Introduzione di Mons. Costantino Di Bruno al VI convegno
Introduzione di Mons. Costantino Di Bruno
Martedì 28 Febbraio 2012
I FEDELI LAICI E LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
VI CONVEGNO NAZIONALE DEL MOVIMENTO APOSTOLICO
Catanzaro 28 Febbraio 2012
Eccellenza Reverendissima MONS. VINCENZO BERTOLONE,
Reverendissimo MONS. MIGUEL DELGADO GALINDO
Gentilissima Presidente del M. A. SIGNORA CONCETTA MARRAFFA
Eccellentissimi Vescovi,
Reverendissimi Sacerdoti,
Venerandi Diaconi, Religiosi e Religiose, Consacrate Laiche,
Autorità Civili e Militari di ogni ordine e grado,
Stimati Fedeli Laici,
Questa sera ho deciso di essere in mezzo a voi non come teologo, non come sacerdote, non come Assistente Ecclesiastico del Movimento Apostolico. Nulla di tutto questo. Lascio la teologia ad altri ed è ben giusto che sia così.
Sono in mezzo a voi in veste di testimone di un evento che dura ormai da ben 35 lunghi anni. È un evento attinente al tema scelto per questo VI Convegno Nazionale del Movimento Apostolico: “I Fedeli Laici e la Nuova Evangelizzazione”.
La mia vuole essere una testimonianza senza enfasi, senza retorica, senza interesse, senza profitto, limitandomi a riferirvi nella più pura semplicità ciò che ho visto e udito.
Vi parlerò non di “fedeli laici”, bensì di “una laica fedele”, che non ha mai studiato cosa significhi la parola “nuova evangelizzazione”, non conosce neanche i Documenti del Concilio Vaticano II e ogni altro Scritto del Magistero del Papa e dei Vescovi. Del Vangelo e della Sacra Scrittura possiede una conoscenza assai limitata.
Conosce però lo Spirito Santo, perché da Lui è perfettamente conosciuta, mossa, guidata; da Lui perennemente sorretta, spinta, rafforzata, consolata; da Lui quotidianamente spronata, mandata, fatta sua missionaria di riconciliazione, perdono, conversione, pace con il ricordo e l’annunzio della Parola di Gesù.
Di lei si può dire ciò che San Paolo diceva di se stesso:
Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo. Fratelli miei, sono anch’io convinto, per quel che vi riguarda, che voi pure siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggervi l’un l’altro. Tuttavia, su alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo. Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano Dio. Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all’obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito. Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all’Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo. Ma mi sono fatto un punto di onore di non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui, ma, come sta scritto: Coloro ai quali non era stato annunciato, lo vedranno, e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno. (Rm 15,13-21).
E ancora:
In nome di Cristo, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio.
Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga criticato il nostro ministero; ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza: nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, con sapienza, con magnanimità, con benevolenza, con spirito di santità, con amore sincero, con parola di verità, con potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama; come impostori, eppure siamo veritieri; come sconosciuti, eppure notissimi; come moribondi, e invece viviamo; come puniti, ma non uccisi; come afflitti, ma sempre lieti; come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto! (1Cor 5,14-6,10).
Questa “laica, fedele” a Cristo, fedele allo Spirito Santo, fedele al Padre celeste, fedele alla Vergine Maria, Madre della Redenzione, fedele agli Angeli e ai Santi, fedele alla Chiesa, alla sua fede, carità, speranza, al suo Magistero, ai sui Sacerdoti, fedele ad ogni uomo, non mi ha parlato di un Dio scientifico, teologico, evangelico, scritturistico, biblico, ecclesiale, liturgico, morale, ascetico, o altro. Nulla di tutto questo.
Questa “laica fedele” ha creato Dio in me. Nessuno si scandalizzi! L’ha veramente creato nella sua più pura verità, carità, giustizia, santità, compassione, misericordia, pietà. L’ha creato nella sua vera essenza. Non attraverso parole alte e difficili, concetti metafisici o citazioni di teologi antichi e moderni, non per mezzo di frasi imprestate da questo o da quell’altro personaggio alla moda, con una “griffe” che fa tendenza, bensì per una via semplice, per il dono dello Spirito Santo di Dio, vivo, efficace, potente, che perennemente aleggia sopra di lei.
Nessuno si stracci le vesti! Ma è avvenuto come nella casa di Zaccaria.
