989), 35-51; J.L. ILLANES, La secularidad como elemento especificador de la condición laical, M. GUERRA GÓMEZ (dir.), Vocación y misión del laico en la Iglesia y en el mundo, Burgos 1987, 277-300.
[28] Cfr. BENEDETTO XVI, Discorso all’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici (15 novembre 2008), «Insegnamenti di Bendetto XVI», IV/2 (2008), 672; J.L. ILLANES, Mundo y santidad, Madrid 1984.
[29] Cfr. Mt 5, 13-14.
[30] Cfr. Mt 13, 33; Lc 13, 21.
[31] Epist. ad Diognetum 6, 1: Funk 1, 400.
[32] Cfr. G. PHILIPS, La Chiesa e il suo mistero, cit., 359.
[33] Il n. 33/c della Lumen gentium fa riferimento a un’altra forma di apostolato, che procede da un mandato diretto della gerarchia ecclesiastica, e che viene configurata come una collaborazione immediata con i pastori della Chiesa.
[34] Mc 16, 15. Il Vangelo di san Matteo contiene queste parole simili del Signore: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19).
[35] Cfr. CIC, cc. 211 e 225.
[36] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), n. 72.
[37] Cfr. LG, Cap. V.
[38] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Enc. Redemptoris missio, n. 90.
[39] ID., Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), n. 31/c.
[40] Cfr. 1 Pt 3, 15.
[41] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Esort. apost. Christifideles laici, nn. 37-44.
[42] Cfr. Mt 16, 16.
[43] Cfr. Gn 1, 31.
[44] BENEDETTO XVI, Discorso agli Em.mi Signori Cardinali, alla Curia romana e alla Famiglia pontificia, per la presentazione degli auguri natalizi (22 dicembre 2011), «L’Osservatore Romano», 23 dicembre 2011, 8.
[45] Cfr. D. TETTAMANZI, La vita spirituale del prete. Lettera pastorale ai Presbiteri della Chiesa di Genova, Casale Monferrato 2002; M. PIACENZA, Il sigillo: Cristo fonte dell’identità del prete, Siena 2010.
[46] Cfr. BENEDETTO XVI, Esort. ap. Verbum Domini, n. 95.
[47] S. DZIWISZ, Lettera 26 aprile 2011.