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». (Lc 1,39-45).
Una visita inattesa, inaspettata, non voluta, non cercata, neanche desiderata. In un istante tutto si è compiuto e poi “vedevo gli uomini camminare a testa in giù”. Tuttora li vedo camminare a testa in giù per ricordarmi che anch’io prima camminavo allo stesso modo. Ma tutti camminiamo a testa in giù se lo Spirito del Signore non ci afferra con potenza e non ci scuote, così come profetizza il profeta Aggeo:
“Dice infatti il Signore degli eserciti: Ancora un po’ di tempo e io scuoterò il cielo e la terra, il mare e la terraferma. Scuoterò tutte le genti e affluiranno le ricchezze di tutte le genti e io riempirò questa casa della mia gloria, dice il Signore degli eserciti. L’argento è mio e mio è l’oro, oracolo del Signore degli eserciti. La gloria futura di questa casa sarà più grande di quella di una volta, dice il Signore degli eserciti; in questo luogo porrò la pace». Oracolo del Signore degli eserciti” (Ag 2,6-9).
Quando Dio è creato in un cuore, il cuore è creato in Dio. È questo il vero mistero dell’evangelizzazione: creare Dio in ogni cuore, non però un Dio falso o un falso Dio, bensì il Dio di Gesù Cristo, il Cristo vero della Chiesa, la Chiesa vera dello Spirito Santo, lo Spirito Santo che crea la vera comunità dei credenti, perché infonde in essi la verità della comunione e dell’obbedienza gerarchica. Lo Spirito dell’amore di redenzione, salvezza, giustificazione. Dell’amore per la missione. Dell’amore che spinge a dare la vita per la salvezza del mondo. Con questo vero Dio, da creare nel cuore giorno dopo giorno, si entra nel mondo della sofferenza redentrice a favore del Corpo di Cristo che è la Chiesa.
Lei è la donna della sofferenza sia fisica che spirituale. Cristo però le ha fatto una promessa: “Ogni tua sofferenza salverà un’anima”.
Anche questa parola di San Paolo si compie in lei giorno per giorno, con intensità sempre più grande. Lei però vi risponde con un amore che va ben oltre le nostre possibilità e con una pazienza che supera i limiti umani della sopportazione. Per grazia di Dio tutto questo avviene sotto gli occhi di tutti.
Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza. (Col 1,24-29).
Dopo questa creazione inizia quel lunghissimo tempo di crescita in sapienza e grazia, che mai si esaurirà. Senza questa crescita, che è tutta affidata all’azione sapiente della Chiesa e in modo speciale all’opera del Ministro Ordinato, tutto alla fine si rivelerà inutile, vano.
È questa l’azione prudente, saggia, divina, intelligente dello Spirito Santo, operata per mezzo di questa “Laica fedele”.
Lei sempre consegna alla Chiesa ogni cuore nel quale Dio è stato creato da Lei, per opera dello Spirito Santo. È in questa consegna necessaria, vitale, la riuscita di ogni opera di evangelizzazione. Nella non consegna vi è il totale fallimento.
La Chiesa è mistero di comunione. Nessuno in essa può fare tutto. Ognuno è investito di un particolare carisma e ministero. È sempre nella Chiesa, con la Chiesa, per la Chiesa che il particolare ministero, missione, incarico, lavoro missionario e di evangelizzazione potrà essere svolto secondo pienezza di verità e di grazia.
Il battezzato è della Chiesa, così come il cresimato. Anche il seminarista è della Chiesa così come il futuro presbitero. Tutto il Movimento Apostolico è della Chiesa, perché da Gesù consegnato alla Parrocchia, alla Diocesi, al Vescovo, al Presbitero, perché lo inseriscano nel grembo della Chiesa, in modo da poter vivere il proprio carisma, secondo la natura, l’essenza, la verità di essa.
Il Movimento Apostolico è laicale, fatto cioè di fedeli laici. Ma esso è chiamato ad essere “prepotentemente”, “violentemente” ecclesiale – per usare un termine evangelico, una parola detta da Gesù – dal momento che la Vergine Maria ha dato ad esso una missione ben definita, chiara, specifica: “Il ricordo e l’annunzio della Parola di Suo Figlio Gesù”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti! (Mt 11,11-15).
La Parola da ricordare e annunziare non è sua. È della Chiesa. È tutta sua, se è tutta della Chiesa. Se non è della Chiesa, non è neanche sua. Se non è della Chiesa non è parola che salva, redime, converte.
La Parola non è tutto nella Chiesa. Dalla Parola si deve passare alla creazione della verità dell’uomo. Questa creazione nuova non avviene per mezzo della Parola soltanto. La Parola la prepara. Essa avviene per mezzo della grazia sacramentale e questa grazia non è laicale, essa è sacramentale, come non è laicale il ministero della Parola, esso è sacramentale, appartiene di diritto al Ministro ordinato.
È il ministro ordinato, che agisce in comunione con l’Ordinario Diocesano, colui che dona verità al Movimento Apostolico. Senza di esso, il Movimento Apostolico è sì laicale, ma non potrà mai dirsi ecclesiale.
Il Movimento Apostolico, amici che mi ascoltate, può esistere nella sua verità solo ecclesialmente, perché la sua missione è solo ecclesiale, secondo il volere dell’Onnipotente Signore, che ci è stata comunicata per voce della Vergine Maria, Madre della Redenzione.
Questa “Laica fedele”, fin dagli inizi così ha visto il Movimento Apostolico – sempre per mozione dello Spirito Santo – e per questo per ben nove mesi, senza mai stancarsi, ha chiesto al Signore – quando nessuno le voleva dare statuto di vera ecclesialità alla sua missione – che mandasse un sacerdote a guidare questo piccolo gregge che cresceva e che tutti sfuggivano come se si trattasse di lebbra o di peste.
Ogni “fedele laico” se vuole essere “laico fedele” a Dio e alla Chiesa, deve quotidianamente chiedere al Signore un Sacerdote che lo guidi con scienza e intelligenza, che lo faccia vera Chiesa del Signore Gesù, perché solo se vera Chiesa, potrà compiere la missione evangelizzatrice della Chiesa, per la salvezza dei suoi fratelli.
Altra cosa che ho visto di questa “Laica fedele”: mai essa si è sottratta alla missione di annunziare e ricordare il Vangelo. Lo ha fatto come l’Apostolo Paolo:
“Da Mileto mandò a chiamare a Èfeso gli anziani della Chiesa. Quando essi giunsero presso di lui, disse loro: «Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto questo tempo, fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia: ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei; non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi, in pubblico e nelle case, testimoniando a Giudei e Greci la conversione a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù. Ed ecco, dunque, costretto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio.
E ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno. Per questo attesto solennemente oggi, davanti a voi, che io sono innocente del sangue di tutti, perché non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio. Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato, tra le lacrime, di ammonire ciascuno di voi” (At 20,17-31).
Lo ha fatto sempre nella persecuzione, nelle calunnie, nelle false testimonianze, nelle percosse, nei tumulti, nelle accuse infamanti.
“Tuttavia, in quello in cui qualcuno osa vantarsi – lo dico da stolto – oso vantarmi anch’io. Sono Ebrei? Anch’io! Sono Israeliti? Anch’io! Sono stirpe di Abramo? Anch’io! Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte. Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese. Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?
Se è necessario vantarsi, mi vanterò della mia debolezza. Dio e Padre del Signore Gesù, lui che è benedetto nei secoli, sa che non mentisco. A Damasco, il governatore del re Areta aveva posto delle guardie nella città dei Damasceni per catturarmi, ma da una finestra fui calato giù in una cesta, lungo il muro, e sfuggii dalle sue mani.
Se bisogna vantarsi – ma non conviene – verrò tuttavia alle visioni e alle rivelazioni del Signore. So che un uomo, in Cristo, quattordici anni fa – se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest’uomo – se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunciare. Di lui io mi vanterò! Di me stesso invece non mi vanterò, fuorché delle mie debolezze. Certo, se volessi vantarmi, non sarei insensato: direi solo la verità. Ma evito di farlo, perché nessuno mi giudichi più di quello che vede o sente da me e per la straordinaria grandezza delle rivelazioni.
Per questo, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.
Sono diventato pazzo; ma siete voi che mi avete costretto. Infatti io avrei dovuto essere raccomandato da voi, perché non sono affatto inferiore a quei superapostoli, anche se sono un nulla. Certo, in mezzo a voi si sono compiuti i segni del vero apostolo, in una pazienza a tutta prova, con segni, prodigi e miracoli. In che cosa infatti siete stati inferiori alle altre Chiese, se non in questo: che io non vi sono stato di peso? Perdonatemi questa ingiustizia!” (2Cor 11,21-12,13)
Questa “Laica fedele” mai si è vergognata di testimoniare Cristo Signore dinanzi a piccoli e grandi, dotti e ignoranti, sapienti e intelligenti per le cose di questo mondo. Si è sempre umiliata dinanzi ad ogni suo persecutore, chiedendo anche scusa e perdono se in qualche cosa l’avesse offeso. A volte ha fatto anche lunghissimi viaggi per portare la parola del perdono e della riconciliazione. Spesso il suo viaggio è stato vano. I cuori erano sordi.
Di lei si può dire quanto San Paolo diceva di sé.
Rendo grazie a Dio che io servo, come i miei antenati, con coscienza pura, ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno. Mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia. Mi ricordo infatti della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce, e che ora, ne sono certo, è anche in te.
Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo, per il quale io sono stato costituito messaggero, apostolo e maestro.
È questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato. Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato. (2Tm3-14).
Molti avrebbero voluto, molti vorrebbero tuttora spegnere questa luce. Ma non possono. Su di lei vigila il Signore: “Una luce ti avvolgerà e nessuno potrà distruggerla”. Ne hanno pensato e ne pensano diecimila al giorno di falsità e di calunnie. Ogni sua parola e azione è interpretata secondo la più cattiva delle menzogne. Ma nessuno potrà mai spegnere questa luce. La Parola di Gesù si fonda sulla sua onnipotenza e neanche i diavoli dell’inferno potranno mai vincere Gesù. Questa storia di sofferenza che viene da persone della Chiesa e del mondo va sempre ricordata. Solo gli ingenui e quanti non conoscono la potenza del male possono pensare, credere, immaginare, che l’opera di Dio non venga avversata, contrastata, vilipesa, denigrata, umiliata, combattuta con tutte le armi del male.
I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli». (Lc 10,17-20).
La potenza del male così è descritta dall’Apostolo Giovanni nell’Apocalisse:
Il quinto angelo suonò la tromba: vidi un astro caduto dal cielo sulla terra. Gli fu data la chiave del pozzo dell’Abisso; egli aprì il pozzo dell’Abisso e dal pozzo salì un fumo come il fumo di una grande fornace, e oscurò il sole e l’atmosfera. Dal fumo uscirono cavallette, che si sparsero sulla terra, e fu dato loro un potere pari a quello degli scorpioni della terra. E fu detto loro di non danneggiare l’erba della terra, né gli arbusti né gli alberi, ma soltanto gli uomini che non avessero il sigillo di Dio sulla fronte. E fu concesso loro non di ucciderli, ma di tormentarli per cinque mesi, e il loro tormento è come il tormento provocato dallo scorpione quando punge un uomo. In quei giorni gli uomini cercheranno la morte, ma non la troveranno; brameranno morire, ma la morte fuggirà da loro.
Queste cavallette avevano l’aspetto di cavalli pronti per la guerra. Sulla testa avevano corone che sembravano d’oro e il loro aspetto era come quello degli uomini. Avevano capelli come capelli di donne e i loro denti erano come quelli dei leoni. Avevano il torace simile a corazze di ferro e il rombo delle loro ali era come rombo di carri trainati da molti cavalli lanciati all’assalto. Avevano code come gli scorpioni e aculei. Nelle loro code c’era il potere di far soffrire gli uomini per cinque mesi. Il loro re era l’angelo dell’Abisso, che in ebraico si chiama Abaddon, in greco Sterminatore. (Ap 9,1-11).
Amici, è questa la potenza della vostra evangelizzazione: creare nei cuori il vero Padre celeste, il vero Cristo Signore, il vero Spirito Santo, la vera Chiesa, la vera comunione, la vera speranza, la vera fede, la vera carità, la vera misericordia, il vero perdono, la vera riconciliazione, la vera comunità cristiana, la vera fratellanza umana.
So che in molti di voi Cristo è stato creato. So anche che in tanti ancora non si è sviluppato, non è cresciuto, non è maturato in quella pienezza di grazia e di verità, di sequela, di missione che Dio si attende ogni giorno da tutti coloro che hanno detto sì alla Vergine Maria, Madre della Redenzione, e si sono impegnati a ricordare e ad annunziare il Vangelo, non solo con le parole ma con una chiara, evidente, sconvolgente testimonianza di vita.
L’esempio vi è stato dato. Tutti noi sappiamo che si testimonia Cristo Gesù con la potenza dello Spirito Santo, con fede convinta, con fermezza e fortezza, in prima linea, pronti sempre a rendere ragione della speranza che è in noi.
San Pietro così insegna ai cristiani la crescita spirituale:
Allontanate dunque ogni genere di cattiveria e di frode, ipocrisie, gelosie e ogni maldicenza. Come bambini appena nati desiderate avidamente il genuino latte spirituale, grazie al quale voi possiate crescere verso la salvezza, se davvero avete gustato che buono è il Signore. Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura: Ecco, io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso. Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di scandalo.
Essi v’inciampano perché non obbediscono alla Parola. A questo erano destinati. Voi invece siete stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. Un tempo voi eravate non-popolo, ora invece siete popolo di Dio; un tempo eravate esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia.
Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dai cattivi desideri della carne, che fanno guerra all’anima. Tenete una condotta esemplare fra i pagani perché, mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere diano gloria a Dio nel giorno della sua visita. Vivete sottomessi ad ogni umana autorità per amore del Signore: sia al re come sovrano, sia ai governatori come inviati da lui per punire i malfattori e premiare quelli che fanno il bene. Perché questa è la volontà di Dio: che, operando il bene, voi chiudiate la bocca all’ignoranza degli stolti, come uomini liberi, servendovi della libertà non come di un velo per coprire la malizia, ma come servi di Dio. Onorate tutti, amate i vostri fratelli, temete Dio, onorate il re.
Domestici, state sottomessi con profondo rispetto ai vostri padroni, non solo a quelli buoni e miti, ma anche a quelli prepotenti. Questa è grazia: subire afflizioni, soffrendo ingiustamente a causa della conoscenza di Dio; che gloria sarebbe, infatti, sopportare di essere percossi quando si è colpevoli? Ma se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca; insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti. Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime. (1Pt 2,1-25).
E infine siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili. Non rendete male per male né ingiuria per ingiuria, ma rispondete augurando il bene. A questo infatti siete stati chiamati da Dio per avere in eredità la sua benedizione. Chi infatti vuole amare la vita e vedere giorni felici trattenga la lingua dal male e le labbra da parole d’inganno, eviti il male e faccia il bene, cerchi la pace e la segua, perché gli occhi del Signore sono sopra i giusti e le sue orecchie sono attente alle loro preghiere; ma il volto del Signore è contro coloro che fanno il male.
E chi potrà farvi del male, se sarete ferventi nel bene? Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non sgomentatevi per paura di loro e non turbatevi, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua. Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo. Egli è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze (1Pt 3,8-22).
Avendo Cristo sofferto nel corpo, anche voi dunque armatevi degli stessi sentimenti. Chi ha sofferto nel corpo ha rotto con il peccato, per non vivere più il resto della sua vita nelle passioni umane, ma secondo la volontà di Dio. È finito il tempo trascorso nel soddisfare le passioni dei pagani, vivendo nei vizi, nelle cupidigie, nei bagordi, nelle orge, nelle ubriachezze e nel culto illecito degli idoli. Per questo trovano strano che voi non corriate insieme con loro verso questo torrente di perdizione, e vi oltraggiano. Ma renderanno conto a colui che è pronto a giudicare i vivi e i morti. Infatti anche ai morti è stata annunciata la buona novella, affinché siano condannati, come tutti gli uomini, nel corpo, ma vivano secondo Dio nello Spirito.
La fine di tutte le cose è vicina. Siate dunque moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera. Soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati. Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare. Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen! (1Pt 4,1-11).
Ora si tratta solamente di fare vivere Dio in pienezza di vita santa, in modo che non solo lo possiate creare negli altri, ma anche che gli altri possano vederlo vivo, presente, operante, giorno per giorno, nella vostra vita, attraverso il vostro corpo.
In Dio si crede per visione, non per scienza, non per teologia, non per catechesi, non per predicazione, non per indottrinamento. La via scientifica aiuta la fede, ma non la crea nei cuori.
La fede nasce in un cuore solo per opera dello Spirito Santo ed è la vostra santità il veicolo che permette allo Spirito del Signore di entrare in ogni cuore.
Senza santità, lo Spirito di Dio è assente. Non è in voi. Voi non lo potete dare. La fede non nasce. Senza lo Spirito di Dio può nascere un’amicizia, ma questa non è cristiana, non è in Cristo, è semplicemente umana, perché fuori del germe della fede e lontana dalla grazia che redime, salva, converte.
In Cristo non si crede per studio, si crede perché lo si tocca, lo si vede, lo si ascolta personalmente, così come ci insegna l’Apostolo Giovanni.
Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi –, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena.
Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato.
Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi. (1Gv 1,1-10).
Nella Chiesa non si crede per elaborazione di nuove dottrine su di essa o di nuovi piani pastorali che giorno per giorno si inventano, perché i vecchi schemi non hanno sortito alcun risultato sperato.
I nostri piani pastorali sono come il salario del profeta Aggeo.
«Così parla il Signore degli eserciti: Questo popolo dice: “Non è ancora venuto il tempo di ricostruire la casa del Signore!”». Allora fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo questa parola del Signore: «Vi sembra questo il tempo di abitare tranquilli nelle vostre case ben coperte, mentre questa casa è ancora in rovina? Ora, così dice il Signore degli eserciti: Riflettete bene sul vostro comportamento! Avete seminato molto, ma avete raccolto poco; avete mangiato, ma non da togliervi la fame; avete bevuto, ma non fino a inebriarvi; vi siete vestiti, ma non vi siete riscaldati; l’operaio ha avuto il salario, ma per metterlo in un sacchetto forato. Così dice il Signore degli eserciti: Riflettete bene sul vostro comportamento! Salite sul monte, portate legname, ricostruite la mia casa. In essa mi compiacerò e manifesterò la mia gloria – dice il Signore. Facevate assegnamento sul molto e venne il poco: ciò che portavate in casa io lo disperdevo. E perché? – oracolo del Signore degli eserciti. Perché la mia casa è in rovina, mentre ognuno di voi si dà premura per la propria casa. Perciò su di voi i cieli hanno trattenuto la rugiada e anche la terra ha diminuito il suo prodotto. Ho chiamato la siccità sulla terra e sui monti, sul grano e sul vino nuovo, sull’olio e su quanto la terra produce, sugli uomini e sugli animali, su ogni lavoro delle mani» (Ag 1,2-11).
Ora pensate, da oggi e per l’avvenire: prima che si cominciasse a porre pietra sopra pietra nel tempio del Signore, come andavano le vostre cose? Si andava a un mucchio da cui si attendevano venti misure di grano e ce n’erano dieci; si andava ad attingere a un tino da cinquanta misure e ce n’erano venti. Vi ho colpiti con la ruggine, il carbonchio e la grandine in tutti i lavori delle vostre mani, ma voi non siete ritornati a me. Oracolo del Signore. Considerate bene da oggi in poi, dal ventiquattro del nono mese, cioè dal giorno in cui si posero le fondamenta del tempio del Signore: ebbene, manca ancora grano nei granai? La vite, il fico, il melograno, l’olivo non hanno dato i loro frutti? Da oggi in poi vi benedirò!» (Ag 2,15-19).
Nella Chiesa si crede perché si sperimenta la verità della nuova vita, perché si vede il corpo di Cristo, perché l’uomo in essa è amato, non sfruttato, non umiliato, non maltrattato, non asservito ad un potere che noi diciamo sacro, mentre a volte, in realtà, è più pagano del peggiore potere pagano che si esercita sulla terra. Si crede in essa perché come Gesù ognuno vive di servizio, partendo dall’ultimo posto, in una obbedienza a Dio fino alla morte di croce.
Se dunque c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri.
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.
Quindi, miei cari, voi che siete stati sempre obbedienti, non solo quando ero presente ma molto più ora che sono lontano, dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore. Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita. Così nel giorno di Cristo io potrò vantarmi di non aver corso invano, né invano aver faticato. Ma, anche se io devo essere versato sul sacrificio e sull’offerta della vostra fede, sono contento e ne godo con tutti voi. Allo stesso modo anche voi godetene e rallegratevi con me” (Fil 2,1-18).
Se si credesse nella Chiesa per elaborazioni di nuove dottrine su di essa, a quest’ora il mondo sarebbe tutto credente. Ogni giorno sorgono nuovi documenti, purtroppo la fede non nasce nella Chiesa, anzi si affievolisce. Da essa ci si allontana, perché il punto di incontro con la Chiesa, immediato, è il discepolo di Gesù. Siete voi, fedeli laici, se siete laici fedeli. Siano noi, fedeli presbiteri, se siamo presbiteri fedeli, fedeli a Dio per essere fedeli alla Chiesa.
Un documento, una dottrina, una programmazione non può sostituire mai l’uomo. È l’uomo lo strumento, la via, il veicolo, il carro dello Spirito Santo. Noi pensiamo programmi sempre più ricchi, a volte anche estenuanti, ma ci dimentichiamo quasi sempre dell’uomo. Stiliamo progetti, ma senza l’uomo. Vogliamo realizzare cose. Ma senza l’uomo.
Lo Spirito Santo invece prende una umilissima serva che non sa neanche chi è Dio secondo la pienezza della verità rivelata, si fa veicolare dal suo cuore puro e incontaminato e sorge la salvezza in molti cuori. Veramente il Signore abbassa i superbi e innalza gli umili a strumenti del suo regno sulla nostra terra.
Non si crede nella Vergine Maria, Madre della Redenzione, perché si fa un “Convegno Mariano” con i più dotti, illuminati, professori del secolo. Si crede perché la si rende visibile nel suo materno amore e nella sua fede incondizionata alla Parola di Dio, nel suo sì offerto all’Eterno Padre, nel suo essere carro e veicolo dello Spirito Santo, perché ci si lascia fecondare di Cristo al pari di Lei e al pari di Lei lo si dona al mondo intero.
Tutto questo lo si deve fare senza vergogna, senza alcun rispetto umano, senza timore degli uomini, senza pura di perdere la vita.
La vergogna è oggi una delle più gravi cause per cui non si aderisce al Vangelo. Non si sceglie di stare dalla parte del Vangelo per paura degli uomini. Non si sceglie di stare dalla parte delle persone che Dio ha scelto per paura di perdere la gloria degli uomini.
Sebbene avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui, perché si compisse la parola detta dal profeta Isaia: Signore, chi ha creduto alla nostra parola? E la forza del Signore, a chi è stata rivelata? Per questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse: Ha reso ciechi i loro occhi e duro il loro cuore, perché non vedano con gli occhi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca! Questo disse Isaia perché vide la sua gloria e parlò di lui. Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non essere espulsi dalla sinagoga. Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio (Gv 12,37-43).
Questa “Laica fedele” non si è vergognata di Cristo Gesù, del suo Vangelo. Ha perso tutta la gloria degli uomini. Ha perso anche il nome. Ha vissuto da reietta. Di Lei ci si vergogna di giorno e come Nicodemo la si cerca nella notte, quando nessuno vede.
In una tale condizione, quale Vangelo predichiamo, quale Parola di Dio annunziamo, se la Parola di Dio, il suo Vangelo, esigono il totale rinnegamento di noi stessi? Figuriamo poi del rinnegamento degli altri. Dinanzi al Vangelo il mondo intero deve scomparire. Per il Vangelo si deve essere disposti anche a perdere tutto, anche il proprio ministero. Meglio il Vangelo senza ministero, che il ministero senza Vangelo.
Il Vangelo esige un cuore libero, mite, puro, pronto ad ogni sofferenza, ogni sacrificio, ogni rinunzia, ogni abnegazione, ogni olocausto.
Il Vangelo esige il martirio non appena lo si accoglie e si decide di schierarsi dalla sua parte.
Il Vangelo si può predicare dalla croce del nostro totale rinnegamento.
Tuttavia in questi lunghi anni, sempre ha pensato a ciò che dice il Libro del Proverbi:
Tre cose sono troppo ardue per me, anzi quattro, che non comprendo affatto: la via dell’aquila nel cielo, la via del serpente sulla roccia, la via della nave in alto mare, la via dell’uomo in una giovane donna. Così si comporta la donna adultera: mangia e si pulisce la bocca e dice: «Non ho fatto nulla di male!». Per tre cose freme la terra, anzi quattro non può sopportare: uno schiavo che diventa re e uno stolto che si sazia di pane, una donna già trascurata da tutti che trova marito e una schiava che prende il posto della padrona. (Pro 30,18-23).
Anche per me tre cose non riesco a comprendere, anzi quattro:
Un nemico di Dio che si dichiara costruttore del suo regno. Un distruttore dell’opera della salvezza che viene dichiarato persona nel cui cuore non c’è inganno. Un guerrafondaio che viene costituito mediatore di pace. Un uomo, chiamato a dare la vita per testimoniare la verità della fede, che si nasconde dietro una prudenza diplomatica e diabolica, di vera resa ai nemici del Vangelo.
Con questa mia testimonianza ritengo chiusa la mia vita, la mia missione. Da questo istante posso elevare al Signore la stessa preghiera del Vecchio Simeone:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». (Lc 2,29-32).
Io non ho visto il Signore, né l’ho preso tra le mie braccia. Ho visto una sua umile serva che ha vissuto il Vangelo in ogni sua Parola, annunziandolo, ricordandolo, predicandolo al mondo intero.
Questo mi basta per dire a tutti voi, amici del Movimento Apostolico: il Signore vi ha fatto la grazia di vedere come si vive il Vangelo, come lo si annunzia, come lo si testimonia, come si compie la missione evangelizzatrice. Fatene tesoro. È una grazia che non si ripeterà tanto facilmente con la stessa intensità di fede, speranza, carità.
È giunto il momento, ed è questo, che il mondo intero si appropri di questo mistero e lo faccia andare avanti fino alla consumazione dei secoli.
È finito il tempo per il Movimento Apostolico di crescere sottoterra. Ora è il tempo che si sviluppi all’area aperta e maturi frutti di salvezza per ogni uomo.
Ringrazio Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Vincenzo Bertolone. Gli Eccellentissimi Vescovi presenti in questa sala. I Reverendissimi Presbiteri, i Venerandi Diaconi, i Religiosi, le Religiose, le Consacrate Laiche, i Responsabili e le Segretarie del Movimento Apostolico, i Rappresentanti di altri Gruppi e Movimenti, tutti voi che avete voluto partecipare a questo VI Convegno Nazionale.
Ringrazio la Presidente del Movimento Apostolico. A Lei auguro che possa traghettare lontano questo dono di Dio, facendolo brillare di luce sempre nuova e sempre più vera.
A Lei, Reverendissimo Mons. DELGADO, le attesto che il Movimento Apostolico, ha origini solide: viene dalla volontà di Dio, per tramite della Vergine Maria, Madre della Redenzione. Esso è ben radicato nel seno della Chiesa. Vive, traendo la sua forza evangelizzatrice dal cuore della Chiesa, nel quale è il cuore del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, della Vergine Maria, in una comunione di preghiera e di implorazione degli Angeli e dei Santi.
Può tornare a Roma con un convincimento forte, che non teme alcuna smentita dalla storia, né presente, né futura: Il Movimento Apostolico sarà domani per la Chiesa una grande luce, perché esso, a differenza di ogni altro Movimento, di ogni altro Ordine o Congregazione Religiosa, di ogni altro Istituto secolare o clericale, non possiede alcuna sua particolarità. Esso è Chiesa, vive la vita della Chiesa, lavora come Chiesa, nella Chiesa, per la Chiesa.
Torni a Roma con nel cuore una verità certa: il Signore ha benedetto questa lembo di terra, facendovi nascere un piccolo seme che domani sarà un grande albero, un albero maestoso che darà tanti frutti di conversione e di santità.
Torni a Roma con un solo desiderio: voler ringraziare il Signore perché per vie misteriose in qualche modo Lei è divenuto artefice del futuro di questo Movimento. Le vie del Signore sono così arcane, impensabili, inimmaginabili. Nessuno di noi le potrà mai conoscere finché non si trova a percorrerle.
Torni a Roma con nella mente un pensiero celeste: lo Spirito del Signore irrompe nella sua Chiesa come, dove, quando vuole e sceglie creature umili, dinanzi alle quali si deve inchinare anche la saggezza prepotente della teologia, perché un’altra saggezza, divina, superiore, eterna è dinanzi ad essa e nessuno le potrà mai resistere.
Chiudo con il pensiero di San Paolo:
Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore. (1Cor 1,20-31).
A tutti il mio più sentito grazie.
Non ho dimenticato l’Ispiratrice – Fondatrice del Movimento Apostolico. Lei non ha bisogno di essere ringraziata. Le sue opere sono il suo solo ed unico ringraziamento.
Mons. Costantino Di Bruno
Parroco della Parrocchia Maria Immacolata in San Pietro Lametino
Assistente Ecclesiastico Centrale del Movimento Apostolico